Parte II: La caduta
dell’angelo
Kara
camminava su e giù per la stanza, la situazione le stava sfuggendo di mano. Una
notte intera passata ad analizzare quei misteriosi simboli kryptoniani
e non era uscito nulla se non vaghe profezie di un uomo che era esattamente
dove doveva stare: in prigione.
“Kara…?”
Si voltò fissando Alex e capì al volo che nuovi guai erano in arrivo.
“Cosa
succede?” Chiese, percependo un brivido di paura.
“Lena…”
“Sta
bene? Le hanno fatto del male? Dov’è?” L’aggredì, un suono sordo che le pulsava
nelle orecchie, la paura che la sommergeva in ondate con la stessa frequenza
del battito del suo cuore.
“Sta
bene.” Le assicurò Alex, alzando le mani. “Ci ha pensato James, ma hanno
tentato di ucciderla… Edge, a sentire lui.”
“Edge?” Chiese Kara stringendo i pugni con rabbia.
“Sì.
Questo non ti piacerà, ma sembra che lei e James siano andati da lui per
chiedergli risposte riguardo ai segni lasciati in giro per la città.”
“Cos’hanno
fatto?” Chiese Kara, riuscendo a malapena a parlare, la rabbia che prendeva il
posto della paura. “Cosa è passato loro per la mente?” Insistette come se la
sorella potesse avere una risposta.
“Lo
so, ho detto a James che era stato un perfetto idiota e un incosciente ad
assecondare gli istinti suicidi di Lena.”
“Lena
non agirebbe mai in un modo così privo di…” Kara si bloccò. Lena non avrebbe
mai fatto qualcosa di così stupido, Lena avrebbe avuto un piano, e,
soprattutto, non avrebbe accusato nessuno senza avere delle solide prove. A
meno che… alla festa aveva visto i suoi occhi cambiare quando aveva suggerito
che tra lei e James potesse esserci qualcosa di romantico…
“James
dice che è stata in piedi a lavorare tutta la notte e che sembrava lanciata e
pronta a uccidere, quindi ha pensato che la cosa migliore fosse andare con
lei.”
“Avrebbe
dovuto chiamarmi!” Inveì Kara, allontanando pensieri che non capiva e agitando
le braccia. “Avrebbe potuto morire!” All’idea i suoi occhi si sgranarono,
mentre il suo cuore batteva di nuovo veloce. Non poteva perderla, non poteva
assolutamente perderla!
“Adesso
sta bene, James è con lei, si assicurerà che non le succeda nulla di male.”
Alex la osservava come se potesse rompersi da un momento all’altro. “Noi
dobbiamo occuparci di questa nuova minaccia.”
La
mente di Kara era lontana, pensava agli occhi di Lena che si spegnevano, alle
labbra che tremavano, mentre lei le parlava di come James fosse il compagno
ideale… ricordò la speranza che veniva sostituita dalla delusione in quegli
occhi che brillavano ogni volta che incontravano i suoi e non quelli di James...
“Kara.”
Alex posò la mani sulle sue braccia e strinse, cercando il suo sguardo. “Ho
bisogno che tu sia concentrata.”
“Sì.”
Kara annuì. Lena stava bene, non appena questa crisi sarebbe stata risolta
avrebbe potuto parlarle, chiarire quello che era stato detto quella sera.
Avrebbe potuto capire perché Lena ora agiva in maniera così folle. Ma ora
doveva agire.
Scosse
la testa, stringendo i pugni, concentrandosi.
“Dobbiamo
iniziare a giocare al suo stesso gioco.”
“Di
cosa stai parlando?” Domandò Alex, ma Kara ormai aveva deciso, annuì e si alzò
in volo.
La
CatCo era il posto migliore, un posto che conosceva,
un posto che amava. Con la vista calorifera incise il
proprio simbolo sul tetto dell’edificio, un invito che, sapeva, non sarebbe
stato ignorato.
I
suoi occhi si abbassarono mentre con la vista a raggi-X passava in rassegna il
piano in cui sapeva avrebbe trovato Lena ed eccola lì.
Accanto
a lei vi era James, imponente in confronto alla donna. Kara non era abituata ad
origliare, ma voleva assicurarsi che stesse bene, così concentrò il suo udito
su di loro.
Lena
lo stava ringraziando perché le aveva salvato la vita, gli offriva da bere.
Erano vicini e, improvvisamente, quella vicinanza, punse qualcosa dentro Kara.
Perché mai…?
Si
fermò, mentre Lena afferrava la cravatta di James e lo attirava a sé per un
bacio.
Quella
puntura divenne una fitta violenta. Kara osservò la scena incapace di sottrarsi
a quella vista.
