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Autore: hikaru83    25/12/2017    2 recensioni
John convince Sherlock ad organizzare una festa a Baker Street, per regalare a Rosie un normale Natale in famiglia. Ma si sa, con Sherlock Holmes la normalità non è mai scontata. Una telefonata da Scotland Yard rischia di mandare all’aria la festa. Riuscirà il detective a non rinunciare al caso e, allo stesso tempo, a non deludere le aspettative di John e Rosie per la serata?
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Opera realizzata per il Secret Santa 2017 del gruppo "ASPETTANDO SHERLOCK" https://www.facebook.com/groups/366635016782488/"
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Per la prima volta mi trovo a scrivere su questo fandom, anche se seguo questa serie dalla prima messa in onda in seconda serata su italia uno anni e anni fa. Spero vi piaccia, buona lettura e buon Natale.

"Opera realizzata per il Secret Santa 2017 del gruppo "ASPETTANDO SHERLOCK" https://www.facebook.com/groups/366635016782488/"


Natale al 221b di Baker Street
 

«Sherlock non mi guardare con quella faccia, Rosie è una bambina e si merita un normale Natale in famiglia.» Ci risiamo, ma questa volta non l’avrà vinta, questa volta dovrà accontentarmi.

«Non vedo come questo possa riguardar...» Lo zittisco prima che concluda la frase o mi toccherà rifilargli una testata, e visto che ha Rosie in braccio non mi pare proprio il caso.

«Non ti azzardare Sherlock! Questo discorso lo abbiamo già fatto, tu fai parte della famiglia, anzi diciamoci la verità, a parte il sottoscritto, sei più famiglia tu per Rosie di quanto lo sia chiunque altro nel mondo.» Rosie adora Sherlock, letteralmente, passa più tempo con lui che con me, visto che il mio lavoro mi tiene lontano per la maggior parte della giornata, o per meglio dire, per la maggior parte della giornata che lei passa sveglia.
Sherlock sposta la mia mano, che era corsa a zittirlo, dalle sue labbra. Sospira tanto delicatamente che non so se me lo sia solo immaginato, così come non so se mi sia immaginato il cambiamento del suo sguardo quando le mie dita lo hanno sfiorato.

«Ok, Ok, Natale in famiglia... e questo cosa comporterebbe?» Odio quando fa il finto tonto, so che quando vuole è un attore eccellente ma, per me, non è proprio credibile in questa parte. Anche perché sa perfettamente cosa un Natale in famiglia comporta. Sa cosa deve fare e, soprattutto, cosa non deve fare. Ma se crede che basti portarmi all’esasperazione per vincere non ha ancora capito chi ha davanti, eppure è una delle persone più intelligenti del globo.

«Per prima cosa un bell’albero, tante decorazioni e regali impacchettati, poi la cena insieme alle persone a noi care, e soprattutto Sherlock, e guarda che è una cosa importantissima e fondamentale, niente omicidi, niente cadaveri, niente occhi nel tè, NIENTE LAVORO, è chiaro il concetto?» Lo guardo fisso in quegli occhi così particolari e unici che possono appartenere solo a lui.

«Ma John così sarà terribilmente N O I O S O!» Si lascia cadere sul divano, facendo ridere Rosie che pensa sia un gioco e si ritrova seduta sul suo torace. Eccola qui che esce in tutta la sua grandiosità la mia Prima Donna Sherlock, inchinatevi tutti alla sua presenza.

«Sherlock, Rosie ha quattro anni e gioca ‘alle signore che prendono il tè’ con il teschio che stava sul camino... e ci parla, capisci?»

«Non vedo cosa ci sia di strano, è una bambina intelligente e sa perfettamente che un teschio non può farle alcun male,» la guarda e inizia a farle il solletico, le due teste quasi si sfiorano, e mentre risata cristallina della mia bimba si spande per casa continua, voltandosi verso di me improvvisamente serio. «...e poi ho sempre parlato anche io con lui, ottimo ascoltatore tra l’altro se mi concedi.»

«Il fatto che per te sia del tutto normale dovrebbe farti capire quanto sia esattamente il contrario.» Sbuffo, sollevando gli occhi al cielo, Sherlock non cambierà mai, ma del resto, lo vorrei davvero diverso?

«Sai essere davvero tedioso John fattelo dire.» mi guarda fisso negli occhi, oramai lo conosco così bene che so che ha capitolato. «E sia, avrai il tuo Natale in famiglia, ma lasciati dire una cosa: Rosie non si è mai annoiata con me!» Mi scappa un sorriso, mentre lo guardo osservarmi così serio, come se dovesse difendere il suo modo di crescere mia figlia – nostra figlia –  mi ricorda la vocina nella mia testa. Del resto per me lo è davvero, anche se non so se sarò mai in grado di dirlo a lui.

