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Autore: Arthalmia    17/12/2017    0 recensioni
Dieci anni fa, un incendio ha inferto al cuore di Fuyuki una ferita ancora aperta. Il Graal, col suo rovente abbraccio, ha lasciato al suo passaggio una scia di desolazione e morte… e parti di sé.
Uno di quei frammenti è finito in mano ai più grandi avversari dei maghi giapponesi: la Torre dell’orologio. Aiutati dagli Einzbern, che hanno visto l’occasione come una benedizione, gli inglesi hanno sfruttato la reliquia per creare il proprio Graal e la propria guerra. Cosa succederebbe dunque se sette nuovi Master, contemporaneamente a quelli di Fuyuki, combattessero per la coppa su suolo inglese?
Genere: Dark, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Emiya Shirou, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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~~Conrad Newwhite era abituato a vedersi chiudere una porta davanti fin da quando era bambino.

Prima fra tutti era stata quella della casa paterna, ad opera dello stesso uomo che l'aveva generato. Sua sorella minore guardava da dietro i finestroni del salotto, impassibile, con la sola consapevolezza che non l'avrebbe rivisto, mentre un uomo sconosciuto lo prendeva con sé e gli spiegava che da quel giorno lui e sua moglie si sarebbero presi cura di lui perché i suoi genitori non potevano più permetterselo. Conrad aveva faticato a crederlo, mentre si girava un ultima volta a guardare l'enorme magione e il giardino antistante, ricco delle più varie specie di fiori. Forse alla loro donna di servizio e all'autista era stato impedito di salutarlo perché col tempo nella sua memoria di bambino di cinque anni quella menzogna si imprimesse come verità universale, mentre i ricordi nebulosi lo avrebbero convinto davvero che una famiglia povera aveva dovuto darlo via per disgrazia. La vera disgrazia, invece, erano la sua intelligenza e la sua memoria sopra la media. Perché Conrad continuò a ricordare qualcosa, e mentre i volti dei suoi abominevoli familiari sparivano dalla sua mente e si convertivano in bianco fumo, quel singolo frammento di memoria recidivo si faceva forte, sempre più forte, giorno dopo giorno, man mano che chiuso nella sua cameretta lo coltivava prima dei compiti, dopo cena e a volte anche prima che tutti in casa fossero svegli. Agli occhi di una qualsiasi persona con più esperienza, quelle capacità non sarebbero state che un soffio comparato alla potenza di tanti tornado, ma per il piccolo era un'esperienza unica e privata, la sola cosa che gli appartenesse e a cui sapeva di appartenere. Man mano che cresceva si accontentava di riuscire a tenerla in vita e ogni giorno era una gioia scoprire che c'era ancora, che l'acqua era ancora lì ad ascoltarlo, ad obbedirgli e a piegarsi nelle più svariate forme, in giochi idrici che diventavano una festa per gli occhi, come gli aveva insegnato suo padre. Conrad sentiva dentro di sé la connessione con quel fenomeno, il suo potere su di esso e la consapevolezza che sì, che poteva farlo accadere ancora, ne aveva il potere. La vera disgrazia fu il suo ricordare, anche con il castello delle sue memorie infantili che crollava in pezzi, di essere un mago.

Non si chiese mai se anche la sorellina lo fosse, quanto grande fosse il suo potere e cosa riusciva a fare rispetto ad insignificanti giochi d'acqua in quanto erede dei segreti di famiglia; lui era l'unico a essere speciale, altrimenti perché darlo via?
Fu questa domanda il principio che fece maturare in Conrad l'idea che quel talento andava protetto e che forse un essere affine a lui avrebbe potuto comprendere, finalmente, il suo dilemma, la sua brama di simili con cui confrontare quella magnificenza. Sebbene la famiglia adottiva non gli avesse rivelato nulla sulle associazioni di maghi e sulle famiglie, la coscienza che il suo vecchio genitore fosse come lui durò abbastanza nella sua mente da fargli scoprire il suo primo cognome e a cosa fosse correlata la vecchia famiglia.

