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Autore: Will P    16/12/2017    2 recensioni
Nonostante quello che pensino in molti, Shouta non è completamente asociale. Non odia i suoi colleghi, altrimenti lo direbbe a tutti senza problemi, e non odia le persone in generale, altrimenti si sarebbe sparato dopo il primo giorno di lavoro; è soltanto che relazionarsi con altri esseri umani richiede energie - a meno che non si tratti di Hizashi, che da solo ne ha abbastanza per altre tre o quattro persone - e più passano gli anni, più diventano scarse e preziose.
Quindi va bene venire alla festa di Natale, ma che non si aspettino di vederlo interagire.
[Christmas!Erasermight!!]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: All Might, Shōta Aizawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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★ Questa storia partecipa all’iniziativa “Calendario dell'Avvento 2017!” a cura di Fanwriter.it

Disclaimer: Non sono miei anche se mi piacerebbe tanto. Titolo @ I'll Be Home For Christmas - Bing Crosby.
Avvertimenti: fluff natalizio, awkward flirting.
Note: - Oltre a partecipare al Calendario dell'Avvento di Fanwriter.it, è scritta anche su una traccia uscita dal loro Generatore Di Prompt Natalizi, ossia Il cenone è più bello con le orecchie da gatto glitterate! + Genere: slice of life + Bonus: maglione natalizio imbarazzante (mi sono presa una licenza poetica cambiando il cenone in party d'ufficio, anche perché il cenone non è usanza giapponese, ma per il resto poteva esserci prompt più bello? No, non poteva) E ANCHE il prompt Grown men acting like teens @ Maritombola #8 di Lande di Fandom.
- Allora, io mi sono sparata l'anime di BNHA in tre giorni e NON ho letto il manga, ma sono spoilerata su più o meno tutto quello che succede, per cui l'ambientazione di questa fic è nel limbo tra spoiler (per chi è in pari con il manga e sa Certe Cose) e non-spoiler (per chi non segue il manga), perché non viene detto niente di chiaramente spoiler e si può leggere senza problemi. Also c'è anche il rischio che possa essere un filo OOC, essendomi lanciata a scrivere a cazzo senza pensarci troppo, ma CHISSENEFREGA È NATALE *lancia un pandoro in faccia ai lettori*




I'm dreaming tonight of a place that I love (even more than I usually do)

Shouta è qui sotto protesta.

La protesta non è, stranamente, contro le occasioni sociali in generale e i party d’ufficio in particolare; d’altronde ci sono occasioni peggiori in cui è costretto a vedere tutti i suoi colleghi in un colpo solo (attacchi a sorpresa o missioni suicide, per esempio, o il collegio docenti) e persino lui trova che, almeno una volta l’anno, sia una buona idea fare due chiacchiere con gli altri lontano da un’aula. Fa bene al morale. Collaborazione. Roba del genere.

E poi Hizashi gli ha promesso dell’alcol.

No, la protesta è contro l’intera istituzione del Natale, e soprattutto contro il travaso culturale che l’ha fatta diventare la pagliacciata che è in Giappone. Ha sentito che in America è una festa per la famiglia, per il cibo, per stare a casa a ingozzarsi insieme ai parenti; perché non è rimasta così anche da loro? Perché in Giappone si è dovuta trasformare in una festa per gli innamorati?

E perché gli innamorati non possono starsene a casa loro, invece di uscire e invadere il suo cat café?

È una cosa che Shouta non riesce proprio a concepire. Che senso ha andare in un cat cafè e poi passare tutto il tempo a guardare negli occhi come un imbecille qualcuno che vedi già ogni dannato giorno, ignorando completamente i gatti? È un’idiozia, ecco cos’è, un’idiozia che rovina i piani di Shouta. I giorni di vero relax che può concedersi durante le vacanze sono solo tanti e non più, tra una ronda e una riunione e una pila di compiti da correggere più alta della sua scrivania, e per colpa di questo Natale non può nemmeno passare il 24 dicembre in santa pace a farsi dormire addosso da una mezza dozzina di gatti, perché il locale è prenotato fino a scoppiare e con tutto il caos i suoi adorati non sarebbero nemmeno in vena di farsi fare due carezze.

