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Autore: AlessiaDettaAlex    15/12/2017    6 recensioni
[4° one-shot della serie: "Una ragazza ne amava un'altra" | girlxgirl]
«Probabilmente le amicizie migliori nascono così: qualche confessione sparata alle tre di notte su una panchina dove fino a pochi secondi prima c’era un manipolo di drogati, una birra condivisa e speculazioni sulla vita eterna. Ad occhi esterni, due matte; ai nostri occhi, un legame che si era fatto misteriosamente più stretto.»
Specie di diario mensile (?) in prima persona, esemplificazione di come nasce un amore d'estate.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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ATTENZIONE!
4° one-shot della serie "Una ragazza ne amava un'altra"
ossia Storia di una banconista di gelateria e della piccola e fastidiosa collega di cui è innamorata.
Caro lettore,
questa che leggerai è una raccolta di one-shot mancata: ciascuna dà per assodate certe sensazioni e descrizioni presenti nelle precedenti, per cui, anche se non è obbligatorio per la comprensione, è auspicabile leggere quelle che l'hanno preceduta.
Tutto naturalmente per una migliore comprensione della storia delle due protagoniste!
One-shots precedenti:
1 - Innamoramento
2 - Torna
3 - Stupida come un panda
One-shots successive:
5 - Imparare ad amare

 
 
Genesi di un amore estivo
 
Marzo, aprile. Indifferenza.
Quando la vidi per la prima volta, pensai che non facesse proprio per me. Sembrava una ragazza terribilmente noiosa, di quelle che si lamentano di tutto e fanno discorsi frivoli dalla mattina alla sera. E siccome per me la prima impressione è quella che conta, evitavo di entrarci troppo in confidenza; il posto di lavoro deve essere un ambiente sereno e preferivo starmene con le mie vecchie amiche e colleghe, piuttosto che con la nuova arrivata. Purtroppo io a lei invece ero molto simpatica e, me ne accorsi dopo, mi aveva già prescelta, tra i tanti colleghi, per una fantastica avventura ricca di follie per i mesi a venire.
 
Maggio. Gioco.
«Facciamo cena insieme durante la pausa?»
Io la guardai come si guarda un cagnolino fastidioso che continua ad abbaiare e saltarti intorno per cercare coccole e attenzioni. Era la terza volta che me lo chiedeva in quella settimana e a me, sinceramente, proprio non andava di cenare con lei. Ma, per gentilezza, mi sforzai di accettare seriamente. In lei c’era in effetti qualcosa che non mi faceva totalmente schifare la sua compagnia, ma non riuscivo a capire cosa: e la mancanza quasi completa di argomenti da intavolare mentre mangiavamo insieme non riusciva a giustificare la simpatia che provava per me. Allora, vista l’assenza di cose in comune, feci quello che so fare meglio: la buttai sullo scherzo; flirtare con lei era probabilmente la cosa più divertente che riuscissi a farci insieme. E lei, inaspettatamente, raccolse la sfida a due mani.
 
Giugno. Affetto.
Oh, se adoravamo giocare in questo modo! Allora non era frigida come pensavo, sapeva divertirsi! Questo cambiava le carte in tavola, e convenni che non era poi così male come ragazza. Le cene si moltiplicavano, quasi quanto i flirt a lavoro, e l’immagine di lei che mi si attacca al braccio o che ride a crepapelle delle mie battute diventarono pane quotidiano. Le pause da lavoro finivano sempre a discorsi deliranti sulla psicologia, la sessualità e un po’ di sano e benevolo gossip tra colleghi. Senza accorgermene mi ero già invischiata nella sua rete abilmente intessuta per farmi capitolare. Alla fine imparai che, paradossalmente, non c’era bisogno di condividere altro che il tempo e le risate, per diventare amica di qualcuno.
 
