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Autore: Tenue    23/12/2017    8 recensioni
[Storia partecipante al contest About music (song-fic contest) indetto da Soul_Shine sul forum di Efp]
In un ipotetico futuro, lontano secoli e secoli dai giorni nostri, la musica è qualcosa di ormai superato, e con essa anche il semplice provare emozioni viene considerato superfluo. In un mondo dove la vita umana è volta solo all'efficienza nel proprio lavoro, che effetto può avere la scoperta di un lettore di file musicali da parte di un soldato e di uno scienziato sperduti in un' altra galassia a bordo di una delle più importanti ed efficienti navi interspaziali?
Genere: Science-fiction, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Salve ^^
Spero che la storia che state per leggere vi piaccia, per me è comunque stato un piacere scriverla! La canzone a cui è ispirata è “Where butterflies never die” dei Broken Iris, che è davvero bellissima.
Buona lettura <3
 
 
La stanza delle capsule di vetro
where butterflies never die
 
 
Da qualche parte in un’altra galassia,  qualcosa intorno al 2800 d.C.
 
 
“Merak! Devi venire qui subito, ho trovato qualcosa di davvero interessante!”
 
Sotto l’apatico bagliore della luce al neon della sua stanza, il soldato chiuse il dispositivo per i messaggi vocali, con ancora la voce di Syrma che gli rimbombava nelle orecchie. Quel ragazzo non sapeva proprio come modulare il tono della voce.
Merak aveva passato tutta la giornata ad allenarsi senza sosta, perciò pensò che il capitano non si sarebbe indispettito più di tanto se per quel giorno non si fosse presentato di nuovo nella sala addestramento, ma fosse invece andato a trovare un amico.
 
Nel momento in cui entrò nel laboratorio, la luce proveniente dalla grande vetrata che dava sulla meravigliosa ed infinita distesa di stelle gli illuminò il viso. Si avvicinò lentamente al vetro, osservando con aria assorta le particolari sfumature della galassia che la loro astronave stava attraversando in quel momento e non poté fare a meno di chiedersi da quanto tempo non uscisse di lì e non toccasse il suolo di un qualsiasi pianeta. Si tolse la giacca dell’uniforme e si passò stancamente una mano sul viso.
L’atmosfera surreale di quella stanza aveva sempre avuto il potere di calmarlo. La sua mente si svuotava da tutte quelle che erano le pressioni e le paure di un soldato mandato negli abissi più remoti nell’universo, e riusciva finalmente a rilassarsi, quasi del tutto almeno. Si allontanò dal vetro e si avvicinò alle grandi capsule dai riflessi ambrati, contenenti piante di vario genere.
Girò l’angolo, superando i lunghi scaffali bianchi nei quali erano poste le capsule degli insetti ibernati, e lì trovò la persona che stava cercando.
Ricurvo su se stesso, Syrma non stava osservando con la solita incredibile curiosità una qualche specie animale congelata. Stava invece fissando, con occhi quasi lucidi, il piccolo oggettino nero che teneva tra le dita sottili.
-Syrma.- lo chiamò il soldato. Lui si voltò di scatto e puntò gli occhi nei suoi. Merak notò come gli occhi chiari di Syrma potessero sembrare persino più grandi e stralunati del solito.
-L’ho trovato nel deposito.- si limitò a spiegare, alzandosi in piedi e facendo frusciare il camicie bianco aperto e tutto spiegazzato. Portò poi l’oggettino all’altezza dei loro visi.
Lui, uno degli addetti alla conservazione di specie animali e vegetali, era uno dei più giovani scienziati della nave. I capelli totalmente scompigliati gli ricadevano a ciocche davanti agli occhi, nascosti in parte dai riflessi degli occhiali, rendendo il suo aspetto decisamente contrastante con tutte le altre perone che lavoravano con lui.
-Deve risalire circa al 2000 dopo Cristo… forse al 2100. Non ho mai visto una cosa simile.-
Merak gli si avvicinò, ma prima di prendere anche solo in considerazione l’oggetto, gli passò sgarbatamente una mano tra i capelli e glie lì tirò malamente indietro, facendo indietreggiare l’altro che prese a massaggiarsi la fronte, sbuffando.
-Non sai neanche tenerti come si deve.- lo rimproverò distrattamente il soldato, alludendo al suo aspetto sempre disordinato –Dì un po’, mi vuoi dire che roba è questa?- chiese, riferendosi ai lunghi cavi neri che presero a penzolare dall’oggetto.
-Sono auricolari.- Rispose Syrma.
-Auricolari?- Merak alzò un sopracciglio –Con questa forma qui?-
Syrma ne prese uno, ed invitò il soldato ad infilare l’altro nell’orecchio –Se non sbaglio nel 2000 li usavano ancora così, con i cavi.-
-E a cosa sono collegati?-
Syrma accese l’oggetto, facendone illuminare il display e prese a premere sui piccoli tasti sotto.
-Che cosa sono?- Chiese Merak confuso, indicandogli le varie scritte che comparivano sul display.-
-Sono file musicali.-
Merak sbuffò una risata. –Musicali? Davvero esistono ancora? Avevi ragione, quel coso risale veramente a secoli fa.-
Il volto dello scienziato si illuminò di colpo –Si, è una cosa incredibile! Vuoi ascoltare?-
Merak alzò le spalle, chiedendosi come in una nave piena di gente che si preparava a scendere su un pianeta ostile allo scopo di colonizzarlo di lì a pochi mesi, lui stesse lì a perdere tempo con qualcosa che ormai era sparita da secoli. Lui nemmeno sapeva cos’era la musica, non doveva avere grande utilità.
-Questa è davvero bella…- mormorò Syrma.
-Mmh?-
Il soldato sussultò improvvisamente quando avvertì un suono giungergli all’orecchio.
In pochi secondi si ritrovò succube di quella melodia, che sembrava risucchiarlo in un’altra dimensione. Quelle note strascicate e profonde, erano qualcosa che non aveva mai sentito, non credeva che qualcosa come un insieme di suoni potesse provocargli quelle sensazioni. Poi sentì la voce.
 
