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Autore: Kim WinterNight    25/12/2017    4 recensioni
Una vigilia di Natale un po' particolare, un gruppo di amici e una coppia molto insolita.
Cosa succederà durante e dopo lo scambio dei regali?
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Daron Malakian, Shavo Odadjian, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ReggaeFamily

Will you leave with me?




Manca poco a mezzanotte, ormai il momento si avvicina. Mi preparo psicologicamente e spero che tutto sia al suo posto.

Non sono certo di star facendo la cosa giusta, onestamente mii sento piuttosto a disagio, ma allo stesso tempo provo eccitazione e curiosità per la sua reazione. Chissà, magari ho esagerato, magari mi considererà sdolcinato e rifiuterà ciò che ho preparato per lui...

Un opprimente senso d'ansia mi assale, rendendomi ancora più inquieto.

«Bene, è giunta l'ora dello scambio dei regali!» esclama Serj. Si accosta al grande albero di Natale che mi sono divertito a montare e addobbare in salotto, dà un'occhiata alle lucine colorate e alle decorazioni, poi si china per afferrare alcuni pacchetti.

Per noi della band è ormai una tradizione trascorrere la vigilia di Natale insieme, solo noi quattro; per le nostre famiglie e gli altri amici troviamo sempre del tempo nei giorni successivi, ma la sera del 24 è nostra e non riusciamo a immaginare dei festeggiamenti differenti.

Serj si avvicina a me e mi ficca in mano una scatola sottile e rettangolare, poi consegna altri due pacchetti a John e Daron.

Osservo il chitarrista e mi sento ancora una volta in ansia, anche se probabilmente dovrei calmarmi e respirare a fondo. Anzi, prima di tutto dovrei aprire il regalo di Serj.

Mi decido a scartarlo e al suo interno trovo un gioco per l'Xbox con un titolo a me ignoto.

«Ti piace?» mi domanda il cantante con un sorriso sereno. «È nuovo sul mercato, ma ho letto delle recensioni pubblicate in anteprima che ne parlano molto bene. Provalo e fammi sapere.»

«Ci giochiamo insieme?» gli propongo.

«Forse» mi concede lui, mentre osserva John scartare un'edizione limitata e introvabile di Diabolik. Daron invece si ritrova tra le mani un tomo dall'aria sospetta.

«Che roba è?» gli chiedo, avvicinandomi a lui per sbirciare la scritta riportata sulla copertina.

«Non saprei» commenta Daron perplesso, rigirandosi il volume tra le mani.

Glielo sfilo delicatamente dalle dita e prendo a sfogliarlo con curiosità. «Pare un... ricettario?» butto lì.

Serj annuisce sornione. «Almeno il nostro chitarrista preferito potrà imparare a preparare delle pietanze sane e nutrienti, anziché ingozzarsi sempre con le solite schifezze» proferisce in tono speranzoso.

«Fantascienza» commenta John con ovvietà.

Ridacchio e noto che il batterista ha recuperato alcuni pacchetti da sotto l'albero.

«Esagerati, ma quanti regali!» esclamo.

«Proprio tu non puoi parlare, i tuoi sono i più grossi» mi schernisce Serj.

John ci consegna i suoi doni e tutti e tre ci ritroviamo tra le mani lo stesso oggetto: una cornice con una foto di noi quattro all'interno del suo Torpedo Comics, in quel di Las Vegas.

«Che ricordi!» dico, sentendomi invadere da una punta di nostalgia e commozione.

«Già» borbotta Daron, indirizzandomi un'occhiata eloquente.

Entrambi sappiamo cosa successe tra noi quel giorno, durante la nostra prima visita al negozio di John, poco prima che venisse inaugurato. Entrambi sappiamo come sono andate le cose in quella camera d'albergo, di cosa quelle quattro mura sono state testimoni, e come poi le cose si siano evolute tra noi.

Ne siamo consapevoli, ma non ci va di ostentarlo. Sono solo fatti nostri, a nessuno deve importare.

«Grazie, Johnny, è bellissimo» dice Serj, ammirando il suo nuovo tesoro.

«Ma figurati. È una sciocchezza» minimizza il batterista con un cenno del capo.

