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Autore: Elis9800    17/12/2017    5 recensioni
[...]
“Devi andare adesso” sussurrò Tooru con la voce rauca, carezzando delicatamente la guancia scura di Hajime e sorridendogli con fatica.
“Devo andare, sì” ripeté meccanicamente il moro, scostando bruscamente le mani dalla vita di Oikawa, fingendo di non accorgersi dei suoi occhi lucidi al pronunciare quelle parole.
Dietro di loro, sembrava scrutarli in placida attesa l'acuminato profilo di un imponente e grigiastro aereoplano.
[...]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Hajime Iwaizumi, Tetsurou Kuroo, Tooru Oikawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 II

   assenza, più acuta presenza
 
 
 
Otto mesi dopo
 
 
 
“Non posso ancora credere che tu abbia ottenuto la promozione…”
“Perché sembri tanto sorpreso? Si tratta del frutto del mio duro lavoro!”
“Ah! Sbattere le ciglia di fronte ai clienti non può essere classificato esattamente come duro lavoro…”
“Sei solo invidioso, Tetsu-chan, perché sono diventato Marketing Manager prima di te” gongolò Tooru sgusciando fuori dall’ampio ascensore grigio, voltandosi con grazia per mostrare la lingua al collega dalla folta crestina mora, che rispose alla provocazione con un’occhiata felina minacciosa, prima di sbuffare rassegnato.
“Okay, mi costa ammetterlo, ma… in effetti hai lavorato parecchio in questi mesi. Ti sei dato da fare… ecco, un po’ più del solito” sospirò alla fine Kuroo, seguendo l’amico fuori dalla porta a vetri dell’imponente grattacielo moderno in cui lavoravano, rabbrividendo per l’ondata di vento gelido che li accolse appena misero il naso fuori dall’edificio.
Tooru sgranò gli occhioni bruni e immobilizzò le mani, intente a chiudere ermeticamente i bottoni del trench nero, cosicché il freddo non trapelasse anche all’interno dell’indumento.
“Kuroo Tetsurou che elargisce un complimento…? E’ il mio regalo di Natale anticipato?” cantilenò il castano con un ghigno compiaciuto mentre Kuroo si malediva mentalmente per essersi fatto sfuggire un commento del genere nei confronti del Re del Narcisismo.
Si grattò distrattamente la nuca e tentò di cambiar discorso il più velocemente possibile prima che Oikawa attaccasse con uno dei suoi soliti sproloqui fastidiosi.
“A proposito di Natale, hai deciso cosa fare?”
Il cuore di Tooru iniziò improvvisamente a pompare più rapidamente della norma.
“So che ancora mancano tre settimane, ma vuoi unirti a me, Kenma, Lev e Yaku? Sarà una cenetta tranquilla a casa nostra… per quanto calmo possa essere un tipo come quel mezzo russo” commentò Tetsurou con una smorfia sconsolata, incamminandosi assieme al collega verso il parcheggio delle auto prima di dover morire assiderati.
Tooru ridacchiò. Eppure, nonostante tentasse di non darlo a vedere, a Kuroo non sfuggì il leggero sussulto che scosse il suo corpo all’udire quelle domande.
“Grazie dell’invito, Tetsu-chan… ma passo. Non che non voglia trascorrere del tempo con voi ragazzi… solo che mi sentirei… di troppo, ecco. E poi, ancora non è detto che Iwa-chan non ce la faccia a tornare!”
Tooru si sforzò vivamente di suonare convincente persino alle sue stesse orecchie.
Kuroo, comunque, non approfondì oltre e si limitò soltanto ad annuire con un piccolo mugugno d’assenso.
Salutò con una battutina sarcastica delle sue Oikawa, che assunse il peculiare broncio infantile, e salì velocemente in macchina, battendo i denti per il freddo.
Non avrebbe mai voluto trovarsi nei suoi panni, rifletté con un inaspettato pizzico d’empatia mentre osservava il ragazzo più ammirato dell’intero ufficio per bellezza e bravura saltare velocemente in auto e sfregarsi gli occhi con le mani gelate.
Insomma, vivere lontano da Kenma per 24 mesi interi…
Tetsurou non riusciva nemmeno a contemplarla un’ipotesi del genere.
 
