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Autore: Ellery    14/12/2017    0 recensioni
[Heaven’s Door Yaoi GDR]
Un triste giorno, tuttavia, il re si ammalò ed Iye fu convocato immediatamente al suo capezzale.
Giunto nella stanza, ordinò ai servitori di lasciarli soli e si inginocchiò accanto allo sfarzoso letto, tendendo la mano per afferrare quella del padre:
“Eccomi. Mi avete fatto chiamare?” disse solo, sentendo le dita ossute intrecciarsi alle proprie.
Storia (ridicola) di una principessa da salvare e di un gruppo di avventurieri disposti a tutto per riuscire nell'eroica impresa di riportare la pace e, forse, la giustizia... sempre che avanzi tempo!
“Figlio diletto, i miei giorni stanno per finire” la voce del sovrano era spenta ed apatica “Ben presto, il regno passerà nelle tue mani. Tu diventerai il nuovo re, Iye”
“Preferirei di no, grazie. Declino l'offerta”
“Nessuna offerta! È un obbligo, un impegno morale che devi onorare. Tuttavia, non puoi diventare re senza una adeguata consorte ed un curriculum degno di nota”
Genere: Avventura, Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VII. Ufficio Background Tragici
 
 
Fortunatamente, l’Ufficio Background Tragici era sulla strada. Non distava che un’ora di cammino dal punto in cui avevano lasciato Kim e, con un buon ritmo, riuscirono a raggiungerlo nella metà del tempo.
Murdock frenò il cavallo, consegnando le redini ad uno stalliere brufoloso ed invitando gli altri a fare altrettanto.

«Leviamoci di torno anche questo impiccio, suvvia!» disse, spingendo la porta «Speriamo di non metterci trop…»

Le parole gli morirono sulle labbra. L’UBT era saturo di gente. Le persone si spintonavano davanti ad una macchinetta che, a raffica, distribuiva dei numerini. La sala d’aspetto, composta da vecchie e cigolanti sedie, non presentava neppure un posto a sedere e molti si erano accomodati per terra, sui davanzali, sui portaombrelli. La maggioranza degli occhi era puntata su delle lavagnette dove degli sfortunati galoppini segnavano a mano la progressione dei numeri.

«Moriremo qui…» sussurrò Iye, scuotendo il capo «Dobbiamo proprio fermarci? Ho una principessa da salvare e…»

«Sì, è scritto nel regolamento.» Stan sbuffò, sfogliando un librone appoggiato accanto all’ingresso «Ecco qui. Punto cinque: ogni decesso, ogni background ritenuto tragico dovrà essere registrato presso l’ufficio competente. Pare dovremo fare tappa qui…»

«Ottimo. Potrei approfittarne per registrare anche il mio di Background!» esclamò Etienne, avvicinandosi ad una macchinetta e cavandone una coppia di numeri. Passò un foglietto a Stan:
«Io ho il millenovecentoquarantacinque e tu… il millenovecentoquarantasei.»

«Ottimo! Ora stanno servendo il… cinquantacinque?!» il pitone scosse il capo, incerto. Non era possibile! Ci avrebbero impiegato tutto il giorno! O forse… tutta la settimana. «Prendete dei biglietti anche voi!» ordinò al gruppo «Ci sparpaglieremo in file diverse e il primo che verrà servito denuncerà la scomparsa di Kim.»
 

***
 

Iye si accomodò nella prima fila, scrutando il proprio numero: millenovecentoquarantasette. Davanti a sé c’era un ragazzo con i capelli rosso fuoco, lunghi fino a metà della schiena. Indossava un semplice abito bianco, spiegazzato e logoro in alcuni punti.  Chissà perché si trovava lì… In effetti, avrebbe potuto chiederglielo, no? Fare conversazione sembrava essere l’unico modo per passare il tempo:
«Emh… Buongiorno» salutò, richiamando prontamente l’attenzione dell’altro «Sono il principe Iye e… è molto che aspettate?»

Il suddito produsse un profondo inchino, mentre la lunga chioma produceva uno Swisshhh da fare invidia alle migliori pubblicità per balsami e shampoo.
«Principe! Oh, anche voi qui? Quale tragedia vi ha colto?» domandò il ragazzo, puntando gli occhi verdi sul volto del sovrano «Sono Brett. Un umile, umilissimo, moltissimamemte umile vostro concittadino.»

«Oh, mh… ho perso un compagno di viaggio recentemente e devo denunciarne la scomparsa. E voi?»