Lena
si staccò un istante dopo, ma per Kara fu un’eternità. Ora tra lei e James vi
era uno spazio più ampio, come se Lena si stesse pentendo, come se…
Forse
era solo la sua immaginazione a parlare, perché James non sembrava aver
interpretato in quel modo la situazione, invece, posò il bicchiere, facendo
troppo rumore per le orecchie sensibili di Kara, e si lanciò su Lena,
prendendosi quel bacio che avrebbe dovuto essere suo. Quel pensiero le fece
battere veloce il cuore.
Kara
chiuse gli occhi, chiuse la mente, chiuse il cuore e volò via.
Nulla
di Lena le apparteneva, non aveva nessun diritto eppure si sentiva male
all’idea che altri la baciassero, che altri potessero stringerla tra le
braccia.
Quanto
era stata sciocca? Atterrò al DEO e si ritrovò davanti Mon-El
e Imra che si addestravano, spensierati, giocosi,
innamorati. Oh, quanto era stata cieca! Nel vedere loro si era sentita triste,
perché immaginava che era quello che avrebbe dovuto avere lei, ma nel vedere
Lena e James, si era sentita distrutta, il suo cuore era stato annientato da un
solo sguardo a un loro bacio! Quanto era stata stupida! Ed ora era troppo
tardi.
“Kara!
Hanno risposto al tuo messaggio!” Alex la raggiunse e lei strinse i pugni,
desiderosa di combattere, di sfogare il suo dolore in un modo così primitivo e
liberatorio.
“Come?”
Chiese, il viso privo si espressioni.
“Lei
è lì, e ti aspetta.”
“Molto
bene.” Disse, muovendosi, ma Alex le posò la mano sul braccio trattenendola.
“Lo
so che ho fatto di tutto, in questi mesi, per farti capire quanto fosse
importante la tua parte umana, ma… dimenticala. Adesso devi essere fredda,
forte e terribilmente kryptoniana.”
Fu
sul punto di dirle che tutta quella storia era ridicola, che i kryptoniani ridevano, amavano e soffrivano esattamente come
gli umani, che quando aveva detto quelle parole era solo arrabbiata ed era
stata sciocca, ma lasciò perdere, si sarebbe scusata con Alex dopo, prima
doveva risolvere quella questione.
Annuì
alla sorella che sembrava più preoccupata del solito, come se si rendesse conto
che la minaccia era la peggiore che lei avesse mai affrontato e assicurò che ce
l’avrebbe fatta.
“Ho
battuto Kal, quando è stato necessario, batterò anche
lei.” Con un cenno a Winn e J’onn
si lanciò verso il cielo, il cuore chiuso e la mente fredda. Avrebbe combattuto
e avrebbe vinto.
***
Baciare
James era stato un terribile errore, lasciare che lui la baciasse una seconda
volta un errore ancora peggiore. In realtà non aveva fatto altro che
stupidaggini dopo che la sua sciocca illusione su Kara era stata spazzata via
dalla giovane, che aveva reso chiaro che, per lei, erano solo amiche.
Aveva
interpretato male i suoi sguardi, i suoi sorrisi, le sue parole, persino i suoi
gesti. Era stata sciocca, ma questo non significava che tentare di farsi
uccidere e baciare James, solo perché Sam e Kara lo avevano suggerito, fosse
una buona idea.
“Questo…
non doveva succedere. Scusami.” Disse, tentando di essere decisa, ma, al
contempo, di non ferire il ragazzo, che, dopo tutto, le aveva appena salvato la
vita.
“Se
è solo perché sei la proprietaria della CatCo…” Provò
lui, ma lei lo interruppe.
“No.
Sono stati una notte e un giorno molto lunghi e sono stanca, questa faccenda
con Edge mi è sfuggita di mano... Ti ringrazio per
quello che hai fatto, ma credo che sia ora per me di tornare a casa.” Afferrò
la giacca e si allontanò, veloce, sperando che James non la seguisse. Pigiò sul
bottone dell’ascensore, ma ancora prima che si aprisse lui era già lì, accanto
a lei.
“Permettimi
di accompagnarti a casa.” Le disse, quando lei lo guardò interrogativa.
“James…”
Lui alzò le mani, in segno di resa.
“Non
in quel senso.” Si spiegò. “Ma, hanno appena tentato di ucciderti, voglio
essere sicuro che tu arrivi a casa sana e salva.”
Lena
annuì, forse era ora di prendere una decisione saggia, la prima in ventiquattro
ore.
“Grazie.”
Disse, soltanto, e lui sorrise.
“Kara
mi ucciderebbe se sapesse che ti ho lasciato andare via da sola dopo quello che
è successo.” A quelle parole Lena alzò lo sguardo su di lui, sorpresa.
“Kara?”
Chiese.
“Oh,
sì! Lo so che sembra un orsacchiotto, ma…” James sembrò riflettere su quello
che stava dicendo, perché si interruppe e inarcò un sopracciglio perplesso.
