Anime & Manga > My Little Monster/Tonari no Kaibutsu-kun
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Autore: tsukuyomi_    17/12/2017    1 recensioni
Shizuku è sempre stata una ragazza chiusa in se stessa, fredda e distaccata.
Anche considerata dai più "dal cuore di ghiaccio".
E Haru.. Haru è Haru.
Lui è aperto, fa amicizia facilmente, ha un cuore gentile e pronto ad aiutare il prossimo - anche se dal pugno facile.
E loro, insieme, sono complicati.
Complicati, certo, ma in fin dei conti si amano.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[ Personaggi : Shizuku Mizutani, Haru Yoshida, Natsume Asako, Sasahara Sohel, Oshima Chizuru. 
Coppie: Forte accenno alla ShizuHaru. ]





Shizuku, come ogni singola volta da quando ne aveva memoria, nell'aula scolastica, tentava di studiare. 
Dal momento che aveva a disposizione un'ora libera, la voleva utilizzare al meglio, senza perdere tempo. Gli esami erano alle porte, e lei doveva prepararsi. 
Non poteva sopportare un'altra sconfitta; non poteva sopportare che lui, lui che non si impegnava mai, la superasse ancora senza mostrare il minimo sforzo. 
Era inaudito per il suo orgoglio senza fine. 
Così, quando Natsume venne rapida nell'aula vuota a chiederle di uscire fuori con gli altri, si ritrovò a negare a priori, smorzando quel caldo sorriso onnipresente sulle labbra sottili e rosee della ragazza, che si allontanò con le spalle abbandonate in segno di profonda sconfitta. 
Shizuku sospirò, sperando vivamente di non essere nuovamente interrotta da presenze spiacevoli e indesiderate. 
Ma non sapeva quanto potesse essere caduta in errore con tale speranza.

* * * 

Meno di dieci minuti più tardi alla porta comparve una figura bassa, dai capelli castani, che osservava assorto la ragazza dai due codini bassi mentre si grattava il mento indeciso se aprire o meno la bocca. 
Lui sapeva molto bene che alla Mizutani non piaceva affatto essere disturbata in generale, figurarsi quando tentava in qualche modo di studiare. 
Ma lui era lì per accontentare il desiderio di Natsume, quindi doveva decidersi a parlare, senza indugi, senza preoccuparsi della possibile reazione di lei. 
Così, facendo un respiro a pieni polmoni, si preparò alla grande sfida.

Shizuku aveva sentito sin da subito quella presenza alla porta, quella presenza che avrebbe inevitabilmente riempito il suo tempo prezioso per farle una richiesta inutile, che considerando il suo indugio sapeva bene di ricevere. 
La ragazza si chiedeva spesso il motivo per il quale, le persone, pur conoscendo il suo carattere a tratti ostile, si obbligassero ad avere dei contatti umani con lei. 
Mentre studiava. 
Mentre non gli desiderava a priori.
Portò il suo sguardo sul ragazzo, inalzando il sopracciglio destro in un'espressione severa. 
"Shizuku..." iniziò lui, incerto. 
"Sasahara-kun." Rispose lei, secca. 
"Ti va..."
"No." Ribattè gelida, rendendo onore al suo soprannome, senza dare il tempo al ragazzo di terminare la frase o dare un'ulteriore risposta per tentare di convincerla, riportando celermente il suo sguardo sugli appunti presi nelle diverse lezioni, i quali erano posati rigorosamente sul banco, dove accanto vi stavano varie biro, una matita e una gomma totalmente linda. "A presto, Sasahara" continuò la ragazza, in tono basso, ponendo fine alla loro discussione. 
E lui, con quella frase, comprese bene che il loro breve dialogo era terminato. 
La ragazza, in modo freddo ma in fin dei conti cordiale, gli aveva esplicitamente detto di andarsene. La sua missione, per quanto fugace e temeraria, era terminata con esito negativo. 
Con un lungo sospiro liberatorio, si stacco dall'uscio e se ne andò, con l'intento di raggiungere gli altri. 
Certamente, per la Mizutani, le visite non erano di certo terminate. 