Si è istaurato un equilibrio perfetto da quando con Rosie ho deciso di tornare a vivere qui, che non credo vorrò mai rischiare di distruggerlo.
Ho usato tutte le scuse del mondo per convincermi di essere tornato solo per una questione organizzativa. Del resto la signora Hudson è sempre stata più che felice di stare con la bambina mentre io ero al lavoro, e certo non potevo continuare a costringere Molly ad essere al mio servizio ogni volta che non era di turno.
Il fatto che invece della signora Hudson al mio ritorno a casa trovassi sempre Sherlock con Rosie è stata una piacevole sorpresa all’inizio. Vederlo ricoperto di pappette di vario colore mentre cullava mia figlia che gli sbavava addosso con tutta la soddisfazione del mondo è senz’altro una delle immagini più comiche e tenere allo stesso tempo che io abbia mai visto. Scoprire questo suo lato, dolce, impacciato e adorabile lo ha reso ancora più unico ai miei occhi. E quando me ne sono reso conto era ormai troppo tardi per tornare indietro. Sherlock è entrato così tanto sotto la mia pelle che la sola idea della sua assenza mi pare inconcepibile. All’inizio ero terrorizzato da questa consapevolezza, ora però l’ho accettata come parte di me. Ho Rosie e ho Sherlock, per lui sono solo un amico, è vero, ma Sherlock non è tipo da avere molti amici, essere suo amico è già più di quanto alla maggior parte del genere umano sia concesso.

«Mai pensata una cosa del genere.» dico, tornando al presente e scuotendo la testa cercando di cancellare tutti i pensieri che affollano la mia mente.

«John c’è qualcosa che ho detto o fatto che non dovevo?» sorrido, maledetto Sherlock cosa cavolo hai visto sul mio viso? Ho increspato per due decimi di secondo in più del dovuto gli occhi? Possibile che tenerti nascosto un’unica cosa sia così difficile?

«Mi hai chiamato ‘tedioso’ potrei ritenermi offeso.» rispondo serio. Cerco di essere convincente, anche se so già che non funzionerà con lui, ma sono anche certo che farà finta che la mia risposta gli basti.
 
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La preparazione per la cena di Natale ha portato via molto tempo. Scegliere cosa preparare, invitare tutti – Mycroft compreso (devo capire che diamine hanno contro la normalità i fratelli Holmes) – sistemare casa, prendere e impacchettare i regali. Tutto è stato faticoso ma anche divertente. Sherlock ha diviso tutte le incombenze con me, e si è anche sforzato di far vedere che si divertiva, o chissà forse si è divertito sul serio.

E così siamo già alla vigilia, e non abbiamo ancora fatto l’albero, anzi non ce lo abbiamo proprio l’albero. Per questo siamo in questo caos infernale, che è Londra durante le feste natalizie, a comprare decorazioni e albero. Oramai sono rimasti solo gli alberi più piccoli, spennati e bruttini oltre a questo colosso che abbiamo davanti che è rimasto invenduto evidentemente perché troppo grande.

«Sherlock non è necessario comprare un albero tanto grande, per Rosie anche in albero nano sembra un baobab.» sto cercando di convincerlo che quasi tre metri di albero sono decisamente troppi per noi, ma non credo riuscirò a vincere sta volta.

«Non solo per Rosie...» lo ha detto sul serio? Dall’espressione del negoziante direi di sì.

«No, scusa, cos’era questa una battuta?» Dovrei essere offeso, ma Sherlock che fa una battuta normale è un avvenimento.

«Più un dato di fatto oggettivo.» continua con il suo solito modo di fare.

«Sherlock...» ok, lui che scherza è un avvenimento, ma non esageriamo.

«John, mi costringi a fare un banalissimo Natale in famiglia, almeno l’albero dev’essere favoloso.» di volta verso Rosie abbassandosi per prenderla in braccio.«Diglielo anche tu a papà Rosie.» le dice mentre si volta verso di me, ho davanti due cuccioli alleati, come posso dire di no.

«Ohh fai come vuoi Sherlock, sei peggio di lei, ho a che fare con due bambini.» non la faccio neanche parlare, aveva già vinto senza l’aiuto di mia figlia.

Sherlock sorride felice, Rosie anche, semplicemente perché vede lui felice, il negoziante è addirittura euforico per aver fatto un affare del genere. Ci mettiamo d’accordo per la consegna nel pomeriggio insieme ad alcune decorazioni che abbiamo scelto nello stesso negozio e usciamo nell’aria gelida.

Rosie, imbacuccata nel cappotto blu che le hanno regalato i genitori di Sherlock, i vice nonni come loro stessi si definiscono, cammina felice tra di noi, stringe le nostre mani e saltella come se fosse la gioia fatta persona. Gli stivaletti rossi di gomma producono un lieve scricchiolio sull’asfalto bagnato, quando all’improvviso si blocca, si libera dalla nostra presa e corre verso la vetrina del negozio che stavamo superando.

«La stella papà!» dice, rivolgendosi verso di noi – perché per me è evidente che chiama papà sia me che Sherlock indifferentemente, anche se il suddetto genio non se ne rende conto – , mentre con le manine è ancora attaccata al vetro.

Dalla vetrina tra le altre decorazioni splende un puntale a forma di stella, un filo dorato che crea un intricato gioco e si unisce formando una stella a cinque punte, all’interno della rete d’oro cristalli iridescenti  rendono ancora più preziosa la decorazione. È bellissima e su quell’albero enorme che è diventato il nostro albero sarebbe perfetta, ma non voglio neanche pensare a quanto costi. Un problema che per Sherlock è evidentemente irrilevante, perché mentre cerco di far capire a Rosie che non possiamo comprarla vedo la mano del negoziante prenderla, lo seguo con lo sguardo e noto Sherlock alla cassa.

«Che...cos...?» Non riesco neanche a formulare una domanda, rimango immobile e basta. Anche Rosie ha visto cos’ha fatto Sherlock e corre dentro il negozio ad abbracciarlo felice. Io rimango fuori, immobile.