Per cui tanto vale andare alla festa di Natale della scuola.

Non sembra così male, in fondo, almeno per il momento. Forse perché ancora non è arrivato quasi nessuno, forse perché si è parcheggiato sul divano accanto all’ingresso, nell’angolo più isolato, e non si muoverà da lì possibilmente fino all’anno nuovo, fatto sta che non si è ancora pentito del tutto della sua decisione.

Anche se gli manca un po’ il suo sacco a pelo, ma gli hanno proibito di portarlo.

Hizashi ha detto che non era abbastanza festivo.

E Cementoss aveva detto che avrebbe chiamato i pompieri se lui avesse provato davvero ad addobbarlo di lucine natalizie. È un dramma quando i tuoi colleghi non riconoscono a capire la tua faccia scherzosa.

O qualsiasi tua altra faccia.

“HEEEEEY ERASERHEAD, METTI VIA QUEL MUSO LUNGO!!!”

Purtroppo è un dramma anche quando i tuoi migliori amici sono i tuoi colleghi.

Fa un gesto vago in direzione di Hizashi, che anche mentre è occupato a provare la macchina per il karaoke, dall’altro capo del salone, non perde l’occasione per farsi i fatti suoi, e sprofonda di qualche centimetro in più tra i cuscini del divano. Ecco, se solo ora gli lasciassero chiudere gli occhi per due o trecento minuti…

“OKAY ALLORA SENTI QUESTA: QUAL È IL COLMO PER L’ALBERO DI NATALE? ESSERE CONCIATO PER LE HEEEEEEEEY, ALL MIGHT!!!

Shouta sbatte lentamente le palpebre per fissare l’ultimo arrivato, che fa un sorriso incerto e tentenna per un secondo sulla soglia con una mano alzata a mo’ di saluto (ma, a suo onore, non sussulta né scappa urlando per gli acuti a tradimento di Mic).

Non è solo per questo che Shouta si trova a fissarlo, però.

C’è anche che ultimamente si trova a seguirlo con lo sguardo sempre più spesso. C’è che da qualche tempo a questa parte non è più All Might, l’eroe giulivo e insopportabile, il Simbolo della Pace, ma Yagi - Yagi che ogni mattina è il primo in sala insegnanti e ogni pomeriggio l’ultimo ad andarsene, Yagi che sa stare in silenzio ad ascoltare e che quando ride è rauco e sgraziato, Yagi che gli porta sempre un caffè quando fanno tardi insieme e gli sorride in un modo che non è per niente giulivo, e non è per niente insopportabile, ma è piccolo e caldo e sincero.

C’è che ultimamente Yagi ha iniziato a portare vestiti della sua taglia.

Come i jeans che ha indosso questa sera, che gli fasciano le gambe e le fanno andare avanti per chilometri.

Il maglione che ha addosso non è della sua taglia, invece. Il maglione che ha addosso non è di nessuna taglia, a occhio, perché è un blob informe di lana verde e bianca e rossiccia, con una cornicetta di brillantini dorati che gli corre tutta intorno alle spalle e una renna sbilenca ricamata sul davanti.

Fa uno strano effetto vedere All Might senza qualcosa di bianco rosso e blu addosso, o Yagi senza il suo informe completo giallo vomito, ma anche se il maglione è troppo largo come tutti gli altri suoi vestiti, per una volta sembra… giusto. Morbido e caldo, come un bozzolo confortevole, e nella quiete del suo angolino - e della sua testa - Shouta si trova ad ammettere che non gli dispiacerebbe infilarsi dentro quel maglione insieme a lui per una dormita.

(O… altro.)

