Chistmas
present
[e alla fine ci
crede davvero]
Da qualche giorno, tutti gli
abitanti del Castello dei Leoni si sono accorti che qualcosa non va. Lance è
più distratto del solito, stranamente silenzioso e molto spesso con la testa
tra le nuvole.
Coran
e Hunk temono che abbia contratto una qualche
patologia aliena a loro sconosciuta, Shiro pensa che
sia soltanto stanco – e Allura concorda con lui –
mentre Pidge e Keith continuano a vivere i loro
giorni come se nulla fosse.
Almeno finché la Paladina del Leone
Verde non collega tutti gli avvenimenti e – oh, Eureka!
-Ma oggi è il Ventiquattro Dicembre!- esclama quella mattina, scattando seduta sul
divano e facendo prendere uno spavento a tutti i presenti – anche ai poveri
topolini che si erano appisolati ai suoi piedi.
Dopo un attimo di silenzio, il
primo a riprendersi è Keith, dando voce al pensiero di tutti. -…cosa?-
-Oggi.-
ripete la ragazza, sistemandosi gli occhiali. –Oggi è il Ventiquattro Dicembre.-
E mentre Hunk
e Shiro giungono a una conclusione implicita e
mormorano un “oh…” a mezza bocca,
Keith fa vagare lo sguardo trai tre compagni sperando in una delucidazione –
che non arriva, ovviamente, che si aspettava.
Il pensiero viene rimosso nel giro
di qualche ora e tutti tornano ai loro passatempi – salvare un pianeta, cucinare,
evitare che Coran entri in cucina, salvare un altro
pianeta, sperimentare un nuovo tipo di laser – almeno finché Keith, per qualche
motivo inspiegabile perfino a sé stesso, raggiunge il ponte del Castello. Lance
è lì, seduto a gambe incrociate sul pavimento e dà la schiena alla porta: gli
occhi blu sono fissi sull’ologramma tridimensionale di un pianeta, solo dopo
qualche secondo Keith vi riconosce la Terra.
Ed è lontanissima, pensa osservando
gli anni luce che separano l’attuale posizione del Castello da casa.
In punta di piedi, silenzioso come
un gatto, il Paladino Rosso si avvicina all’altro ragazzo studiandolo con
attenzione. Quando riesce a vederlo in viso, nota l’espressione abbattuta e gli
occhi velati di tristezza – e a Keith si stringe il cuore, a vederlo così:
Lance è sempre così allegro, così spensierato… Cosa può essergli successo?
-…oggi, se fossi stato alla Garrison,- mormora il Paladino Blu senza distogliere lo
sguardo dalla mappa. –sarei tornato a casa per Natale.-
Solo in quel momento, Keith capisce
davvero cosa sta succedendo a Lance. Gli si siede vicino, gomito a gomito, e
raccoglie le gambe al petto.
-È una tradizione iniziata dal nonno.- sussurra, Keith sente la tristezza nella sua voce.
-Voleva che almeno una volta all’anno tutta la famiglia si riunisse a casa, a
Varadero. È continuata anche dopo la sua morte. Non importa in quale angolo del mondo ti trovi, se sei un McClain toni a Varadero per Natale.-
Lo dice quasi con voce solenne e a
Keith scappa da ridere: a volte è veramente buffo…
-Miguel e Sofìa
si fanno dodici ore di volo e tre scali ogni volta, per arrivare a Varadero
dall’Europa. Julio era disposto a fare la strada in macchina da San Francisco,
quell’anno che non riusciva a trovare un posto sul primo aereo disponibile.
L’unico fortunato è Luis: L’Avana è vicina.-
-Sono i tuoi fratelli?-
lo chiede senza davvero pensarci, per pura curiosità: Lance non parla quasi mai
della sua famiglia…
Annuisce. –Siamo in cinque. E io
sono il più piccolo.- con la coda dell’occhio, Keith
lo vede tremare appena. -…mi mancano così tanto, Keith. Mi manca tutto, anche
la Garrison.-
Keith appoggia la testa contro il
suo braccio e chiude gli occhi, restando in silenzio.
-Voglio tornare a casa.- ora Lance sta veramente piangendo: lo sente
singhiozzare piano, come se avesse paura di fare rumore. Inconsciamente, Keith
si ritrova a chiedersi quante volte abbia pianto di nascosto, da solo, nella
sua camera, sperando che nessuno lo senta.
E non ha idea di cosa stia provando
in questo momento - è sempre stato da solo, dopo la morte di suo padre, ha
sempre badato soltanto a sé stesso, essere nello spazio o essere sulla Terra
per Keith non è una grande differenza – ma sentire la sua voce rotta dal pianto
fa più male della ferita che gli segna la spalla destra. Vorrebbe dirgli che
torneranno a casa presto, che sconfiggeranno Zarkon domani
e dopodomani saranno a casa – e Lance apparirà sulla soglia della casa a
Varadero il giorno di Santo Stefano, chiederà scusa per il ritardo e poi si
metterà a tavola con la sua famiglia a mangiare gli avanzi della sera prima.
Vorrebbe farlo, davvero, ma lo sa
anche lui che sono soltanto parole. Si limita a restare in silenzio, rannicchiato
su sé stesso e premuto contro la sua schiena, aspettando che si calmi e
pensando a un modo per tirargli su il morale…
-…potremmo pensare a qualcosa per
festeggiare qui.- sussurra, scrutando le sue reazioni.