«Andiamo John?» Mi dice, non mi ero accorto che fosse uscito dal negozio e che mi sta aspettando accanto. Rosie riprende le nostre mani e io li seguo, in silenzio.
 
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Una volta a casa Rosie si fionda in cucina dalla signora Hudson da dove proviene un profumo invitante, almeno la brutta abitudine di Sherlock di non mangiare non l’ha presa.

«Sherlock...» esordisco.

«John non cominciare.» Mi ferma.

«Ma se non ho detto nulla.» Ho solo detto il suo nome, nient’altro.

«...ancora!» afferma.

«Cosa?» Ancora che?

«Non hai detto nulla ancora, ma stavi iniziando a farmi la predica per i soldi spesi. Quindi ti ho bloccato sul nascere. Tu hai voluto un normale Natale in famiglia e io darò il migliore Natale del mondo a Rosie. Alla fine non è esattamente quello che vuoi anche tu? Ma se ti fa stare più a tuo agio sappi che mi ha fatto un buono sconto.» Ma che cavolo... sono tanto ovvio per lui? Meglio non rispondermi.

«Ah si? Cosa hai fatto per lui? Fermato una banda di manigoldi che volevano rapinarlo? Lo hai tolto dai guai con la giustizia? Oh no aspetta, hai mandato alla forca qualche suo nemico?» Chissà se esiste qualcuno a Londra che non è in debito con Sherlock in un modo o nell’altro.

«Molto divertente John, davvero molto divertente.» Sorride sul serio mentre mi risponde. «In realtà gli ho detto che sarebbe stato un peccato che la moglie scoprisse la tresca che ha con la commessa del negozio accanto.»

«La tresc... Cristo Sherlock sei entrato in quel negozio e in trenta secondi hai scoperto che ha una tresca con la commessa del negozio accanto?» Ma come diamine ha fatto?

«Trenta secondi? Mmh credevo di aver fatto di meglio.» Se non lo conoscessi tanto bene crederei stesse scherzando, ma so che non è così.

«Straordinario Sherlock, sei straordinario.» Non so neanche quante volte l’ho detto da quando l’ho incontrato la prima volta.

«Lo sai che lo dici ancora a voce alta, vero?» Lui è sempre sorpreso dei miei complimenti.

«Credevo ti fossi abituato a sentirmelo dire.» Dico sincero.

«Credevo ti fossi abituato a me.» Ci si può abituare a Sherlock? Sul serio? Io non credo proprio.

«Sherlock potrò vedere il tuo cervello in azione mille volte ancora, ma non potrò mai abituarmici.» il suo sorriso timido e nello stesso tempo compiaciuto nasce sulle sue labbra.

«Venite a mangiare che si fredda tutto. Non sono la vostra domestica ma se non ci penso io a voi...» La voce di Mrs Hudson arriva dall’altra stanza. la suoneria del suo cellulare proviene da una tasca del cappotto di Sherlock.

«Arrivo subito John.» dice salendo le scale, dopo aver guardato il mittente prima di rispondere.

«Allora volete venire a mangiare o no?» Mrs Hudson non ama ripetere le cose più di una volta, per questo seguo la sua voce dando le spalle alla scala, non sono tranquillo quando Sherlock fa il misterioso, ma non posso certo imporgli di dirmi tutto, non ne ho alcun diritto.

«Arriviamo signora Hudson.» dico avvicinandomi alla porta.

«Sherlock?» mi chiede una volta visto che sono entrato solo.

«Ha detto che arriva subito.» Sappiamo entrambi che ‘subito’ per Sherlock non vuol dire molto, il tempo è un concetto assai relativo per il nostro genio. Almeno sono riuscito a fargli mangiare qualcosa mentre eravamo in giro.

«Visto che siamo solo noi... » dice Mrs Hudson guardandomi con aria complice. «John, come mai avete deciso di fare una festa con tutti?»

«Perché? È Natale, non basta?» Non capisco dove vuole andare a parare.

«Anche l’anno scorso lo era, cos’ha di diverso questo?» Chiede sempre più curiosa.

«Nulla, solo pensavo fosse carino per Rosie passare un normale Natale in famiglia.» Non so cosa vuole sentirsi dire.

«Dai, me lo dica, dovete dirci qualcosa?» Oddio cosa diamine crede sia successo tra me e Sherlock questa donna?

«Qualcosa? No, signora Hudson.» Cerco di essere convincente.

«Guardi che so mantenere un segreto.» dice sicura.

«Non c’è nessun segreto.» guardo la sua espressione dubbiosa e offesa «Signora Hudson, lo sa vero che io e Sherlock non siamo...cioè...noi... siamo solo...amici.»

«Sa John, prima era molto più bravo a mentire.» dice voltandomi le spalle mentre Sherlock entra e si siede al tavolo. Ho la sensazione che la signora Hudson si sia offesa. Mi sorprendo a vedere Sherlock già di ritorno, sta volta il suo ‘subito’ è stato davvero subito.

«Chi era?» chiedo, sento puzza di bruciato.

«Chi?»  si siede di fronte a me e inizia a dondolarsi appoggiandosi allo schienale della sedia, fa il finto tonto, ottimo, questo è un incendio in casa, altro che puzza di bruciato.

«A telefono.» dico avvicinandomi a Rosie e tagliandole la carne nel piatto. Perché Sherlock non capisce che ho la testa dura quanto la sua quando mi ci metto?

«Quando?» risponde, mentre si mette a giocare con il telefonino.