La seconda porta si era chiusa più violentemente, sbattutagli davanti in una Londra asfissiata dall'afa di una rara, calda giornata di luglio. Era giunto all'edificio chiamato Torre dell'Orologio dopo così tante ricerche, dopo aver setacciato ogni cartella o documento alla ricerca delle sue origini, che quel risultato gli parve quasi inverosimile. Si sentiva umiliato oltre ogni limite. Com'era possibile che un mago, autodidatta per giunta, venisse rifiutato dai suoi colleghi solo perché dotato di meno potenza interiore? Era nato con pochi circuiti magici, come li chiamavano loro, ma era comunque un magus. Era andato oltre quell'ostacolo, era riuscito a usare la magia, pur non eccellendo nell'uso pratico possedeva comunque una buona quantità di energia: perché allora non gli veniva data la possibilità di migliorare?

Il terzo portone era ebano, ottone, imponenza e diretta conseguenza del secondo. Una ragazza dagli occhi taglienti come i suoi si era scomodata ad aprirlo quanto bastava per guardarlo in volto e, quando si era presentato, lo aveva accostato ed era corsa al piano di sopra. Conrad aveva sentito borbottii sommessi, la voce apprensiva della giovane donna e un'affermazione ferma di cui però non aveva colto il contenuto.

Un uomo di corporatura esile ma incredibilmente alto gli era poi apparso davanti e il solo trovarsi a fronteggiarlo lo aveva messo in soggezione, ma non si era lasciato sconfiggere da quel timore e si era fieramente presentato al padre che lo aveva gettato via quindici anni prima. Sperava che nell'ascoltare quel discorso tanto fiero e orgoglioso, l'uomo si sentisse pervadere dal senso di colpa. Quel che immaginava, che aveva voluto prevedere, era che al suo cuore sarebbe giunto un messaggio forte e chiaro: "Ce l'ho fatta senza di te". Già pregustava il volto costernato del genitore, assalito dal rimorso, che lo pregava di perdonarlo per averlo sottovalutato e di accettare quel poco che poteva offrirgli: il suo sapere e soprattutto l'aiuto delle sue conoscenze alla Torre.

La reazione era stata più gelida dell'acqua d'inverno. Colui che lo aveva messo al mondo e poi se n'era sbarazzato appena trovata una sostituta si era limitato a scrollare le spalle. Gli aveva risposto che non poteva che fargli i suoi complimenti più vivi, ma doveva andarsene, non poteva far nulla per lui. Conrad non era più riuscito a trattenersi. Aveva urlato contro quella persona che a stento conosceva tutto ciò che si era tenuto dentro dall'umiliazione subita all'Associazione dei maghi e provato piacere nel constatare che le sue urla risuonavano dentro l'enorme costruzione in pietra nel quale era stato messo al mondo; tutti in quella famiglia di traditori dovevano udire il grido di rabbia del loro rifiuto, sapere cos'era diventato e dimostragli pentimento aiutandolo ad arrivare più in alto. Era un mago di famiglia, dopotutto, no? Non potevano rifiutare.

Suo padre non aveva mosso un dito nemmeno allora. Aveva ascoltato, taciuto e guardato il figlio con occhi gelidi, mentre questo gli ordinava di usare le sue conoscenze per correggere il malinteso della Torre.
Conrad aveva appena finito di parlare che finalmente si decise ad aprire bocca per pronunciare la peggiore sentenza che potesse aspettarsi, anche peggio del colpo di Londra.

"Vai. Corri lontano, viaggia, ma non farti più vedere. Se verrò a sapere che hai detto all'Associazione di avere un qualsiasi legame con me o con tua sorella, se metterai in dubbio la sua posizione, la mia unica premura potrà essere quella di non ucciderti davanti ai suoi occhi e farlo in modo indolore."

