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Autore: Lena_Railgun    22/12/2017    2 recensioni
"Ivan mi stava aspettando: il suo sguardo da prima perso nel vuoto si posò su di me e mi sorrise.
-Bravissima Mary- mi disse evidentemente fiero di me. Si avvicinò e mi scompigliò i capelli mentre io abbassavo il capo.
-Grazie- feci teneramente. Non l'avevo notato, ma nella mano destra teneva un'orchidea.
-è..è per me?- chiesi sorpresa.
-No guarda, per mia cugina che abita Torino che evidentemente frequenta l'accademia. Certo che è per te- fece ironicamente alzando il sopracciglio.
Gli feci la linguaccia:
-Ma dai! Non serviva!- feci quando me la porse.
-Viene sempre dato un fiore a chi si esibisce no?- mi disse lui mettendo le mani in tasca.
-Dove l'hai tirata fuori questa?- chiese divertita.
-Da qualche film- disse lui alzando le spalle. Osservai l'orchidea e sorrisi:
-é...perfetta. È tutto perfetto- "
Marina Rinaldi è una ragazza di sedici anni, che lascerà la sua normale vita da liceale, per accettare una borsa di studio per un'accademia di musica a Firenze. Per fare ciò, verrà ospitata da amici del padre, la famiglia Innocenti, con i loro due figli, Ivan e Celeste. Nonostante Ivan sembri molto diffidente, piano si avvicineranno molto. Cosa succederà tra i due?
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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19-CHIARIMENTI
 
Eravamo rimasti diverso tempo abbracciati, immersi l'uno nell'altro e non volevo più allontanarmi dalle sue braccia. Dovevo rifarmi per tutti i mesi in cui ero stata lontana da lui. Era disteso sul fianco, la testa appoggiata alla mia pancia, il braccio ingessato mi circondava la vita. Gli accarezzai i capelli, mi sembrava un bambino.
-E quindi...con il pianoforte come va?- gli chiesi.
Lui si alzò di scatto senza dire nulla, ma mi prese la mano, trascinandomi verso la tastiera. Lo guardai mentre si sedeva sullo sgabello. Fece una smorfia di dolore mentre alzò il braccio ingessato e lo aiutai, avvicinando uno sgabello alto, cosicché potesse appoggiare il gomito all'altezza giusta. Mi guardò sorridendo, ringraziandomi con lo sguardo. Cominciò a suonare una melodia che riconobbi come un arrangiamento di "Do I wanna know" degli Arctic Monkeys. Ovviamente, faceva diversi errori in tempistica, e note, ma quel ritmo lento era così bello e lo apprezzai moltissimo.
-è meravigliosa- commentai, guardandolo compiaciuta. Gli diedi un bacio sulla nuca.
-Ma perché non hai chiesto a me di insegnarti?- gli chiesi un po' perplessa.
-Volevo farti una sorpresa- mi rispose lui.
-Potevi dirmelo prima, però- borbottai, imbronciata.
-Orgoglio, amore mio- mi guardò e il broncio svanì. Gli sorrisi, accarezzandogli i capelli.
-Grazie per aver imparato per me-
Si alzò dallo sgabello e mi abbracciò d'impulso.
-Quando mi sei mancata- mormorò tra i miei capelli.
-Anche tu..- gli dissi, mentre sfregavo il naso sulla sua spalla -Non ne hai idea-
Mi erano mancate molto le chiacchierate su ogni cosa, seduti sulle poltrone, spaparanzati. Quella sera in particolare, tentammo di chiarirci per bene, parlando di tutte le cose che ci avevano infastidito. E mi resi conto che non ero la persona forte e matura che credevo di essere diventata. Ero debole, fragile, insicura, impaurita. Un insieme micidiale di sensazioni che mi avevano fatta sentire la Marina di anni prima, quando tornavo a casa da scuola piangendo perché nulla andava mai bene, perché avevo paura di ogni cosa.
Aria aveva ragione tutte quelle volte che mi aveva detto che avrei dovuto parlarci. Mi avrebbe riempita di "Te lo avevo detto", ne ero cosciente, ma in quel momento mi importava poco.
-Perché ti sei tagliata i capelli?- mi chiese Ivan ad un tratto.
Presi una ciocca tra le dita e ci giocherellai.
-Bhe ecco...volevo cambiare un po'. Non ti piacciono?-
Scosse la testa:
-No, stai bene! Tu sei sempre bella Marina. Solo ero sorpreso quando ti ho vista con i capelli così corti-
-Non sono bella- mugugnai.
Si alzò dalla poltrona su cui si era seduto, e si sedette sul bracciolo della mia.
-Vero. Sei bellissima-
Mi guardò dritto negli occhi quando me lo disse, facendomi arrossire e diventare rovente.
-Scemo- tentai di distogliere lo sguardo, ma le sue dita si imposero sul mio mento, costringendomi a voltarmi verso di lui, e stamparmi un bacio.
Come avevo fatto a sopravvivere in quei mesi?