«Ora tocca a me!» strilla Daron, tuffandosi letteralmente sotto l'albero per recuperare i suoi pacchetti.

Porge a Serj una scatola in cartone abbellita da un fiocco rosso, a John un sacchetto blu e a me una sottile busta imbottita. Inarco le sopracciglia e aspetto che gli altri aprano il loro regalo prima di scartare il mio.

Serj spalanca la bocca e ammira stupefatto un microfono stupendo, dalla fattura impeccabile e che ha tutta l'aria di essere di una qualità eccellente.

«Sei impazzito?!» sbotta il cantante, accarezzando con cautela e delicatezza l'oggetto.

«Se non ti piace, posso cambiarlo» fa Daron mentre si stringe nelle spalle.

Serj gli molla un pugno sul braccio e si immerge nell'osservazione analitica di quel meraviglioso cimelio.

John tossicchia e tiene di fronte a sé ciò che mi sembra un quadro. Avvicinandomi, noto che gli occhi del batterista si sono inumiditi e che sta cercando di contenere le sue emozioni.

«Posso?» gli chiedo, accennando all'oggetto che tiene in mano.

Il batterista annuisce e lascia tra le mie mani una bellissima tela che ritrae un John insolitamente sorridente che tiene tra le braccia sua figlia Emma. Nella foto, il mio amico osserva la piccola con uno sguardo colmo d'amore e di profonda commozione. Probabilmente non potrò mai capire cosa si prova a essere padre, ma non credo che sarei bravo in questo ruolo. Ho troppe insicurezze dentro di me, non ce la farei mai. Lui, al contrario, sembra così a suo agio, rilassato, sicuro di sé...

Quando sollevo lo sguardo, mi ritrovo a fissare John che abbraccia Daron con fare fraterno, estremamente colpito dal regalo del chitarrista. Avverto una leggera punta di gelosia fare capolino tra mille sensazioni, ma la scaccio perché so quanto sia immotivata.

«E tu? Non apri il tuo regalo?» mi si rivolge Daron, indicando la busta che ancora stringo con forza tra le mani.

«Certo... grazie» farfuglio, concentrandomi su ciò che sto facendo per evitare di strappare la carta.

Strabuzzo gli occhi quando tra le mani mi trovo una busta gialla con su scritto il mio nome in caratteri frettolosi e disordinati.

La apro e ne sfilo un foglietto scritto a mano. Lascio scorrere i miei occhi sulle poche parole tracciate con l'inconfondibile grafia di Daron.


Una piccola gita, una cretinata. Solo un weekend. Solo tre giorni e due notti.

Solo io e te.


Mi affretto a dissimulare il mio stupore ed evito accuratamente di far leggere il biglietto a John e Serj; fortunatamente entrambi stanno ancora contemplando l'ultimo dono che hanno ricevuto e non mi stanno prestando attenzione.

Guardo Daron negli occhi e vi scorgo un luccichio che tradisce una certa nota di speranza mista a un pizzico di eccitazione.

«Destinazione: Miami» mormoro. «Cazzo» aggiungo. «Sei completamente fuori di testa.»

«Puoi scommetterci» conferma Daron, facendo l'occhiolino. «Prepara le valigie.»

«Lo farò, ma prima...» Sfioro la schiena di Daron mentre mi dirigo verso l'albero di Natale per recuperare gli ultimi tre pacchi rimasti. Con un po' di agitazione, li consegno ai miei amici e spero che i miei regali piacciano.

Il primo a scartare è Daron. Per lui ho preparato uno scatolone pieno zeppo di volantini e fogli di giornale appallottolati, in modo che lui debba frugarci in mezzo per trovare i suoi regali.

Imprecando, il chitarrista appoggia il pacco sul pavimento, vi si inginocchia di fronte e si tuffa letteralmente al suo interno. L'occhio mi cade sui suoi capelli arruffati e sull'espressione del viso corrucciata; adoro guardarlo quando è in una delle sue fasi di concentrazione o riflessione, i suoi lineamenti si affilano leggermente e gli occhi si socchiudono come quelli di un gatto che sta puntando la sua preda.