Poi Yagi lo nota, e sorride in un modo che sembra illuminare persino i suoi occhi scavati, e Shouta si sente scaldare un filo le guance.

Gli fa un cenno col capo e Yagi ondeggia sulla soglia, come indeciso se muovere un passo verso di lui, ma Hizashi ed Ectoplasm gli sono subito addosso blaterando di consulenze e cavi e playlist, e Yagi viene trascinato via di peso con solo un’occhiata fugace nella sua direzione.

Potrebbe essere rammarico, o potrebbe anche essere una richiesta d’aiuto.

Shouta sospira, e non si lascia andare di nuovo tra i cuscini solo perché non potrebbe in effetti essere più sbracato di così.

“Heeey Shou-chan, non c’è bisogno di essere così nervosi.”

È davvero un dramma quando i tuoi migliori amici sono i tuoi colleghi.

“Sto una favola,” dice, inutilmente, mentre Nemuri scavalca lo schienale del divano con un salto e si siede tutta contenta al suo fianco. Ogni suo movimento è accompagnato da un lieve tintinnio, per colpa dei campanellini appesi in punti che Shouta non ha intenzione di indagare a fondo che completano la sua tenuta da porno-aiutante di Babbo Natale. Il preside aveva ordinato (consigliato, tecnicamente, ma si sa com’è fatto) di farsi prendere dallo spirito delle feste, ma probabilmente non intendeva proprio completi inguinali e fiocchi strategici.

Shouta alza un sopracciglio, e Nemuri lo fulmina con un’occhiataccia.

“Almeno io ho fatto uno sforzo,” dice, alzando a sua volta un sopracciglio che non ha alcun motivo di essere alzato - Shouta non è venuto in pigiama, dopotutto, no? (Non che si sarebbe notata la differenza.) Poi però Nemuri si mette più comoda contro lo schienale del divano, incrociando le gambe come una regina sul suo trono, e la sua espressione si fa più subdola. “E non sono nemmeno l’unica, mi pare.”

Shouta resta immobile, perfettamente impassibile, ma per un’unica, piccola frazione di secondo i suoi occhi traditori scattano da soli verso l’altro capo della stanza - giusto il tempo di notare che ora un certo qualcuno con un certo maglione è inginocchiato a trafficare sotto la macchina del karaoke e sta sventolando in aria un certo culo fasciato di jeans, perfetto - e a Nemuri questo non sfugge.

“Aaaw, tranquillo,” chioccia, con un ghigno sadicamente deliziato. “Vedrai che se sei fortunato non sarà l’ultima volta che lo vedi in ginocchio. A Natale sono tutti più buoni, in fondo…”

Shouta fa un verso disgustato e le dà un calcio a una caviglia.

Nemuri lo schiva tirandosi in piedi con una risata, poi si stiracchia voluttuosamente in un gran tintinnio di campanellini. “Fai come ti pare, io ho una festa a cui partecipare.”

“Portami da bere,” le urla dietro mentre lei si allontana, ricevendo in cambio una linguaccia e un’altra risata.

Oh be’, lui non ha intenzione di alzarsi.

Poi per magia un bicchiere gli piomba tra le mani, e un po’ meno per magia un Present Mic gli piomba accanto, nel posto appena liberato da Nemuri.

Shouta non aveva questo posto perché fosse così trafficato, che diamine.

“Non eri laggiù un secondo fa?”

“Oh yeah, ma ho sentito il tuo grido disperato e sono corso in aiuto!”

Shouta sbuffa, poi studia meglio il bicchiere che sta stringendo al petto e il suo contenuto arancione. “Succo?”

“Haha, sì, “succo”,” dice, in un tono innocente così falso che si sentono le virgolette, e Shouta assottiglia gli occhi. Dà una sniffata sospettosa e per poco non si trova il setto nasale sciolto da una poderosa zaffata di vodka.

“Cos’hai, quindici anni?”