La mattina successiva, mi svegliai con un sorriso che forse non avevo mai sfoggiato prima di allora. Quando aprii la porta, pronte e vestita per quella giornata, incrociai lo sguardo di Ivan, e non dovetti più scostare il mio, come avevo fatto per mesi, ma gli augurai il buongiorno con un bacio. Era come se tutto fosse tornato perfetto. Come se ogni tassello della mia vita fosse tornato al giusto posto. Perché, per quanto muovessi e spostassi quei tasselli, lui era l'unica chiave per risolvere il rompicapo. Erano mesi che in autobus mi sedevo vicino a qualche sconosciuto, piuttosto che arrendermi e sedermi vicino a lui. Quel giorno, con l'aria frizzante e gelida di febbraio, con la solita sciarpa al collo, salii sul bus, ma ero di nuovo accanto a lui. E, quando Daniele ci vide, si alzò per abbracciare forte il suo amico, uscito dal coma, e me, colei che aveva passato le ultime settimane più in ospedale che a casa.
-Sono così felice di vedervi nuovamente insieme!- esclamò.
Sorridemmo, leggermente imbarazzati, come fossimo due innamorati alle prime armi, in imbarazzo per ogni commento ci venisse fatto. Era una giornata che mi sembrava, in apparenza, perfetta. Scesi dall'autobus, e notai che Ivan stava guardando la folla di studenti, come se gli fosse mancata durante quell'assenza. Era come se tentasse di assaporarsi ogni singolo momento, anche il più banale, dopo aver rischiato così tanto. Gli presi la mano a la strinsi, finché non spostò lo sguardo dalla folla ai miei occhi. Mi guardò prima con perplessità, ma poi mi sorrise, portandosi la mia mano vicino alla labbra e baciandola con dolcezza.
-Va tutto bene Marina. Sto bene!- mi disse per rassicurarmi. Mi sembrava molto confuso e, forse, anche leggermente ansioso. Gli accarezzai il viso con delicatezza, incastonando i nostri occhi, prima di sollevarmi sulle punte e dargli un bacio, tentando di infondergli la positività che gli serviva.
-Buona giornata, amore. Andrà tutto bene- gli dissi. Semplicemente, con una dolcezza che non sapevo di avere. Mi sorrise teneramente, augurandomi lo stesso.
Scomparvi tra la folla e mi avviai verso la mia amata Accademia, con tanta serenità e, soprattutto, con passo svelto, per evitare di incrociare Rosalba, che me l'avrebbe fatta svanire.
Entrai in classe raggiante, e abbracciai Aria di sorpresa, senza lasciarle il tempo di replicare.
-Ciao Aria!- esclamai.
-Ehi signorina! Come mai così felice?- mi chiese con curiosità.
Mi nascosi tra le sue braccia, quasi imbarazzata.
-Ivan è tornato a casa- le mormorai -E...ci siamo chiariti-
Aria fece un passo indietro, facendomi barcollare.
-State di nuovo insieme?- mi chiese, con tono serio.
Io annuii sorridendo.
-Oddio, finalmente!- mi stritolò come di consueto. -Vieni fuori e raccontami tutto!- mi disse, prendendomi per un braccio. Ci appoggiammo al termosifone, e cominciai a parlare senza freno, a raccontarle nei minimi particolari il nostro incontro-scontro, di ciò che ci eravamo detti. Aria ascoltava, senza mai interrompermi, ma con un sorriso che cresceva sempre di più. Quando finii, mi resi conto che, lo stesso sorriso che le illuminava gli occhi, lo potevo vedere riflesso in me.
-Sono così contenta!- esclamò, battendo le mani -Voi due siete fatti per stare insieme! E tutto questo ne è la prova!-
Affondai il viso sulla sua spalla -Grazie Aria. Cosa farei se non ci fossi tu?- Aria mi accarezzò la testa con la sua solita dolcezza.
-Marina, tutto questo è successo grazie alla tua forza. Io ho fatto solo il mio dovere di amica-
La abbracciai forte e mormorai:
-E te ne sono molto grata-
Penso di non aver mai sorriso tanto durante una mattinata scolastica. Alcuni compagni, con cui ero poco in confidenza, mi chiedevano se era successo qualcosa di bello, quasi divertiti. Io scrollavo le spalle,ma non riuscivo a togliermi quel sorriso dalle labbra. Ero solita a pensare come la felicità sia uno stato d'animo passeggero, di come era meglio non viziarsi ad averla. Ma, in quel momento, pensavo solo a rifornirmi di tutti quei mesi bui. Elisa mi punzecchiò un po', si divertiva a vedermi con lo sguardo perso nel nulla, ma d'altra parte, era anche un po' preoccupata per me.
Scolasticamente, ero davvero calata. Inizialmente, i docenti, saputo cos'era successo ad Ivan, credevano fosse per quello, e tentavano di chiudere un occhio. Ma, dopo un certo punto, non era più possibile farlo.
-Marina Rinaldi!- mi sgridò Elisa, dopo aver visto il mio ennesimo cinque e mezzo in matematica. -Devi impegnarti!-
Sbuffai -Lo sai che sono una capra in matematica!-
Elisa mi fulminò con lo sguardo -Ma te la sei sempre cavata! Coraggio Mary! Ti serve un po' di impegno in più!-
Sapevo che aveva tremendamente ragione, ma avevo avuto tantissime cose per la testa, e lo studio era finito infondo a tutto. Sospirai e fissai affranta il voto scritto in rosso.