“Ma?”
Chiese lei, improvvisamente curiosa.
“No…
ecco… stavo solo pensando che ti ha sempre difeso, fin dalla prima volta che ti
ha visto.” Si strinse nelle spalle e sorrise, incapace di spiegarsi meglio o
conscio che, qualsiasi cosa gli fosse venuta in mente, non poteva dirla, non a
lei.
Non
lo spinse a dire altro, aveva avuto la sua risposta al party di Natale, la sera
prima, perché illudersi ancora? Erano amiche, nulla di più.
Uscirono
nel freddo della città e udirono subito delle urla.
“Cosa
succede?” Chiese a James, irrazionalmente.
“Non
lo so.” Rispose lui. “Ritorna all’interno…” Due corpi infransero la parete di
vetro di un palazzo, aggrovigliati nella lotta.
“Supergirl.” Comprese all’istante Lena. Il cuore che
accelerava a quella vista. Poteva fingere con tutti, ma sapeva benissimo chi ci
fosse sotto il mantello, occhiali o no, avrebbe riconosciuto ovunque la donna
di cui si era follemente innamorata.
“Rientra
alla CatCo!” Tentò di dirle di nuovo James, ma Lena
non aveva nessuna intenzione di ascoltarlo. Kara era appena stata scagliata a
terra e non sembrava capace di rialzarsi. Iniziò a correre prima ancora di
averlo pensato.
Supergirl era in ginocchio, una
figura nera, con una maschera sul viso, torreggiava su di lei. Lena si fece
avanti ignorando i richiami di James, ignorando il pericolo e la ragazza alzò lo
sguardo e poi la mano, verso di lei.
Sempre
eroina: anche nella sofferenza Kara pensava prima agli altri che a se stessa.
“No,
vai via, lontano da qui.” Lena scosse la testa. L’avrebbe protetta, perché lì,
in ginocchio, con la testa che sanguinava, non c’era l’eroina di National City,
la ragazza d’acciaio, c’era Kara, la sua Kara, la donna che amava.
Le
loro dita si toccarono e Lena seppe che non aveva sognato, negli occhi di Kara
c’era più che amicizia. Sorrise e fu scagliata lontano.
I
suoi occhi ora fissavano il cielo, mentre una forma nera sosteneva nel vuoto
una figura blu e rossa.
L’ultimo
suo pensiero fu che non le aveva mai detto che l’amava.
Il
cuore di Lena smise di battere, mentre Kara cadeva.
***
Il
vuoto non aveva senso per lei, lei volava, si librava nel vuoto. Ma ora stava
solo cadendo.
Il
suo corpo era privo di forze, privo di capacità, era solo un oggetto che cadeva
verso il basso, vittima della gravità di cui si era sempre fatta beffa. Eppure,
nella sua mente non nacque la paura dell’impatto, quello che venne a disturbare
la beata quiete in cui sperava di scivolare per sottrarsi al dolore, furono due
occhi verde azzurri pieni di dolce amore.
Ed
era troppo tardi.
L’amava.
L’amava con tutta se stessa e aveva avuto paura di un sentimento così forte,
paura di ammetterlo, di provarlo, di dargli forma, perché perderla avrebbe
significato perdere tutto, di nuovo. Perdere Lena avrebbe significato perdere
di nuovo Krypton e non era sicura di potercela fare. Così aveva semplicemente
ignorato i suoi sentimenti, ma se Lena… Lena che la guardava in quel modo
speciale, Lena che ignorava il pericolo, solo per salvarla, Lena, Lena… se le
avesse aperto il cuore, forse, forse le cose sarebbero andate diversamente…
I
secondi sembravano ore. Il ghigno della donna che l’aveva battuta, senza
nemmeno sudare, era ancora lì, davanti ai suoi occhi. La guardava cadere. Il
suolo, però, era ancora lontano.
Kara
chiuse gli occhi tornando indietro alla festa… tornando a Lena.
“Vengo
con te.” Disse, invece di “Devo andare.” La sua mente fuggi la realtà e le
presentò un passato diverso. Eppure aveva ancora paura di amarla, ora più che
mai, perché non c’era più tempo, perché malgrado la sua mente rifiutasse la
realtà i suoi occhi avevano visto Lena tenderle la mano e non una sconosciuta,
così lì, in piedi davanti alla ragazza che la aspettava sotto il vischio, si
era bloccata, era rimasta ferma, incapace di prendersi quel bacio che sarebbe
stato solo immaginario.
Ora la sua mente non poteva più
fingere non era una sconosciuta a tenderle la mano, era Lena, la sua Lena,
follemente scattata in avanti per proteggerla, per salvarla.
“No!” Gridò nel buio della sua
mente.
Lena era morta, davanti ai suoi
occhi e lei non aveva saputo fare nulla.
“No!”