“MAGARI!!” dice, dando una pacca gioviale alla spalla di Shouta che non gli fa rovesciare tutto solo perché ha avuto una vita per abituarcisi. “Ma lo sai com’è fatto il preside…”

Di nuovo, Shouta non pensa che Nezu intendesse proprio questo quando aveva ordinato (chiesto, ma…) di mantenere un certo decoro e non alzare troppo il gomito alla festa, ma questa volta non gli interessa poi tanto. Manda giù un sorso che gli brucia la gola e poi chiude gli occhi con un sospiro.

Realizza l’errore non appena sente qualcosa di metallico scivolargli tra i capelli e sistemarglisi ben stretto in testa.

“Miiic…”

“È lo spirito delle feste, Eraser!!!”

Alza una mano a tastarsi il cerchietto, per capire quale mostruosità Hizashi abbia tirato fuori questa volta, e trova qualcosa di ruvido e triangolare che somiglia pericolosamente a un paio di orecchie da gatto. Apre stancamente un solo occhio e quando ritrae la mano si trova le dita coperte di glitter dorato, mentre Hizashi gli offre un sorriso smagliante.

“Non è PERFETTO? Non POTEVO lasciarlo nel negozio!”

“Se trovo un solo briciolo di glitter mentre mi lavo i capelli -”

Hizashi lo interrompe con una risata di cuore, come se la sola idea di Shouta sotto la doccia fosse ridicola, e con un braccio attorno alle spalle che usa per spiaccicarselo addosso e coinvolgerlo in un selfie non richiesto.

Shouta non sa bene che faccia stesse facendo, ma a giudicare dai versi sguaiati di Hizashi doveva essere particolarmente omicida.

“Questa va sulla chat di gruppo.”

“Ti odio.”

“Mi ringrazierai più tardi,” replica Hizashi, senza senso, e ancor più inspiegabilmente ammicca, poi schizza via come una molla non appena la macchina del karaoke viene accesa con uno scricchiolio di rumore statico.

Shouta resta interdetto per un momento, con il suo drink in mano e il suo eh? sulla punta della lingua, ma solo per quei due o tre secondi che gli servono a ricordarsi che non ha energie per fregarsene dell’ultimo piano di Hizashi. O delle orecchie glitterate che ha in testa. O di tutto, più o meno.

Così, ora che finalmente il suo angolo solitario è tornato a essere davvero un angolo solitario, si mette comodo sul serio e si prepara a passare la serata come piace a lui - quasi orizzontale, sul morbido, e in santa pace.

Nonostante quello che pensino in molti, Shouta non è completamente asociale. Non odia i suoi colleghi, altrimenti lo direbbe a tutti senza problemi, e non odia le persone in generale, altrimenti si sarebbe sparato dopo il primo giorno di lavoro; è soltanto che relazionarsi con altri esseri umani richiede energie - a meno che non si tratti di Hizashi, che da solo ne ha abbastanza per altre tre o quattro persone - e più passano gli anni, più diventano scarse e preziose.

Quindi va bene venire alla festa di Natale, ma che non si aspettino di vederlo interagire.

È perfettamente contento di starsene a guardare cosa fanno gli altri, che in occasioni del genere diventano se possibile più ridicoli degli studenti, e a cullare il suo bicchiere di “succo” senza mai finirlo davvero, perché sa per esperienza che in occasioni del genere è sempre meglio che qualcuno resti lucido fino alla fine, e, a giudicare dalla fiaschetta che è apparsa da qualche anfratto del vestito di Nemuri, di sicuro non saranno i suoi amici.

L’intera sala è illuminata soltanto da file su file di lucine che scintillano riflettendosi sulle decorazioni sparse qua e là (“Fa ATMOSFERA, amici ascoltatori!!”), e tra la luce soffusa e il tepore del suo divano Shouta potrebbe quasi addormentarsi, se non ci fosse qualcosa a distrarlo continuamente.

