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Autore: Layla    18/12/2017    2 recensioni
Merida ha diciotto anni e vuole sposare un uomo che ama.
Hiccup ha la stesse età ed è stato appena mollato da Astrid.
Casualmente si incontreranno e diventeranno amici o forse qualcosa di più perché entrambi si sentono come gatti randagi: non completamente appartenenti al posto in cui dovrebbero stare.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merida, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stray cats

È una bella giornata d’autunno, perfetta per cavalcare.
Il clima è ancora tiepido, ma nell’aria c’è già una punta frizzantina che preannuncia il cambiamento imminente, l’inverno, le foglie hanno iniziato ad accendersi di colori.
Sono delle bellissime e indistinte macchie arancioni, gialle e rosse mentre cavalco con Angus lungo i sentieri della mia amata terra. Respiro l’aria a pieni polmoni e lascio che i miei capelli rossi e ricci liberi come tante piccole fiamme svolazzino attorno a me.
Oggi è una giornata che sento particolarmente propizia ad avventure e incontri interessanti, magari incontrerò il ragazzo con cui dividere il resto della mia vita. Ormai non ho più quindici anni, ma diciotto anni, la prospettiva del matrimonio non mi fa più paura, il che non significa che io voglia legarmi a uno degli eredi dei clan.
Ho silenziosamente, ma inesorabilmente, deciso che sposerò un uomo che sceglierò io, libera da ogni costrizione o vincolo, che sia povero o ricco non mi importa, deve piacere a me.
Deve farmi battere il cuore e farmi sentire le farfalle nello stomaco, deve essere uno che mi faccia dire che dividere il resto della mia vita con lui sarà una sfida eccitante e non un dovere.
Temo che non sarà facile e che ci saranno più ostacoli che strade pianeggianti, ma non mi importa, ho preso la mia decisione e la porterò fino in fondo.
Alzo gli occhi verso il cielo e li stringo perplessa, una figura nera diventa si avvicina sempre di più, se è un uccello è uno dei più grandi che io abbia mai visto in vita mia.
La figura è ora sopra di me e ciò che vedo mi paralizza: è un drago!
Pensavo che i draghi esistessero solo nelle favole, prendo rapida una freccia e punto l’arco verso la figura che è atterrata vicino alla rupe dei re. Un uomo o un ragazzo scende dalla bestia, il suo volto è coperto da una maschera, scocco la freccia senza pensarci più di tanto, potrebbe essere un demone o chissà quale altra creatura maligna!
Lui la schiva e alza le mani in segno di resa.
“Ferma non voglio farti del male.”
Io scocco un’altra freccia che lo manca di poco, tra poco farò sul serio, perché anche il drago sembra iniziare ad agitarsi.
“Non voglio farti del male, per favore, smettila.”
“Chi sei o meglio cosa sei?”
“Sono Hiccup, sono un essere umano.”
“Come faccio a esserne sicura?”
“Lasciami togliere la maschera.”
Io annuisco impercettibilmente, lui se la toglie, ma io lo tengo comunque sotto tiro con tutti i sensi all’erta.
Senza di essa vedo un ragazzo con dei capelli castani con qualche corto dread, occhi verdi e leggere lentiggini, noto anche gli manca parte di una gamba.
“Dove sono?”
“Qui le domande le faccio io. Nome completo?”
“Hiccup Horrendous Haddock III”
Che razza di strano nome, non sembra di qui.
“Da dove vieni?”
“Dall’isola di Berk.”
“E lui chi è?”
“Si chiama Sdentato, è il mio drago.”
“Il tuo… drago?!”
Esclamo incredula.
“Tutti hanno un drago dalla mie parti, da te non è così?”
Io scuoto la testa.
“Nessuno ha un drago qui.”
“Qui dove sarebbe?”
“Nelle terre dei DunBroch.”
Lui mi guarda senza capire.
“In Scozia, dove pensi di essere?”
“In qualche sconosciuta terra vichinga, io sono un vichingo.”
La testa mi gira e mi porto una mano davanti al volto, secondo quello che mi ha insegnato mia madre i vichinghi abitano molto lontano da noi e non ammaestrano draghi, li uccidono.
“Fammi capire, tu sei un vichingo e hai un drago e dici di provenire da un posto in cui tutti hanno dei draghi, mi prendi in giro?
I vichinghi abitano molto lontano da noi e soprattutto uccidono draghi, non li allevano!”
“Beh, la mia isola è speciale…”
“Merida.”