«Poco fa.» continuo imperterrito, chi la dura la vince...

«Ahh, nulla di che.» crede mi basti come risposta? Ah-ah-ah certo Sherlock credici pure.

«Non lo conosco» rispondo, continuando a non guardarlo e aiutando Rosie a mangiare.

«Chi?» smette di dondolarsi e mi fissa.

«Nulla di che, non mi pare di conoscerlo.» Continuo a fare l’indifferente guardando mia figlia addentare la carne.

«Era Lestrade.» sbuffa.

«Non dirmi che ti ha affibbiato un caso proprio oggi?» Mi volto finalmente verso di lui.

«Oggi non è Natale» Mi sta prendendo in giro?

«Sherlock?» Lo guardo direttamente, alzando un sopracciglio.

«Domani niente lavoro, sì te l’ho promesso.» Sembra sincero, peccato che lui sembra sempre sincero.

Qualcuno bussa alla porta, interrompendo la mia risposta, perché prevedo guai?

«Signor Holmes.» La voce della signora Hudson svela il nostro ospite.

«Prima che ti affatichi inutilmente a salire le scale fratello, siamo qui.» alza la voce Sherlock per farsi sentire all’ingresso.

«A cosa devo a tanta bontà?»Dice Mycroft entrando nella stanza con aria sorpresa.

«Siamo a Natale, John mi ha spiegato che a Natale siamo tutti più buoni.»

«Zio Mycoft!» strilla Rosie scendendo dalla sedia e correndogli incontro e bloccando involontariamente la battuta al vetriolo che sicuramente stava per fare.

«Mycroft, piccola Watson, Mycroft.» so che vuole rimanere impassibile, ma con Rosie non riesce del tutto a esserlo.

«Mycloft!» insiste lei tirandogli la giacca con le manine appiccicose – non ho idea di quanto costi quella giacca, né se riuscirà mai a pulirla, ma non credo che lui si faccia grandi problemi, probabilmente la butterà appena uscito nel primo cassonetto disponibile – devo ammettere che se la cosa gli da fastidio non lo da’ a vedere minimamente.

«A cosa dobbiamo la tua visita?» Gli chiedo, anche se sono certo non  me lo dirà sul serio.

«Mi chiedevo se fosse possibile evitare la cena di domani.»

«No,» rispondo secco. «prossima domanda?»

«Non capisco per quale motivo debba perdere tempo qui, ho un mucchio di cose da fare, persone da vedere, guerre da evitare...cosette così insomma.»

«Mycroft, cercherò di essere chiaro, domani o sei a cena qui, fingendo anche di divertirti, oppure ti aspetterà la cena dai tuoi, che purtroppo non potranno essere con noi.»

«Se loro sapranno che sono qui, non si aspetteranno che vada da loro.»  Non demordere dev’essere una caratteristica degli Holmes.

«Se domani non sarai da noi all’ora stabilita, la telefonata a casa dei vostri genitori sarà la prima che farò.»

«Sei diventato davvero crudele John a furia di frequentare mio fratello.»

«Non c’entro nulla io!» Sherlock salta su quasi offeso.

«Tendete tutti a scordavi che io sono un Soldato oltre che un Dottore. Quindi Mycroft, per domani, alle sette puntuale, giusto?»

«...giusto.»

«Sherlock hai ricordato a Lestrade di essere puntuale domani, o devo chiamarlo?»

«G... Lestrade ci sarà domani?» toh, noto un’emozione sul suo volto, quasi un miracolo per l’uomo di ghiaccio.

«Mycroft, come potevo non invitarlo?» sorrido, chissà se un giorno o l’altro il più grande dei fratelli Holmes capirà che i rapporti umani non sono per forza una palla al piede.

«Papà, sonno.» la mia piccola principessa ha bisogno di un bel pisolino, quindi mi alzo, la prendo in braccio e mi avvio verso la porta. Prima di uscire dalla stanza però mi volto mettendo le cose in chiaro.

«Visto che sono sicuro che tu non sei venuto qui solo per evitarti la cena domani, vi lascio complottare in santa pace. Ma che sia chiaro DOMANI NIENTE LAVORO! E vale anche per te Mycroft. E prima che mi scordo, anche se voi mi divertite a lavorare, non mi importa, non lo farete domani.»

Detto questo lascio alle mie spalle due basiti fratelli e mi avvio verso il nostro appartamento.

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Ci vogliono pochi minuti prima che Rosie si addormenti profondamente. Sorrido, accarezzandole la testa accendo la radiolina e prendo l’altra per me, accosto la porta della stanza e scendo le scale tornando dai due fratelli, perché anche se prima ho fatto quello disinteressato in realtà io devo sapere che stanno complottando i due Holmes.

Sono all’ultimo gradino quando la porta dell’appartamento di Mrs Hudson viene aperta e faccio solo in tempo a sentire le ultime battute che si scambiano.

« Sherlock, non è una faccenda che possiamo lasciare perdere, va risolta, e in fretta.» Mycroft si volta verso le scale e mi vede. «Tolgo il disturbo John, immagino sei sempre sicuro della necessità della mia presenza domani ,vero?» non aspetta neanche una risposta. «Sì, immagino ne sei sicuro, a domani allora.»