 
 
 
“Brrr, fuori si gela…” commentò Tooru tra sé e sé non appena mise piede all’interno dell’appartamento, premurandosi di accendere istantaneamente il riscaldamento.
Si tolse di dosso il cappotto umido e lanciò una rapida occhiata all’orologio appeso alla parete colorata del soggiorno.
Le 20:35.
Se si sbrigava, faceva ancora in tempo a mettersi in contatto con Hajime: a Berlino, quella era l’ora della pausa pranzo.
Tirò fuori il portatile dalla valigetta da lavoro e lo accese velocemente senza nemmeno cambiarsi d’abito, poggiandolo sul tavolo della cucina dove la luce artificiale del lampadario appeso al soffitto vi giungeva in maniera più nitida.
Si collegò a Skype e, in men che non si dica, premette il pulsante della videochiamata.
Approfittò della lentezza del caricamento per specchiarsi rapidamente sullo schermo nero del suo Mac, sistemandosi le frange castane, sfilandosi gli occhiali grigi dal naso e leccandosi le labbra per renderle più piene, cercando poi la giusta angolazione per sembrare il più attraente possibile anche dalla Webcam… operazione tutt’altro che semplice.
 
Aveva appena scovato il punto perfetto, quando un viso dai tratti marcati e la pelle olivastra apparve improvvisamente sul monitor.
Sul viso di Tooru nacque un sorriso istintivo.
“Buondì Iwa-chan! Come va la vita nella Grande Germania?” domandò allegro, imitando l’accento tedesco che Hajime aveva ormai acquisito alla perfezione.
Un piccolo sorriso percorse anche le guance di Iwaizumi, estendendosi agli occhi verdi che fissavano con celata avidità il volto tanto vicino ma così enormemente distante del suo ragazzo.
“Piuttosto stabile in questi giorni. Vedo che anche lì il freddo non scherza…” osservò il moro e ridacchiò sommessamente quando il castano parve non capire.
“Hai la punta del naso tutta rossa, Tooru”
Il ragazzo fece convergere istintivamente gli occhi bruni verso la cartilagine, ma, non scorgendo ovviamente nulla, scoprì solo toccandosi con i polpastrelli che la pelle era gelida come un cubetto di ghiaccio.
“Non hai portato la sciarpa con te?” domandò Hajime brusco, ben sapendo quanto Oikawa soffrisse il freddo.
“L’ho dimenticata stamattina a casa, Iwa-chan…” rispose brevemente Tooru, rimanendo qualche istante in silenzio per osservare ogni possibile segno di stanchezza, felicità, cambiamento o altro ancora sul volto di Iwaizumi, il quale svettava sullo sfondo bianco della sala conferenze vuota, in cui era solito intrattenersi con lui in videochiamata.
Era quello, difatti, l’orario in cui solitamente potessero concedersi mezz’oretta al giorno “vedendosi”, se tutto andava bene.
Se Oikawa, ovvero, riusciva a rincasare non eccessivamente tardi dal lavoro… situazione che si era ripetuta parecchio, in quegli ultimi mesi.
 
Eh sì, Kuroo aveva proprio ragione riguardo al “darsi da fare” del ragazzo.
 
Con la permanenza di Iwa-chan all’estero, Tooru aveva fermamente deciso che avrebbe dedicato al lavoro gran parte del suo tempo… anche perché, fondamentalmente, metà della sua esistenza in quegli anni non sarebbe stata con lui.
Certo, poteva sempre contare sulla presenza degli amici con cui era solito trascorrere parte del tempo libero, ma non era sicuramente la stessa cosa.
Di conseguenza, non appena gli era giunta voce che il suo capo avrebbe assegnato il posto vacante per la carica di Marketing Manager, mansione cui aspirava la maggior parte di laureati nel Marketing, a chi si sarebbe distinto particolarmente per abilità e dedizione lavorativa, Tooru non aveva perso tempo ad attivarsi al meglio delle sue capacità per ottenere quell’impiego, che avrebbe comportato non solo uno stipendio ben maggiore, ma anche la possibilità di nuovi stimoli, nuovi incarichi importanti.
Insomma, nuove “avventure” nel mondo della sua carriera, che sarebbe schizzata sicuramente alle stelle.
E, poiché Oikawa Tooru non era tipo da abbattersi facilmente di fronte alle avversità, aveva sgobbato fino allo stremo in quei mesi, compiendo straordinari su straordinari, accaparrandosi i clienti migliori di tutto il Giappone, spremendosi le meningi per elaborare idee sempre innovative… finché i suoi sforzi non furono finalmente ricompensati.
Tutti a lavoro si erano congratulati con lui, compreso quel felino sardonico di Kuroo…
Eppure, in quel frangente, Oikawa tentennava a informare il suo ragazzo dell’agognata promozione.
Non perché non sarebbe stato felice per lui, anzi.
Però…
 
