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Autore: Mordekai    23/12/2017    0 recensioni
''Il destino della Fiamma d’Ambra era incerto.''
Una nuova avventura per i nostri due giovani eroi di Huvendal ha inizio, ma il destino ha deciso di farli separare. Arilyn, dopo il breve incontro con suo padre, Bregoldir e Rhakros, si addormenta con il sorriso sulle labbra in quel regno ultraterreno. Essendo viva e non uno spettro, i suoi ricordi saranno molto confusi. Solo uno shock violento permetterà alla giovane Thandulircath di recuperare i ricordi, ma fino ad allora lei si ritroverà in un regno diverso dal solito, minacciato da oscuri presagi che impregnano d'odio, terrore e violenza la terra bronzea.
Genere: Angst, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In un lontano passato, la Dea del Cosmo creò cinque fiamme: la Fiamma del Gelo, la Fiamma Arcana, la Fiamma d’Ambra, la Fiamma Bianca e la Fiamma Astris. Cinque fiamme, cinque sorelle e cinque luoghi dove l’uomo non era ancora giunto. Le prime tre scelsero di stanziarsi nei territori del Nord, dell’Ovest e del Sud. Invece, la Fiamma Bianca decise di costruire il suo impero nel cielo e Astris, la più giovane, scelse i vasti e sconfinati mari.
Così nella terra del Nord dove sorgevano diversi regni, tra i quali Huvendal, nacquero il Picco ghiacciato e le montagne innevate. Nella terra del Sud invece, superato l’immenso muro costruito dai Varg e Thandulircath, la Fiamma Arcana ricoprì la terra arida e spoglia di sabbia dorata dalle varie sfumature, donando finalmente una bellezza che le era stata privata e dando così vita al Deserto dell’Epirdo.

La terza sorella, la Fiamma d’Ambra si divise in tre frammenti per poter regnare nelle infinite, verdeggianti foreste delle dee Kore e Akna, antiche dee della natura e della caccia.

‘’Siamo sorprese che la Dea del Cosmo abbia scelto una creatura così giovane per regnare al nostro fianco.’’- disse Akna, incuriosita da quell’essere spirituale che, con passi leggiadri, riusciva a far rifiorire la vita e a generarne di nuova, come tre specie di nuovi rovi: i rossi, nati nel cuore della foresta e a pochi metri dallo sgorgare di un fiume cristallino; i bianchi, che volgevano i loro arbusti verso le montagne da dove sorgeva il sole; gli ultimi invece nacquero nel fitto sottobosco, dove la luce era quasi impercettibile e la flora e la fauna erano in abbondanza per i viaggiatori che avevano perso il sentiero.

Con il passare del tempo, curiosi viandanti restavano sempre di più affascinati da come le stelle avevano favorito la nascita di queste cinque ed uniche creature, madri di una nuova vita. Il Picco ghiacciato era meta di pellegrinaggi e militari in addestramento; nelle terre del Sud nacque anche un nuovo regno chiamato Gaelia, dea giunta di sua spontanea volontà in aiuto alla Fiamma Arcana, così da espandere il proprio potere. La Fiamma d’Ambra, con l’aiuto delle due dee, fu un faro di speranza per tre popoli misteriosi che presero il nome dei tre rovi: il popolo dei Rovi Scarlatti, il popolo dei Rovi Bianchi e quello dei Rovi Oscuri. Per i millenni successivi, la Dea del Cosmo osservò dall’alto dei cieli gli enormi progressi raggiunti dalle sue figlie, soprattutto alla Fiamma d’Ambra per la sorprendente nascita di quelle civiltà.

Nei successivi millenni, dopo la dipartita delle dee Akna, Kore e Gaelia, le tre fiamme si indebolirono a causa di un improvviso malcontento: si sentivano come insoddisfatte del loro operato e restarono nel più assordante dei silenzi. La Fiamma del Gelo venne vincolata dall’odio di una donna che terrorizzò per oltre due decadi il regno di Huvendal, prima di essere sconfitta da una prode ragazza. Lo stesso destino toccò alla Fiamma Arcana che, nascosta all’interno del Sole durante una eclissi, un Re avaro di potere riuscì ad assorbirla deformando quella bellezza che la caratterizzava.
Il destino della Fiamma d’Ambra era incerto.