Luglio. Attrazione.
Dopo due giorni di crisi personale, decisi di condividere con lei qualcosa di più. Le rivelai che mi piacevano sul serio le ragazze e le sputai addosso tutta la fatica di accettarmi e il dolore con cui convivevo da anni. Mi ascoltò senza giudicarmi e, tra una battuta e l’altra, finimmo non si sa come a parlare a cuore aperto di morte, eternità e aldilà. Probabilmente le amicizie migliori nascono così: qualche confessione sparata alle tre di notte su una panchina dove fino a pochi secondi prima c’era un manipolo di drogati, una birra condivisa e speculazioni sulla vita eterna. Ad occhi esterni, due matte; ai nostri occhi, un legame che si era fatto misteriosamente più stretto. Conoscerci, sondarci, da quella sera divenne il nostro nuovo sport preferito. Sembravamo uscite da un film romantico, sempre a scambiarci occhiate fugaci e abbracci affettuosi. Capii che in me stava crescendo qualcosa di nuovo, di intrigante, qualcosa che nasceva dalla mia indole conquistatrice e si alimentava con la sua complice provocazione. Il flirt è un gioco che si fa in due e io sapevo perfettamente che fosse pericoloso quanto dare in mano un coltello da macellaio a un bambino, ma mi divertivo troppo per smettere. “Solo per ora”, mi rassicuravo, “se lo prendo con leggerezza come ho fatto finora è un divertimento innocuo”; in fondo d’estate è un classico prendersi qualche stupida sbandata.
 
Agosto. Seduzione.
In mesi caldi e carichi di lavoro come agosto, passare dalla fiamma al fuoco è un attimo. L’ambiguità di lei nei miei confronti cominciava ad essere troppo insistente per potersi trattare solo di gioco. Che si fosse presa anche lei una cotta per me? Qualunque altra ragazza a un certo punto l’avrebbe piantata, con la storia del flirt, a maggior ragione sapendo che io mi sarei potuta innamorare sul serio. Decisi di indagare a fondo. Volevo provare a conquistarla sul serio, valeva la pena tentare e sentivo che sarebbe stato bello anche se si fosse poi trattato di una storia caduca come lo sono la maggior parte degli amori estivi. Lei mi sembrava già persa a metà, non dovevo fare altro che farla scivolare lentamente verso di me; e non c’erano etichette che tenessero: lei si professava eterosessuale, ma a me pareva semplicemente molto confusa quando si trattava di me. Le uscite durante le pause e nel dopo lavoro si moltiplicavano e non mi dava mai la possibilità di capire con certezza che fosse interessata a me. Ma nemmeno mi dava la sicurezza che non lo fosse. Con me diceva di sentirsi libera, completamente se stessa, in un modo che non riusciva a fare con gli uomini. Più di una volta mi disse che se fossi stata maschio si sarebbe di certo messa con me. La sua continua insistenza su questo argomento mi faceva pensare che stesse lottando per capire cosa realmente la legava a me. Che avesse dei dubbi, insomma. Tutta questa ambiguità gonfiava la mia speranza e io, sprizzante di energie, mi sentivo finalmente in diritto di poter lottare per qualcuna. Le ho sempre dovute lasciare andare, quelle che amavo, non ho mai avuto davvero delle possibilità. Lei per prima mi ha fatto provare l’ebbrezza della conquista, della lotta piena di cadute e gratificazioni per l’ottenimento del suo cuore. E se non il suo cuore, avevo fiducia di poter avere prima o poi le sue labbra, anche solo per capire che non c’era storia per noi. Un unico bacio sarebbe bastato per gridare vittoria da sopra le macerie del mio cuore perforato di sconfitte.
 
Settembre. Confusione.
Quando ho cominciato a soffrire troppo ho capito di essere completamente persa. Lei e solo lei aveva il potere di farmi arrivare vertiginosamente in alto e di farmi ritrovare poco dopo a prendere botte sempre più grosse a terra. Ho smesso di lavorare prima degli altri perché dovevo ricominciare a dedicarmi alla tesi, ma non eravamo abituate a non vederci tutti i giorni e ci dicevamo sempre quanto ci mancavamo. Allora passavo a salutarla durante i suoi turni e uscivamo la sera per poter stare comunque insieme. Più volte ho pensato di smettere di andarle dietro, di lasciarla perdere e pensare unicamente ai fatti miei, dicendomi che non valeva la pena di prenderla così sul serio, ma non sono mai riuscita davvero a voltare pagina. Lei non mi aiutava, trattandomi come la sua ragazza: si preoccupava di dov’ero e se facevo cose pericolose, mi scriveva ogni volta che aveva un attimo libero solo per sapere come passassi la giornata e se le mancavo, si lasciava scaldare accoccolandosi tra le mie braccia nelle serate più fredde. E nello stesso tempo alle volte mi lasciava intuire che non avrebbe mai potuto amare una ragazza. Sono cominciate a scendere le prime lacrime nei momenti di solitudine delle mie giornate, alternate a ondate di gioia incontenibile per i momenti di più dolce condivisione: chiari segni di bipolarità e mi sono domandata varie volte se non fosse il caso di cominciare una bella terapia da uno psicologo. Ma non dovevo solo divertirmi, con lei?
 