“C’è qualcosa che non va?” chiese Hajime con lo sguardo accigliato dopo parecchi secondi di mutismo del castano.
Non era tipico di Tooru rimanere in silenzio tanto a lungo.
Era lui, solitamente, a narrargli ciò che gli era accaduto durante il giorno, anche perché la videochiamata avveniva sempre quando la sua giornata si era appena conclusa, mentre quella di Iwaizumi era ancora nel suo pieno svolgimento.
“Nulla, Iwa-chan! Anzi, ho una bella notizia” cinguettò Oikawa nuovamente allegro, sfoggiando un sorriso a 32 denti forse un po’ esagerato.
Il moro sollevò un sopracciglio, in attesa.
“Sono stato promosso… a Marketing Manager!” esclamò, alzando entrambe le dita delle mani nel segno della vittoria, il volto tirato in un’espressione di felicità…
Nonostante, dentro di sé, sapesse più che bene di star recitando una farsa.
Fortunatamente, il ragazzo dall’altra parte dello schermo parve non accorgersene.
Allargò gli occhi chiari e rimase con la bocca socchiusa per qualche attimo, come se stesse ancora cercando di metabolizzare la nuova informazione… e poi, sorrise.
Un sorriso affettuoso, che per poco non fece scoppiare a piangere Tooru.
Un sorriso bianco e candido, in perfetto contrasto con la sua pelle scura.
Un sorriso che riservava solo ed esclusivamente alle occasioni speciali…
Un sorriso che Oikawa avrebbe tanto voluto scorgere di persona.
“Sono contento per te, Tooru” proferì alla fine con voce calda e gentile, avvicinando la grande mano allo schermo del computer, come se… come se avesse voluto sfiorare il volto del ragazzo con le sue belle dita?
 
Okay, Oikawa non poteva più reggere.
 
Prima di poter aggiungere qualunque cosa, fu Hajime a parlare di nuovo.
“Cosa vuoi fare per festeggiare? Uscirai con Kuroo e gli altri colleghi? O con Matsukawa e Hanamaki?” domandò genuinamente interessato il moro, sicuro che Tooru, amante delle feste e delle celebrazioni, avesse desiderato organizzare qualcosa di particolare per quell’occasione tanto importante. Sapeva quanto fosse significativo per lui raggiungere un obiettivo, sia in campo lavorativo sia nella vita in generale...
Tuttavia, Oikawa non se la sentiva d’informarlo delle sue vere intenzioni.
Se avesse comunicato ad Hajime che avrebbe trascorso la serata in casa, il moro si sarebbe sicuramente insospettito e l’ultima cosa che voleva era proprio impensierire Iwa-chan per una sciocchezza.
O meglio, più che preoccupare… causargli del senso di colpa assolutamente non necessario.
Quindi, decise di mentire spudoratamente come solo lui era in grado di fare, sfruttando l’occasione offertagli dallo schermo del computer, che non permetteva ad Iwaizumi di leggere sempre la verità nel bel volto del suo ragazzo.
“Sì, Iwa-chan! Tra poco passerà Kuroo a prendermi e decideremo dove andare, anche se credo proprio che ci rifugeremo a casa sua per bere qualcosa. Una cosetta semplice insomma, c’è troppo freddo per star fuori” fece notare con la vocetta infantile e Hajime sbuffò con la solita ostentata esasperazione “Sei proprio un principino pretenzioso”…
Senza, però, che alle parole seguisse il consueto buffetto sulla nuca o pizzicotto sul braccio.
 