«Sei un bastardo! Ma guarda che mi tocca fare» borbotta Daron, lanciando tutt'intorno le cartacce.

«Non hai un minimo di pazienza, Malakian» lo punzecchio, mentre John e Serj se la ridono.

«Forse ho trovato qualcosa!» strilla il chitarrista, sventolando una busta rossa. Ne estrae in fretta il contenuto e io sento l'ansia farsi nuovamente largo nel mio petto.

Quando ho deciso che cosa regalargli, ho sperato con tutto me stesso di non commettere qualche cazzata. Il punto è che desidero davvero trascorrere due settimane in giro per il Nord Europa insieme a lui, è un sogno che mi solletica da un po'. Ho fatto i biglietti per Helsinki, prima tappa del nostro viaggio, più di tre mesi fa e già il cuore faceva le capriole nel mio petto alla sola idea di partire con Daron. Adesso questa sensazione si sta amplificando e mi sento quasi soffocare dall'agitazione.

Il chitarrista rimane di sasso con il biglietto tra le mani; sul suo viso si è dipinta una deliziosa espressione incredula.

Mentre tengo gli occhi fissi su di lui, mi ritrovo a pensare che sia inquietante il fatto che entrambi abbiamo pensato a un regalo molto simile da donare l'uno all'altro. Inquietante, certo, ma bellissimo.

«Shavo, è uno scherzo» mormora, rimettendosi in piedi. Il mio metro e ottantacinque pare d'improvviso insignificante di fronte ai suoi quindici centimetri in meno, dal momento che mi sento piccolo e dannatamente stupido in questo momento. Devo dissimulare queste sensazioni per evitare di destare sospetti in John e Serj, così tento di mantenere la calma.

«No, affatto. E comunque c'è un altro regalo nella scatola» lo avverto, provando comunque una certa gioia nell'averlo quantomeno sorpreso con il mio gesto. Ancora non mi è chiaro se abbia gradito la cosa.

Serj, curioso, si china su Daron per sbirciare. «Come sarebbe a dire?! John, questi due bastardi se ne vanno in Europa senza di noi!» commenta, fingendosi offeso.

«Che stronzi» osserva John, scuotendo appena il capo.

«Voi siete ormai padri di famiglia, non potete concedervi di questi lussi! Accontentatevi del fatto che in estate torneremo in Europa tutti insieme» ribatto, mantenendo un tono scherzoso, anche se dentro mi sento morire per l'inconsapevolezza di ciò che Daron sta pensando del mio regalo.

Il chitarrista, intanto, ha estratto anche l'altro pacchetto dallo scatolone. Lo apre e ne estrae una felpa nera con una stampa sul davanti. Quando l'ho vista, per caso in un negozietto zeppo di cretinate, ho pensato subito a Daron e ho deciso di regalargliela.

«Ehi, ti assomiglia!» gli fa notare John, indicando l'angioletto con le corna che ha lineamenti e fattezze molto simili a quelle di Daron. La stampa, infatti, raffigura una sorta di mostriciattolo in stile manga che dovrebbe essere un incrocio tra un angelo e un diavolo; ha il viso pallido e sorridente, ma che trasmette malignità e malizia. Gli occhi grandi e scuri trasudano cattiveria e i capelli biondi e arruffati fanno a pugni con le corna situate sulla sua testa.

«Per questo l'ho comprata» spiego, per poi sghignazzare. Questo mi aiuta a rilassarmi e sciogliere un po' la tensione che mi attanaglia fin nel profondo delle viscere.

«Spiritosi! Andate al diavolo!» farfuglia il chitarrista, mettendo il broncio. In questo modo è ancora più simile all'angioletto della felpa.

Per evitare di formulare pensieri peccaminosi su di lui, distolgo immediatamente lo sguardo e lo poso su John e Serj.

«Ora sono curioso» dice il cantante, scartando velocemente il suo regalo. «Oh cazzo...»

«Che roba!» esclama Daron, mentre John ammira la bellissima collana di libri rilegati in pelle che Serj stringe tra le braccia.

Il batterista annuisce e mi rivolge un breve sorriso. Era l'unico a sapere del mio regalo per Serj, visto che mi ha aiutato a procurarmi quella collezione di libri di Pablo Neruda tramite uno dei suoi fornitori.