“Merida. Anche noi uccidevano draghi, poi abbiamo capito che erano creature gentili e abbiamo deciso di prenderci cura di loro e viverci in armonia invece di ucciderci a vicenda.”
“Tutto ciò è folle.”
“Forse, ma viviamo bene.”
Lui alza gli occhi al cielo e poi guarda di nuovo me.
“Ora devo andare.
Piacere di averti conosciuto, Merida. Sono sicuro che ci rivedremo ancora.”
Detto questo vola via in sella al suo drago nero, sparendo nello stesso modo misterioso in cui è arrivato.
Io rimango imbambolata, forse ho sognato tutto, così mi do un pizzicotto e il dolore è reale, questo mi fa capire che è tutto vero.
“Accidenti, non ci capisco nulla.
Angus, tu ci capisci qualcosa?”
Lui nitrisce come a dire che per lui la faccenda è misteriosa quanto lo è per me.
“Credo sia arrivato il momento di andare a casa.”
Monto di nuovo a cavallo e me ne torno al castello, confusa, ma anche affascinata, dallo straniero. Chissà se tutto quello che ha detto è vero?
Sarà davvero possibile convivere con i draghi?
Forse sì, lui se ne stava cavalcando uno e gli aveva persino dato un nome come io ne ho dato uno al mio cavallo. Ho sempre pensato che i draghi fossero creature malvagie e pericolose, che io mi sia sbagliata?
Arrivo al castello, porto Angus nella sua stalla, lo striglio, gli do del fieno e dell’acqua, evito i miei tre fratelli che, come al solito sono inseguiti per avere rubato del cibo ed entro.
Raggiungo la camera in cui mia madre mi dà lezioni e la trovo china che cuce qualcosa, io sorrido, adesso le ore che trascorriamo insieme non mi pesano molto perché ho capito che sono importanti.
“Ciao, mamma.”
“Buongiorno, Merida.”
Io mi siedo su una sedia davanti alla sua.
“Mamma, i Vichinghi da dove vengono?”
“Da nord, cara. Vivono abbastanza lontano da noi ed è una fortuna, sono guerrieri abilissimi e spietati, affamati di terre da invadere.”
“Capisco. Ma cavalcano i draghi?”
Lei distoglie la sua attenzione dal ricamo.
“Cielo, no! Sono famosi per ucciderli, non per cavalcarli.
Perché mi fai questa domanda?”
“Beh, prima…Vicino alla roccia dei re è atterrato un ragazzo a cavallo di un drago, mi ha detto di essere un vichingo e che nella sua isola la gente vive in armonia con i draghi e li cavalca.”
Mia madre si alza di scatto e mi esamina, per poi appoggiare una mano sulla mia fronte.
“Sei fresca, non hai la febbre.
Sei per caso caduta da cavallo?”
“No!”
Dico risentita.
“Quello che dici è assurdo, non si è mai sentito di qualcuno che cavalchi i draghi.”
Già, il problema è esattamente questo: come posso conciliare quello che ho visto con quello che so?
Decido di lasciare perdere, probabilmente non lo rivedrò mai più.

 

Una settimana dopo sono di nuovo ancora presso la rupe dei re, seduta sul prato a godermi gli ultimi raggi del sole scozzese prima che lasci spazio all’autunno e all’inverno.
All’improvviso una figura oscura il sole per un attimo e poi scende, il ragazzo dell’altra volta atterra insieme al suo drago, io sono sorpresa: l’improbabile vichingo è tornato!
Lui scende dal drago e mi guarda.
“Ciao?”
Dico io un po’ sulla difensiva.
“Ciao. Merida, giusto?”
“Esatto.”
Lo guardo meglio, non sembra particolarmente felice.
“Tutto bene?”
Gli chiedo, pentendomene subito dopo.
Chi sono io per chiedergli come sta e magari aspettarmi una risposta?
Una perfetta estranea.
“No, non va esattamente bene.
La mia ragazza mi ha piantato, ci dovevamo sposare.”
“Io… mi dispiace, non volevo essere indiscreta.”
Lui alza le spalle.
“Non fa niente, almeno non mi tratti come un povero cucciolo da consolare.”
“Immagino non te lo aspettassi.”
“No, non me lo aspettavo. Un tizio che avevamo conosciuto in passato è venuto e se l’è portata via, lei ne è stata ben felice.
Per fortuna che doveva diventare mia moglie!”
“Almeno ti sei salvato da un matrimonio infelice.”