Tooru percepì gli angoli degli occhi bruciare pericolosamente.
Doveva porre fine a quella conversazione, alla svelta.
Finse di ricevere una notifica dal cellulare.
“Mi sa proprio che adesso devo andare, Iwa-chan, Kuroo mi ha appena inviato un messaggio! Ci sentiamo dopo, okay?” cinguettò, mandandogli tanti bacetti con la mano mentre l’altro scuoteva piano la testa, conservando però quel particolare sorriso.
“Va bene, non fare troppo tardi… e stai attento” sussurrò conciso come suo solito e con le guance impercettibilmente rosate, scoccandogli un’ultima occhiata intensa prima di chiudere la videochiamata.
 
La facciata di buon umore si staccò dal volto di Oikawa, infrangendosi rumorosamente in mille pezzi sul pavimento.
Lentamente, chiuse il portatile sul tavolo della cucina, rimanendo immobile per qualche secondo.
Camminò poi come un automa verso la stanza da letto per togliersi finalmente di dosso i vestiti, rigidi e freddi per il gelo beccatosi quel giorno, infilandosi il suo pesante e comodissimo pigiamone in pile.
Hajime non si sarebbe mai bevuto la storia dell’uscita serale se si fosse presentato davanti a lui con quei vestiti tipicamente casalinghi, indossati da Tooru solo quando aveva ormai concluso la sua giornata e aveva voglia o di dormire, o di rimanere accucciato con il compagno sul divano.
Strascicando i piedi nelle pantofole blu, il castano si diresse nuovamente in cucina, dove mise su il bollitore per prepararsi una buona cioccolata calda, perfetta per serate invernali come quella.
 
Mentre mescolava il latte con il cioccolato, il bip del cellulare indirizzò il suo sguardo sullo schermo, dove un messaggio da “Iwa-chan<3” lo persuase subito a controllare la chat.
“Sono davvero felice per la tua promozione, anche se non sono riuscito a esprimerlo per il meglio, poco fa… vorrei essere lì con te, in questo momento. Divertiti con Kuroo e gli altri e non strafare come tuo solito… ti amo tanto.”
 
Gli occhi di Tooru si riempirono di lacrime.
 
 
“Anch’io vorrei che tu fossi qui, Hajime…” sussurrò in direzione del telefono, chiudendo gli occhi e lasciando che qualche goccia d’acqua scorresse liberamente sulle sue guance, incidendosi come profonde cicatrici.
Non voleva mentire ad Iwa-chan. Non era solito comportarsi in quel modo… ma non poteva davvero dirgli che non avesse alcuna voglia di uscire poiché l’unica persona con la quale avrebbe voluto trascorrere quel momento importante… fosse lui.
Avrebbe soltanto peggiorato le cose a entrambi, permettendo al sentimento straziante della lontananza di acuirsi sempre più…
Anche se, razionalmente parlando, quella era una sensazione che non poteva esser controllata fin dall’inizio.
Ciò che, in realtà, non voleva Tooru, quello che tentava disperatamente d’evitare…
Era che non crollasse l’illusione di poter riuscire a dominare quell’emozione.
Che quel sentimento non divenisse tanto forte da spezzare inevitabilmente qualcosa nel loro rapporto, alterandolo per sempre.
E, ovviamente, non poteva permettere che Hajime si sentisse in colpa per aver accettato il trasferimento di due anni in Germania, che gli avrebbe consentito d’ottenere un posto di primo piano nel mondo dell’editoria giapponese.
Tooru stesso era ben conscio che quella fosse stata la scelta migliore da perseguire per la sua carriera, considerando che Iwaizumi adorasse il suo lavoro…
Solo, era terribilmente doloroso verificarne i risvolti nell’attuazione pratica.
 
