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Autore: Ely_Pommy    24/12/2017    2 recensioni
Una porta...un oggetto comune, ma anche una via per entrare ovunque, anche nei ricordi e nei sentimenti
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL DIPINTO DI CASA Perché aveva deciso di dipingere proprio quel soggetto? Dopo tanti anni che non riprendeva in mano i suoi pennelli, lei non capiva perché suo padre avesse deciso di dipingere proprio quell’oggetto: una porta. Niente di più niente di meno. Essa occupava circa metà della tela, ma era stata dipinta in modo strano: erano stati lasciati vuoti i lati e la parte bassa del quadro. In quel caotico studio dove giacevano tutte le opere dell’amato genitore, si poteva notare come egli avesse quasi il timore di lasciare anche solo uno spazio della tela senza pittura. Ecco però quell’unica eccezione, quell’ultimo lavoro era per lo più vuoto, una tela quasi tutta bianca se non per quel solo insignificante soggetto che per lui sembrava significasse tutto. Emma si chiese molte volte cosa avesse spinto il genitore a creare quell’opera, ma soprattutto non si capacitava di come egli guardasse giorno dopo giorno quel quadro e spesso volesse stare soltanto con esso. Da molto tempo egli aveva evidenti problemi di memoria, ma sosteneva che non avrebbe mai perso i ricordi più importanti, finché sarebbe riuscito ad aprire quella che si ostinava dire fosse la sua porta di casa. Emma non aveva mai visto quella porta ed era sicura che non ne esistesse una simile. Era blu con dei ciclamini viola, aveva una grande serratura, un pomello d’ottone e due crepe sull’angolo superiore a destra. Dopo aver realizzato quell’opera, il padre passava anche ore intere nel suo grande studio illuminato dalla luce dei due finestroni sulle due pareti che davano sull’esterno. Vi si rinchiudeva e fissava quella porta, come se cercasse qualcosa e ne usciva raggiante solo dopo averla trovata. Arrivò poi un giorno in cui, a suo dire, non era riuscito ad aprirla. Pianse amaramente. Emma gli si avvicinò e, forse nella speranza di consolarlo, lo portò all’entrata della loro dimora e disse: «Papà ecco la porta della nostra casa. Abbiamo sempre abitato qui e non ci sono altre porte più importanti di questa. Apriamola, ti sentirai meglio». Il padre le rispose «No Emma, non capisci. La mia porta di casa, è di là nello studio…ora che non riesco ad aprirla, so che sto perdendo i miei ricordi più importanti e che ben presto perderò anche te e me stesso. Non so quanto mi rimane perché ciò avvenga, ma ricordo di aver lasciato qualcosa in quella tela, perché tu possa trovare la chiave che mi aiuti ad aprirla ancora». Dopo averla osservata per svariato tempo, Emma era davvero disperata. Si fece ancora più vicina alla tela. In quel momento la luce solare colpiva l’opera del padre ed Emma notò che i raggi del sole sembravano riflessi da tutto il quadro e non solo dalla parte dipinta, o almeno quella che lei credeva tale…guardò più attentamente e notò che anche il resto era dipinto. Cominciò a raschiare via quella parte di tela lasciata bianca e scoprì che al di sotto si nascondevano delle figure. Alla fine ecco un dipinto pieno di colore. Nonostante ciò, Emma notò ancora qualcosa di strano: lo “sfondo” che era ora venuto alla luce, non era in accordo né in armonia con la porta. Fece caso che ogni elemento che aveva scoperto, era lo stesso riportato su quella misteriosa porta, quasi fosse il suo eco: un vaso di ciclamini appoggiato ad un tavolo sulla sinistra, un pezzo di stoffa blu nella parte bassa del dipinto, e due oggetto pieno di crepe. Dipinti in quella maniera, quegli oggetti non le risultavano più così sconosciuti, anzi erano famigliari. Si rimise ad osservare la tela, nella disperata speranza di trovare ancora un indizio. Qualcosa riuscì ad attrarre nuovamente la sua attenzione: una piccola scritta in bianco sul pomello, un anno per la precisione: 1992. L’unica cosa che poteva collegarsi a quella data era la pubblicazione da parte del padre di un libro per illustrare le sue opere. Lo recuperò dalla piccola libreria dello studio. Osservandolo, Emma notò che ad alcune pagine erano state fatte delle pieghe e soffermandosi solo su di esse, vide che ognuna riportava dei dettagli di altri quadri del padre con impressi gli stessi elementi dell’enigmatico quadro. Inoltre in ciascuna di queste pagine vi era una parola che era stata evidenziata. Mettendo insieme queste parole risultò la frase: APRI PORTA APRI CUORE. Quella frase suonò nota ad Emma. Quando sua madre venne a mancare, lei era ancora una bambina e non smetteva di piangere per la sua perdita. Il padre nel tentativo di consolarla le disse: «Non piangere Emma, la mamma non è andata via, è solo nascosta ai nostri occhi: se vorrai ritrovarla, ti basterà aprire la porta del tuo cuore, dove saremo ancora tutti insieme. Non dimenticarlo». Emma ebbe un istinto irrefrenabile e cominciò a raschiare via anche la porta. Quando ebbe finito, rimase senza fiato. Ai suoi occhi si presentò un salotto colorato, un vaso di ciclamini poggiato su un tavolo accanto al quale vi era un divano. Su di esso, due giovani si abbracciavano teneramente, ai loro piedi giocava una bambina dal vestito blu. Infine sulla sinistra vi era una specchiera che era stata rotta per due volte. Quello non era un quadro normale: i due giovani erano i suoi genitori, quella bambina era lei. I ciclamini erano elemento ricorrente nei quadri del padre perché quando la madre era in vita, egli gli e li regalava spesso in ricordo di quando lei accettò di sposarlo in un campo di ciclamini. Alla morte della madre però, lui non accettava di vedere la specchiera perché gli ricordava la sua assenza e decise di romperla. Lo fece una seconda volta quando scoprì la sua malattia, perché aveva paura di arrivare a non riconoscersi. Infine il vestito indossato da lei bambina era stato l’ultimo regalatole dalla madre. Ora era tutto chiaro: quella era la parte della casa dell’anima di suo padre: era la porta del suo cuore. Ancora commossa, Emma chiamò il genitore. «Papà, ho aperto la tua porta di casa, volgiamo entrare insieme?». Spiegando al padre il quadro da lui dipinto, Emma poté raccontargli la storia di quella casa e dei suoi abitanti, certa che dentro essa loro non sarebbero stati mai più divisi, protetti dalle mura del cuore.
   
 
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