Senza la protezione delle antiche dee della foresta e le due sorelle più giovani preoccupate e incapaci di aiutarla, ogni insidia poteva nuocere all’integrità di quella natura così rigogliosa, rischiando di tramutarsi in un cimitero spoglio e pietrificato.
 
Cinque giorni dopo l’Eclissi. Tarda primavera. Broym Fleau.
 
La tarda primavera impregnava l’aria con migliaia di delicati profumi, mentre i lunghi fiumi lambivano gli argini creando uno spettacolo di luci danzanti sotto un tendaggio smeraldo che si muoveva sinuoso. Piccoli fiori si destavano dal loro lungo sonno aprendo i loro petali al nuovo giorno, mentre eleganti ninfee in colorati abiti creavano corone di foglie da donare ai futuri viaggiatori, sorridendo e cantando soavi melodie. Una di loro, la più adulta, era seduta sul tronco di un albero caduto che osservava con attenzione ogni cespuglio, arbusto o fosso per evitare insidiosi pericoli e preservare quella piacevole quiete. Quando una ninfea si fermò ad osservare gli estremi del fiume, la più adulta domandò:
 
‘’Prosymeina, che cosa succede?’’

‘’Vedo una ragazza su una piccola zattera. Sembra dormire, ma è ricoperta di ferite e lividi. Credo sia una condottiera di qualche regno lontano.’’

‘’Dovremmo informare il Concilio, sorella Atlantia?’’- domandò una ninfea con una corona di rose sul capo, preoccupata per quell’inaspettata ‘’visita’’ nel regno: negli ultimi anni, la zona del Broym Fleau era la preda prelibata per i razziatori, disonorando con blasfemie quella foresta sacra creata dalla Fiamma d’Ambra.

‘’Kallianisse e Idahria, usate i vostri poteri per condurre quella zattera sul nostro argine. E se è ferita come detto da Prosymeina, dobbiamo salvarla prima che qualcuno la veda.’’- disse la donna, ordinando alle due ragazze di posizionarsi alla riva del fiume e attendere l’arrivo della condottiera ferita. Quel trambusto incuriosì anche un fragile spettro dei boschi: la sua evanescenza così pallida e i passi incerti e claudicanti indicavano la sua esistenza secolare. Le due ninfee, non appena scrutarono la piccola imbarcazione, mossero le loro braccia come se fosse l’inizio di una danza ipnotica, deviando il percorso del fiume, riuscendo a recuperare la naufragata.

‘’Un ospite inaspettato. Il Concilio delle Sette Sorelle verrà a saperlo, prima o poi. Che cosa farete dunque?’’- domandò lo spettro dei boschi, comparendo sull’argine e osservando la povera viaggiatrice dormiente su quei tronchi scomodi. Restò incuriosita dal bagliore che si sprigionava dai palmi della giovane e si allontanò di qualche passo, come terrorizzata. Le ninfee erano perplesse da quella strana luce e Atlantia, stupita dalla reazione dello spirito, chiese:

‘’Hosral, che accade?’’

‘’N-nulla. Portatela da Uilosbes la Curatrice Bianca, lei saprà cosa fare. E ricordatevi della parola d’ordine.’’- rispose lo spirito antico, prima di svanire nel nulla. Le donne, ancora confuse da quell’inspiegabile evento e dal comportamento di Hosral, condussero la ragazza al sicuro. Dopo aver percorso un sentiero costeggiato da immensi pini e querce, giunsero ad una piccola masseria: era formata da due strutture rettangolari lunghe e alte venticinque passi. Ai vertici di entrambe le strutture si ergevano quattro torri di vedetta, entrambe munite di due carrucole mobili che consentivano alle sentinelle di spostarsi rapidamente e di trasportare oggetti o munizioni con il minimo sforzo. L’intero complesso era stato costruito con argilla unita al bronzo per donarle un aspetto lugubre ai filibustieri erranti, circondato da un grande recinto di pietra abbastanza alto da nascondere gli acuminati pali di legno conficcati nel terreno usati come trappola. Atlantia era in testa al gruppo delle ninfee giovani, mentre sorreggeva tra le sue braccia la povera viaggiatrice dormiente:

‘’Nato sottoterra, cresciuto dal sole, un ospite per i viventi, ristoratore di divertimento. Sono?’’- domandò una delle sentinelle, brandendo una balestra dal legno scuro, pesante e minacciosa.