E non si tratta del karaoke, nemmeno quando Hizashi decide di inaugurare l’apparecchiatura con un giro di Jingle Bells che fa tremare i vetri alle finestre, perché Shouta riesce a dormire in classe; si tratta, come sempre da giorni - settimane a questa parte, di una certa persona.

Con un certo maglione.

(E certi dannati jeans.)

Yagi sembra brillare come una delle decorazioni scintillanti alle pareti, mentre si muove ridendo da un gruppo all’altro, e nel suo torpore Shouta non saprebbe dire se sia un effetto collaterale di quell’orrido maglione sbrilluccicante o semplicemente la sua presenza, che anche in questa forma riesce a illuminare la sala di luce propria. Fatto sta che per quanto si sforzi - anche se, a dir la verità, non è così tanto - si ritrova ancora e ancora a fissarlo intensamente da sotto palpebre pesanti, dicendosi ogni volta di smettela, invece di fare lo stalker, e ritrovandosi cinque minuti dopo di nuovo con gli occhi puntati su di lui.

Questa cosa per Yagi (preferirebbe cavarsi gli occhi piuttosto che chiamarla cotta; non ha quindici anni, e… non è soltanto una cotta), si rende conto pian piano, potrebbe essere un lieve problema.

L’occhiolino plateale che gli lancia Nemuri quando lo becca in flagrante non fa che confermare la sua impressione.

Cerca di concentrarsi su altro, di distrarsi almeno un pochino, e per sua fortuna o per punizione divina proprio in quel momento Cementoss e il preside, che stringe tra le zampe un drink sospettosamente arancione, attaccano con il karaoke di un duetto natalizio.

È… un’esperienza, di sicuro.

E naturalmente, proprio quando Shouta è completamente preso dallo spettacolo che prosegue inarrestabile come un incidente ferroviario, una certa persona decide di raggiungerlo nel suo angolo di pace e solitudine.

“Aizawa! Ancora qui? Suvvia, sei troppo giovane per fare da carta da par-”

Benché riluttante Shouta non può che voltarsi, sentendo il verso strozzato di Yagi, ma invece di trovarlo a ripulirsi sangue di dosso lo vede impalato di fronte a lui, ad aprire e chiudere la bocca come un cretino mentre si stringe un bicchiere al petto come uno scudo, gli occhi sgranati e fissi su qualcosa appena sopra la testa di Shouta.

… ops.

“Ah,” dice, maledicendosi mentalmente per essersi scordato e maledicendo Hizashi, un po’ più forte, per tutto. Muove d’impulso le dita verso il cerchietto ma poi la ritrae di scatto, per non peggiorare la situazione spargendo glitter ovunque, e si sente un idiota perché alla sua età non dovrebbe imbarazzarsi così per certe stronzate. Si lascia ricadere la mano in grembo e si schiarisce la voce. “Mic,” dice, a mo’ di spiegazione, ed è più che sufficiente perché Yagi annuisce con un piccolo ooh, poi si siede al suo fianco, cauto, come se Shouta potesse scacciarlo da un momento all’altro.

E poi rimane a fissarlo in silenzio.

“... sì?”

“Oh!” esclama Yagi, sobbalzando, neanche l’avesse svegliato all’improvviso. “Perdonami, è che ti sta - bene. Molto bene.”

Shouta fa un grugnito vago, per scacciare via quelle stupide chiacchiere di circostanza per cui non ha mai avuto veramente pazienza, ma Yagi non sembra smuoversi. “Dico davvero,” insiste, per un attimo più deciso. “Ti dona. Ti illumina il viso. Così sei - più, uhm… festoso, ecco,” conclude debolmente, grattandosi la nuca mentre evita di incrociare il suo sguardo.

Shouta lo fissa. Non potrebbe dirlo con sicurezza, nella luce bassa, ma gli sembra quasi di vedere un velo di colore in cima a quegli zigomi affilati.

È serio, allora.