Per quelli e altri motivi, quella sera non aveva alcuna voglia di uscire.
Preferiva di gran lunga rimanere in casa con una cioccolata calda in mano, accoccolato sotto le coperte a godersi un bel documentario sulle galassie.
Sebbene, in quel momento, persino quell’idea lo deprimesse ugualmente.
Solitamente lui e Iwa-chan guardavano assieme la tv. Oikawa stretto al petto di Hajime e quest’ultimo che a sua volta lo abbracciava da dietro, non era raro che visionassero quei programmi sullo spazio che tanto piacevano al castano, ma che finivano inevitabilmente per appassionare lo stesso Iwaizumi.
In particolare, ricordava una sera in cui si trovavano entrambi in quella medesima posizione, mentre in televisione proiettavano un servizio sui buchi neri particolarmente interessante.
Tooru aveva gli occhi spalancati, come a voler cogliere il più possibile le immagini trasmesse, che si allargavano sempre più ogniqualvolta carpisse nuove informazioni, totalmente assorto dalla voce narrante e dai fotogrammi.
Hajime, dopo aver distolto lo sguardo dallo schermo per un attimo, si era soffermato a guardare il volto quasi estatico di Tooru sotto di lui, e… aveva sorriso.
Aveva ceduto anche alla tentazione di scoccare un lieve bacio sulla guancia morbida del compagno. Quest’ultimo aveva confusamente girato la testa, come se fosse stato improvvisamente catapultato nella realtà e, con lo sguardo un po’ perso e gli occhi colmi di un’ingenuità pari a quella di un bambino, aveva chiesto piano “Che ho fatto, Iwa-chan?”
Il moro aveva risposto a quella domanda con uno sbuffo intenerito.
“Niente, proprio niente” aveva sussurrato, persistendo a scoccare piccoli baci su quella pelle finché non permise alle loro labbra di unirsi.
Tooru, dopo essersi staccato, lo aveva guardato con un’espressione beata e, sorridendo come un ragazzino, si era accucciato ancor di più a lui, continuando a guardare assieme la tv fino a quando non caddero entrambi addormentati.
 
 
Mentre si versava la bevanda calda nella sua tazza preferita blu cobalto puntellata da tante piccole stelline lucenti, regalo di Hajime per un suo compleanno di parecchi anni prima, rifletté sul fatto che lui, Oikawa Tooru, abile informatico e da sempre appassionato di social network… non avrebbe mai pensato d’arrivare a odiare qualcosa come Skype, nato per aiutare le persone abitanti a parecchi chilometri di distanza a mantenere un contatto visivo più o meno costante.
Non che lui non volesse osservare il volto del suo Iwa-chan… solo, era come se questo poter vederlo da dietro uno schermo, apparentemente così vicino ma concretamente tanto lontano… gli causasse ancor più dolore.
Dopo ogni videochiamata, si sentiva sempre peggio di prima.
Una telefonata era ben diversa: la voce di Hajime risvegliava in lui ricordi nostalgici e fantasie d’ogni genere, arrivando infine a eccitarlo profondamente… in fondo, durante quegli otto mesi erano entrambi “sopravvissuti” provocandosi piacere soltanto telefonicamente.
 
Insomma, vedere ma non toccare Iwaizumi… era più di quel che Tooru potesse sopportare.
 
Sospirando rumorosamente, s’incamminò verso il letto, prefigurandosi già la serata malinconica cui sarebbe potuto incorrere… quando un’occhiata distratta alla mensola appesa alla parete della stanza, gli fece balzare in mente un’idea.
Impilati ordinatamente in ordine cronologico e con i dorsi colorati accuratamente ben curati, svettavano gli album fotografici che lui e Hajime avevano realizzato nel corso degli anni, sia raccattando le foto più disparate scovate nelle loro case natali sia utilizzando le più recenti, per un totale di sei volumi comprendenti un venticinquennio delle loro vite.
“Okay, facciamoci veramente male” si disse il castano, afferrando i primi tre raccoglitori e fiondandosi sotto le coperte.
Tazza fumante in mano, occhiali sul naso e album sopra le ginocchia incrociate, incominciò a sfogliare il primo dalla copertina un po’ infantile.
Un nostalgico sorriso nacque sul suo volto nell’osservare due piccoli bambini di pressappoco tre anni con la faccia tutta sporca di pastelli mentre reggevano, entrambi fieri, i loro capolavori appena ultimati.
Quella era la prima fotografia che ritraeva Hajime e Tooru assieme, scattata durante la seconda settimana dall’inizio dell’asilo. Il luogo, ovvero, in cui i due si conobbero.
Prendendo un sorso di cioccolata calda, Tooru ricordò di come avessero chiesto alle rispettive madri quegli scatti per creare il loro album personale, al di fuori di quello “ufficiale” delle famiglie.
Ridacchiò al pensiero delle guance rosse di Hajime alla vista di certe foto che le mamme di entrambi trovavano assolutamente adorabili, come quella che immortalava i bambini di circa sei anni profondamente addormentati sul prato sotto il grande ciliegio in fiore di casa Oikawa, con le dita delle mani teneramente intrecciate.
A pensarci bene, non era poi così strano che le loro madri avessero preso tanto bene la notizia della relazione dei due, comunicata con estremo imbarazzo misto a risolutezza prima che i ragazzi partissero per la grande città, subito dopo il diploma. 
La spiegazione delle donne era stata ridotta a una semplice frase. “Lo sospettavamo da anni, ormai.”
 