Era stato quello l'incantesimo che aveva decretato la chiusura della terza porta. Conrad, vagabondo, aveva orgogliosamente imposto a sé stesso di non rassegnarsi all'accogliente prospettiva di una vita umana con i genitori adottivi. L'umiliazione inflittagli dal padre era talmente cocente che lo avrebbe considerato solo il miserabile epilogo di un'opera in cui il suo ruolo era ancor più disgraziato. Ingenuamente, aveva continuato a sognare il riscatto mai arrivato, rifiutando invece l'amore di coloro che davvero avevano imparato ad amarlo col tempo. Quando sua madre adottiva era morta, sola in un letto d'ospedale, non aveva nemmeno preso in considerazione l'idea di stare accanto al padre.

Aveva cominciato a frequentare ogni zona di Londra in cui avesse individuato la presenza di maghi, nella speranza che qualcuno mettesse in discussione la diagnosi dell'Associazione e lo portasse a un livello superiore, ma la glaciale minaccia risuonava ancora nella sua testa, dunque si era guardato bene dal rivelare le sue origini; purtroppo, se anche lo avesse fatto i risultati non sarebbero variati. Nessun magus gli aveva dato risposta positiva e Conrad impiegò molto tempo ad accettare di essere destinato ad ascoltare sempre la stessa risposta, ad accettare i suoi pochi circuiti, il suo non essere l'erede, il fallimento.

Aveva trascorso due anni in una sorta di rassegnata trance. Dal basso della sporca umanità, al contrario di coloro che, con coraggio, guardano davanti a sé e affrontano il domani, Conrad Newwhite fissava il cielo, aspirando a un posto riconosciuto tra le altre creature superiori. Anche se l'avevano cacciato in tutti i modi, il ragazzo era sempre rimasto lì, poco fuori ai confini, in attesa dell'occasione, della sua possibilità. Dopo altri sei anni, per la prima e unica volta nella sua vita, una porta si era mossa davanti a lui in senso contrario, spalancandosi davanti ai suoi occhi esterrefatti. Il suo restare sempre ai margini gli aveva dato una chance di avvicinarsi, finalmente, e Conrad non se lo era fatto ripetere due volte; aveva accettato volentieri di entrare al servizio della nobile casata degli El-melloi, lieto di poter stare vicino a qualcuno da cui apprendere, segretamente, da cui assimilare anche la più piccola nozione. Non gli importava di essere ridotto a un maggiordomo, se così facendo poteva vivere in quell'ambiente. Il suo rifiuto di fare i conti con gli svantaggi di essere entrato in quel mondo dall'ingresso di servizio invece che da quello principale gli presentò il conto più tardi. Quella fu, in un certo senso, la sua seconda disgrazia e la sua malata benedizione.

Era stato l'erede stesso, lord Kayneth, a volerlo con sé durante il viaggio in Giappone. Nessuno in casa sapeva dei poteri magici di Conrad: in molti gli avevano fatto notare che nonostante la mancanza di talento possedeva un quantitativo discreto di mana, ma aveva imparato come nasconderli e aumentato la sua resistenza magica. Il suo compito durante la battaglia, la Guerra del santo Graal, sarebbe stato dunque quello di sempre: provvedere, con altri due ragazzi, al benessere e al comfort di lord Kayneth e della giovane Sola-Ui.

Il loro compito, tuttavia, era durato tanto poco quanto niente.

Conrad ricordava poco dell'esplosione, poiché dopo un lampo abbagliante che lo aveva investito col calore di mille soli, aveva a stento fatto in tempo a proteggersi con la magia prima di precipitare nel vuoto. Gli avevano raccontato in seguito di averlo estratto miracolosamente vivo dalle macerie dell'hotel Hyatt, in cui aveva perso tuttavia la normale capacità motoria ed era rimasto zoppo dalla gamba sinistra. A parte questo e la rottura di un braccio, con stupore dei medici, tutto era perfettamente funzionante e in ordine... forse troppo.

