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Autore: Dragon gio    25/12/2017    0 recensioni
Una raccolta di One Shot, Flashfiction e Drabble sulla coppia TimKon. Spazierò in molti generi e universi, man mano che aggiorno aggiungerò i tag.
#Heroes ~ Personaggi: Tim Drake (Robin) – Conner Kent (Superboy)
Età: Tim 15 anni ~ Conner 16 anni
Universo: Teen Titans comics
Triplo aggiornamento oggi, in occasione del Natale! ♥ Auguri a tutti quanti!
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Bat Family, Batman, Dick Grayson, Jason Todd, Tim Drake
Note: Lemon, Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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# Heroes

Durante le festività Natalizie, perfino una città come Gotham appariva gradevole alla vista. Le strade coperte di soffice neve, le vetrine illuminate da sfavillanti colori, tanti Babbo Natale appostati ad ogni angolo che regalavano coperte e cibo ai senza tetto. Ma tutto questo non bastava a Robin, per scordare il fallimento di quella notte. Per usare una “fine” terminologia alla Jason Todd: “La merda è merda, anche se la ricopri di zucchero”.
 
In  linea con il periodo festoso, il caro Joker aveva deciso di donare alla cupa metropoli il suo consueto show Natalizio. Con tanto di spettacolo ripreso in diretta, comprensivo di protagonisti di tutto rispetto; il commissario Gordon, il sindaco e un bambino finito per caso in mezzo a quel folle caos. L’intervento del dinamico duo era stato – come sempre – tempestivo. Ma qualcosa doveva essere andato fottutamente storto, oppure adesso Robin non starebbe contemplando con sguardo vacuo, il cadavere del ragazzino.
 
Non è stata colpa tua, Robin.
 
Figliolo, non darti la colpa… lo abbiamo visto tutti quanto hai lottato. Non avresti potuto evitarlo.
 
Tante parole che suonavano vuote nella mente di Tim. Chiunque possedesse un televisore a Gotham, era stato testimone della sua incapacità come Robin. Se al posto suo ci fosse stato Dick, o magari Jason, quel povero bambino sarebbe ancora in vita, ne era certo. Il senso di sconfitta e fallimento, gli attanagliavano le viscere con così tanta forza da farlo vacillare pericolosamente.
Così non diede ascolto agli ordini di Batman, che gli intimavano di rincasare e riposare. Declinò l’offerta del commissario Gordon, che lo invitava a venire a prendersi un caffè con lui per parlare di quanto accaduto. Robin semplicemente fuggì, congedandosi dai presenti con un vago “Sto bene”.
 
Subito dopo chiuse tutti i canali di comunicazione, perfino con Oracle, che era rimasta sintonizzata per tutto il tempo. La voce preoccupata di Barbara, fu l’ultima cosa che udì prima di spegnere il proprio auricolare.
Aveva bisogno di tempo per riflettere, e un posto molto in alto dove poter stare in pace senza scocciatori che gli ronzassero intorno. Il campanile di Gotham, gli parve l’unica scelta logica.
 
 
Non gli ci volle molto tempo per raggiungerlo, ma per scalarlo, , quella era un'altra faccenda. Arrivato su in cima, si rese conto di essere senza fiato. Permise al proprio sguardo di indugiare a lungo sul paesaggio notturno. A quell’altezza non gli giungeva alcun rumore al di fuori del vento, che fischiava fra le vecchie mura di quel luogo. Tim inspirò a fondo l’aria gelida, volgendo il viso al cielo, lasciando che venisse baciato dai fiocchi di neve. Le dita delle mani poi, si mossero verso la maschera rimuovendola. Buffo, poteva quasi sentire la voce autoritaria di Batman che lo sgridava per la sua mancanza di prudenza. Ma ora non gli importava, perché c’erano solo lui, un vecchio edificio e il vento. Tutto quello di cui necessitava per elaborare i propri pensieri in solitudine.
 
Ma il magico incanto non durò a lungo, poiché una figura famigliare gli svolazzò dinanzi, mostrando l’aria contrita di qualcuno che non voleva venire lì ma ci era stato costretto. Tim sospirò così forte che una grossa nube di fumo, fuoriuscì dalle sue labbra infreddolite.
« Che cosa ci fai qui, Kon? »
La domanda corretta da porre in realtà sarebbe stata “Chi ti ha mandato? Bruce o Barbara?” A giudicare dallo sguardo teso di Superboy, Tim puntava decisamente sul primo candidato.
 