-Devo chiedere aiuto ad Ivan....- mormorai.
-Secondo me, fareste di tutto tranne che studiare!- commentò, con un pizzico di malizia.
-Elisa!-la sgridai imbarazzata, mentre Aria e Amanda ridevano. Mi schiarii la voce.
-Abbiamo studiato insieme spesso, ed è sempre stato intransigente su ciò-
La mia amica mi diede una carezza sul capo -Impegnati!- e io sorrisi per la sua premura.
 
Fissai Ivan intensamente, cercando di leggere la risposta di quel quesito di matematica nei suoi occhi.
-Non devi guardare me!- mi rimbeccò ancora lui.
-Ma tu sei più bello di queste cose!- esclamai io, cercando un bacio.
Ivan mi guardò serio e io sbuffai.
-Non riesco Ivan! Sono una capra in matematica!- commentai afflitta.
-Sì che ce la fai!- insistette lui, dandomi un buffetto sulla guancia, mentre io tenevo il broncio al foglio di esercizi che avevo davanti.
-Su! Riprovaci!-
Mordicchiai il cappuccio della penna, cercando di concentrarmi. Provai a risolvere il logaritmo che avevo davanti, ma ero sempre più insicura dei passaggi.
-Aspetta aspetta Mary...guarda bene! Qui non puoi semplificare-
Sbuffai.
-Ivan non ce la faccio-
-Non dire così! O mi arrabbio! - esclamò lui con fare serio. Mi morsi un labbro, lo stavo facendo impazzire.
-Ivan lascia stare. Non voglio farti diventare di cattivo umore!- dissi. Lui scosse la testa e mi sorrise.
-Non devi preoccuparti! Sai che farei di tutto per te- mi diede un tenero bacio sulla nuca.
-Solo che...se in chimica riesco ad aiutarti, in matematica do' forse troppe cose per scontate. Cose che faccio in automatico. Quindi non riesco ad aiutarti come vorrei-
Mi guardò dritto negli occhi quando me lo disse. I suoi meravigliosi occhi grigi erano posati suoi miei.  Scossi io la testa, questa volta.
-Non darti colpe! Sai che sono una testa dura!-
Lui rise. Poi si fece pensieroso.
-Ecco...io so chi potrebbe aiutarti...-mormorò -Ma...l'idea non ti piacerà-
Lo guardai perplessa. E, dopo qualche secondo, capii.
-Oh..no Ivan, no!-
Ma, nonostante avessi detto così, mi ritrovai un'ora dopo, davanti a casa di Rosalba.
Tremavo. Ero nervosa e non poco. Non volevo vederla, figuriamoci lasciare che mi aiutasse in matematica.
-Dai Marina! Dovete parlarvi...e questa è una occasione-
-E non posso aspettare la prossima?- commentai acidamente.
Prima che potesse rispondermi, la porta si aprì. Rosalba comparve sulla soglia e sorrise.
-Ciao ragazzi, entrate-
Mi morsi un labbro e varcai la soglia di casa, stringendo tra le dita un lembo della felpa di Ivan. Lui mi guardò serio
-Marina, ti prego- sibilò lui e io sbuffai, lasciandolo.
-Allora...-cominciò Rosalba -cominciamo subito, ti va?-
In realtà non mi andava affatto, ma annuii.
-Io torno più tardi- disse Ivan. Sentire quella frase mi fece disperare, ma tenni quella frustrazione per me, e semplicemente lo salutai con la mano.
Lo vidi allontanarsi e, prima di uscire da casa, si voltò e mi guardò, sorridendomi incoraggiante.
Quando il silenzio piombò su di noi, mi voltai verso di lei, lei che era sempre avvolta nel suo alone di perfezione, gentilezza, bellezza. La verità, era che la invidiavo. Essere una tipa come lei, era sempre stato il mio sogno fin dalle medie. Mi sentivo ancora così piccola insignificante.
-Allora iniziamo?-
Tirai fuori i miei libri, e a mezza voce, le spiegai brevemente dove riscontravo problemi. Lei mi ascoltava attentamente, concentrata.  Compresa la situazione, cominciò a spiegarmi da capo tutto l'argomento dei logaritmi, facendomi esempi passo passo. Non lo avrei mai creduto, ma quell'oretta volò. Riuscì a spiegarmi tutto ciò su cui avevo dubbio, senza trattarmi come una stupida, ma con semplicità.
-Ti ringrazio!- dissi alla fine, quando fui sicura di aver appreso tutto per bene.
-Non preoccuparti- mi rispose lei. Cominciai a mettere via le mie cose, e l'unico rumore che si sentiva, era il trambusto che stavo facendo io.
-Senti Marina...credo che...sia il caso di parlare..- cominciò lei, ed io annuii.
-Ivan è stato anche il mio primo amore- mi disse guardandomi negli occhi. -Quindi capisco ciò che senti. So che hai dei dubbi su di me, che non ti fidi. Che...è colpa mia, in parte, se è successo ciò che è successo. Ma, posso assicurarti, che non c'è nulla tra di noi, se non una grande amicizia- i suoi grandi occhi mi guardavano decisi. Urlavano di crederle.