“Lei sembrava innamorata.”
“Sembrava, ma non lo era. C’è una differenza fra essere e sembrare, una differenza che è tutto.”
“Immagino di sì. Tu hai un fidanzato?”
“No. Tre anni fa hanno provato a combinarmi un matrimonio, ma io ho fatto capire alla mia famiglia che mi sposerò solo con un uomo che amo.”
“Tosta, tu.”
Io alzo le spalle.
“Non capisco perché dovrei sposare un perfetto estraneo.”
“Sì, hai ragione.”
Si sdraia a terra.
“E io  mi ritrovo senza una moglie, con un villaggio a cui badare e una voglia di scappare pazzesca.”
“Scappato, sei scappato.
Beh, delega un po’i compiti, no?”
“Il capovillaggio è il perno della comunità, è come se fosse la sua famiglia e deve risolvere tutti i problemi.
Si può delegare fino a un certo punto e poi hai bisogno di qualcuno che ti sostenga e il mio sostegno se n’è andato.”
Io mi sdraio accanto a lui.
“Quando le cose vanno male prendo il mio cavallo e vengo qui, mi sdraio sull’erba e poi guardo il cielo. Mi concentro sui colori, sulla sensazione del sole sulla pelle e del vento, ascolto il rumore dell’acqua e il profumo dell’erba e dei fiori. Davanti a tutto questo i miei problemi diventano piccoli e riesco a cambiare le mie percezioni.”
“Cosa stai tentando di dirmi?”
“Smettila di scappare per il gusto di farlo, trovati un tuo posto in cui riflettere e forse ti accorgerai che non tutto il male viene per nuocere. Forse sei stato lasciato dalla tua fidanzata perché ne trovassi una migliore.”
Lui non dice nulla.
“Scusa, ho parlato troppo. In fondo non sono affari miei e non conosco abbastanza né te né lei.”
“È un punto di vista interessante, devo analizzarlo per capirlo.”
E sprofonda di nuovo nel suo silenzio, una farfalla vola pigra sopra di noi, ha le ali azzurre, io alzo un dito e lei ci si appoggia sopra.
Io sorrido e lei vola via.
All’improvviso sento un sussurro armonioso, un fuoco fatuo è apparso dal nulla.
“Che cos’è?”
Mi chiede Hiccup.
“Un fuoco fatuo. Dicono che se li segui troverai il tuo destino, io li ho seguiti una volta.”
Mi alzo in piedi e gli tendo una mano.
“Dai, andiamo. Forse il fuoco fatuo ti darà delle risposte.”
“Io non credo che…”
Con poca grazia lo costringo ad alzarsi e a seguirmi, una serie di fuochi fatui ci guida attraverso il bosco, io ho l’impressione di esserci stata. Quando scompaiono siamo sbucati sulla scogliera a pochi passi dall’antico castello in rovina.
“Che cosa significa?”
“Non lo so. Questo castello rappresenta il passato della mia gente, una volta c’erano quattro re che regnavano in pace, ma bastò che uno cadesse per far precipitare il paese nel caos e nella guerra.
Dalle ceneri di quel disastro sono nati i quattro clan, tra cui il mio, che governano il paese, forse i fuochi fatui ti invitano a rimanere unito alla tua gente.”
“Non lo so.”
Lui si gratta la testa e non posso dargli torto, non sempre i messaggi sono chiari da interpretare.
“Per me è ora di andare a casa, altrimenti i miei genitori si preoccuperanno per me.”
“Ti accompagno.”
“Grazie, sei molto gentile.”
Ripetiamo il percorso all’inverso e ci ritroviamo alla rupe dei re, Angus e sdentato ci stanno aspettando pazientemente, il sole sta per calare.
Lui monta sul su drago e mi sorride.
“Grazie di tutto, Merida.”
“Di niente, mi piace aiutare se posso.”
Lui mi sorride e se ne va, io salto su Angus.
“Forza, amico mio. È ora di andare o mamma si arrabbierà.”
Lui corre come il vento, lo stesso che frusta i miei capelli, l’essenza della libertà.
Arriviamo al castello in tempo per non farci sgridare, accompagno Angus nella stanza, gli do della biada e lo striglio, mia madre mi trova così.
“Oggi hai fatto tardi.”
Mi guarda un po’ sospettosa.
“Scusa, ho perso la nozione del tempo.”
“Sicura che sia solo quello?”
“Sì, perché?”
“Ho l’impressione che tu mi stia nascondendo qualcosa.”