« Io ecco… ero alla torre dei Titan e ho visto tutto alla tv. »
« Poi Batman ti ha contattato, e ti ha ordinato di venire a recuperarmi. Tu puoi sentire il mio battito cardiaco anche in mezzo ad altri mille, ti sarà stato facile trovarmi. »
Doveva averci preso, dato il sussulto visibile che fece fremere Conner da capo a piedi.
« Cavolo, ma è così evidente? » Rise piano e si grattò la nuca con genuino imbarazzo, prima di sfoggiare, un istante dopo, l’espressione più seria di sempre « Comunque, anche se non lo avesse fatto sarei venuto a cercarti ugualmente. Tim, è orribile quello che è accaduto e… mi dispiace tanto, credimi. »
 
Dio, lo detestava quando faceva così, perché lo obbligava ad abbassare tutte le sue difese, mettendo a nudo la sua considerevole emotività repressa.
« Sto bene, sul serio. Più tardi mi scuserò con il commissario per non avergli risposto e compilerò il rapporto per Batman. »
Anziché andarsene, come pensava Tim, Conner decise di atterrare, spostandosi cautamente intorno a lui. Sembrava profondamente a disagio, ma non poteva dargli torto.
« Sai… non devi tornare indietro, se non vuoi. » Sbottò all’improvviso, come se sentisse il bisogno di puntualizzare il fatto che non aveva intenzione di forzarlo a fare nulla che non desiderasse.
 
Ma Tim non replicò, si avvicinò al cornicione della torre, fermandosi proprio a pochi centimetri che lo separavano dal vuoto. Non emise un fiato e, quasi come se l’amico avesse capito il significato del suo silenzio opprimente, gli si avvicinò senza dire nulla.
Le dita della sua grande mano si spinsero in avanti cercando quella di Tim. Quando la strinse delicatamente, si rese conto di quanto tremasse.
« Il tuo naso sta diventando più rosso del tuo costume, Wonder Boy. »
La bocca di Tim si increspò appena, imitando il ghigno che era solito ostentare in sua presenza, però quella notte, pareva come spento e privo di vita. La vigilia di Natale, un giorno normalmente speciale e magico per molti, per lui era divenuto un momento tragico in cui le sue mani si erano macchiate di sangue innocente. Avrebbe rammentato per sempre quell’orribile momento.
 
« Lo sai, quando io mi sento così male, mi aiuta molto urlare. » Si girò verso Tim, scrutandone le reazioni; perché poteva fingere con chiunque che lui stesse bene, che non fosse sconvolto, ma a Conner bastava un occhiata per capire quale fosse la verità.
« Ci siamo solo tu ed io qui. Non lo dirò a nessuno. »
Come a voler suggellare quella promessa segreta, strinse con maggior intensità la presa sulla mano di Tim. Le immagini nella sua mente si accavallarono una dietro l’altra, il ricordo nitido e agghiacciante dell’espressione stampata sul viso del bambino morto, segnò il momento in cui dentro di lui qualcosa si spezzò.
 
Urlò con quanto più fiato possedeva. Non capì quando le grida di rabbia si tramutarono in un pianto disperato, uno sfogo che si perse come un eco lontano.
Quando fu costretto a fermarsi per respirare, Tim si afflosciò su se stesso come un panno bagnato, scivolando lentamente a terra. Conner ne seguì i movimenti e le sue braccia lo cinsero, confortandolo in un abbraccio. Lo tenne stretto al suo petto, sussurrando che tutto sarebbe andato bene. Tim non gli avrebbe creduto, ma sapeva bene quanto bisogno avesse di sentirselo dire.
 
 
Dopo dieci minuti che erano seduti ginocchioni, il corpo di Tim era pervaso da brividi inarrestabili, allora Conner decise che era il momento di portarlo via da lì. Si rese conto che l’amico non reagì quando venne sollevato di peso e rimesso in piedi. Tuttavia, qualcosa nei suoi occhi si rianimò quando le dita calde e rassicuranti del giovane Kriptoniano, iniziarono a cancellare la scia di lacrime persistenti sulle guance. Tim si rese conto dello sguardo afflitto e triste di lui, come se avesse condiviso quel dolore immenso che gli aveva strappato l’anima. In un angolo della propria mente, pensò che forse era realmente così, a volte si scordava quanto Conner Kent potesse essere empatico con gli altri. Con lui specialmente.
 