-Anche perché...bhe io sono fidanzata da qualche mese. E, le cose non sono così semplici. Anche per questo, sono molto attaccata ad Ivan. Perché è mio amico, e lui c'è sempre per me!-
La guardai sorpresa, per le troppe informazioni che mi erano state rivelate in quei secondi. Lei era fidanzata. Di colpo, mi tornò in mente, il messaggio che Ivan le aveva scritto la sera prima dell'incidente: "Sai che ci sono sempre per te". Ecco a cosa si riferiva. Probabilmente, Rosalba aveva avuto bisogno del suo conforto per come le cose stavano andando con il suo ragazzo.
Mi sentivo una stupida.
-Rosalba, non ne avevo idea. Scusami...non sono stata giusta con te. E nemmeno con lui. Avrei solo dovuto parlare apertamente di ciò che mi tormentava. Ma sono così testarda ed orgogliosa, che non ne ho avuto coraggio.- dissi mortificata.
Lei scosse la testa.
-Ti capisco...sai, credo che al posto tuo, avrei fatto le stesse cose. Quando si è innamorati non si ragiona più in modo lucido.-
Sorrisi. Ero lieta che, piano piano, tutto si stesso risolvendo. In quei mesi, ripensavo spesso a quanto mi ero avvicinata a Rosalba precedentemente, e mi sentivo così presa in giro. Ora, lentamente stavo capendo ogni cosa, stavo sistemando la mia vita.
-Vorrei potessimo avere un rapporto..civile ecco. Molto più di prima- le dissi, un po' in imbarazzo. Lei annuii e mi sentii molto più tranquilla.
Ivan arrivò poco dopo, guardandomi subito negli occhi, chiedendomi se andava tutto bene con lo sguardo. Sorrisi ed annuii, rassicurandolo.
Afferrai la mia borsa e mi diressi verso la porta. Mi voltai verso di lei, e feci un piccolo inchino.
-Grazie per la tua pazienza Rosalba. Per la tua gentilezza...ecco sì, per tutto- le diedi due baci sulle guance , con fare molto impacciato. Si irrigidì per un attimo, ma poi la sentii rilassarsi, e sporgersi per darmi un lieve bacio sulla guancia per salutarmi. Le sorrisi e la salutai con la mano. Vidi Ivan avvicinarsi e mormorarle qualcosa. Lei sorrise.
-Ciao ragazzi, a domani!- ci disse, prima di chiudere la porta.
Camminammo fino a casa mano nella mano. Ero curiosa di sapere cosa si erano detti, ma non volevo essere invadente, non ora che eravamo tornati così uniti. Ma, senza bisogno che dissi nulla, Ivan mi disse:
-Le ho detto "Grazie". In realtà, anche lei era parecchio a disagio e arrabbiata con te. Siamo molto legati e lo sai...tu sei colei che mi ha fatto soffrire, per lei. Ma le ho spiegato bene cos'è successo e...penso lo abbia fatto anche tu- mi guardò negli occhi. Io annuii.
-Sono stata bene...e sono felice di essere riuscita a parlare un po' con lei...- confessai.
Mi diede un bacio sulla nuca: -Sono felice di ciò. Siete entrambe molto importanti per me. In modo diverso, ma lo siete-
Lentamente, stavo imparando ad accettarlo. Mi bruciava ancora un po', ma sapevo che era giusto così. Dovevo lavorare molto su di me, e ne avrei approfittato a scuola finita.
-Lo so- gli dissi, quindi -Ed è giusto. Sono contenta per te! Dico davvero- ed ero sincera.
Mi strinse a sé, in mezzo alla strada, in quella giornata assurda, dove io avevo capito matematica, ed avevo parlato con quella che credevo fosse la mia rivale più grande.
-Sei la mia piccola.- percorse con la punta del naso il mio collo. Sentivo il suo respiro, mi fece rabbrividire, ma quanto lo amavo. Amavo ogni cosa di lui, ci pensai non appena tornammo a casa. Eravamo stati così lontani, così distanti, che ora apprezzavo ogni minima cosa di lui. Anche la più banale. Sentivo sempre di più, quel desiderio di stargli accanto, di ridere, stare con lui...mi morsi un labbro. Stavo diventando pazza? La risposta era sì, decisamente.
E i mesi passarono...e io ero sempre più pazza...di lui.
Ma piano piano, riuscii ad alzare la media dei voti, anche grazie all'aiuto di Rosalba, con la quale iniziai ad avere un rapporto civile. E, in men che non si dica, mi ritrovai sul palco del teatro della scuola, ad esibirmi in un duetto con Elisa, a guardare il pubblico immerso nel buio del teatro...a guardare il mese di giugno con tristezza.
Stavo per tornare a casa di nuovo. Nonostante lì ci fosse la mia infanzia, la mia vera famiglia...perché la sentivo così poco casa mia?