‘’Albero.’’- rispose rapida la ninfea adulta, avanzando senza distogliere lo sguardo dall’edificio. In lontananza un’altra figura notò il loro arrivo e corse all’interno della casa, forse per avvertire il padrone che avrebbe avuto ospiti. Non appena le ninfee si fermarono all’ingresso, la porta in legno bianco si aprì mostrando una bellissima donna dagli occhi ambrati, capelli che sembravano un fiume d’oro coperti da un leggero velo celeste e un portamento autoritario.

‘’Signora Uilosbes, le chiedo venia per questa inaspettata visita, ma abbiamo bisogno di aiuto.’’

‘’Le visite sono sempre ben accette. Cosa accade, mia cara ninfea? Chi è la ragazza che riposa nelle tue braccia?’’- domandò la donna, incuriosita dall’inusuale presenza.

‘’Una condottiera estranea al regno dei Rovi. Non sappiamo il suo nome, da dove viene e come è giunta fin qui.’’

La donna restò ad osservare la povera ragazza, preoccupata dalle sue condizioni abbastanza gravi. Alle sue spalle comparve un’altra figura femminile, con indosso abiti scuri e una fascia rossa legata al polso, capelli castani lunghi fino alle spalle, guance rosate e occhi verdi che esprimevano un senso di estrema timidezza, soprattutto quando incrociavano quelli della ninfea Atlantia. La dama Uilosbes prese tra le sue braccia la viaggiatrice ferita e, con un saluto di riverenza, entrò nella dimora:

‘’Elfriede, mia cara, prepara subito dell’acqua calda, erbe mediche, abiti puliti e il mio letto. Non possiamo lasciare in queste condizioni la nostra ospite.’’- riferì lei alla sua domestica.

‘’Sì, mia Signora.’’- rispose e scattò rapida come un felino. Il rumore di acqua corrente, barattoli di vetro e ante di armadi che venivano aperte e chiuse, indicavano il gran da farsi della domestica. Gli interni della masseria erano accoglienti e dai colori caldi, con mobili lucidi e pregiate decorazioni, un grande camino che permetteva al calore di diffondersi rapidamente durante gli inverni rigidi, credenze rifornite di spezie e viveri e molti altri oggetti che rendevano il tutto accogliente. Quando Elfriede annunciò che tutto era pronto, la Curatrice Bianca trasportò con estrema delicatezza la ragazza nel bagno e, dopo averla svestita e avvolta con bendaggi ricoperte delle erbe mediche, la fece scivolare nell’acqua calda:

‘’Un vecchio metodo di guarigione che si tramanda da anni. Osserva attentamente, un giorno sarai tu a doverlo fare.’’- riferì ad Elfriede, mentre restava a vigilare sulla condottiera. Uilosbes restò per alcune ore ad osservare come gli effetti della medicina Bianca stava avendo effetto; quando il regno dei Rovi rossi venne creato, nacquero diverse piante curative. Il processo di guarigione richiedeva ore oppure giorni in base alla gravità delle ferite. Se l’acqua si tingeva di un colore rosso ambrato, le erbe stavano avendo effetto altrimenti l’acqua restava trasparente e si dubitava profondamente se la persona ferita sarebbe vissuta o meno.

Il sole stava tramontando lentamente, iniziando a tingere il cielo di mille colori, mentre i suoi raggi si riflettevano sulle vetrate della masseria, illuminando i corridoi di rosso quasi a sembrare vene pulsanti. La Curatrice Bianca stava per addormentarsi quando gli improvvisi gemiti e spasmi di dolore della ragazza la destarono dall’innaturale sonno che l’aveva imprigionata:

‘’Elfriede, ho bisogno del tuo aiuto.’’- urlò la donna, cercando di tenerla ferma ed evitare che le bende si strappassero e si ferisse ulteriormente. La domestica corse rapida e bloccò le caviglie, mentre Uilosbes prese tra le medicine della bardana e, con un piccolo sforzo, la fece ingoiare alla giovane. Il viso iniziava a rilassarsi, il dolore a scomparire. La Curatrice tirò un sospiro di sollievo per aver evitato il peggio.