«Direttamente da Torpedo Comics del signor John Dolmayan!» affermo, avvicinandomi al mio amico. «Ti piacciono? C'è anche Il Sognatore, il libro che racconta la storia di Neruda e di come è diventato un poeta» gli spiego con un sorriso.

Serj sposta alternativamente lo sguardo da me ai libri, poi li posa delicatamente sul tappeto accanto all'albero e mi intrappola in un abbraccio fraterno.

«Mi sa che gli è piaciuto» ironizza Daron, picchiettando sulla spalla di Serj.

«Grazie» sussurra il cantante, colmo di commozione. «Non dovevi.»

«Fratello, per te questo e altro» replico con il cuore colmo di gioia. Adoro fare i regali alle persone a cui tengo e adoro vederle felici.

«John, manchi solo tu» fa notare Daron, probabilmente curioso di scoprire cosa ho deciso di donare al batterista.

Quest'ultimo annuisce e scarta il suo ultimo pacchetto. Daron emette un fischio d'approvazione nello scorgere ciò che John stenta a credere di star tenendo tra le mani.

«The Who?» domanda intontito. «Ma come... dove... Shavo, sei un pezzo di merda!»

«Bel modo di ringraziare qualcuno per un regalo» commento, mentre ridacchio.

«Vieni qui» mi ordina John, avvolgendomi le spalle con un braccio. Nonostante io sia leggermente più alto di lui, il mio amico non trova alcuna difficoltà a trascinarmi accanto a sé e stritolarmi in un abbraccio che vale più di mille parole.

«Caspita, sono tutti i vinili dei The Who» interviene Serj, esaminando con le folte sopracciglia aggrottate il nuovo tesoro di John.

«Spero di aver azzeccato» borbotto, sentendomi leggermente in imbarazzo. Mi porto istintivamente una mano al mento e giochicchio con il mio amato pizzetto intrecciato. Generalmente questo gesto mi aiuta a sciogliere un po' la tensione, ma in questo caso mi sta risultando parecchio difficile dare un senso alle mie emozioni.

«E smettila di fare il deficiente, dammi un abbraccio» mi incita Daron, avvicinandosi in un lampo a me.

Senza lasciarmi il tempo di riflettere, mi trascina contro di sé e mi tiene stretto, per niente preoccupato della presenza dei nostri amici. Probabilmente dall'esterno questo suo gesto può sembrare fraterno e sicuramente John e Serj non penserebbero mai a qualcosa di diverso; eppure, io mi sento ribollire per il desiderio che provo nei confronti del chitarrista e allo stesso tempo provo tranquillità e conforto nel ricevere il suo abbraccio. Posa per un attimo la fronte sulla mia spalla, lo sento sospirare appena e il suo fiato mi solletica il collo.

Tutto dura fin troppo poco, siamo costretti a separarci e io devo resistere alla tentazione di trattenerlo al mio fianco e mantenere un contatto fisico con lui.

«Ragazzi, ehi! Buon Natale!» esclama allegro Daron, dando il via allo scambio di auguri come da rituale.

Trascorriamo il resto della serata a bere, ridere, mangiare e chiacchierare. Stare con i ragazzi mi fa sentire in famiglia, è una sensazione bellissima; riesco a provarne una simile soltanto quando sto con mio fratello Dave, ma per il resto so che l'affetto più genuino deriva dai miei colleghi di band, nonché amici e fratelli acquisiti.

Non potrei mai rinunciare a una vigilia di Natale come questa, proverei una sensazione di vuoto incolmabile.


John e Serj decidono di andare via verso le due e mezza di notte. Entrambi domani hanno un pranzo con un sacco di parenti ad attenderli. Fortunatamente saranno insieme, visto che le loro mogli sono sorelle e in genere riescono a radunare tutti i loro familiari in un unico, grande e chiassoso evento.

«Per carità, l'atmosfera sarà magica, ma io ho già il mal di testa al pensiero di cosa mi aspetta domani» ammette il cantante, mentre si infila la giacca.