Era il dieci giugno. Il giorno dopo sarei ripartita alla volta di Padova e stavo analizzando ciò che era stato quell'anno scolastico. Intenso era dire poco. Travolgente? Strano? Angosciante? Pieno di emozioni. Tantissime. Non propriamente tutte positive. Mi alzai dal letto e fissai la libreria. Scorsi i titoli dei libri, fino a quando non trovai un libricino verde. Lo presi e sorrisi. Era il mio diario, che non aggiornavo da un bel po'. Lo aprii e mi resi conto, di come l'ultima volta che avevo dedicato un po' di tempo a riflettere e a mettere nero su bianco ciò che pensavo, era stato appena tornata a Firenze quel settembre. Mi morsi un labbro e camminai verso la scrivania. Presi una penna distrattamente, mordicchiai il cappuccio e cominciai a scrivere.
 
10-06
Caro Diario
Sono diventata incostante. Ma, in questi mesi, ne sono successe di tutti i colori. Non è una scusa, anzi, se fossi stata più spesso a scrivere su ciò che mi faceva paura, che mi tormentava, forse nulla di tutto ciò sarebbe successo. Io e Ivan abbiamo passato mesi di crisi, tormentati, tempestosi. Eravamo in una situazione indefinita, di pausa, di non comunicazione. Io ero gelosa, arrabbiata che passasse così tanto con Rosalba, ed essere allo stesso tempo, troppo appiccicoso ed invadente quando non doveva. Non lo sopportavo più. Avevo bisogno di lui...ma allo stesso tempo odiavo che mi stesse appiccicato quando non doveva. Dopo un incontro- scontro, dove mi voleva impedire di tornare a casa, mi sentivo distrutta. Era possessivo con ancora il profumo di Rosalba sulla maglietta. E non potevo sopportarlo. Il giorno del concerto di Natale della scuola, ci siamo definitivamente messi in pausa. Da lì, ogni cosa ha iniziato a precipitare. Ogni cosa era strana, sbagliata.
A capod'anno, Niccolò ha cercato di baciarmi, mandandomi ancora più in confusione. Non nascondo che ho sempre provato una certa attrazione per lui, attrazione fisica di quelle platoniche. Ma è il mio migliore amico. Non potrei mai rovinare la nostra amicizia, e lui lo sa, lo ha capito. A febbraio, siamo partiti per Milano, per un concorso con la scuola. Siamo partiti il sette febbraio, giorno dell'anniversario mio e di Ivan. E io avrei tanto voluto riavvicinarmi per quel giorno. Ma non è stato così. Anzi, abbiamo litigato e discusso poco prima che io partissi. Ed è stato turbato dalle mie parole...che è stato investito il giorno dopo. L'ho saputo dopo la mia esibizione con le ragazze su quel palco. Penso di non aver mai pianto ed urlato così tanto. Ero distrutta, ansiosa, preoccupata. E sono tornata a Firenze di notte, facendo una delle più grandi pazzie della mia vita. Lui era lì, in quella maledetta stanza 327, disteso su un letto bianco, in coma. Sono state settimane  dove non mi sentivo per nulla viva. Non con lui in quelle condizioni. Capisci, mi sentivo devastata. Volevo, più di ogni altra cosa al mondo, rivedere quei meravigliosi occhi, volevo che stesse bene, e non mi importava cosa sarebbe successo dopo tra di noi. Avevamo paura che avesse perso la memoria, che la sua vita fosse stata compromessa da uno stupido incidente, di cui mi sentivo causa. Ma poi si è svegliato, dopo circa tre settimane di coma. Ho provato troppe emozioni nello stesso momento. Smisi di andare a trovarlo, però, non avendo il coraggio di affrontarlo. Ero una vigliacca. Dicevo tante belle cose, ma in realtà, sono una debole. Sono, perché sono sicura di esserlo ancora. Quando è tornato a casa e ho visto che Rosalba era fuori da casa nostra, pronta per abbracciarlo, piangendo sul suo petto, mi sono sentita distrutta più di prima. Volevo esserci io al suo posto. Volevo stringermi io al suo petto, sentire il battito del suo cuore attraverso la maglietta. Mi rifugiai in camera mia quel giorno, fino a quando..lui non venne da me. Per parlare, per chiedermi spiegazioni. "Perché sei tornata da Milano?". Urlai tutto ciò che avevo provato. Lui mi disse che non mi aveva mai vista piangere. Non ha idea che io non piangevo mai in pubblico ma che piangevo come una bambina da quando eravamo in crisi. Che era lui la causa delle mie lacrime.
E poi mi rivelò come passasse così tanto tempo con Rosalba, perché voleva imparare a suonare il piano per me. Per cantare con me. E pensai a quanto amavo quel ragazzo. A quando voglio dargli l'anima. E, quando mi baciò, sentii che tutto era come doveva essere. Ora sono qui, che ripenso a questi mesi angoscianti, con la valigia mezza fatta per tornare a casa. E ho paura. Ho paura di allontanarmi di nuovo da lui, che le incertezze prendano il sopravvento. Ma lo amo. Lo amo da impazzire. E voglio stare bene con lui vicino a me.