«Ah, che dramma!» fu la risposta, mentre gli occhi di Brett rilucevano di gratitudine «Oh, Vostra Graziosità! Mi domandate delle mie sventure? Ebbene… sappiate che sono nato nelle vostre terre, ma… la mia infanzia fu toccata dalla morte precoce di mia madre. Mio padre si risposò con una matrigna cattiva.»

«Non mi dite. Vi misero a fare le faccende domestiche?»

«No! Peggio, molto peggio. La matrigna era una vecchiaccia orribile e convinse mio padre a non farmi più uscire di casa, a non farmi studiare, a non farmi incontrare con i miei amici. Mi chiusero in camera e a rotazione mi picchiavano con un battipanni chiodato. Passavo i giorni come una ameba a fissare il soffitto, quando…»

«Perché non siete fuggito dalla finestra?»

«Un momento, principe! Ora ci arrivo… Una sera, un ragazzino si affacciò alla mia finestra e mi disse di scappare. Però non ne ero convinto, allora rimasi ancora un po’ di giorni a casa… così, tanto per essere sicuro della scelta, insomma. Poi, alla fine, decisi di scappare…però, come capirete, tutta questa cosa va denunciata opportunamente. Insomma, credo sia un Background abbastanza tragico, che dite?»

«Assolutamente. Una domanda. Che numero avete?»

«Il cinquantasette»

«…da quanto siete qui?»

«Sei giorni, sedici ore e ventisette minuti.»

Cinquantasette.

La voce gracchiante di un’impiegata annunciò il numero. Brett produsse un inchino:
«Devo andare! Buona fortuna principe!»

 
***
 

Etienne si mosse a disagio, osservando il proprio numero. Ne mancavano ancora troppi. Avrebbe potuto declamare poesie per poter allietare l’attesa di tutti. Oppure… attaccare bottone con la persona davanti a sé. Squadrò attentamente la figura poco lontana: un uomo di bell’aspetto, dai folti capelli scuri. Possedeva dei tratti garbati, che ispiravano alla conversazione. Produsse un leggero colpo di tosse per richiamare l’attenzione dello straniero, ritrovandosi poco dopo a fissare degli occhi profondi e color zaffiro.

«Anche voi in coda, eh?» disse, mimando un sorriso incoraggiante a cui l’altro replicò con cortesia.

«Già. Passato difficile?»

«A chi lo dite!» Etienne sfoggiò un sorriso mesto. «Il mio passato è stato particolarmente tragico, in effetti. Il vostro?»

«Un po’. Sono dispiaciuto per voi. Volete parlarne?»

Naturalmente! Voleva sempre parlarne! Non perdeva mai occasione per raccontare a tutti della propria storia triste e deludente.
«Grazie. Mi sentirei sicuramente meglio, se potessi sfogarmi.» Etienne cavò un fazzoletto dal taschino, soffiandosi vigorosamente il naso «Vedete, mia moglie è morta! Mi sono ritrovato da solo a dover crescere mio figlio ed a combattere contro il disprezzo della società. Mio suocero non mi capisce e sono così  solo. Ether… mia moglie… è morta! E mio figlio si fa di funghetti allucinogeni di nascosto, ovviamente, per ovviare al dolore della perdita. Sono così disperato…»

«Capisco… mi dispiace molto.»

«Anche a me! E pensate che non sono più riuscito a risposarmi, perché il mio cuore batte ancora per Ether.»

«Chi è Ether?»

«Mia moglie morta!»

«Davvero è morta? Che sfortuna.»

«Già! Come siete gentile a piangere con me la sorte sciagurata della mia famiglia. Come vi chiamate, signore?»

«Akihiko. Voi?»

«Sono Etienne… ma potete chiamarmi: “Sfortunato cuore infranto per la moglie morta prematuramente”.»

«Perdonate, una curiosità… come mai siete in coda a questo sportello, allora?»

Etienne guardò l’altro perplesso:
«Non è quello per i Background Tragici questo?»

«No! Questo è dedicato a Malattie Rare e Misteriose.»

«Ah, cazzo.» Etienne guardò la fila accanto alla propria, tanto lunga da uscire dalla porta principale, girare due volte attorno al palazzo e fermarsi giusto accanto alla rimessa per i cavalli «Quindi… devo rifare la coda?»

«Già»
 
 
***
 

Shinji raggiunse lo sportello, sfoggiando un sorriso sicuro sul viso imbrattato di sangue. Uccidere il resto delle persone in coda era stata una mossa geniale. Scavalcò l’ultimo cadavere, pulendo le suole sul pavimento, prima di affacciarsi al bancone, davanti ad una impiegata di mezza età.

«Desiderate, signor…?»

«Shinji»

«Capisco…»

«Capite cosa?»