Il batterista ridacchia. «Cognato, sopravvivremo come sempre, non preoccuparti. Malakian, vuoi un passaggio?»

«No, grazie. Sono venuto in macchina e non sono ubriaco, torno a casa per conto mio.»

Sospiro. «Prima mi aiuti a ripulire il casino che hai combinato con quella carta appallottolata» lo ammonisco. In realtà sto cercando di fargli capire che ho bisogno di rimanere solo con lui. Devo capire cosa pensa dei miei regali, o almeno di quello più importante.

Il chitarrista sbuffa. «E va bene, ma che palle!»

«Non lamentarti e aiuta Shavo, non fare il furbo» lo rimbecca bonariamente Serj.

I nostri amici ci salutano con calore e, ridacchiando tra loro, si avviano fuori da casa mia.

Daron chiude piano la porta e si volta a guardarmi. «Che hai combinato?»

«E tu? Che hai combinato?» ribatto.

«Io ho prenotato uno stupido weekend... non posso competere con il tuo regalo» bofonchia Daron, gesticolando energicamente.

È mortalmente sciocco quando si avvilisce per motivi così stupidi, ma fottutamente adorabile.

Scoppio a ridere e Daron mi guarda malissimo.

«Non te la prendere.» Mi accosto a lui e afferro la sua mano. La sento un po' ruvida e callosa contro la mia, ma immagino che anche per lui sia lo stesso. Gli strumenti a corda, tutta colpa loro. «Andiamo a raccogliere il casino che abbiamo fatto in salotto» gli propongo, conducendolo poi nei pressi dell'albero di Natale.

Ci mettiamo seduti sul tappeto e cominciamo a raccattare in silenzio tutta la spazzatura che si è accumulata tutt'intorno a causa dello scarto dei pacchetti.

«Non mi hai detto se ti piacciono i miei regali» rompo il silenzio, silenzio senza traccia di imbarazzo ma colmo di una tranquillità che raramente si riesce a instaurare tra noi.

«Non devi neanche chiedermelo» mi rimprovera Daron.

Mi stringo nelle spalle, giocherellando con una pallina di carta ancora intatta. «Sai come sono fatto.»

«Sì, so che sei una creatura insicura, che non sai se hai fatto la scelta giusta per i regali...» recita il chitarrista con fare annoiato, poi si blocca e cerca il mio sguardo. «C'è una sola cosa di cui sei sicuro nella tua vita? Ti poni sempre troppi dubbi» aggiunge, inarcando leggermente le sopracciglia.

, vorrei gridargli. Una cosa è certa, e sono i miei sentimenti per te.

Invece, taccio e abbasso lo sguardo sulle mie dita. Non so perché non do voce ai miei pensieri e desideri, ma con Daron ho sempre paura di dire o fare qualcosa che possa irritarlo o far sì che si allontani da me. Ci conosciamo da sempre, ma ancora devo abituarmi al modo in cui le cose sono cambiate tra noi nell'ultimo periodo. Non è facile digerire tutte queste novità, non alla veneranda età di quarantatré anni, non per un paranoico come il sottoscritto.

Quando lui in passato se la prendeva con me o quando litigavamo furiosamente, io facevo di tutto per evitare di essere il primo a chiedere scusa. Ero orgoglioso e non mi importava di trascorrere giorni interi senza parlare con lui o senza vederlo. Sapevo che tanto le cose si sarebbero sistemate e non davo troppo peso ai nostri dissapori.

Adesso, invece, è diverso: se Daron dovesse ignorarmi o incazzarsi con me, io ci starei malissimo. Non potrei sopportare di stargli lontano troppo a lungo e di vivere con la consapevolezza che le cose non vanno nel verso giusto.

Non so perché dovrebbe arrabbiarsi con me per avergli regalato un viaggio, ma con lui non si sa mai.

Mi sento sfiorare il dorso della mano destra e mi riscuoto improvvisamente dal flusso impetuoso dei miei pensieri.

«Sei stato davvero dolce a pensare a me, a prendermi quei regali... non so come ringraziarti» mormora il chitarrista, avvicinandosi ancora a me.