Entro nella stanza e c’è solo Sherlock seduto al tavolo, a occhi chiusi con le mani giunte, le lunghe dita si sfiorano nella classica posa che mantiene quando sta pensando, così tipicamente sua. Dovrei essere arrabbiato, so che sta lavorando, ma evito di farglielo notare, magari se lavora oggi riuscirò a passare un Natale normale domani.

Suonano alla porta, e sono i facchini del negozio che hanno portato l’albero e il resto degli acquisti fatti in mattinata. Li faccio salire per sistemare tutto nel nostro salotto e quando se ne sono andati ritrovo Sherlock esattamente nella stessa posizione.
Probabilmente non ha fatto neanche caso ai movimenti. Ogni tanto lo sento parlare con me, ma so che non lo sta facendo sul serio, cioè, nella sua testa sta parlando con me, non nella realtà. All’inizio questo suo modo di fare mi creava un po’ di problemi, non sapevo mai con esattezza se si aspettava o meno una risposta, ora riesco a capire sempre se ce l’ha con il me nella sua testa o ce l’ha con il me nella realtà. In cosa questi due “John” si differenziano ancora non lo so, ma evidentemente quello nella sua testa dev’essere più intelligente visto che lo interpella mentre lavora per i casi.

Passa un’ora abbondante quando la voce di Rosie giunge dalla radiolina.

«Papà?» solo allora mi rendo conto di aver passato tutto il tempo a fissare Sherlock mentre il suo cervello era in movimento.

«Rosie è sveglia» mi dice lui sorprendendomi, non credevo che qualcosa potesse distoglierlo dalle sue elucubrazioni. Evidentemente la voce della mia bambina riesce a scalfire il muro di solito invalicabile.

Mi alzo per andare da Rosie, poi mi ricordo della consegna avvenuta prima che mi bloccassi a guardarlo come un’ebete per più di un’ora.

«Sherlock sono arrivate decorazioni e albero, Rosie vorrebbe sicuramente che ci fossi anche tu ad addobbare casa.» evito di aggiungere che è anche un mio desiderio, ma non posso certo nasconderlo a me stesso.

«Allora andiamo» dice alzandosi e superandomi.
 
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«Papà hai visto com’è bello il nostro albero?»

«Sì tesoro è vero, è enorme, ma è molto bello.»

«John, non è poi così grande, su, non abbiamo neanche dovuto togliere le poltrone.»

Scuoto la testa, è inutile, anche se fosse un elefante non ammetterebbe mai che è troppo grande.

«Papà, posso mettere io la stella?»

«Certo tesoro,» prendo la stella dalla scatola e vedo Sherlock sollevare Rosie. Sorrido mentre le passo la stella. Con la lingua tra i denti e il massimo della concentrazione la osservo mentre la sistema sulla punta dell’albero.

«Spengo le luci e poi accendiamo l’albero, ok?» li vedo annuire, mentre si sistemano sulla poltrona di Sherlock, la mia bimba arrampicata in braccio al grande detective. Faccio come detto, solo la luce del camino rischiara l’ambiente e mi permette di trovare la presa. Inserisco la spina e l’albero di Natale più grande e più luminoso dell’intera Londra prende vita.

È un vero spettacolo, ma il mio sguardo una volta seduto sulla mia poltrona è tutto per le due persone sedute accanto a me, che osservano con la stessa espressione di puro stupore e purezza l’albero addobbato. E non posso far altro che fare loro una foto con il cellulare, sono bellissimi, la farò stampare e la regalerò a Sherlock, chissà che non riesca a vedere quello che vedo io quando li guardo insieme, quello che vedono praticamente tutti.
 
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La mattina di Natale Rosie si sveglia presto, vuole aprire i regali e non sta più nella pelle. Grazie al cielo la signora Hudson anche se non ha ricevuto la risposta che voleva ieri, non mi ha abbandonato e mi sta aiutando per la cena di questa sera, e Sherlock... beh lui è sparito appena dopo aver visto Rosie spacchettare allegra tutti i regali e non ho idea di che fine abbia fatto. Cerco di non continuare a guardare l’orologio, Sherlock sta sera sarà a casa con noi, lavoro o no, lui sarà a casa.

Fuori è buio quando finalmente vi fa ritorno, giusto poco prima del fratello, e questo non mi fa stare per nulla tranquillo. Ma almeno è qui e Rosie ha passato tutto il giorno a giocare con i nuovi giochi per aver fatto caso alla sua assenza, non io ovviamente, ma cerco di non darlo a vedere, dopo poco ci raggiungono anche Greg e Molly.

Ci troviamo tutti a tavola, pronti a gustare i manicaretti che la signora Hudson ha preparato. A parte qualche occhiata tra i fratelli Holmes e Greg non ho notato nulla di particolare, forse davvero Sherlock non ha intenzione di lavorare questa sera. Anche se so che mi sto illudendo cerco di non darci troppo peso.

Rosie ha ricevuto altri regali ed è felicissima, Mycroft le ha portato uno di quei rompicapi in legno lavorato a mano che costerà un occhio della testa e che nessuno regalerebbe a una bambina di quattro anni, ma ormai ho imparato che gli Holmes hanno un metro di giudizio tutto loro ed è inutile cercare di capirlo. In più Rosie è evidentemente soddisfatta del regalo visto che sta cercando di risolverlo da più di mezz’ora e non sembra annoiata per il fatto di non riuscirci.

La conversazione è la classica: domande sulle vacanze, desideri per l’anno successivo, si parla di tutto, tranne che di lavoro e la cosa, anche se dovrebbe rendermi felice, non mi convince per nulla. È come se il mio subconscio stesse aspettando un campanello d’allarme e non riuscisse a rilassarsi perché sa che questo campanello suonerà presto o tardi.