Float on
to the painted sky
Where dreams
will be unified
As I
swept inside
 
Ascoltava le parole senza riuscire a muovere un muscolo, senza quasi respirare. Era una voce dolce, eppure creava un’atmosfera così surreale che quasi gli metteva i brividi.
 
Fluttua
Attraverso il cielo dipinto
Dove i sogni diventeranno un unico sogno,
Mentre vengo trascinato all'interno.
 
Rimase fermo a guardare il volto di Syrma che aveva la sua stessa espressione in volto. Come se vedesse per la prima volta i colori, anche per lui quelle emozioni erano del tutte nuove. Ritrovarsi a guardare le immagini che si formano nella propria mente attraverso quelle note e quelle parole, era incredibilmente forte. I suoi occhi spalancati sembravano quelli di un bambino, quelle parole formavano immagini dai colori così brillanti nella sue mente…
Poi qualcosa sembrò rompersi. O meglio, il piccolo oggettino cadde dalle mani allo scienziato facendo si che gli auricolari si sfilassero dall’adattatore. Tuttavia, nel momento in cui l’oggetto toccò terra, libero dai cavi, fece espandere la musica in tutta la stanza.
Tra le capsule ambrate, Merak notò qualcosa muoversi. Ancora stordito, alzò leggermente lo sguardo per incontrare il volo di una farfalla. Dopo pochi secondi, poté notarne un’altra, e un’altra ancora. Prima non si era nemmeno accorto che per tutto il laboratorio se ne fossero liberate tante.
-Syrma…- mormorò.
Lo scienziato, con aria assorta e un’espressione totalmente rilassata, si avvicinò e posò la testa sul petto del soldato, che però non mosse un muscolo.
-Quando l’ho ascoltata prima, per sbaglio ho fatto cadere la capsula delle farfalle Danaus Plexippus. Le larve si sono schiuse e  si sono sparse per il laboratorio…- Disse chiudendo gli occhi –Solo che prima restavano nascoste, ora stanno andando ovunque…-
 
Multiply humanity,
harmonize insanity
Shedding tight of remedy,
pulling tight of clarity
Shattered glass in flower beds
Humanize inhuman ends

 
-E cosa ne farai?- Chiese distrattamente Merak osservando la farfalle che gli fluttuavano leggermente attorno, mentre la voce seguitava a cantare.
 
Moltiplica l'umanità,
Dona armonia alla pazzia,
Facendo chiarezza riguardo alla cura,
Trattenendo le correnti della lucidità.
Vetro in frantumi
Su letti fioriti.
Rendi umane
Conclusioni disumane
 
-Non posso ricongelarle.- La sua voce si era fatta un sussurro, come se inconsciamente si adattasse alla leggerezza della parole della canzone –E quindi…-
-Moriranno.- Concluse il soldato.
Syrma quasi rise, pensando che il suo lavoro aveva praticamente lo scopo di preservare la vita delle creature. “Morire” non era una parola che sentiva spesso.
-Si. Moriranno prima di arrivare a destinazione.-
 
Where butterflies…
 
Pian piano, iniziò a cantare anche Syrma ricordandosi a memoria le parole dalla prima volta che le aveva ascoltate.
 