Stringo le sue mani tra le mie e sollevo nuovamente lo sguardo, concentrandomi sul suo viso e su quei lineamenti affascinanti che conosco a memoria e che non mi stanco mai di ammirare e di sfiorare.

«Partirai con me?» gli chiedo con cautela.

Daron ridacchia e mi spinge all'indietro sul tappeto. Affondo con la schiena sulla superficie morbida e soffice, ma nel frattempo afferro saldamente i polsi del chitarrista e me lo trascino addosso. Lui si ritrova a cavalcioni su di me e mi fissa con uno sguardo carico di aspettative e del mio stesso desiderio.

«No» risponde, poi si china su di me. I suoi occhi scuri sono a pochi centimetri dai miei, il mio cuore batte a mille, con furia, non so come controllarlo. «Prima tu partirai con me nel prossimo weekend.»

Sorrido appena e sollevo una mano. Sfioro appena le sue labbra con la punta del pollice e annuisco.

«Allora partirò con te» afferma infine, per poi concedermi il bacio che tanto stavo aspettando e desiderando.

La sua bocca è calda e sa di alcol e noccioline, un mix che mi fa immediatamente desiderare di averne ancora e ancora. Lo stringo con forza e ricambio il suo gesto, poggiando una mano dietro la sua nuca per accostare maggiormente il suo viso al mio.

Vorremmo fare l'amore, questo è palese, ma è molto tardi, non abbiamo neanche la forza necessaria per spogliarci. Stiamo abbracciati sul tappeto, in mezzo alle cartacce appallottolate.

Quando ci stacchiamo per riprendere fiato, Daron posa la testa sulla mia spalla e respira piano. Mi circonda la vita con un braccio e io gli accarezzo dolcemente la schiena.

«Adesso sono stanco» bofonchia. «Però domani ti ringrazierò come si deve per il folle regalo che mi hai fatto» aggiunge, lasciandomi un rapido bacio alla base del collo.

Subito rabbrividisco e sorrido, pregustando il momento in cui finalmente potrò farlo mio e godere delle sensazioni che solo la sua pelle contro la mia sa trasmettermi.

«Affare fatto» concordo, lasciandomi sfuggire uno sbadiglio.

«Andiamo a letto, qui fa freddo» mormora il chitarrista, sollevandosi a fatica e mettendosi a sedere.

Lo imito e, dopo esserci alzati, raggiungiamo a tentoni la mia camera. Ad attenderci c'è il mio letto matrimoniale con calde lenzuola in flanella e un bel piumone blu notte.

Prima di stendermi accanto a Daron, faccio tappa in bagno e di sfuggita mi guardo allo specchio. Mi blocco e fisso il riflesso del mio volto segnato dalla stanchezza, ma disteso e sereno per la felicità che provo nel sapere che Daron dormirà stretto a me e con il cuore accanto al mio.

Mi do mentalmente dello sdolcinato ed esco velocemente dalla stanza, per poi raggiungere finalmente il letto.

Il chitarrista ha gettato alcuni dei suoi vestiti su una sedia e si è già accomodato sotto le coperte. Sfilo anche io la felpa e i pantaloni, scalcio via le scarpe e lo raggiungo.

Subito Daron mi si fa vicino e intreccia le sue gambe alle mie, allungandosi per mordicchiare il lobo del mio orecchio sinistro.

«Se fai così, non riuscirò ad aspettare a domani» lo ammonisco, stringendolo con forza a me per sentire maggiormente il suo calore e la sua erezione premere prepotentemente contro il mio bacino.

«Non farlo» farfuglia, gli occhi socchiusi e il viso stravolto dal sonno.

Sorrido: lo trovo dannatamente buffo e attraente in questo momento, ma so che è stanco e anche io lo sono. Ho bisogno di dormire, sono ormai rare le volte in cui riesco a prendermi del tempo per me, per un po' di relax e riposo.

Gli lascio un piccolo bacio sulla fronte e scuoto appena il capo. «È difficile resisterti, ma non mi approfitterei mai di te. Non riesci a tenere gli occhi aperti.»

«Uhm... ma io ti voglio...» biascica.

«Anche io, ma possiamo aspettare a domani. Non morirai, tranquillo» lo schernisco, arruffandogli maggiormente i capelli già tremendamente disordinati.