 
Sorrisi, chiusi il diario e lo risposi sullo scaffale. Sentii dal piano di sotto, Ivan rincasare. Era uscito un po' con Daniele. In quei mesi avevamo iniziato a prenderci delle serate per dialogare, dire apertamente se c'era qualcosa che non andava. Stavamo imparando sempre più a conoscerci e mi resi conto che avremmo dovuto fare ciò molto prima. Continuai a riempire la mia valigia, fino a quando la porta non si aprì. Sorrisi e vidi Ivan reggere un vassoio, con due tazze di the freddo. Sorrisi dolcemente, scuotendo la testa.
-Sei un amore- dissi, alzandomi ed avvicinandomi a lui.
Appoggiò il vassoio sul tavolino e mi strinse così forte, da farmi quasi urlare.
-Sei mia!- disse ridendo, trascinandomi sul letto. Cominciò a farmi il solletico, mentre io mi dimenavo, pregandolo di smettere. Quando lo fece, sempre tra risate e qualche urletto da parte mia, mi resi conto di come io fossi sotto il suo possente corpo; le sue braccia mi imprigionavano a letto, così come le sue gambe. Sorrisi quando lo vidi chinarsi su di me e baciarmi. Le sue labbra soffici premevano egoisticamente sulle mie, avide ed insaziabili. Mi guardò negli occhi, con fare premuroso, e si rituffò tra le mie labbra. Lentamente, le succhiava, le mordeva senza fretta. Le sue labbra scesero fino al mio collo. La sua lingua mi stava assaggiando, e mi ritrovai ad annaspare aria, ad ansimare...a sentirmi eccitata. Lo faceva spesso, eppure perché mi sentivo così destabilizzata quel giorno? Appoggiò la fronte alla mia spalla, dopo avermi torturato il collo, e rimase così,  inspirando il mio odore.
-Di più- mi ritrovai a mormorare. Ivan si alzò e mi guardò: dovevo avere sicuramente le guance arrossate.
-Dammi di più Ivan- sussurrai. Non stavo più ragionando.
-Marina...- soffiò sul mio viso.
-Voglio solo che mi tocchi un altro po'- dissi imbarazzata.
Ivan trattenne il respiro per un po'. I suoi grandi occhi grigi indugiavano sul mio corpo. Con una lentezza straziante, la sua mano cominciò a sfiorarmi, prima delicatamente il viso, fino a scendere lentamente. L'altra mano, si insinuò sotto la mia camicetta blu, facendomi rabbrividire. Velocemente, la tirò quasi subito fuori, con mio iniziale disappunto.
-Shht- mi zittì lui, divertito.
Cominciò a sbottonare la mia camicetta, mentre io lo guardavo. Notai che aveva le gote leggermente rosse, e la cosa mi intenerii tantissimo. Si ritrovò a fissare la mia camicia aperta, da cui si poteva vedere il mio reggiseno blu. Mi sfilò la camicetta e io lo aiutai, sollevandomi per facilitargli il compito. Mi aggrappai alle sue spalle, e lo baciai con prepotenza. Feci scivolare le mie mani, e lentamente, gli sfilai la maglia a mia volta. Non appena vidi il suo fisico perfetto per me, la muscolatura che stava sviluppando con alcuni allenamenti in palestra che aveva iniziato a praticare, sentii il sangue ribollire. Non ci vidi più. Lo feci distendere sotto di me, il suo sguardo perplesso mi colpì. Gli presi le braccia e le posi attorno alla mia vita, cosìcché potesse tenermi stretta. Volevo sentire le sue dita sulla mia schiena. Cominciai a baciare ogni lato del suo busto meraviglioso, a leccare lembi di pelle. Lui teneva gli occhi chiusi, mugugnando qualcosa ogni tanto. Risalii verso la clavicola, dove posai un altro bacio.
-Marina mi stai uccidendo così- mi sussurrò.
Risi
-è una morte piacevole?- gli chiesi divertita.
-Moltissimo- la voce roca lo rendeva ancora più sexy di quando non fosse già ai miei occhi.
Mi ritrovai a mordermi il labbro inferiore. Era così che ci si sentiva quando si era in piena balia del partner?
-Marina tutto bene?- mi chiese.
-Scusa riflettevo- mi sedetti, lasciandogli la possibilità di sedersi.
-A cosa pensavi?- mi abbracciò da dietro, la mia schiena appoggiata al suo petto.
Girai la testa per riuscire a guardarlo negli occhi, spostandomi un po' di lato.
-A quanto ti amo. A quanto sono in balia di te, a quanto mi senta eccitata anche solo quando mi tocchi.-
Lui mi sorrise e mi strinse le mani tra le sue.
-Vale la stessa cosa e lo sai. Non mi sono mai sentito così- ammise, lievemente imbarazzato. Come poteva essere strafottente e dolce allo stesso tempo?
Mi appoggiai al suo petto, chiudendo gli occhi.
-Dai andiamo a bere il the- dissi, prendendogli la mano.
Ci sedemmo sulle poltrone a bere il the che aveva portato su con tanta premura, sapendo quando ero amante di quella bevanda.
Appoggiò il bicchiere sul tavolino.
-Dai su, andiamo a finire la valigia- mi porse la mano che io afferrai.