Lena
era di nuovo lì, davanti a lei, bellissima, gli occhi pieni di speranza e Kara
sorrise, sorrise mentre lasciava che il suo cuore accettasse la verità, se non
la realtà, e compiva quel passo, raggiungendo Lena sotto al vischio e baciando
le sue labbra così morbide, ridendo del suo gesto così romantico, della
perfezione di quell’istante, in cui i loro cuori battevano all’unisono.
“Non è andata così.” Ora riconobbe
la voce di Lena, la donna era davanti a lei. Bella come non mai, risplendente,
sul volto un’aria sorridente, ma una traccia di tristezza negli occhi.
“Non sei venuta con me al Luthor Hospital e non mi hai baciato sotto al vischio.”
“No.” Protestò. Eppure sapeva che
Lena non si sarebbe mai esposta così tanto, era stata ferita troppe volte,
troppe volte il suo cuore era stato schiacciato tra mani crudeli. Tutto quello
era solo una fantasia, la sua fantasia.
“Devi svegliarti Kara. Reign è una minaccia che National City, il mondo, non
possono affrontare senza di te.”
“Non voglio lasciarti andare.”
Ammise, accettando la verità per la prima volta: se si svegliava avrebbe dovuto
affrontare la realtà, una realtà senza Lena.
“Vivere questa fantasia non è
vivere.” Spiegò pazientemente la donna.
“Avrei voluto amarti, avrei voluto
salvarti.” Lacrime calde ora scivolavano lungo il suo viso, mentre Lena la
osservava con uno sguardo pieno di dolce comprensione.
“Ti aspetterò, quando sarà il
momento saremo di nuovo assieme, ma ora…”
“Respira,
respira!”
“Non sono riuscita a salvarti.”
Affermò, ricordando la mano di Lena tesa verso di lei e Reign
che la colpiva scagliandola lontana.
“Mi hai salvata molte volte e mi
hai ispirata e incoraggiata a fare del mio meglio per il bene di tutti. Mi hai
concesso un po’ più di un anno per cambiare la mia compagnia, per lasciare
un’eredità positiva al mondo.” La donna le sorrise, prima di parlare di nuovo,
questa volta i suoi occhi brillavano d’amore. “Di certo, hai salvato il mio
cuore.”
“Kara!”
“Il mondo ha ancora bisogno di Supergirl, Alex ha bisogno di te.” La voce di Lena era
dolce, calma.
“Non voglio vivere in un mondo in
cui non ci sei.” Protestò lei, combattendo con le lacrime e perdendo
miseramente.
“Resta
con me! Resta con me!”
Lena le sfiorò il viso, la sua
mano era calda, delicata e morbida.
“Lo so.” Ammise. “Ma io sarò
sempre con te.” Posò la mano sul suo cuore scaldando il suo corpo freddo.
“Sempre.” Mormorò, per poi piegarsi in avanti e baciare le sue labbra.
Il calore l’avvolse e il buio
scomparve, sostituito dalla luce.
Kara
sbatté gli occhi e si ritrovò in una stanza scura, su di lei le lampade solari,
accanto Alex che la guardava con occhi sgranati e sorpresi che si riempirono di
sollievo.
“Kara!”
Esclamò. “Pensavamo che…”
Lei
cercò nel buio, vide Winn, James, J’onn,
Mon-El e Imra. Ma lei non
c’era. Spinse il suo udito alla ricerca del battito del suo cuore, ma sapeva
già che non lo avrebbe trovato.
Lacrime
calde scivolarono lungo il suo viso, mentre Alex l’accoglieva in un abbraccio.
“Non
sono riuscita a salvarla.” Disse, piangendo.
“Lo
so, lo so.” Mormorò Alex, stringendola più forte che poteva.
“Io
l’amavo.” Alex annuì contro di lei.
“E
lei amava te.” Le assicurò e Kara lasciò che il ricordo degli occhi di Lena le desse
la forza di cui aveva bisogno, ora più che mai.
“Per
lei sono tornata.” Disse, allontanandosi da Alex. Questa volta la sorella la
guardò preoccupata.
Ma
Kara non badò alla sua espressione, invece strinse i pugni, il cuore che si
induriva assieme agli occhi.
“Ucciderò
Reign.”
Note: A mia discolpa, dico
subito che io ho scritto tra i generi che era una storia angst!
Lo so che la prima parte era tutta cuoricini e spirito natalizio, ma,
purtroppo, nascondeva un’amara verità.
Ho tentato di rendere il tutto
chiaro, spero che non vi siate ingarbugliate tra realtà (la stessa che avete
visto nell’episodio 3x09 se non per la morte di Lena) e la fantasia creata da
Kara per sfuggire alla morte della donna che troppo tardi, capisce di amare.
Spero che questa seconda parte
vi sia, malgrado tutto, piaciuta… fatemi sapere!