Daron sbadiglia e si rannicchia contro di me. «Okay...»

Stiamo in silenzio per un po' e, proprio mentre sono certa che Daron si sia addormentato, lui parla nuovamente.

«Shavo?» mi chiama.

«Sì?» sussurro.

«Non abbiamo raccolto la spazzatura in salotto.»

Scoppio a ridere e stringo quell'adorabile ragazzo ancora più forte. «Adesso dormi e non pensarci» lo tranquillizzo.

«Allora domani abbiamo già due cose importanti da fare» mi stuzzica, lasciando scivolare la sua mano sul mio inguine, per poi adagiarla sul mio ventre.

Trattengo il fiato e mi accorgo che il respiro di Daron si è fatto più pensante e regolare.

Si è addormentato e io vorrei soltanto svegliarlo e baciarlo, strappare via ciò che resta dei suoi vestiti e fare l'amore con lui.

Rimango sospeso, immobile, nel limbo che definisco dormiveglia, nel quale mille pensieri si accavallano e si spezzano continuamente.

«Buon Natale, Daron» mormoro, poi tutto si dissolve in cumuli infiniti di sogni.



♥ ♥ ♥



Ciao a tutti, come va? ^^

Be'... per me è molto difficile scrivere queste note a fine storia; fino a qualche giorno fa non avrei mai e poi mai immaginato di scrivere una slash su Shavo e Daron, e chi mi conosce lo sa bene.

Sono stata sempre la prima a dire di non riuscire a immaginare delle coppie all'interno dei componenti dei System, e quando ho scritto la OS su Daron e Orbel Babayan, tutto era stato fatto per puro divertimento e con l'ispirazione giusta per una nonsense che non contemplasse, appunto, nulla di serio...

E voi direte: Kim, allora ti sei bevuta il cervello per caso? Che è 'sta roba?!

Tutto è partito grazie ai miei soliti vaneggi in compagnia di mia sorella Soul: mentre chiacchieravamo ed eravamo in fase di fangirlaggio deficiente (straaano, chi di voi non se l'aspettava? :D) ed è venuto fuori il discorso dei nomi che spesso si danno alle coppie per identificarle in quanto tali su EFP.

Quindi, se unite il nome di Shavo a quello di Daron, vien fuori... Sharon! E questo mi è bastato, vi giuro, per figurarmi tutta la storia che avete appena letto, per renderla reale e chiara nella mia mente.

So che probabilmente non ve l'aspettavate, ma questo è uscito proprio dal mio cuore, e non ho potuto placarlo. Abbiate pietà ^^

Ma ditemi... che ne pensate dei regali di Natale che si sono fatti i ragazzi? Vi piacciono? Secondo voi sono adatti a loro?

Ho provato a immaginare un po' cosa si potessero donare a vicenda, tenendo conto anche di quali sono i loro gusti in base al poco che posso saperne!

Come molti di voi sapranno, tutti i componenti della band sono impegnati con delle donne, Shavo e Daron compresi; il chitarrista è l'unico a non essere sposato, ma a quanto ne so sta con una ragazza da un po'...

Shavo ha due figli, i marmocchi Shavo Dylan e Hayk Victor, quindi direi che sa benissimo cosa si prova a essere padre, ahahahah XD ho dovuto, ovviamente, adattare la sua vita a ciò che mi serviva per questa storia! Così come ho inventato tutti i viaggi citati nel testo, anche quello dei System in Europa la prossima estate... diciamo che, siccome ci spero, mi piaceva immaginarmela così, ecco XD

Come avrete capito, la storia è ambientata proprio durante questo Natale, motivo per cui ho deciso di pubblicarla proprio in questi giorni! Ne approfitto, quindi, per fare a tutti voi lettori i migliori auguri e spero che le vostre feste trascorrano serene e colme di panettone e frutta secca :P

Alla prossima e grazie a chiunque abbia trovato il coraggio di leggere questo esperimento, ma soprattutto a chiunque non proverà l'istinto di eliminarmi dalla faccia della terra per aver “dissacrato” i nostri System :'D

MERRY FUCKING CHRISTMAS ♥

  
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