La porta scorrevole dell'ospedale di Fuyuki fu l'ultima di una lunga serie a chiudersi davanti a Conrad Newwhite, che dovette lasciarlo senza avere con sé neanche un bagaglio o un cambio di vestiti con cui proteggersi dal freddo invernale per quella notte.
Osservò il suo riflesso sul vetro. Non era vecchio, ma portava i suoi trentun'anni con un'inusuale serietà che gli conferiva un aspetto più adulto, signorile. Non si guardava allo specchio da quando aveva constatato che più il tempo passava, più diventava simile all'uomo che più di tutti giudicava ripugnante. I baffi rossicci erano cresciuti durante il breve ricovero, i capelli erano sporchi e spettinati e lui non aveva nulla se non un cappotto fornito dall'ospedale. Nessuno aveva chiesto di lui e aveva interpretato ciò come una possibile convinzione del padrone che fosse morto nella deflagrazione. Lord el-Melloi doveva essersi indubbiamente salvato, invece, date le sue infinite risorse magiche. Sospirò pensando invece a Margaret e Shawn, i suoi colleghi. La giovane ragazza non era che una semplice umana; Conrad ricordava le sue urla disperate inghiottite dalle macerie che precipitavano nel vuoto. Appena ventidue anni... uno in meno di Shawn. Lui aveva semplicemente avuto la sfortuna di trovarsi accanto a un esplosivo. Era stato vedendolo ardere che Conrad aveva realizzato appena in tempo di doversi proteggere come poteva la magia.

Scacciò questi pensieri e con il braccio si abbottonò il cappotto. A pregare per le loro anime poteva pensare dopo;a sua preoccupazione primaria era tornare a Londra. Tutto il denaro di cui Lord Kayneth disponeva, se anche fosse rimasto qualcosa, era fra le macerie dello Hyatt. Se gli sciacalli non avevano già pensato a ripulire la zona, dovevano averlo fatto le autorità incaricate di rimuovere i resti. Nessuno l'avrebbe assunto neanche per mezza giornata, nelle sue condizioni, e come se ciò non fosse bastato, non parlava giapponese e non avrebbe saputo come rintracciare il padrone.

Si trascinò nervosamente lungo il vialetto che conduceva all'ospedale con l'unica gamba sana. Ad ogni passo cresceva in lui la rassegnazione ad un'unica verità: la sola possobilità di rimpatriare era affidarsi a quelle stesse persone che un tempo lo avevano già umiliato. Suo padre adottivo non aveva le disponibilità economiche per aiutarlo... o almeno cosí ricordava, visto che aveva troncato i ponti anche con lui da quando era stato assunto nella casata.
Essendo quasi notte, impiegò un'ora prima di trovare qualcuno che parlasse inglese e fosse disposto a prestargli il telefono. Le dita congelate, digitò nervosamente il numero della famiglia che serviva.

- Chi parla? - Una voce femminile gli porse la domanda in tono scocciato. Conrad inarcò un sopracciglio. Gli era familiare, ma non ricordava assolutamente a chi appartenesse. Se fosse stata una cameriera, l'avrebbe riconosciuta. Questa persona gli sembrava troppo giovane, quasi una bambina.

- Onegai, hayaku. - La donna che gli aveva prestato il cellulare sbuffò e picchiettò il dito sul polso sinistro.

- Sono Conrad. Chiamo per avere notizie di Lord Kayneth e sapere come rintracciarlo, purtroppo dopo l'inci...

- Chiunque sia, spero tu stia scherzando. Ah, imbecille! - La ragazzina riattaccò bruscamente e la giovane signora si riprese il telefono.

- No, aspetti, per favore... mi lasci ritentare solo una volta... - tentò di persuaderla il maggiordomo.

- Sumimasen, keredo dekinai! - gli gridò, incamminandosi di nuovo lungo il viale illuminato.

- Va' al diavolo - la insultò. Si guardò attorno: a Londra dovevano essere le quattro di pomeriggio, ma a Fuyuki gli orologi avevano da poco battuto la mezzanotte e tra un paio d'ore persino le izakaya avrebbero chiuso i battenti.
Dovunque andasse, non trovava che insegne spente. Cominciò a pensare a qualche posto dove passare la notte, chiedendosi se la stazione dei treni avesse un angolo di pavimento anche per lui.
La gamba lanciava fitte di dolore ogni volta che tentava di utilizzarla per muoversi più in fretta e Conrad cominciò presto ad avvertire le goccioline di sudore che si stavano formando sulla fronte. Si appoggiò a più riprese alle vetrine dei negozi per riprendere fiato.