* * *

Altri dieci minuti più tardi, Shizuku, con il proprio udito attento, aveva sentito dei timidi passi avvicinarsi all'aula in cui risiedeva per studiare e prepararsi all'esame che era terribilmente vicino. 
La sua data, cerchiata più volte sul calendario, si avvicinava con una forza e rapidità sorprendente.
Troppo vicina. 
Certamente, pensò Shizuku, quello non era Haru; il passo era troppo timido e lieve per uno carico di energia come lui, troppo esagerato per la figura da duro che a volte assumeva. 
E quando quella figura giunse finalmente alla porta, ebbe l'assoluta conferma che non si trattava di quel petulante di Yoshida, ma... 
"Mizutani-san!" disse la studentessa, con voce sin troppo squillante per la ragazza dal cuore di ghiaccio, mentre si metteva apposto - con fare terrorizzato-  sul naso gli occhiali scuri. 
Shizuku assottigliò lo sguardo, attenta a non voltarsi verso quella voce, verso quella ragazza. 
"Sono qui per... be'... per chiederti..."
"Hai fatto una strada inutile" ribattè secca la Mizutani, non comprendendo il motivo per il quale dalle sue labbra fosse uscita tale frase. Si era ripromessa di non voltarsi e ciò, ovviamente, includeva il non aprire bocca. 
Ma per cause di forza maggiore non riusciva a vedere la ragazza sulla soglia della porta in modo positivo, per quanto si sforzasse, i suoi neuroni non riuscivano a mandar giù quel carattere così frivolo e poco incline a mostrare un poco di forza. "Tanto la risposta resta invariata" continuò sicura, scrivendo qualche appunto su un foglio libero, cercando di riportare la propria attenzione nuovamente sulla retta via. 
Con la coda dell'occhio, che schizzava senza precedenti su quella figura, riuscì a notare il modo in cui la ragazza tormentava l'orlo della propria gonna scusa, con le labbra strette in una linea sottile. 
"Ma..." tentò lei, Oshima Chiruzu, in un'ultimo tentativo che venne presto fermato da un secco diniego dalla ragazza seduta composta a lavorare. 
Così, anche lei, come i due che l'avevano preceduta, fu costretta a ritornare sui suoi passi, non prima però di aver dato vita a un suo ultimo pensiero: "Haru-kun ci tiene davvero tanto". 
Solo quando fu siccura di essere sola, Shizuku, ritornò a respirare. 
Perché si sentiva il viso così caldo?

* * *

Mancavano poco più di venti minuti e la sua ora libera sarebbe giunta al termine. 
Con rammarico si accorse di averla utilizzata a vuoto; considerando tutte le volte che era stata disturbata, aveva perso la voglia e la pazienza di continuare il suo studio, troppo presa anche da un orribile tormento. 
Perché, fra tutti, Haru non era venuto?
Certo non doveva farsi domande tanto stupide e insensate, ma una parte di lei si ritrovava dispiaciuta dal non aver visto spuntare su quel dannato uscio la sua figura slanciata. 
Le parole di quella sua 'nuova' amica le vagavano per la testa in modo ossessivo, mentre si chiedeva il motivo per cui, dato che ci teneva così tanto, non fosse stato il primo a comparire. Perché non fosse venuto in prima persona a chiederglielo. 
Sbuffò, lasciando ricadere la matita sul liscio banco. 
Portò il suo sguardo alla finestra alla sua sinistra, prendendosi il tempo necessario per osservare il bel tempo e le varie nuvole levitare libere nel cielo chiaro e cristallino. 
In fondo, quella era una bella giornata. 
Forse, in fin dei conti, quell'ora l'avrebbe potuta anche passare come tutti gli altri fuori, con loro.. 
Ma lo studio era più importante di quei stupidi pensieri, si rimbeccò severamente. 
Non voleva essere nuovamente battua da lui. Quindi, senza doppi pensieri, si sarebbe dovuta buttare sullo studio senza lasciarsi il tempo di respirare. 

"Shizuku!" 
La ragazza si voltò, quasi perdendo l'equilibrio precario sulla sedia, guardando la porta con gli occhi sgranati. 
Haru era lì, con un cipiglio furioso stampato sul bel viso circondato dai capelli scuri, seguito dal gallo ben tenuto sotto il braccio in una presa delicata, nonostante la rigidità di tutto il corpo. 
"Cosa c'è, Haru?" rispose tranquilla, sedendosi meglio sulla sedia, tirando un duplice sospiro di sollievo. 
"Perché non sei scesa?" 
Haru andava sempre dritto al punto, senza girare per le lunghe, come lei. 
Erano sinceri e sfacciati, e non nascondevano minimamente i vari pensieri che giravano per le loro complicate teste da bizzarri addolescenti, che mai prima d'allora si erano trovati faccia a faccia con sentimenti come amore o vera amicizia.
"Dovevo studiare". 
"Tutte le sante ore?" chiese ironicamente il ragazzo, avvicinandosi al proprio banco, dove posò poco delicatamente il gallo che mosse rapidamente le ali indignato per un trattamento che non si meritava.  
"L'esame è alle porte" spiegò semplicemente la ragazza, mantendendo il suo sguardo serio e autoritario. "E quel pennuto non dovrebbe stare qui, Haru" fece notare immediatamente, puntando l'indice sul gallo che si era ben appollaiato sul banco del ragazzo, affondando il capo sotto all'ala destra nel tentativo di chiudere occhio. 
"Tanto sai tutto, perché ti ostini a studiare? Oggi avevamo un'ora buca, giusto? Potevi benissimo scendere con noi e svagarti, Shizuku!" latrò il ragazzo, arricciando le labbra in una smorfia furente, mentre stringeva senza accorgersene le mani a pugno. 
Odiava quel punto del carattere della ragazza, attaccata in modo morboso ai libri senza godersi la vita da addolescente, neanche per un breve e limitato attimo di svago. 
"Perché non ho alcuna intenzione di farmi superare da te, Haru!" sbottò dopo secondi che parvero interminabili di silenzio, alzandosi con furia in piedi, mentre assottigliava lo sguardo sino a formare due fessure scure, che vennero puntate come petardi con grande furia sul viso del ragazzo, rimasto sbalordito da quella confessione.
Si stava impegnando così tanto solo per non essere superata da lui? 
Lo stava considerando l'ostacolo nella sua lunga marcia per il successo? 
"Oh... andiamo! Non è così importante! Gli amici dovrebbero valere molto di più..."
"I miei possibili amici, Haru, non mi faranno vivere una vita tranquilla, sai?" ribattè seccata, muovendo la mano a mezz'aria, dando più polpa al suo discorso. "E poi è tremendamente seccante vederti mentre superi i miei voti senza il minimo sforzo!" continuò fedele ai suoi piani, accorciando maggiormente la minima distanza che li divideva. 