“Ma va.”
Non so perché le sto mentendo, forse perché a pelle so che non le piacerebbe che io frequenti Hiccup.
Il fatto è che non mi piace che ci siano bugie tra di noi, ma a volte si mente a fin di bene, no?
“Va bene. Finisci di strigliare Angus, fatti un bagno e scendi nel salone per la cena.”
“Va bene.”
Io finisco di strigliare il mio cavallo, gli do un buffetto e salgo a farmi un bagno, indosso la mia solita veste verde, che si adatta al colore dei miei capelli e scendo nel salone.
Mio padre è sorridente a capotavola, io siedo vicino a mia madre, i miei tre fratelli sono davanti a noi, sempre perennemente affamati.
“È stata bella la cavalcata, Merida?”
Mi chiede mio padre.
“Oh, sì! Fantastica!”
“Hai centrato tutti i bersagli?”
“Sì.”
“Brava la mia bimba.”
Viene servita la carne, mio padre inizia a mangiare, mia madre invece mi guarda.
“Merida, hai diciotto anni, devi sposarti.”
“Pensavo che avessimo già chiarito questo punto, io mi sposerò solo con l’uomo che amo.”
“Lo so, ma inizi a essere…”
“Vecchia? Ma ho solo diciotto anni!”
“La maggior parte delle ragazze della tua età sono già sposate, qualcuna ha persino dei figli.
Non aspettare troppo o non potrai più avere figli.”
La sola idea di avere dei bambini mi terrorizza e mi butto sul cibo, non riesco a immaginarmi a badare a delle pesti come dei miei fratelli.
“Cosa c’è, Merida?”
“Niente, è che non riesco a immaginarmi a fare da mamma a qualcuno come i miei fratelli.”
Lei sospira.
“Nemmeno io me lo immaginavo, ma fare figli fa parte della vita di una donna.”
“Tua madre ha ragione.”
Le dà manforte mio padre, si alleano sempre quando si tratta di quell’argomento.
“Va bene, ci penserò.”
Dico per tagliare corto.
La verità è che voglio pensarci più in là possibile.

 
Dal giorno in cui siamo andati al vecchio castello Hiccup è passato diverse volte a trovarmi e siamo diventati amici.
Finalmente ho un amico, anche se si tratta di un ragazzo e piace persino ad Angus, che è difficile in fatto di persone. Sto bene con lui, ha sempre qualcosa di interessare da raccontare riguardo a posti lontani, cavalcate in cielo, il suo villaggio e la sua famiglia.
È davvero adorabile, soprattutto per il misto di timidezza e forza che ha, ogni tanto si inciampa nelle parole e gesticola un sacco. Mi fa viaggiare con la fantasia e io lo ascolto sempre rapita, immaginandomi di essere con lui a vivere le sue avventure.
Anche oggi ci salutiamo quando il sole inizia a calare, i miei mi vogliono al castello quando fa buio, ci abbracciamo e poi io salto su Angus e cavalco con il vento tra i capelli rossi chiedendomi come sia cavalcare un drago.
Arrivo al castello, chiudo il mio cavallo nella stalla e mi prendo cura di lui, quando ho finito mi ritrovo davanti mia madre che mi guarda pensosa con i suoi occhi scuri.
“Mamma?”
Le chiedo perplessa.
“Tu ti stai innamorando, figlia mia, e vorrei sapere di chi.”
“Che? Non è vero.”
“Gli occhi non mentono, i tuoi scintillano dopo ogni cavalcata, ti vedi con qualcuno.”
“Ma che dici? È solo che mi piace cavalcare.”
Lo sguardo che mi rivolge indica che non mi crede per niente, anche a tavola non mi toglie gli occhi di dosso. È molto stressante e non capisco di che si preoccupi, lo saprei se sono innamorata, giusto?
Dopo aver tessuto un po’ con lei vado a letto, mi addormento subito felice e serena come una bambina.

 {Sono a cavallo di un drago, un drago azzurro e blu, Hiccup vola accanto a me con Sdentato.
Siamo tutti e due molto tranquilli e io mi chiedo dove abbia imparato a cavalcare i draghi, all’improvviso scendiamo di quota tutti e due e planiamo su di una meravigliosa radura tra gli alberi della foresta, è piena di fiori bianchi e attraversata da un ruscello che brilla alla luce della luna.
Smontiamo tutti e due e ci sdraiamo in quel meraviglioso mare bianco.