 ‘’Aiutami a condurla nella mia stanza.’’- disse ad Elfriede. Dopo averla asciugata, cambiata le fasciature e messa sotto un lenzuolo, la lasciò dormire per recuperare le forze. Un sibilo e un fruscio simile a foglie secche attirarono nuovamente l’attenzione della donna, che riconobbe quei suoni:
‘’Hosral? Cosa ti porta nella mia dimora?’’- domandò con voce rotta dalla stanchezza.

‘’Hai visto l’ospite vero?’’- chiese lo spettro agitato, assumendo una forma umanoide, lasciando sempre intravedere quel bagliore etereo.

‘’Sì, è in camera mia che riposa. Aveva delle gravi ferite da taglio sulle mani e sul corpo, lividi e ustioni. Credo che abbia lottato contro Gallart e abbia vinto. Ha rischiato la propria vita per liberare l’ormai estinto regno di Gaelia.’’- rispose la donna e sorrise compiaciuta all’espressione di stupore di Hosral. Lo spettro scosse la testa, cercando di eliminare il suo stupore e tornare serio:

‘’Quando l’ho vista, dalle sue mani si stava sprigionando una flebile ma calda luce dorata. Mi chiedo come possa una semplice ragazza avere queste doti. Deve essere figlia di qualche creatura celeste o…’’

‘’Nessuna creatura celeste o dea. È una Thandulircath, l’ultima del suo popolo. Sono dei casi rari che un essere umano riesca a possedere un potere che sia in grado superare quello di un Re della Prima Fiamma o di una Regina del Gelo. Se ti chiedi come faccia a sapere questo, mi è bastato vederlo. Il ciondolo che raffigura il lupo era il simbolo del suo popolo. Lo usavano principalmente per la caccia. E il potere di cui parli, l’accecante bagliore, ha quasi fatto ribollire l’acqua dove era immersa.’’- replicò nuovamente la Curatrice Bianca, lasciando interdetto l’esile spirito che si ammutolì e, scuotendo la testa, scomparve nuovamente. La donna finalmente poté riposarsi dopo la faticosa giornata, cullata dai raggi lunari che illuminavano la stanza.

Nella masseria e all’esterno di essa regnava un piacevole e rilassante silenzio, interrotto solo dal richiamo di civette e gufi. Anche se la notta donava il suo sonno ristoratore, a pochi chilometri dalla masseria, in una strutta simile ad un castello qualcuno era ancora sveglio, intento a studiare dei documenti e delle mappe.

‘’I Rovi Bianchi possono attaccare in qualunque momento, che strategia pensi di attuare se non sai precisamente dove si sposteranno, cara Hallothel?’’- domandò qualcuno alla donna. Sistemò i lunghi capelli bruni dietro le orecchie e rispose:

‘’Il loro modus operandi è sempre lo stesso. Ci circondando su tre fronti e ci costringono ad arretrare verso il centro del campo da battaglia in modo tale da creare più morti possibili. Per loro questo significa purezza, ma è solo tingere di scarlatto una terra che sta lentamente morendo sotto i raggi pallidi del sole. Non so cos’altro fare, Mylgred, sto perdendo il lume della ragione e i miei occhi sono rossi come i rubini per il troppo sforzo.’’
La donna si mosse dall’uscio, entrando nella stanza illuminata dalle poche candele, ormai consumate e la cera che le lambiva sembravano lacrime bianche. Mylgred replicò con compassione:

‘’Comprendo lo sforzo per salvare il nostro popolo, ma quello che possiamo solo fare è stringere i denti, mostrarli come se fossimo feroci lupi pronti a sbranare il nemico, anche il più forte. Non dobbiamo mostrarci deboli. Vedrai, un giorno il loro punto debole sarà visibile e noi agiremo.’’
D’un tratto la loro attenzione si concentrò su dei rumori provenienti dal corridoio, che avanzavano con rapidità disumana, finché non comparve una terza donna:

‘’Sorelle, accorrete. Daernith sta male!’’

‘’Avrà un altro dei suoi tipici malanni o allergie, non c’è bisogno di allarmarsi così tanto.’’- rispose Hallothel, alzandosi e andandole incontro.

‘’Sanguinare dal naso e avere le pupille del tutto bianche non è allergia.’’- replicò con fermezza la ragazza, riuscendo a mutare quell’indifferenza in terrore e stupore.