Si fermò dinanzi allo scatto che ritraeva Hajime con gli occhi verdi sbarrati, la bocca spalancata e le guance lievemente rosse mentre lui, Tooru, aveva il volto raggiante di felicità e batteva le mani.
Stretto nei palmi, il piccolo Iwaizumi reggeva il regalo appena scartato per i suoi otto anni: un grande peluche di Godzilla, scelto appositamente da Oikawa nell’enorme negozio di giocattoli della città che entrambi adoravano per la quantità di giochi che si poteva trovare al suo interno.
Al ragazzo si scaldò il cuore al ricordo degli occhi brillanti del moro e di come, in un impeto di gioia estranea a quel bambinetto serio e poco espansivo, l’avesse abbracciato stretto stretto per qualche secondo, sussurrandogli all’orecchio “Grazie, Tooru”.
Il ragazzo non avrebbe mai dimenticato quello stranissimo calore che gli aveva invaso improvvisamente lo sterno, permettendogli quasi di sollevarsi da terra. E, nonostante non l’avesse mai ammesso apertamente, sapeva che nemmeno Hajime si fosse scordato di quel giorno.
La motivazione era semplice: quel regalo era divenuto una sorta di talismano, per il moro.
Non solo l’aveva portato con sé dalla sua vecchia casa fino al loro nuovo appartamento nella capitale ma, con estrema sorpresa, Oikawa aveva scoperto che Iwa-chan l’avesse infilato in valigia e se lo fosse trascinato fino a Berlino.
 
Ridacchiò alla vista della foto in cui, a dieci anni, Hajime gli mostrava orgogliosamente la sua preziosa collezione di coleotteri conservati in un’elegante teca di vetro, avvicinandola pericolosamente al viso totalmente inorridito di Tooru, che avrebbe tanto desiderato porre quanta più distanza possibile tra lui e quei piccoli mostri a sei zampe.  
Non avrebbe mai compreso il motivo dell’ossessione che il piccolo Iwa-chan aveva nutrito nei confronti di quelle disgustose creature. Certo, la passione nei confronti della natura gli era rimasta, ma non era poi più così fissato con gli insetti… non che la cosa non gli andasse bene, ovviamente.
Non pensava che avrebbe davvero potuto convivere con quei cosi che decoravano le pareti colorate della loro casa.
 
A quel proposito, gli venne in mente un’altra fotografia, di almeno sei anni più tardi, che risiedeva indisturbata nell’album ancora chiuso sopra le sue gambe.
La cercò febbrilmente e rise sonoramente alla vista, stropicciandosi gli occhi con una mano: raffigurava se stesso abbarbicato sopra ad uno sconsolato Iwaizumi, stretto attorno al suo collo mentre aveva la faccia contorta in una smorfia tra il disgusto e la paura. Poco lontano da lui, Matsukawa, che era il più alto tra tutti, per evitare di continuare a udire i piagnistei e gli strilli acuti del setter, si era arrampicato sopra l’armadietto di Oikawa e stava per porre fine alla povera vita di uno scarafaggio che aveva osato fare di quel luogo la sua tana.
Il tutto era stato fotografato Hanamaki, di cui Tooru ricordava ancora le risate sguaiate mentre immortalava per sempre quel quadretto con il cellulare.
 