Dopo un po’Hiccup si appoggia a un braccio e mi guarda sorridendo, i suoi occhi verdi resi ancora più belli e misteriosi dalla luna, mi accarezza una guancia sorridendo.
“Sei bella, Merida. E sei spiritosa, forte, sai tirare con l’arco e ti sai divertire.”
“Grazie mille, sei forte anche tu.”
Gli dico arrossendo.
In un attimo le sue labbra sono sulle mie e io non faccio nulla per cacciarlo, anzi il contatto mi piace, sento delle piacevoli fitte allo stomaco, le famose farfalle.
Continuiamo a baciarci per quelle che sembrano ore, poi ci stacchiamo ansanti e sorridenti.
“Vieni via con me, Merida. Vieni al mio villaggio e diventa mia moglie.”
“Sì.”
Una sola parola che decide un destino.
Lui sorride e continuiamo a baciarci.}

 
Mi sveglio di scatto dal sogno, mi tocco le labbra e sorrido senza sapere perché.
{“Tu ti stai innamorando, figlia mia, e vorrei sapere di chi.”
“Che? Non è vero.”

“Gli occhi non mentono, i tuoi scintillano dopo ogni cavalcata, ti vedi con qualcuno.”}
Le parole di mia madre mi tornano in mente inaspettatamente.
“No, Merida. È solo suggestione, lui è un amico, nulla di più.”
Stranamente non ci credo nemmeno io, mi sembra che la parola amicizia non definisca più il nostro rapporto, è come se fosse cresciuto con il tempo e avesse decisamente travalicato i confini.
Se non è amicizia può essere solo una cosa…
“Amore.”
Dico a bassa voce.
Scendo dal letto e apro la finestra, l’autunno in Scozia è breve e ha lasciato spazio all’inverno.
I prati intorno al castello sono ammantati di bianco, illuminati dalla stessa luna del mio sogno e da miriadi di stelle, l’aria fredda della notte è come uno schiaffo.
Hiccup non è un mio amico, io lo amo.
La rivelazione è così cristallina ed esatta che mi lascia senza parole, come farò ora?
Lui mi ricambierà e come la prenderanno i miei genitori?
Io sono la principessa di questo regno e il mio destino è qui, così direbbero loro, ma ora non ne sono più così sicura, il mio cuore ha iniziato a seguire il vento impetuoso e immaginare una casetta in un posto che conosco solo tramite racconti.
Il mio posto è davvero qui?
Chiudo la finestra e torno a letto, non so ancora di preciso dove sia il mio posto, ma so cosa fare: parlare a Hiccup. Cerco di riaddormentarmi, ma non è facile.
La mattina dopo mi sento uno straccio, ma mi preparo in modo che non se ne accorga nessuno, soprattutto l’occhio di falco di mia madre, non ho bisogno che lei sappia che le sue teorie sono confermate, non ora.
Scendo nel salone e faccio colazione, la mattina è sempre dedicata ai cosiddetti lavori femminili e a imparare a essere una regina.
Dopo pranzo posso finalmente partire per la mia cavalcata quotidiana, sono sempre io la prima ad arrivare alla rupe dei re, quindi ripasso mentalmente il discorso che devo fare al mio bel vichingo.
Dieci minuti dopo arriva puntuale, Sdentato va a bere al fiume e lui si siede accanto a me.
“Buongiorno.”
Mi saluta.
“Come mai quell’aria così pensierosa?”
“Io e te dobbiamo parlare.”
“È successo qualcosa?”
“Sì, effettivamente sì.”
“Dimmi tutto.”
“Sai, stanotte ho fatto un sogno. Volavamo entrambi a cavallo di un drago, poi siamo atterrati in una radura, era notte, piena di fiori bianchi e attraversata da un ruscello.
Ci siamo baciati.
Tu mi hai baciato e io non ti ho cacciato via, mi è piaciuto. Mia madre dice che ultimamente sembro innamorata, questo sogno mi ha fatto capire che ho ragione: io sono innamorata di te.”
Lui rimane in silenzio per qualche minuto.
“Immagino che questo semplifichi tutto.”
Io alzo un sopracciglio.
“Sin dalla prima volta che ti ho vista ti ho trovata bella, continuando a parlare con te mi sono accorto ce non eri solo bella fisicamente, sei una delle ragazze più straordinarie che io abbia mai conosciuto.
Mi sono accorto da un pezzo che io sono innamorato di te, ma tu hai dei doveri qui, per questo non mi sono mai fatto avanti.”