« Non sentirti in colpa per quanto accaduto. Tutti falliamo prima o poi... e se mai qualcuno dovesse osare farti pesare la morte di quel ragazzino, mandalo da me che gli insegno a volare senza ali! »
Per la prima volta in quella stramaledetta notte, Tim sorrise – un vero sorriso - e la reazione suscitò l’entusiasmo di Conner, che lo imitò immediatamente sentendosi contagiato.
 
Intanto, il grande orologio della piazza dinanzi loro, segnò la mezzanotte, rammentando ad entrambi che era il venticinque dicembre. Conner scrutò con attenzione prima l’orologio, poi si rivolse di nuovo Tim, con uno sguardo incredibilmente dolce.
« Buon Natale, Tim. »
Il petto del giovane si scaldò per l’emozione, ma nulla fu paragonabile al timido bacio che gli donò il compagno. Il gesto parve talmente naturale ad entrambi, che non stettero a sindacare sul “perché” o il “come” il loro rapporto si fosse evoluto fino a tal punto. Giravano attorno a codesta situazione già da parecchio, fingendo che nulla fosse cambiato quando era l’esatto opposto. Perfino Cassie aveva iniziato a ironizzare sulla loro “tensione sessuale irrisolta”. Alla fine, gli era solo mancata l’occasione per permettere ai due giovani di venire allo scoperto. Con il senno di poi, si sarebbero resi conto che stavano solo aspettando il momento migliore.
 
Gli occhi di Tim, ancora lucidi, sbatterono increduli più volte, colmi di gioia e gratitudine infinita verso il clone di Superman. Solo lui poteva tramutare la notte più terrificante della sua esistenza, in quella più incredibilmente bella.
« Grazie, anche a te. »
Gli restituì il bacio, sporgendosi goffamente in punta di piedi per raggiungere le labbra di Conner, altrimenti troppo distanti da lui. Il gesto in sé fu così tenero che fece sorridere divertito il Kriptoniano.
 
« Che ne dici di venire alla fattoria a berti una cioccolata calda? Sono sicuro che a Ma Kent non dispiacerà farti fermare da noi per la notte! »
« Mi sembra una gran bella idea, amo la cioccolata di Ma Kent. »
 
 
Conner gli diede le spalle e lo invitò, con un cenno, a salire sulla sua schiena. Doveva aver intuito che Tim fosse esausto, difatti il ragazzo meraviglia non protestò e si chinò avvolgendo le braccia attorno al collo di Superboy. Il calore confortante che gli trasmetteva il corpo di Conner, lo fece rilassare immediatamente, portandolo ad emettere un piccolo sospiro soddisfatto.
Si rese conto che Kon stava contattando qualcuno tramite il proprio auricolare, sicuramente Batman, per confermare che Robin stava bene e che avrebbe passato la notte a Smallville con lui.
Ora che la tensione era scemata, il pensiero di raggiungere casa Kent e bere la cioccolata calda, fu qualcosa che Tim non vedeva l’ora di fare. Si strinse maggiormente a Conner, abbassando lentamente le palpebre e concentrando le ultime energie nell’ascolto dei bisbigli gentili che gli giungevano alle orecchie.
 
« Non possiamo essere sempre eroi, Robin… ma ogni tanto ci riusciamo. E sono quelle le giornate che contano, credimi. »
 
Sapeva che Conner stesse facendo appello alla sua identità di eroe per risollevargli il morale, perché aveva compreso bene che in lui “Tim” e “Robin”, fossero due personalità distinte. Così come era conscio, che se Tim era il lato emotivo, Robin era quello razionale.
Difatti, anche se difficile in quel momento, Tim riuscì a credere a tali parole, e iniziò pian piano a ponderare la possibilità di perdonarsi.
 
In fondo, a Natale i miracoli accadono, giusto?


25/12/2017
Buon Natale a tutti! ♥
  
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