‘’Ha una visione? Per l’amor della Fiamma, facci strada.’’- si affrettò a dire Mylgred, comprendendo che quei violenti effetti indicavano un qualcosa di molto importante per il Concilio. Non appena giunsero nella grande sala, trovarono la Sorella Maggiore in prenda a spasmi nervosi sul suo trono, mentre il sangue usciva copiosamente dal naso, tingendo il suo lungo vestito purpureo e gli occhi erano completamente rivolti verso l’alto mostrando il bianco delle sclere:

‘’Da quanto è così?’’- domandò Hallothel, tenendo il viso della donna tra le mani e cercando di impedire che morisse dissanguata usando un fazzoletto di seta.

‘’Da un paio di minuti, non riusciva a parlare e si sentiva come se stesse soffocando.’’- rispose la quinta sorella, Erthaor mentre le bloccava la testa per evitare che la Maggiore colpisse involontariamente la superficie di marmo. Le convulsioni lentamente si attenuarono, gli occhi della donna si chiusero e il suo volto sembrò rilassarsi.

‘’Sorella Daernith, che cosa hai visto?’’- domandò una di loro, visibilmente agitata da quell’evento così feroce ed inaspettato.

‘’I miei occhi…hanno visto una ragazza che non fa parte di questo regno. Una sconosciuta che possiede un potere inimmaginabile. Così feroce, così brillante e così caldo come il sole estivo mentre si desta dal suo letto di montagne dorate. Nonostante…il suo animo debole, il suo spirito combattivo è tenace.’’- rispose dopo qualche secondo, reggendosi ai braccioli marmorei del trono ed espresse il suo disgusto nel vedere di aver imbrattato la tunica e il pavimento. Giunsero anche le ultime due sorelle, Rivaltnith e Rivornith chiamate anche le Sorelle delle Corone, e per distinguersi indossavano rispettivamente una corona d’oro e una nera nonostante non avessero un titolo nobiliare.

‘’Visto che…anche voi due avete la chiaroveggenza, che cosa siete riuscite a vedere?’’- domandò la Maggiore, muovendosi con cautela per evitare che la debolezza inferta dalla visione le provocasse ulteriori ferite.

‘’La stessa ragazza, gravemente ferita, con una delle vecchie divise del regno di Gaelia giunta sulle rive del Broym Fleau.’’- disse Rivaltnith, con inespressività sul volto.

‘’Alcune Ninfee e Hosral l’hanno condotta dalla Curatrice Bianca. Il suo spirito combattivo è vigile e difficilmente qualcuno riuscirà a destarla dal suo sonno.’’- concluse Rivornith, estraendo dalla tasca della sua tunica porpora del vischio di quercia e porse l’erba medicinale a Daernith. Quando tutto ritornò alla normalità, seppur ancora aleggiava quel sentore di stupore e panico, le Sette Sorelle si sedettero sui loro troni e a gran voce chiamarono un messaggero in livrea grigia e bianca:

‘’Convoca subito il comandante dei Legionari, è di estrema importanza.’’- disse Mylgred, lanciando una effige di rovi annodati al ragazzo, che lo raccolse immediatamente.

‘’Subito, mie Signore.’’- rispose, per poi scomparire nella penombra della sala. Il Concilio usava due tipi di effige: una che formava una spirale rappresentava convocazioni o l’assegnazione di missioni per il regno. L’altra effige veniva usata per eventi di estrema importanza o se un familiare del destinatario era coinvolto in qualcosa di sospetto. Quando il caldo sole si destò nuovamente dal suo sonno e salutò la sua amata luna, nella masseria qualcuno era già sveglio intento a svolgere le mansioni quotidiane.

‘’Elfriede…?’’

‘’Mi perdoni, mia Signora. Supponevo fosse l’orario perfetto per riordinare tutto. Ero così concentrata nel tenere d’occhio la nostra ospite che ho dimenticato di sistemare le credenze, i barattoli di medicinali, gli armadi e-‘’

‘’Sì, sì, ho compreso ma non dovevi disturbarti. Uh, da quando abbiamo delle vetrate colorate nel salone?’’- domandò la Curatrice Bianca, dopo aver interrotto con gentilezza la donna, ma dall’espressione di perplessità. Entrambe si diressero nella stanza dove la ragazza era ormai sveglia e il suo potere si ‘’scontrava’’ con una brocca di vetro, riflettendo i suoi raggi ovunque, affascinando la Curatrice.

   
 
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