Il primo campanello d’allarme è il cellulare di Greg che suona.

«Scusate, è il capo devo rispondere.» si allontana da tavola rispondendo alla chiamata, ma sia io, sia senz’altro Sherlock possiamo sentire cosa dice. «Sì, lo so Signore, me ne rendo conto Signore, farò quanto prima Signore. Buon Natale anche a le...» Probabilmente gli ha sbattuto il telefono in faccia.

Ero pronto a veder Sherlock mettersi al lavoro, ma mi sorprende quando, dopo aver passato quasi tutta la sera in silenzio, decide di interromperlo.

«Perché non facciamo un bel gioco di società?» Lo guardo sconvolto, e anche Greg, poi però decide di assecondarlo.

«Ma che splendida idea!» Mrs Hudson batte le mani felice come una ragazzina. «Quale? Idee?»

«Una bella partita a Cluedo.»

«NO! Cluedo no Sherlock.» dico cercando di nascondere il panico dovuto all’unica partita giocata con lui oramai anni fa.

«Prometto che seguirò le regole John. Diamo al nostro Lestrade qui presente la possibilità di trovare l’assassino per una volta.»

«Sempre gentile Sherlock, davvero, gentilissimo.»

«Magari invece sarà una donzella a vincere, cosa ne dici cara?» Dice Mrs Hudson rivolgendosi a Molly.

«Infatti, potrebbe anche essere.» risponde lei con un sorriso.
 

E così ci ritroviamo seduti intorno al tavolo pronti a disputare una partita di Cluedo con Sherlock, non so se si rendono davvero conto di cosa significhi.
Ma tant’è che stiamo per cominciare.

Greg legge il rapporto preliminare sul delitto:
«Ieri sera Samuel Black è stato ritrovato assassinato nella sua lussuosa residenza. Gli investigatori subito accorsi sul luogo dei delitto hanno fermato sei sospettati e trovato sei tipi diversi di armi nelle nove stanze che compongono Tudor Mansion, ma non sono riusciti a risolvere il caso. Per questa ragione, ora tocca a voi –  i più brillanti detective delle forze di polizia – svelare il mistero dell’efferato delitto!»

«Ohhh che meraviglia!» Mrs Hudson sembra davvero elettrizzata per questo gioco – che io sono certo non sia solo un gioco ma sia solo mascherato come tale – e visto che non sembra l’unica decido di far buon viso a cattivo gioco e godermi la serata.

Dopo aver distribuito le carte, il foglio degli investigatori e scelto i personaggi inizia il vero e proprio gioco.

Il primo lancio del dado tocca a Molly, poi a Greg, Mycroft, Mrs Hudson, io e Sherlock. Fingo di non accorgermi che Sherlock usi nomi differenti da quelli del gioco, niente Scarlet,Green e Mustard, che sono diventati: la baronessa, l’ospite e il diplomatico; persino la vittima ha cambiato nome e sesso, ma  bisogna dargli atto che per il resto segue le regole alla perfezione, non fa più di una domanda alla volta, non muove la sua pedina in diagonale e aspetta il suo turno pazientemente, insomma fa proprio il bravo. È vero, non scrive gli indizi, come è consigliato di fare, ma del resto... quando mai lo ha fatto?

«Ci sono, ci sono!»  dice improvvisamente Molly facendoci spaventare visto la calma con cui stava procendendo il gioco. Sistema il suo personaggio all’interno della sala da pranzo del gioco dopo aver tirato i dadi, prende un bel respiro e da’ la sua risposta. «lo accuso formalmente Green di aver assassinato Samuel Black con il tubo di piombo nella sala da pranzo! » Poi prende la busta gialla, dove all’inizio avevamo sistemato le tre carte raffiguranti il colpevole, il luogo del delitto e l’arma usata e controlla se il suo ragionamento funziona. Purtroppo per lei qualcosa non è andata come doveva, risistema le carte senza dire nulla e tenendo ben nascoste le sue. «Ops tocca a te Greg.»

Ci vuole un giro intero prima che anche Greg decida di provare a dare una risposta.

«Io accuso formalmente Scarlet di aver assassinato Samuel Black con la corda nel garage!»

Come Molly prima controlla le carte nella busta gialla e purtroppo per lui deve aver sbagliato qualcosa perché rimette le tre carte nella busta e tiene nascoste le sue, sta per iniziare il turno di Mycroft quando all’improvviso Sherlock si anima.

«Ma certo! È lei l’assassina come ho fatto a non capirlo prima? Sherlock Sherlock sei veramente un idiota!»

«Sherl...» cerco di interromperlo ma è impossibile arginarlo quando ha risolto un caso, e io so che è un vero caso quello che ha risolto senza muoversi da casa.