“Mmh.” Fa un sorso dal suo drink ormai caldo, per prendere tempo, mentre squadra Yagi con discrezione e si chiede se in fondo… “Anche tu.”

“Ah?”

“Stai bene,” dice. “Molto… festoso.” Si volta un pochino per guardarlo più apertamente, facendo scorrere gli occhi per tutta la massa informe del maglione - che da vicino è ancora più tremendo - e poi ancora più giù, lungo le sue gambe, per poi risalire e lanciargli infine un’occhiata con un sopracciglio appena inarcato, in modo da non lasciare spazio a fraintendimenti.

La risata di Yagi muore in un colpo di tosse imbarazzato, e sì, ora le sue guance sono decisamente più rosse. “Haha,” riprova, “grazie? È un vecchio regalo. So che ormai mi sta troppo grande, ma ci sono affezionato.”

“No, sembra perfetto,” insiste, un angolo delle labbra appena incurvato all’insù. “Morbido e caldo.”

Yagi sembra sul punto di strozzarsi con la propria lingua e okay, forse Shouta dovrebbe smetterla (o magari cercare di sondare il terreno con un po’ più di grazia), ma prima che possa fermarlo Yagi alza il bicchiere e butta giù un sorso.

E lo sputa immediatamente appena gli tocca la lingua.

(Almeno non è sangue.)

“Non è succo,” dice Shouta, con estrema utilità, ma si raddrizza subito per togliere il bicchiere dalle mani pietrificate di Yagi e passargli un fazzoletto.

Resiste alla tentazione di dargli qualche colpo sulla schiena, perché ora come ora rischierebbe solo di peggiorare la situazione, e aspetta che Yagi ritrovi fiato. “Che sorpresa!” esclama alla fine, ancora un po’ strozzato. “Un classico delle feste, eh? Anche se sembra una cosa un po’... giovanile.”

“È un’idiozia,” dice, e Yagi sbuffa una mezza risata.

“E un vero peccato, perché ora non saprei proprio cosa bere!”

All’improvviso, infida e inaspettata, sboccia un’immagine nella mente di Shouta - un divano, quasi come questo, e lui e Yagi, un po’ come ora, con delle tazze fumanti in grembo e dei gatti che si strusciano pigramente contro le loro gambe. E nell’immagine Shouta non sta guardando i gatti - sta guardando Yagi, il modo in cui tenta di fare amicizia con uno dei mici più avventurosi, il suo sorriso non appena quello gli concede di passare le dita tra le sue orecchie.

È abbastanza per fargli venire voglia di darsi fuoco.

È abbastanza per fargli aprire bocca e dire: “Lascia che ti offra qualcosa io. Ti devo da bere.”

Yagi gli dedica uno sguardo strano, a metà fra il sorpreso e, si rende conto, il rammaricato. “Non c’è bisogno, amico mio” mormora, con un sorriso tirato che stona sul suo viso. “E poi lo sai che non bevo -”

“Alcol. Lo so. E se fosse un caffè, invece?”

Yagi lo fissa, la bocca lievemente aperta, le mani inerti in grembo.

Offrire qualcosa da bere è un conto. Un salto al bar dopo le lezioni, una birra per rilassarsi con i colleghi - tutte cose che succedono di continuo, tutte cose che hanno già fatto, e non c’è niente di strano dietro.

Niente che potrebbe suggerire di più.

Un caffè, invece… è un’altra cosa.

(Potrebbe essere un’altra cosa, se Yagi glielo permettesse.)

Shouta regge il suo sguardo, senza muoversi, e spera che Yagi capisca.

Dal sorriso piccolo, caldo, sincero che gli appare in viso alla fine, sembra proprio di sì.

“Un caffè sarebbe perfetto,” dice Yagi, la voce bassa e morbida, e Shouta si sente sorridere in risposta. Spera solo che non sia venuto fuori terrificante come al solito.

“Bene, perché c’è questo posto…”

   
 
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