Mi faceva ridere fare la valigia con lui. Sceglieva i vestiti e le maglie da portare nuovamente a casa, in base a quanto fossero scollate/ provocanti, e mi faceva ridere davvero moltissimo.
"Il tuo corpo è di mia proprietà, quindi decido io" mi ripeteva. Trovavo adorabile come mascherasse la sue lieve gelosia e possessività in quel modo.
-Ricordati che fa caldo Ivan!- lo rimbeccavo, per concedermi qualche canottiera. Lui rideva, e me ne lanciava due. Avrei voluto fermare il tempo in quello stesso istante.
Ma non fu possibile. Mi ritrovai in stazione dei treni con la velocità di un battito di ciglia. In quel momento, per quando mi mancasse la mia famiglia, le mie amiche, volevo solo rimanere lì. Passare l'estate a Firenze sarebbe stato perfetto. Eppure non potevo.
Mi voltai, come ogni volta, verso la famiglia Innocenti e li salutai, con abbracci affettuosi e tanti ringraziamenti. Quando mi rivolsi verso Ivan, mi ritrovai un sorriso triste sulle sue labbra.
-Ehi!- gli mormorai -Andrà tutto bene-
Aveva paura anche lui, come me, che quei mesi di distanza ci facessero male. Non voleva lasciarmi andare, lo sapevo, ma sapeva che era giusto così. Mi strinse forte a sé, dandomi un bacio sulla nuca.
-Buon viaggio- mi disse  e poi si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò un tenero -Ti amo-, che mi fece sciogliere.
-Anche io- risposi, timidamente.
Mi allontanai a mala voglia da lui, e mi voltai, sorridendo.
-Ciao e grazie-
Corsi verso quel treno, che sentivo mi avrebbe portato lontano dalla mia felicità.
Se qualche mese prima non volevo più tornare lì, ma arrendermi, in quel momento era esattamente come un anno prima. Era difficile.
Quando rividi la mia Padova, sentii di essere nel posto sbagliato. Davvero, quando si è innamorati, ci si sente così? Mi sentii meno sola quando vidi mia madre aspettarmi, perché, nonostante il caldo di quella giornata, dentro di me sentivo tanto freddo. Sentivo come un'angoscia, una sofferenza nel mio cuore che non riuscivo ad eliminare.
Poter riabbracciare la mia famiglia fu un vero tocca sana. L'unica cosa che mi mancava davvero a Firenze erano loro. Stare lontana da loro per così tanti mesi, faceva male. In quei mesi di sofferenza, mi sarebbe piaciuto avere mia madre vicina. Con Serena non avrei mai potuto parlare del figlio. Ma un consiglio di mia madre mi avrebbe fatto piacere.
-Con Ivan come va?- mi chiese mamma non appena ci fummo seduti a tavola per la cena.
-Oh tutto bene ora. Abbiamo avuto un brutto periodo ma va tutto bene- risposi, arrossendo un po'.
-Come pensate di fare per l'anno prossimo?- mi chiese.
La guardai un po' perplessa.
-Bhe- cominciò -Siete al quinto anno. E tu tornerai qui per sempre la prossima estate no?-
disse, addentando un pezzo di carne. Mi bloccai. Aveva ragione. Non ci avevo mai pensato.
Alla fine del mio quinto anno, io sarei tornata lì, a Padova. Avrei lasciato quella stanza, vuota com'era quando ci ero entrata la prima volta. Mi sentii male.
-Non lo so- mormorai quindi, finendo di mangiare.  Finsi sorrisi e risate per un'oretta, per stare tutti insieme, fino a quando non mi chiusi in camera mia. Mi distesi sul letto, le valigie ancora da finire di svuotare. Cominciai a pensare. Come avevo fatto a non pensare mai a ciò che sarebbe accaduto dopo? Mi morsi un labbro e mi girai su un fianco. In un anno, potevano succedere ancora tante cose. Ma una cosa era certa: se tornare a vivere a Padova significava abbandonare lui, non lo avrei mai fatto.
 
Era ormai luglio. In quel periodo, anche Niccolò era tornato a casa, dopo un'intensa sessione esami. Era stressato e non poco.
-Dai, usciamo un po'!- mi propose subito non appena tornò e non potei non accettare.
Mi vestii come un lampo quel giorno, con una maglia e una gonna nera e corsi fuori dal cancello dopo aver indossato dei sandali al volo.
Mi abbracciò forte non appena mi vide.
-Piccolina mia- mi disse, dandomi un bacio sulla nuca.
-Come stai? Come sono andati gli esami?- gli chiesi camminando.
Si passò una mano tra i capelli, con un sorriso soddisfatto.
-Tutti bene grazie! Tu raccontami!-
-Cosa vuoi sapere?- chiesi, un po' vaga.
Lui mi guardò storto.
-Non fare la scema. Con Ivan-
Risi.
-Tutto bene. Ci siamo chiariti bene e ora parliamo di ogni minima cosa che ci da' fastidio. Siamo molto uniti- gli dissi, mentre ci dirigevamo verso il centro di Padova.
-Sono felice di sentirtelo dire! Finalmente si è svegliato!-
-Letteralmente- sospirai.