«Non capisci John è stata lei! Era l’unica che poteva muoversi indisturbata, l’ha prima avvelenato, qualche ora prima, era un veleno a rilascio molto lento, poi colpito con quella lama sottile ma affilatissima, ha colpito un punto preciso, provoca la morte quasi istantanea e senza far uscire una quantità elevata di sangue, riducendo al mimo la possibilità di tracce, inoltre il suo abito era nero, anche se si fosse sporcata non sarebbe stato così evidente, non mi sorprenderei se anzi si fosse fatta trovare vicina al cadavere apposta, in modo da poter avere una scusa nel caso analizzando i vestiti ne avremmo trovato traccia. Così se mai l’avessero messa alle strette, visto i ricatti a cui era costretta a cedere, avrebbe potuto ammettere di aver tentato di avvelenarlo, esattamente come ha fatto, sapendo benissimo che il veleno non era la vera causa della morte. Nessuno avrebbe pensato a lei come assassina con un’altra arma, del resto, perché mai doveva ucciderlo due volte?» mi dice tutto di un fiato, come fosse convinto della mia presenza accanto a lui in questo caso come sempre, anche se probabilmente nella sua testa l’ho fatto sul serio.

«Sherlock, te lo ricordi che siamo alla festa di Natale e non stai lavorando, vero?» Lui mi osserva e in un microsecondo la consapevolezza di ciò che sto dicendo si impossessa di lui. Ma non può dirmi nulla perché Mycroft e Lestrade si avvicinano cercando di carpire informazioni, mentre io mi volto verso la signora Hudson.

«Visto che non credo proprio loro siano ancora della partita, tocca a lei Mrs Hudson, se vuole giocare.»

«Certamente, visto che io so perfettamente chi è il colpevole, ma grazie di averlo chiesto, e non se la prenda, lo sa com’è fatto, ha cercato davvero di non mettere in evidenza il lavoro, ha fatto del suo meglio.» appoggia la sua mano magra sul mio braccio e mi sorride prima di continuare.

«Sì signora Hudson, lo so, non sono arrabbiato.» ed è vero, in realtà è stato davvero bravo a tentare di mascherare la cosa. «...ma questo non deve saperlo subito.»

«Bravo John, così si fa, bisogna tenerli un po’ sulle spine.» il suo sorriso si apre di più. «Comunque: Io accuso formalmente Scarlett di aver assassinato il signor Samuel Black con il veleno in sala da pranzo.» controlla le carte e al contrario di Molly e Lestrade batte le mani felice. «Ho vinto, sono io la migliore detective di Baker Street.»

Scoppiamo a ridere, persino Mycroft abbozza un qualcosa di simile ad un sorriso.

«Scusate, la serata è stata molto interessante e più prolifica di quello che pensassi, ma ora devo proprio andare.» Così ci saluta Mycroft, scompiglia i capelli di Rosie fingendo noncuranza e si avvia verso la porta. Seguito a ruota da Greg.

«Davvero una serata divertente, dovremo rifarla quanto prima. Ma anche se è natale il lavoro mi chiama.» con questo prende il cellulare chiamando la centrale mentre raggiunge Mycroft che si sta sistemando il costoso cappotto all’ingresso.

«Andrei anche io, con quelli del laboratorio abbiamo organizzato una serata al pub. Grazie della serata.» e anche Molly ci lascia.

«Beh signori, io vi ho aiutato a preparare, ma a sistemare ci pensate voi, ora vado a bermi un bel bicchierino, del resto come vi ho detto da quando siete venuti a stare qui, io non sono la vostra domestica.»

E così in meno di cinque minuti rimaniamo soli.

Lo vedo nervoso, come se stesse cercando di capire quanto sono arrabbiato.

«John...» mi torna in mente il nostro litigio durante il caso de “I mastini di Baskerville” e cerco di rimanere serio e non mettermi a ridere, ma ovviamente lui si accorge e chissà come riesce anche a capire cosa mi ha messo di buon umore, o forse spera che sia così, infatti continua come aveva fatto anni fa. «John , tu sei incredibile, sei fantastico.» aspetta la mia risposta, sperando sia la stessa.

«Sì lo so, ma non esagerare.» sbuffo, impossibile tenerlo troppo sulle spine per me.

«Non sarai la persona più brillante al mondo, ma come portatore di luce sei imbattibile.»

«Giusto... Cosa?»

«Alcune persone non hanno il genio ma la capacità di stimolare quello degli altri.»

«Mi stavi chiedendo scusa un attimo fa, non rovinare tutto.» Rimaniamo in silenzio per qualche secondo prima di scoppiare a ridere, è davvero troppo.

«Allora...pace?» mi dice.

«Non ce n’era bisogno Sherlock, non sono arrabbiato.»

«No?»

«No, del resto anche se sei sparito tutto il giorno sei stato bravo, a fingere di non lavorare, e hai persino rispettato le regole del gioco, l’altra volta non ci hai nemmeno provato.»

«Io non capisco John, quando credo di riuscirti a leggere perfettamente, tu mi sorprendi.»

«Almeno non ti annoi.»

«Non mi annoio mai con il mio blogger.» sorrido.

«Aspettami qui un momento Sherlock.» mi guarda sorpreso ma annuisce.

Vado in camera e prendo la foto che avevo fatto ieri con il cellulare, che ho stampato questa mattina, volevo farla stampare in uno studio, e comprare una bella cornice, ma non è un problema, lui apprezzerà sicuramente.

Quando torno lo trovo esattamente dove l’ho lasciato. Mi avvicino e gli passo la foto.

«Cosa vedi in questa foto Sherlock?» lui si sorprende, prende il foglio e osserva la foto.

«Siamo io e Rosie, una foto fatta ieri.» dice addolcendo lo sguardo mentre la osserva.