La donna lo fissò da sopra il bordo di un paio di spessi occhiali:
«Vi manca un braccio?»

«E anche un occhio.»

«Dovete denunciarne la scomparsa?»

«Immagino di sì. L’ho perso un po’ di tempo fa e non l’ho più ritrovato.»

«Bene.» aveva una voce nasale quella signora, asciutta e seccata «Avete compilato il modulo apposito?»

«No, anche perché non so usare la sinistra per scrivere.»

«Capisco. Impossibilitato a compilare il modulo perché non mancino.»

« Appunto» Shinji si grattò appena il capo, incerto… c’era qualcosa che gli sfuggiva.

«Molto bene. Il vostro Background Tragico comprende un incidente con conseguente mutilazione, quindi?»

«Sì.»

«Firmate qui…»

Shinji impugnò la piuma d’oca e la intinse nel calamaio. Tracciò una X sull’apposito spazio, riponendo poi la penna e spiando l’impiegata:
«Gliel’ho detto che non so scrivere con la sinistra»

«Va bene così. Avete altro da dichiarare signor Shinji?»

Batté le palpebre. Doveva denunciare altri Background Tragici?
«No.» rispose, dopo qualche attimo di incertezza.

L’impiegata gli consegnò un foglio timbrato, prima di annunciare a gran voce:
«Il prossimo!»

 
***
 

Heinrich si sentì battere su una spalla. Si volse, incrociando lo sguardo con quello affranto di un giovane uomo dai curiosi capelli rosa.
«Prego?» chiese solo, mentre l’altro tirava su col naso.

«Perdonatemi… che numero avete?»

«Millenovecentoquarantanove.»

«Capisco… io ho il duemilacinque. Che dovete fare allo sportello?»

«Registrare il decesso di un nostro compagno di viaggio.»

Il ragazzo sospirò:
«Ah, come siete fortunato! Io, invece… devo denunciare una storia ben più lunga. Io sono nato da un tradimento, capite? Sono un figlio bastardo, come tre quarti dei presenti in sala senza dubbio; tuttavia, mio padre desiderava liberarsi dia di me che di mia madre; lei mi ha portato via, salvandomi la vita. Non ho mai conosciuto il mio vero padre. Poi, quando ero bambino… un brutto giorno quattro uomini ammantati e incappucciati e irriconoscibili mi aggredirono e io persi la vista…»

«Davvero? Quindi siete… cieco?»

«No. In realtà, lo dico solo per percepire la pensione di indennità. Sapete com’è… di questi tempi, uno deve anche sapersi arrangiare.» l’uomo fece una pausa, per poi riprendere vivacemente «Inoltre, beh… visto che ero triste per questa cosa, decisi di provare ad assumere qualche erbetta di quella buona. Non so se capite…»

«Vi sto seguendo, certo!»

«Solo che rischiai di morire, capite? Tutto per aver fumato qualche cannetta di troppo. Ah, me tapino!»


«Avete davvero avuto un’infanzia tragica signor…?»

«Ichigo…»

«I capelli rosa fanno parte di questo doloroso cammino?»

«No. Mi piacevano e li ho fatti rosa. Non credete mi donino? Sono di un colore così virile…»

«Sì, mh… davvero. Sentite, visto che avete avuto un’infanzia così deplorevole… se volete, vi cedo il mio numero. Non è molto, ma è quanto di meglio posso fare per aiutarv…»

Heinrich non riuscì a finire la frase. Ichigo sostituì velocemente i due tagliandini, appropriandosi di quello con il numero inferiore e producendo un mezzo inchino:
«Grazie signore! Gli Dei vi benedicano…»
 

***
 

Zero scrutò l’ora sulla clessidra appesa al muro che, fatalità, non segnava affatto lo scorrere del tempo. In effetti, una clessidra che non può essere ruotata non serve a molto. Sbuffò piano, riabbassando lo sguardo sulla fila davanti a sé, annoiato. Perché si era lasciato coinvolgere in quella storia? Non sarebbe stato meglio farsi arrestare per omicidio? Scrollò le spalle, fissando pigramente le persone davanti a sé. Vi erano una coppia di vedove affrante, due contadini mutilati, una sfilza infinita di orfanelli e un curioso tizio dall’aria misteriosa ed oscura.

«Scusate…» disse infine, avvicinandosi «Anche voi dovete registrare un Background Tragico?»

«Che? No, assolutamente… io devo rapinare le poste.»

«Allora perché siete qui?» Zero lo fissò perplesso. Quel tipo non sembrava avere tutte le rotelle a posto, poco ma sicuro.

«Non è un ufficio postale?»

«No. È l’Ufficio Background Tragici.»