Utilize surrendering
When silence falls, to you it sings
Sterilize your mentality, compromise your reality
Restful mind and peaceful eyes
When sound is gone, then you will find

 
Poi però s’interruppe.
-Ma tra non molto moriremo anche noi, non ti pare?-
 
 
Fai buon uso della resa,
Quando cala il silenzio,
è per te che canta.
Rendi sterile la tua mente,
comprometti la tua realtà.
 
 
-In che senso?- chiese Merak, che scosso da quelle emozioni mai provate, quasi non riusciva a parlare.
-A meno che non ci salviamo a vicenda…- disse Syrma alzando la sua testa, facendo strusciare i capelli sulla maglia a collo alto dell’uniforme del soldato. Lo guardò negli occhi con uno sguardo strano, perso. –Non dirmi che la tua vita ti piace, così com’è ora..-Disse piano –Abbiamo lasciato indietro così tante cose. Io sono convinto che… col tempo, l’uomo abbia perso tutto, restando solo con ciò che chiama efficienza e con la presunzione di soprastare ad ogni cosa. E nient’altro. Hai mai provato emozioni tanto forti? Io credo di no, e nessuno qui le prova da troppo tempo.-
Avvicinò poi il viso al suo e lo sfiorò appena –Una volta ho pensato di voler morire- aggiunse poi –Ormai viviamo anche troppo, per il nulla, a mio parere. Credo che senza ciò che provo ora, non avrei problemi a farla finita.-
L’ espressione sempre allegra e distratta era sparita dal volto di Syrma. Improvvisamente il soldato non vide più il solito ragazzino strambo e stralunato, ma di fronte a lui aveva ciò che era veramente, un ragazzo sensibile, innamorato di quei colori e di quelle note scaturite dalla musica, incastrato nel corpo dello scienziato volto al solo scopo di essere efficiente nel suo lavoro.
 
Float on
to the painted sky
Where dreams
will be unified
As I'm
swept inside


Hold on to the painted sky
Where we will be unified
 
-Un po’ è stata la musica a farmi provare questo. Un po’ sei stato tu.-
Merak appoggiò la fronte sulla sua e rimase ad osservare il viso del ragazzo, mentre pensava a come effettivamente anche lui si fosse sentito vuoto prima di incontrarlo per la prima volta.
 
Tieniti forte
Al cielo dipinto
Dove diventeremo una persona sola
 
La canzone stava per finire, Syrma lo sapeva. Merak, davanti a lui, sembrava aver abbandonato le solite maniere sgarbate e con grande sorpresa dello scienziato, gli aveva passato un braccio attorno alle spalle e lo stava quasi abbracciando.
 
Where butterflies…                   
 
-E’ dannatamente bella.- Fece improvvisamente Merak.
-Già. Volevo che la sentissi.-
-Grazie.-
 
Never die
(Will never die)
Where butterflies…
 
Pian piano, anche le ultime parole scomparvero. Merak si staccò da Syrma, e quando sentì di aver riacquistato un minimo di lucidità, notò come le farfalle fossero infinitamente di meno di quello che gli era parso durante la canzone.
Osservò anche il viso di Syrma che sembrava essere ancora sconvolto e rigato dalle lacrime. Merak sbuffò e gli passò nuovamente la mano tra i capelli, ma di certo non con più delicatezza di prima. –Andiamo, datti una sistemata, sei uno straccio.- Disse sgarbatamente, come se si fosse ripreso all’improvviso da quello stato di trance.
Syrma annuì, sorridendo triste. Aveva ragione, doveva essere davvero sconvolto.
Merak si avviò verso la porta del laboratorio, non appena si fu rimesso addosso la giacca che prima aveva abbandonato in giro e la solita maschera apatica, che alla fine portava chiunque su quella nave. Prima di sparire però, esitò un attimo.
-Syrma- lo chiamò. Lo scienziato, asciugatosi le lacrime con la manica del camicie lo guardò interrogativo.
 
-Le farfalle.- disse –non moriranno.-
 
E Syrma sorrise.
Merak invece sparì dalla stanza, almeno per il momento. Ma tornò ogni volta. Ogni giorno dopo gli allenamenti, per riconnettersi a quelle emozioni che credeva impossibili, per riascoltare quella musica, per Syrma.  
Che in quei mesi di viaggio, sperduto nell’universo, non era mai stato così sorridente.
 





 
  
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