Ottobre. Caduta.
Ogni cosa ha un fine e bisogna rendersi conto di quando è arrivato il momento di scoprire qual è. Così mi sono dichiarata, stavolta senza scherzare, in modo chiaro e inequivocabile, perché lei capisse, perché lei sapesse. Mi aspettavo, in ordine di probabilità, un no, un forse, un . Negli ultimi due casi sarei stata la ragazza più felice del mondo. E invece, come al solito, è arrivato un no. Ho preso dritto in faccia quel palo di cui avevamo parlato mezz’ora prima, filosofeggiando su destino e malattie mentali – non fate domande. E così la speranza, l’ebbrezza, la lotta, la conquista, tutto si è infranto di fronte ai suoi occhi sorpresi e dispiaciuti e al mio sorriso ironico e amaro. Non c’era storia, non avevo mai avuto possibilità, ma solo l’illusione di averne. Ci siamo ripromesse di continuare a coltivare quell’amicizia strana, iniziata con una scelta che non avevo fatto io e di fronte alla quale non ho potuto fare altro che piegare le mie difese mese dopo mese. Fino a cadere. Sarà per questo che in inglese dicono “to fall in love”.
 
Novembre, dicembre. Arresa.
Stare con lei fa male e bene insieme. Non ho più nulla a cui aggrapparmi, posso solo amarla in silenzio, al massimo scherzandoci su. Sinceramente, non ricordavo che fosse così atroce non poter sperare. I mesi passati sono stata abituata troppo bene.
Tante volte ho pensato di aver perso tutto, di non aver vinto neanche questa volta. E, guardandomi, in effetti si può dire che io sia uscita sconfitta su tutti i fronti. Che non abbia idea di che cosa significhi la nostra amicizia, ora che sono obbligata a coltivare solo quella. È tutto vero. Sono cose di cui scoprirò il significato probabilmente solo nei mesi e forse negli anni a seguire, e sono certa che saranno comunque carichi di dolore. Lo scopo era godersi una frivola cotta estiva e vederla spegnersi con la fine della stagione. Affascinante genesi e decadenza di un amore d’estate. Ma non si è spenta, anzi. Eppure, per quanto cambierei volentieri il finale, lo svolgimento è stata l’esperienza più coinvolgente e divertente di sempre. Un po’ come dire: l’importante è partecipare. È patetico? È una scusa per uscirne meno ferita? Forse. Ma so che ho lottato con tutta me stessa per lei, ho riso, ho pianto, ho conservato ricordi di tanto tempo e spazio condivisi insieme, mi sono dichiarata con coraggio e di fronte a lei per poter ascoltare a testa alta la sua risposta; e in fondo, da brava masochista – o egocentrica, che è lo stesso –, so che rifarei tutto daccapo allo stesso modo. Perché d’altra parte non c’è nulla che mi abbia fatto sentire più viva di un’estate passata a imparare a innamorarmi di una che non sopportavo.



 
Note di Alex
Quarta one-shot della mia serie sul girl x girl che tratta della solita coppia non-coppia. Penso sia meno bella delle tre che l'hanno preceduta, anche perché qui per la prima volta provo la prima persona al posto della terza e della seconda usate nelle precedenti. Forse però il risultato è troppo diaristico e molto sfogo adolescenziale strappalacrime. Boh, non sono soddisfatta al 100%, sebbene il format coi mesi che scandiscono l'avanzare del rapporto e qualche parola messa secondo me bene siano cose che me l'hanno fatta approvare. Insieme al titolo. Adoro il titolo.
Voi che ne pensate? Sto sperimentando un po' con questa serie che ho intitolato "Una ragazza ne amava un'altra" (che non è una serie fisica, è una specie di titolo fil rouge che lega questi miei scritti... avrei dovuto fare una più semplice raccolta di one-shot da aggiornare, ma ci ho pensato quando ormai 3 storie erano pubblicate e avevano recensioni che non volevo perdere).
Alla prossima e grazie di aver letto!
Alex
   
 
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