Fu in una di queste pause che la vide. La luce.
A poche centinaia di metri da lui, era il caos. Una densa colonna di fumo si levava nel cielo notturno e gli edifici nel suo campo visivo ardevano come lanterne, mentre alle sue narici giungeva un odore che sorpassava il bruciato: quello della morte.
Conrad trattenne il respiro, inorridito. Le sue membra erano paralizzate, ma non dal terrore. Era un'altra forza quella che lo aveva bloccato, il solo percepirla era stato un colpo durissimo. Come umano sapeva quanto quel disastro fosse diverso dall'esplosione che già lo aveva coinvolto, ma lo sapeva ancor di più in qualità di magus; la potenza magica emanata da quel tappeto di morte e desolazione era mille volte superiore anche a quella del miglior esponente della casa el-Melloi. Finalmente, capì.

Poco a poco recuperò la mobilità e, con essa, un gelido raziocinio. La sua mano si allungò verso il disastro. Non era più tempo di compassione e pietà, nel suo cuore. Come avrebbe potuto essere così umano davanti a quella cosa che più di tutte rappresentava la magia?

Conrad Newwhite iniziò a correre, per quanto la gamba glielo permettesse. Corse, a perdifiato, la fronte ormai madida. Non sprecò nemmeno un istante a guardare la costellazione di cadaveri che ornavano in modo macabro il quadro di macerie e cenere attorno a lui, i suoi occhi erano puntati solo sul davanti. Continuò ad avanzare fra le rovine, il fiato corto. Per il caldo dovette sbottonare il cappotto.
Trovò quello che cercava una cinquantina di metri più avanti; il suo tesoro si era posato sopra le pietre come se queste fossero state un tappeto rosso srotolato al suo passaggio. Un luccichio aureo si riflesse negli occhi castani dell'uomo, le cui labbra si incurvarono all'insú in una smorfia inquietante.

Ridacchiò. Lord Kayneth si era davvero per qualcosa di grosso, dunque. A giudicare da quel disastro, tuttavia, Conrad dubitava che l'avesse vinto. Per quanto arrogante e vigliacco sapesse essere, il padrone faceva le cose in grande, come mago, e sapeva gestirle altrettanto bene...

Rise. Stava ancora elogiando quell'uomo senza onore. Lord Kayneth el-Melloi Archibald era un ottimo magus? Forse. Ma aveva fallito, buttato via la sua occasione. Ora era tardi.
Conrad fissò il frammento iridescente e lo prese fra le mani. La forza del mana che irradiava quasi lo stordí.

Forse all'Associazione portare indietro dal Giappone quell'artefatto sarebbe interessato tanto da accollarsi il povero mago storpio che lo aveva raccolto, dopotutto.

O da premiarlo.

Ciaoo!
Approfitto di questo spazio per fare un paio di chiarimenti prima di cominciare effettivamente con la storia vera e propria!
Ho messo questa storia nella categoria "Stay night" poiché gli eventi sono contemporanei a quelli dell'anime e si parlerà anche della nostra quinta guerra -sebbene intenda concentrarmi su quella inglese, come dice il titolo-, tuttavia alcuni dei personaggi presenti provengono da Fate/zero, mentre la maggior parte è totalmente di mia invenzione.
Ho anche fatto alcuni cambiamenti rispetto alla trama che tutti conosciamo, un po' per comodità, un po' per variare il corso degli eventi. Il primo e più importante, come dico nella trama, è che gli Einzbern sono riusciti ad aprire un nuovo collegamento al Graal maggiore. Non so infatti se ciò sia attualmente possibile per loro.
Ce ne sono altri, ma li dirò quando necessario, non voglio dilungarmi troppo!
Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare la settimana prossima, spero che il prologo non risulti noioso e la storia piaccia!
-Arthalmia

   
 
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