Così, i due, senza capire effetivamente il come di tutto ciò, si erano trovati attaccati, con Haru che stringeva nel pugno della mano la leggera felpa gialla di Shizuku, alzandola lievemente verso di sé. 
I due si osservavano con una furia crescente, pronti a sbranarsi da un momento all'altro. 
Haru, essendo più alto della ragazza, poteva prendersi la libertà di osservarla dall'alto verso al basso, mentre sulla sua tempia le vene diventavano più visibili, rimbombando come tamburi. 
"Lasciami" ordinò la ragazza, soffiando come un felino, mentre guardava il ragazzo con lo stesso cipiglio infuriato e seccato di qualche attimo prima. 
"Di che ti dispiace!" ordinò lui, convinto, non mollando la presa. 
La ragazza sgranò le palpebre, interdetta. 
Su cosa si doveva dispiacere? Su fatto di tenere alla sua media, senza pensare alle frivolezze che viaggiavano per la testa di tutti quelli che affrontavano il suo liceo?
"Non mi dispiace affatto" disse lei tranquillamente, storcendo le labbra in una smorfia di totale indifferenza. 
"Allora non ti lascio" continuò lui, senza battere ciglio. 
Shizuku, oltre a mettere in chiaro le sue idee, era fortemente testarda. Non si lasciava mettere i piedi in testa da nessuno, compreso il padre, uomo deplorevole che non trovava per quanto ci provasse lavoro, obbligando la moglie a portare da sola i soldi a casa. 
"A breve arriverà il professore" fece notare la ragazza, sospirando. "Potrebbe abbonarti una settimana a casa. Sai, non dovresti tenere in modo così rude una ragazza" lo sbeffeggiò di punto in bianco, sempre più stufa per la situazione in cui era finita. 
Ormai, era fortemente decisa che, se lui non l'avesse lasciata da lì a dieci secondi contati sull'orologio, lo avrebbe minacciato senza alcun timore, pronta anche a ferirlo nell'orgoglio se necessario. 
"Fa nulla" scrollò le spalle lui, disinteressato, mentre iniziava a scordare il motivo della loro lite e, soprattutto, il motivo per cui la stava tenendo in pugno. 
"Non costringermi a minacciarti, Haru!" esclamò lei, inviperita. 
I dieci secondi erano passati da parecchio, oramai. 
Con un sospirò, socchiudendo le palpebre, Haru la lasciò. 
Non voleva udire la possibile minaccia che sarebbe uscita da quella donna dal cuore di ghiaccio e, sicuramente, il suo amore e affetto nei suoi confronti erano troppi per non ubbidire a una richiesta così diretta, esplicita e voluta. 
"La prossima volta però vieni, va bene?" chiese sorridendo, mentre andava a prelevare Nagoya dal suo banco per portarlo nella casuccia che avevano costruito tutti insieme per il suo amato pennuto. 
Quando uscì, lasciando la ragazza da sola in balia dei suoi ambigui pensieri, lei sentì il suo cuore sobbalzare nel petto a ripensare a quella frase che alla fine del loro discorso le fu rivolta con una naturalezza tale da lasciarla senza fiato, seguita dal sorriso di lui tanto sereno. 
L'aveva presa in pugno, pretendendo da lei delle scuse - che non erano mai arrivate alle sue orecchie- e poi, come se niente fosse, l'aveva lasciata nuovamente libera, uscendo tranquillamente dall'aula scolastica con il gallo sotto braccio, canticchiando. 
Quel ragazzo era bizzarro, fin troppo, ma lei non riusciva più a stargli lontano. 




















NOTE AUTRICE: Non poteva certamente mancare nelle mie fiction, qualcosa inerente a questi due bizzarri elementi, che ho apprezzato sin dal primo momento.
Una delle mie OTP di questo fandom, che ho mangiato con gli occhi in ogni singola immagine o puntata. 
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Se qualcuno passa da queste parti, ritrovandosi in questa fic senza pretese, la mia speranza è semplice: che sia di vosto gradimento, certamente!





 


 
   
 
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