-Scusami, non volevo fare riferimenti infelici riguardo al suo coma..- disse mortificato.
Scossi la testa.
-Non preoccuparti. è che...ci penso davvero tanto. Non so cosa avrei fatto se non si fosse svegliato...- mormorai. Niccolò mi strinse, lì, in mezzo al marciapiede.
-Ma sta bene. è con te e ti ama. Non pensare a queste cose brutte-
Sorrisi, ringraziandolo. Non avrei mai potuto perdere l'amicizia di Niccolò. Era troppo importante avere anche una opinione maschile. Ad un tratto, sempre immersi nelle nostre chiacchiere, notai una figura familiare davanti a noi, nel mezzo del trafficato centro di Padova.
-Oh no- sibilai. Niccolò si fermò proprio come me, nel vedere Gabriele davanti a noi.
Aveva lasciato crescere leggermente barba e capelli. Gli occhi ci scrutavano, l'espressione era indecifrabile. Non lo vedevo dal capo d'anno dell'anno prima.
-Niccolò- lo salutò con voce piatta. Poi si rivolse a me -Marina-
Sussurrò quasi il  mio nome, come se dirlo gli provocasse fastidio.
-Ciao- dissi io, con tono sicuro. Infondo, non avevo nulla da temere.
-è tutto quello che hai da dire?- sibilò Niccolò a pugni stretti. -Non credi di dovere delle scuse ad entrambi?-
-Per cosa?- fece lui distrattamente.
-Ti distruggo- sibilai arrabbiata. Perché tutte le scene di anni prima stavano tornando?
-Tu vorresti fare cosa? perché non torni nel tuo mondo da diva?- ringhiò. Poi riprese.
-Si può sapere qual è il tuo problema?-
-Vedi tu! Hai qualche ricordo di un certo Capo d'anno di un anno fa?-
-Sì. Ricordo qualcosa- disse con sufficienza.
-Bene. Allora dimmi...che versione hai raccontato a tutti quando ti ho lasciato? Perché non ero pronta a fare sesso? E hai pure avuto il coraggio di dirmi, da ubriaco, che ti mancavo! - sbraitai.
Lui non rispose subito. Guardò prima me, poi Niccolò.
-Sono passati due anni Marina- mi fissò serio, come se non volesse ricordare.
-Oh sì. Io sto benissimo. E tu?- feci.
-Cos'è questo interrogatorio?- sbottò lui.
-Sei un idiota Gabriele, fattelo dire- disse Niccolò, con tono carico di rancore.
-Tu stai zitto! Eri innamorato di lei da quando stavamo insieme!- si avvicinò minaccioso, pronto per prenderlo a pugni. Fu un attimo. Mi misi in mezzo, prendendo il suo pugno in pieno volto. Barcollai.
La gente attorno a noi cominciò a fermarsi preoccupata.
-Non preoccupatevi- dissi io,appoggiando la mano sulla guancia dolorante. -Va tutto bene-
-Marina!- Niccolò mi strinse a sè.  Guardò Gabriele con odio.
-Ti uccido, stronzo!-
Lui era immobile. Tremava, gli occhi erano spalancati.
-Ma-Marina mi dispiace- mormorò.
Mi asciugai il sangue che usciva dal labbro.
-Voglio parlare con te- spiegai, nonostante il dolore che sentivo.
-Cosa vuoi sapere?- mi chiese lui. Per un attimo, mi parve di rivedere quel ragazzo di due anni prima, quello a cui volevo bene.
-Perché mi hai tradita?- chiesi, mentre del sangue mi colava dal viso.
-Era la mia scopa amica. Ed era tornata qui a Padova. Ero vulnerabile, tu non volevi...e ci sono andato a letto-
Sorrisi quasi. -Bene. Grazie per la spiegazione dovuta dopo due anni.-  lo guardai, sentendomi quasi più leggera.
-Voglio che tu sappia...che io ho scoperto cosa vuol dire amare, solo con il mio attuale ragazzo. E spero che tu possa provare lo stesso prima o poi- dissi, e mi voltai, per tornare a casa e mettere un po' di ghiaccio sulla guancia, e poter definitivamente archiviare quella storia.
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Mi rendo conto che il ritardo è parecchio imperdonabile da parte mia. Sono la prima a lamentarmi quando gli aggiornamenti vanno a rilento. Il fatto è che questo 2017 è stato senza dubbio l'anno più brutto e difficile della mia vita. Tra le varie cose, rileggendo questa storia era sparito tutto l'entusiasmo e ho iniziato a notare solo i difetti. Non è sicuramente una storia emozionante, piena di colpi di scena, ma è molto semplice. è anche vero che non sono una scrittrice, scrivo per hobby...alla fine è un work in progress continuo, si migliora piano piano.
In generale, non sono proprio stata bene di "testa", diciamo così, ho avuto parecchi problemi...le cose non sono ancora risolte e non so quanto ci vorrà ancora... Però mi seccava lasciare la storia a metà...quindi eccovi qua un nuovo capitolo.
Vedrò di finire gli aggiornamenti presto, promesso. Come al solito, se ci sono errori provvederò a correggere in seguito
Un saluto
Lena
   
 
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