Makki e Mattsun avevano impersonato i coprotagonisti di molte delle foto che coprivano i tre anni del liceo frequentato a Sendai, nella tanto amata Aoba Josai.
Compagni di scuola, squadra, scherzi e risate, avevano accompagnato Hajime e Tooru nei difficili anni dell’adolescenza, condividendo assieme a loro pensieri, emozioni e paure.
Erano stati i primi a venire a conoscenza della storia nata tra i due ragazzi, oltre ad esser stati i primi ad accorgersene. A loro dire, era quanto meno palese l’attrazione che i due provavano nei confronti dell’altro, mal celata da un’amicizia che era troppo, troppo intima per venir categorizzata come tale.
Tuttavia, il loro ruolo non si era limitato meramente a quello: li avevano incoraggiati a portare il loro rapporto alla luce del sole, trattandoli come due normalissimi amici… sfottendoli magari, ma mai con cattiveria.
E poi, erano stati gli storici quattro del terzo anno della Seijo, i compagni con cui avevano condiviso tutto, dalle risate alle lacrime dopo un’amara sconfitta.
Inoltre, com’era prevedibile, il loro rapporto non si era interrotto con il termine del liceo.
Entrambi i ragazzi si trasferirono nella capitale a qualche anno di distanza da Oikawa e Iwaizumi, Takahiro per terminare gli studi e Issei per lavoro, e non era raro che tutti insieme si riunissero per una birra e quattro risate.
Tooru ripensò a tutte le volte che, durante quegli otto mesi, si era recato all’officina di Mattsun per parlare e sfogare la propria frustrazione, ricevendo in cambio consigli pacati e razionali. Era divenuta un’immagine rassicurante ormai la vista di quell’omone dalla barba un po’ incolta e i capelli scombinati, sigaretta in bocca e mani sporche di grasso di motore.
“Chissà cosa mi direbbe per rassicurarmi, adesso…” rifletté Oikawa mentre, con gli occhi lucidi e un po’ rossi, osservò la fotografia che li ritraeva tutti e quattro assieme al primo compleanno del figlio di Makki, a braccetto e in abito da cerimonia, così come si convenga a dei veri uomini adulti… sebbene bastasse guardarli in viso, per scorgervi le espressioni felici e spensierate di quattro ragazzi diciassettenni, provenienti da una città nella periferia di Miyagi.
 
Continuando a sfogliare i vari album, giunse nel momento in cui Kuroo Tetsurou subentrò ufficialmente nella sua vita, colorandola d’ironia, complicità… e un pizzico di malignità.
 
Sbuffò un po’ stizzito alla vista degli scatti del suo venticinquesimo compleanno, giorno in cui quel maledetto felino gli aveva affondato la faccia nella torta, coprendogli il viso di panna vellutata e fragoline rosse.
V’erano due foto poste l’una accanto all’altra. La prima rappresentava Oikawa chino sul dolce, totalmente immerso nella panna che strabordava fino a raggiungere le sue vaporose ciocche brune, con Kuroo che gli teneva la nuca e aveva il viso distorto in una risata diabolica, mentre al suo fianco Iwaizumi rideva di gusto assieme a Mattsun e Makki.
La seconda foto, invece, mostrava Tooru con il volto coperto di bianco e gli occhi spalancati... poiché Hajime lo stava baciando sulle labbra.
Il castano ricordava perfettamente che, dopo quel bacio dal sapore fin troppo dolce, Iwa-chan aveva staccato dalla punta del naso di Tooru una fragolina un po’ ammaccata e se l’era messa in bocca, leccandosi le labbra con leggera malizia.
Inutile dire che la capatina in bagno per la pulizia del suo viso fu ben più lunga del previsto.
 
Un ampio sorriso malinconico si dipinse sul volto del ragazzo, chiudendo l’album fotografico e serrando le palpebre.
Perdersi in quelle fotografie gli provocava sentimenti contrastanti.
Se, da un lato, poteva chiaramente vedere quanto la sua vita fosse stata piena, dall’altro gli ricordava costantemente che il personaggio principale per la realizzazione di quella felicità… adesso, non era con lui.
 
