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Autore: Dea Elisa    26/12/2017    0 recensioni
[MAMMA MIA!]
[SamxDonna]
Lo ripetevi sempre a Sophie: non aggrapparti alla libreria, ché ti puoi far male.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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For a few inches


I was too short to reach this book on the top shelf and you came over and offered to help, but I got stubborn and insisted I could do it myself, and I did, but I brought the whole shelf of books crashing down on top of me, and now you’re all worried and asking me if I’m okay, but I must look like the biggest idiot on Earth.

[prompt from Fanfiction Memes (http://ficmemes.tumblr.com/)]









 

Lo ripetevi sempre a Sophie: non aggrapparti alla libreria, ché ti puoi far male.

Tutto il contrario di quello che avevi deciso di fare ormai da quella mattina, quando ti eri svegliata con in testa ancora la confusione della notte prima, e la lista di commissioni da portare a termine prima del matrimonio. Come se non bastasse, ad occupare i suoi pensieri era anche l’immagine di quei tre a canticchiare in mezzo ai cespugli, qualche metro lontani dal palco.

 

L’avevi riposto su in alto, in mezzo ad alcuni libri da colorare e di storie per bambini, prima appartenuti a Sophie, e che ogni tanto prestavi agli ospiti della Villa con figli piccoli.

Era quadrato, grosso, colorato, ed eri sicura fosse lì, perché l’avevi riconosciuto saltellando davanti alla libreria. Era l’album di foto di Sophie nei suoi primi anni di vita, e avresti voluto sfogliarlo, per rivederla ridere, o intenta a tenersi in equilibrio nei suoi primi passi, prima di correre incontro a te, unico suo punto di riferimento, come lei era per te.

La punta delle scarpe da ginnastica ti reggeva sul basamento della libreria, appena qualche centimetro da terra. Il braccio era teso a tastare l’ultimo scaffale, ma la mano era ancora troppo distante dalla fila di libri. Avresti dovuto salire sul primo scaffale dal basso: solo una spinta, uno slancio, niente di pericoloso, no? Appoggi il piede sul ripiano, caricando via via più peso per tastare quanto il legno fosse resistente.

 “Donna?!”

Scivoli a terra, saltellando per riprendere l’equilibrio, mentre il tuo nome, pronunciato con la sua voce, rimbomba per la reception e tra le tue orecchie. Ma sei sufficientemente rapida a poggiare entrambi i piedi a terra perché le sue mani, già allungate a sorreggerti, non ti sfiorassero nemmeno.

E per un attimo senti di essertene dispiaciuta.

Fa un passo indietro. “Non volevo spaventarti”. Sorride.

“L’hai fatto” ribatti impassibile, tornando a voltarti verso la libreria, non sai più se per tornare al tuo obiettivo o per non incontrare il suo sguardo.

“È un modo alternativo per far ricadere l’attenzione su di te?”

Giri solo il viso, verso di lui, ma non tanto da guardarlo in faccia. “Non ho ancora deciso se rompermi un polso o una gamba, mi aiuti a scegliere?” Cerchi di spostare la conduzione del gioco verso di te, ma non sai quanto possa durare.

“E poi soccorrerti, portarti al molo, prendere il traghetto, accompagnarti in ospedale, perdermi il matrimonio?”

“Che è l’unico motivo per cui sei tornato. Meglio di no, vero?”

Alza il dito indice e lo porta alle labbra, come pensieroso. “Io pensavo ad una commozione cerebrale, la perdita di memoria certe volte aiuta.”

Ti giri e gli dai un colpo su una spalla, spostandolo appena. Lui ridacchia, quindi fa un cenno alla libreria. “Se mi dici cosa cercavi, te lo prendo io.”

“No, grazie” torni a dargli le spalle. La perdita di memoria a cui faceva riferimento ti sarebbe servita sì, ma retroattiva, fino a vent’anni prima, fino a quel giorno in cui quell’uomo aveva lasciato dentro di te qualcosa di inestirpabile.

“Donna, dico davvero, ti potresti fare male.”

Lo ripetevi sempre a Sophie.

“Non più di quanto abbia già provato” borbotti, incapace di trattenerti, il più a bassa voce possibile.

Compi in sequenza gli esatti gesti di prima, fingendo di non sentirlo ripetere il tuo nome e cognome, come un avvertimento. “Donna Sheridan”.

“Lo so come mi chiamo.”

Ti aggrappi allo scaffale all’altezza dei tuoi occhi, e ti dai finalmente la spinta.

 

Una delle cose che ricordi con più precisione di quel momento sono le sue mani.

Strette attorno ai tuoi fianchi, con una forza tale da farti perfino male, ti avevano spinta poco delicatamente di lato, mentre i libri più leggeri scivolavano giù dagli scaffali e lui si gettava con tutto il suo peso contro la libreria, per contrastarne la caduta altrimenti inesorabile.

Con un tonfo il mobile colpisce il muro, facendo cadere altri volumi.

Sicuramente qualcuno là fuori si sarà accorto dei rumori.

Sicuramente avresti potuto farti molto male.

Lo ripetevi sempre a Sophie. A cosa serviva dare degli insegnamenti se poi non li si perseguiva, e il tutto per… per cosa? Per non dovere chiedere un favore a lui, per non doverlo ringraziare, per non dovere fingere che fosse tutto completamente normale, averlo lì dopo vent’anni e far finta di niente.

Come adesso che, con il petto che gli si sollevava in rapidi respiri, si accucciava di fronte a te, seduta sul pavimento dove eri caduta.

“Non farlo mai più, Sam Carmichael”.

“Mi togli le parole di bocca, Sheridan.”

Si alza in piedi e ti porge la mano per aiutarti a fare lo stesso, ma la ritrae scrollando le spalle quando capisce che avresti fatto da sola.

“Non aspettare che ti ringrazi” dichiari, lisciandoti i vestiti.

“Non avresti più potuto farlo, ricordi? La perdita di memoria e tutto il resto. Dovresti sfruttare ogni occasione per-”

“Sam” ti avvicini a lui, e alzi una mano per sfiorare la stoffa della camicia sul suo petto, senza mai davvero toccarlo. Poi alzi lo sguardo. Nessuno dei due lo avrebbe mai ammesso, ma lui l’aveva visto, e tu l’avevi provato, quel brivido che ti aveva scosso nel rivedere i suoi occhi azzurri. “Raccogli tutti i libri prima di uscire di qui.”





   
 
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