“Io sono una donna libera, indipendente e non mi importa un fico secco dei miei doveri, ho tre fratelli che possono mandare avanti il regno. Se tu mi chiedessi di venire via con te, verrei.”
Lui mi guarda sorpreso.
“Credo sia meglio parlarne la prossima volta.”
Detto questo si alza e se ne va, io non so se gioire perché sono ricambiata o essere triste perché lui ha analizzato la situazione meglio di me e mi ha brutalmente ricordato chi sono e cosa la gente si aspetta che io faccia. In ogni caso ho deciso di parlarne ai miei genitori, credo che debbano saperlo.
Cavalco fino al castello e poi mi reco nella sala del trono, stranamente sia mio padre che mia madre sono già lì.
“C’è qualcosa che dovete dirmi?”
Loro annuiscono.
“Anche io devo dirvi qualcosa, ma parlate prima voi.”
“Merida, devi smettere di vedere quel vichingo e decidere chi vuoi sposare.”
“Ma come avete fatto a sapere che mi vedo con lui?”
“Ti abbiamo fatto seguire, capiamo il tuo desiderio di sposarti con chi vuoi, ma non puoi sposarti con lui, non è scozzese. Noi abbiamo bisogno di te qui e adesso.
Scegli uno scozzese.”
“No! Io lo amo e voi non potete impedirmelo.”
“Purtroppo possiamo.”
Interviene duro mio padre.
Mi afferra per un braccio e mi trascina fino alla mia camera e mi chiude dentro senza tante cerimonie.
“Non potete farlo! Cosa ne è stato del nostro patto?
L’ultima volta che…”
“Basta, Merida!
Devi capire che hai dei doveri nei confronti del tuo popolo! Non puoi piantare tutto e andare via come se fossi una persona qualunque.
Sei la principessa e non devi dimenticarlo.
Ti terremo chiusa qui fino a che questa cotta ti passerà, ti verranno portati tre pasti al giorno e qualcuno svuoterà il tuo vaso da notte.”
Io urlo, lui chiude l’unica finestrella della porta, io batto furiosamente i pugni.
Non possono tenermi prigioniera di nuovo! Non erano questi i patti!
Non è affatto giusto!
Continuo a picchiare fino a che non rimango senza forze e senza speranze.
Come farà Hiccup a trovarmi ora?
Mi sdraio a letto e piango fin ad addormentarmi.
La mattina dopo mi sveglio con la colazione sul comodino, ma io non mangio nulla, stessa cosa a pranzo e cena. Anche i giorni seguenti rifiuto di mangiare, se non posso uscire o essere libera preferisco morire!
I giorni passano e io divento sempre più debole, non mi alzo nemmeno dal letto e ignoro i crampi della fame. I miei genitori sono passati due volte davanti alla porta della mia camera bisbigliando cose che non ho capito, ma non mi importa.
All’improvviso sento bussare alla finestra, questo strano rumore mi spaventa e mi riempie di speranza allo stesso tempo. Con le ultime forze mi trascino alla finestra e la apro: Hiccup è lì a cavallo di Sdentato.
“Forza, vieni prima che qualcuno ci veda.”
Io faccio quello che mi dice a lui e monto a cavallo del drago, immediatamente voliamo via, lontano dalla mia prigione, io mi tengo a lui.
A un certo punto si ferma e mi porge del pane che divoro con foga, insieme a una mela e a dell’uva.
“Come hai fatto a sapere che ero lì?”
“Quando hai cominciato a non venire più ho pensato che probabilmente te lo impedivano. Così ho cercato il tuo castello e poi, di notte, ci giravo attorno per capire quale fosse la tua finestra.”
“E una volta trovato sei venuto…”
“E ti ho portata via, sì.”
Io lo abbraccio.
“Hiccup, ti amo!”
“Ti amo anche io, Merida.”
Ci stringiamo forte e poi ci baciamo e questo mi ridà totalmente le forze.
“Pronta a venire con me?”
“Sì.”
E con questa piccola sillaba mi lascio alle spalle il mio passato e i miei doveri, dove andrò ne avrò altri, ma saranno piacevoli in sua compagnia.
Io posso essere felice solo se sono libera, indipendente e con l’uomo che amo.
Il vento mi sferza la faccia con promesse di futuro e di felicità e io sorrido.
È tutto a posto ora, son pronta a gettarmi nel mondo degli adulti.
Ora sono davvero pronta.

   
 
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