«Giusto, ma sbagliato caro detective.» mi guarda sorpreso non capendo dove voglio andare a parare. «Sai  cosa vedrebbero gli altri? Un padre con sua figlia,» lo vedo sobbalzare e decido di continuare. «ed è quello che vedo anche io.» Si volta di scatto verso di me, senza riuscire a dire una sola parola.
Riesco quasi a sentire le sue rotelline muoversi freneticamente, fantastico, ho ammutolito Sherlock Holmes. «Non devi dire nulla Sherlock,» gli dico cercando di farlo tornare a respirare normalmente, «volevo solo che capissi che tu sei parte della famiglia di Rosie quanto ne faccio parte io.» mi sorride «Buon Natale Sherlock!»

Passano diversi minuti prima che torni a parlare.

«Sono stato bravo eh John?»

«Hn?»

«Scoprire il colpevole mentre giocavamo, non tutti sarebbero stati in grado di farlo.»

«Tutti non sono Sherlock Holmes.» rimaniamo in silenzio a goderci la reciproca compagnia come fosse una sera qualunque.

«Papà papà chiama zio Mycloft,»  La piccola testarda di famiglia saltella verso di noi e si piazza in braccio a Sherlock rivolgendosi direttamente a lui, come a rimarcare quello che gli ho detto poco prima. «ho finito il gioco!» Lui rimane sorpreso un istante, mi osserva prima di parlare e gli sorrido cercando di fargli capire che è tutto a posto, che per me va bene. Solo allora le risponde.

«Zio Mycroft sarà molto orgoglioso di te. Ma ora signorina dovremo andare a letto.»

«Prima dico a zio Mycloft che me ne deve portare un altro, questo l’ho finito.»

«E va bene,» lo vedo cercare il cellulare, inutilmente come sempre, così, in uno schema già collaudato da anni ormai, passo il mio. Lui mi sorride
mentre fa il numero del fratello, passa direttamente la chiamata a Rosie senza allontanare lo sguardo dal mio.

«Zio Mycloft mi devi fare altri regali, questo l’ho finito e tuuuttoooo da sola.» Ridiamo, vedendo come, al contrario di ogni altro bambino e praticamente
quasi ogni adulto, non è minimamente intimorita da Mycroft, anzi, lo rigira come vuole.

Dopo aver chiuso la chiamata la prepariamo per la notte. Rimaniamo con lei fino a quando non sprofonda in un sonno tranquillo. Poi fingiamo di sistemare un po’ la stanza dove abbiamo mangiato, ma c’è davvero troppo caos e basta un’occhiata per capire che entrambi vogliamo rimandare la cosa a domattina. Ci sediamo sulle nostre poltrone mentre faccio ripartire, a volume molto basso, il cd natalizio che avevo messo durante la cena.

«Rosie è riuscita a finirlo davvero in fretta.» dice Sherlock indicando il gioco finito.

«Del resto passa la maggior parte del tempo con te, sta imparando a ragionare dal migliore.» lui cerca di nascondere un sorriso, orgoglioso di Rosie, e chissà forse anche da se stesso. Poi la sua espressione cambia sembra turbato.

«Io, non ho mai chiesto a Rosie di chiamarmi... insomma come ha fatto.»

«Lo so, certe cose non si chiedono, Rosie ti ha chiamato così perché è quello che sei per lei. E a me non dispiace per nulla, anzi, in un certo senso ho sempre pensato che tu lo fossi, ma non ho mai trovato il coraggio di dirtelo, perché non avevo idea di come avresti reagito.»

«Non ho mai avuto un rapporto normale con la mia famiglia d’origine, e prima di conoscerti non credevo neanche si potesse avere un rapporto normale.
Poi sei arrivato tu e, beh mi hai mostrato un modo di vedere il mondo differente dal mio. Anzi, mi ci hai costretto a vivere nel tuo modo di vedere le cose, non hai mai creduto che io non fossi capace, che non fossi fatto per certe cose. E ho scoperto che in fondo avevi ragione e io avevo torto Dottor Watson!»

«È il discorso più lungo che ti abbia mai sentito pronunciare. Soprattutto se consideriamo che non era una proclamazione della tua genialità.»

«Sono decisamente più intelligente della maggior parte delle persone, per questo posso ammettere di aver sbagliato. Ma se mi permetterai di vegliare su te e Rosie, ti prometto che imparerò a costruire la migliore famiglia che possa esistere.»

«Non hai bisogno di prometterlo Sherlock, lo stai già facendo. Noi tre siamo già una famiglia.» I suoi occhi diventano due pozzi neri e il suo viso perennemente candido prende colore. «Cosa c’è Sherlock non lo avevi ancora capito? Ahhh sei distratto, deve essere riposante non essere me!» Si mette a ridere, del resto per una volta gli ho rigirato contro una delle sue frasi tipiche.

«Siamo una famiglia.»

«Già, e ora Sherlock, ti va di andare a dormire?» mi alzo e gli allungo la mano, come diamine abbia trovato il coraggio di farlo non lo so proprio.
Lui mi osserva prima di annuire, prendere la mia mano ed alzarsi.

«Ah Sherlock?»

«Hn?»

«Il prossimo compleanno di Rosie faremo una bella festa, quindi preparati a un’altra normalissima giornata.»

«Oh John, ma sarà terribilmente N O I O S O!» Chissà perché ho la sensazione che con lui di mezzo sarà tutto tranne che noioso.

Ridiamo tenendoci ancora per mano, mentre fuori dalla finestra i tetti di Londra si imbiancano. È evidente che Natale è davvero un po’ magico.


FINE
 
  
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