«Ah, cazzo. L’enorme coda all’esterno mi aveva tratto in inganno. Grazie infinite, eh…»

«Non c’è di che.»
 

***
 

Heinrich sgranò gli occhi al sentire il racconto raccapricciante dell’ennesima vedova che lo avvicinava. La signora reggeva due bambini evidentemente abbandonati. Le sue mani callose sottolineavano anni e anni di duro lavoro.
«Oh, povera donna.» disse, tendendo il proprio biglietto «Ecco, prendete questo! È il numero duemilacinquecentoventidue, ma non posso fare altro per voi»
Ottenne in cambio un sorriso stentato ed un nuovo tagliandino: duemilaottocentotrentasei.
 

***
 

Stan spiò con aria vittoriosa lo sportello. Mancavano soltanto tre persone e poi sarebbe stato il suo turno. Sorrise, trionfante, gettando una occhiata alle proprie spalle, dove un ragazzo dai corti capelli scuri stava pazientemente aspettando. Era un giovane di bell’aspetto, con la zazzera nera ben pettinata, alto e muscoloso. Gli occhi, svegli ed intelligenti, presentavano un taglio affilato ed elegante.

«Ecco… se Shinji non fosse monco e fosse un po’ più alto, penso vi assomiglierebbe.» si lasciò sfuggire, catturando immediatamente le attenzioni dell’altro.

«Perdonate, non ho affettato. A chi vi riferite?»

«Oh, nulla… ad un mio compagno di viaggio. Vi assomiglia, sapete? Un pochettino. Solo che… mentre voi siete prestante e di bell’aspetto… lui è un nanetto storpio che sembra abbia il ciclo tutti i giorni della sua vita.»

«Un bel problema…»

«Una piaga al culo, onestamente. Come vi chiamate, a proposito? Magari siete imparentato con quel disgraziato?»

«Mieczyslaw Manur»

«Eh?»

«Mieczyslaw Manur»

«Nel dubbio, a soreta!»

«Ma no! È il mio nome… Mieczyslaw Manur.»

«Perdonate… ma vostra madre cosa si era fumata quando vi ha chiamato così?»

«Ah, che domanda bizzarra! Me lo chiedono tutti, sapete?»

Stan scrollò le spalle. Certo, il nome di per sé era una tragedia, ma sarebbe bastato perché venisse accolto come un Background Tragico?
«Scusate signor.. Mickey Mouse…»

«Mieczyslaw Manur!»

«Quello che è… cosa dovete registrare all’Ufficio Background Tragici?»

«Oh, vi ingannate! Questo è soltanto lo sportello “Nomi impronunciabili ed affini”. Temo abbiate sbagliato fila…»

Stan sgattaiolò via di corsa. Merda! Doveva ricominciare tutto da capo!
 

***
 

Heinrich passò un fazzoletto all’uomo davanti a sé, ormai sepolto da una montagna di lacrime.
«Via, signor Eisen, ci sono cose peggiori?»

«Ma non capite? Mi hanno buttato nella spazzatura appena nato. Mio padre adottivo si faceva di erbette e ci picchiava perché ci scambiava per sacconi da allenamento. È stata una infanzia orribile, la mia! Voi non potete capire cosa significhi essere usato come sacco da boxe. E poi mio padre ha tentato il suicidio dopo che la mamma ci ha allontanati da lui. Si è accorto che i sacchi veri alla decathlon costavano troppo e… allora ha cercato di uccidersi perché non aveva più nessuno da usare come sacco e… e…»

«Va bene, ho capito…» il biondo cavò il proprio numero dalla tasca «Prendete. Posso fare solo questo per voi. Datemi il vostro numero.»
Si ritrovò in un attimo ad essere il quattromilacentoventidue.
 

***
 

Iye si accasciò sulla prima sedia libera. Erano passate quarantotto ore, ventisei minuti e sette secondi da quando aveva messo piede all’Ufficio Background Tragici. Alla fine, però, ce l’aveva fatta. Era riuscito a registrare il decesso di Kim con successo! Strinse avidamente la pergamena tra le mani, leggendola ancora una volta. Era fatta! Ora avrebbero potuto riprendere il cammino e…

Sgranò gli occhi al notare la mancanza di marca da bollo, timbro e firma dell’impiegato; senza questi, il documento non era da considerarsi valido.

Si alzò a fatica, trascinandosi verso la macchinetta che dispensava i ticket. Ne prese uno, fissando il numero stampato a caratteri cubitali: ottomilasettecentoventisei.

«A che numero siamo?» chiese ad una signora poco lontana.

«Millenovecentosessanta»
  
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