–Certo, non sarà come festeggiare in famiglia e siamo a qualche migliaio di
anni luce dalla Terra, ma… -
Lance inarca un sopracciglio,
dubbioso, ma almeno ha smesso di piangere – e quella è già una piccola
vittoria.
-E poi.-
esclama, raddrizzando la schiena e arrossendo appena. –Non ho mai festeggiato
il Natale come si deve, quindi… -
-Aspetta! Frena, frena.-
Lance scatta in piedi così in fretta che Keith rischia di battere la testa sul
pavimento. –Mi sai dicendo che non hai mai festeggiato il Natale?!-
Keith si acciglia, sedendosi
compostamente per terra. –Non ho mai avuto nessuno con cui festeggiarlo?-
il che non è propriamente vero, perché quando suo padre era ancora vivo
Dicembre era il mese delle feste insieme al giorno del suo compleanno, ma sono
passati così tanti anni che non si ricorda più cosa vuol dire “spirito
natalizio”.
-Beh, adesso capisco perché hai
questo carattere terribile.- sentenzia il Paladino
Blu, costringendolo ad alzarsi e trascinandolo fuori dal ponte del Castello.
Keith lo trova buffo in un modo quasi tragicomico, così infervorato ma con gli
occhi ancora gonfi e rossi per il pianto mentre cammina a passo di marcia verso
la cucina. –Bisogna rimediare!-
Quando le porte scorrevoli della
cucina si spalancano, Keith teme di aver causato un danno di proporzioni
galattiche: per lo spavento, Pidge strilla
rovesciando la teglia che reggeva tra le mani e Hunk rischia
di bruciarsi una mano sui fornelli.
Lance inarca un sopracciglio. -...che
state facendo?-
-Ah, ehm. Ecco, noi… - Hunk inizia a gesticolare a guardarsi intorno, sperando in
un aiuto da pare di Pidge o nell’apparizione
salvifica di Shiro.
-Stavamo organizzando una festa di Natale.- Pidge si sistema gli occhiali
sul naso. –E doveva essere una sorpresa.-
…Keih vorrebbe
scavarsi una buca e sprofondarvi dentro, perché Pidge
lo sa che è colpa sua se Lance è lì – come faccia a saperlo non l’ha capito, ma
questo non conta.
-Oh… Beh, ma abbiamo un problema
più serio!- in un attimo Keith è un passo avanti
rispetto a Lance, mentre il Paladino Blu gli stringe le spalle per non farlo
scappare. –Keith non ha mai festeggiato il Natale!-
Hunk
mormora qualcosa e Keith sta per ribattere che non è vero, ma Shiro gli posa una mano sulla testa e sorride. –Un motivo
in più per festeggiare, no? Forza, al lavoro!-
E mentre Shiro
con la sua solita calma serafica tenta di spiegare ad Allura
e Coran perché devono mettere dei festoni per tutto
il Castello e soprattutto cos’è il Natale, gli altri paladini si danno da fare
come possono.
Lance sorride di nuovo, adesso, e
questo è tutto quello che conta.
-Non abbiamo i regali impacchettati
sotto l’albero e nemmeno un albero, ma è stato un bel Natale.-
sentenzia Keith, accasciandosi esausto su uno dei divani. Non credeva che fosse
così stancante.
-Ehy.- Lance si acciglia, le
mani sui fianchi e la schiena dritta. –Io un regalo l’ho fatto. Ti ho regalato
il Natale!-
Keith chiude gli occhi, sorridendo.
–Devo pensare a qualcosa, allora. Ti sei sforzato tanto… -
-Beh… - no. Quel tono non gli
piace. Per niente. –Potresti darmi un bacio.-
Il Paladino Rosso socchiude piano gli
occhi: Lance è chino su di lui, una mano appoggiata sullo schiena vicino alla
sua testa e un ginocchio tra le sue gambe per sorreggersi. Nell’altra mano
stringe un rametto di vischio.
-E quello dove l’hai trovato?- ridacchia. Lance si limita a scrollare le spalle:
ha veramente importanza?
No, pensa mentre gli passa le
braccia dietro il collo affondando le mani trai suoi capelli e lo tira giù. Le labbra
di Lance sanno di zucchero e quella che sembra cannella – oh, sì, i biscotti di
Hunk – e lo sente sorridere che lo stringa piano in un
abbraccio scomodo ma da cui non vorrebbe mai separarsi.
-Quando torneremo a casa… - è
appena un sospiro contro la pelle del suo collo. Keith rabbrividisce. –Quando torneremo
a casa, ti prometto che non passerai mai più un Natale da solo. Mai più.-
Vorrebbe dirgli di non fare
promesse del genere, perché potrebbe non riuscire a mantenerle – ma Lance
sorride ancora e gli racconta del suo nipotino, il figlio di Luis, a cui aveva
promesso di portare la prova dell’esistenza degli alieni.
-…okay.-
Alla fine, ci crede davvero a
quella promessa che sa di zucchero e cannella.
D.P.P.:
Deliri Post Panettone
…che mi deve essere rimasto sullo stomaco, ops. Questa cosa è così piena di headcanon
velati che io boh, non so nemmeno da dove iniziare. Sono stanca e non andrò a
dormire fino a dopo mezzanotte, abbiate pietà.
Buon Natale a tutti, gente!
Maki