Tirando sommessamente su con il naso e abbandonandosi a un lungo sospiro, si sdraiò lentamente sul lato destro del letto, sprofondando il volto nel cuscino di piuma e inspirando a fondo.
Nonostante fossero passati mesi, l’odore di Iwa-chan impregnava ancora le lenzuola e, in particolar modo, la federa su cui era solito dormire.
Tooru vi affondò il naso e inspirò a fondo, immaginando di trovarsi proprio accanto al moro, fingendo che fossero i suoi capelli scuri e un po’ ispidi quelli in cui stesse immergendo il viso e la sua pelle quella che stesse accarezzando con delicatezza.

Avrebbe dovuto pensare alla sua promozione.
Avrebbe dovuto riflettere su cosa questo nuovo incarico avrebbe comportato.
Avrebbe dovuto essere felice per il raggiungimento di quell’ostico obiettivo…
E, invece, ciò su cui riusciva a focalizzarsi, erano concetti ben diversi.
“Che stai facendo in questo momento, Iwa-chan? Con chi hai parlato oggi? Come hai dormito ieri notte? Chi sono le ultime persone con le quali hai parlato? Ci sono ragazze carine nel tuo ufficio? C’è qualcuno che ti guarda in maniera indiscreta? Stasera uscirai? Con chi? Dove?....”

Come un mantra persistente, tutte queste domande gli infestavano la mente.
Ogni.
Singola.
Notte.
E ogni singola notte, l’ultimo pensiero prima d’addormentarsi… era uno solo.
“Mi manchi da morire, Hajime”

Era inutile mentire.
Quella vita…
Quella vita, che non gli permetteva di festeggiare come avrebbe voluto un traguardo fondamentale per la sua carriera, che gli impediva di gioire come un tempo d’ogni aspetto della sua stessa esistenza, che lo costringeva a porre inconsciamente a paragone ogni situazione con la sua corrispettiva vissuta con la presenza di Hajime…
Quella vita… era assolutamente insopportabile.
 
Tuttavia, ancor più difficile da mandare giù… era un altro fastidioso pensiero.
Un’idea che aveva cominciato a germogliare nel suo cervello negli ultimi mesi, in cui la volontà ferrea di Tooru aveva finito per scontrarsi con la dura realtà dei fatti.
Apparentemente e originariamente insensata, aveva iniziato ad acquisire sempre più senso e forma, nella sua mente segnata dalla lontananza e dall’assenza di contatto concreto.
“E se ad Iwa-chan… questa situazione non pesasse più di tanto? Se non avvertisse veramente la mia mancanza? Se il motivo per cui mi dice sempre che non può tornare in Giappone per quest’anno… è che non sente il bisogno di vedermi?”
 
 

 
 
 
Note finali: la fine dell’autunno porta malinconia. Tanta, tanta malinconia.
Ho un debole nel rappresentare l’infanzia e, in generale, il passato dei personaggi… anche se, in verità, morivo dalla voglia di scrivere di Tooru che sfogliasse vecchi album fotografici, avvolto dalla nostalgia. Era un’occasione troppo ghiotta per sprecarla.
Comunque, sto sperimentando quanto sia complicato mantenere un impegno, per me che sono Miss Incostanza suprema… di conseguenza, mi scuso già da ora per tutti i possibili ritardi nella pubblicazione.
(Tanto per dire, avrei una prova in itinere questa settimana e oggi sono stata tutto il giorno su questo cap. Ma non diciamolo a nessuno.)
Veniamo al dunque.
L’aria natalizia inizia a farsi più o meno sentire e vi anticipo già da ora che l’intera vicenda girerà proprio attorno al Natale e simili (sebbene i miei aggiornamenti arrivino in ritardo, pardon).
Capitolo quasi interamente dedicato al punto di vista di Oikawa, spero sia stata in grado di esprimere come sta vivendo, o cercando di vivere, questa separazione un po’ forzata (sebbene si approfondirà nei capitoli successivi).
Ringrazio tutte le persone che continueranno a leggere la storia e, in maniera particolare, coloro che l’abbiano inserita fra le seguite e le preferite<3
Inoltre, un ringraziamento specialissimo a chi mi ha fatto sapere cosa ne pensa nelle recensioni. Davvero, avere la vostra opinione mi aiuta tantissimo.
Bacini, alla prossima. 
   
 
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