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Autore: Atra    26/12/2017    1 recensioni
Certe volte gli esseri umani dimostrano di avere una forza
inimmaginabile. Alcuni affrontano situazioni che schianterebbero a
terra chiunque, altri perseverano a combattere quando l'unica scelta
sarebbe arrendersi. Sono "tenues", piccoli e deboli, che si oppongono
alle "grandia", le grandi cose del mondo.
Da alcuni di loro non bisogna fare altro che prendere esempio.
01- Aerith
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Un tuffo al cuore.

Aerith si svegliò di soprassalto, nel silenzio del villaggio di Gongaga.
Alla sua sinistra, Yuffie dormiva della grossa, accogliendo in grembo il testone di Red XIII, profondamente addormentato. Barrett russava come al solito, disturbato talvolta dai meccanici calci rifilatigli da Tifa, qualche metro più in là e non distante da Cid, che si era addormentato con la sigaretta - ormai spenta - ancora fra le labbra. Isolato dagli altri, Vincent si intravvedeva appena, la testa contro il muro della casa che li ospitava; Cloud, invece, giaceva sul letto e sembrava agitato.
La ragazza si posò una mano tremante sul petto, come per arrestare il battito cardiaco accelerato, come per trattenere il respiro dal fluire fuori tutto in una volta.
Fuori dalla finestra il cielo, velato da sottili nubi grigie, era per metà puntellato di stelle, come un piccolo quadretto incorniciato. Assomigliava così tanto, anche se in scala minore, al frammento che si poteva scorgere dal buco nel tetto della sua chiesa.
Persa ormai la speranza di poter dormire, Aerith si alzò ed uscì, venendo subito circondata dal frinire degli insetti notturni e dal gracidio delle rane. Cominciò a camminare, seguendo la strada che le dettava il cuore.

Sin da piccola aveva avuto la capacità di "sentire" la morte delle persone. Non aveva mai saputo spiegarlo a voce - era qualcosa di così intimo che non si era nemmeno permessa di esternarlo - ma si presentava sempre d'improvviso, mozzandole il fiato, strappandole il cuore e lanciandolo in un vertiginoso tuffo verso il basso.
Non era doloroso, ma era sempre come morire e tornare a vivere nel giro di un secondo, quasi come se la premonizione volesse avvisarla che la morte coglie senza criterio di tempo o di spazio, che la vita è un tortuoso percorso di toccate e fughe.
Partecipare della morte di qualcuno, quasi come se insieme ad esso esalasse l'ultimo respiro, le aveva dato un profondo rispetto per la natura umana, tanto fragile e tanto bella, come un fiore appena sbocciato e già destinato ad appassire.
Pensava di dover amare tutti i fiori, per poi piangerne la perdita con la malinconia di una madre che genera un figlio sapendo di donargli vita e morte, gioia e dolore.
Pensava di doverli amare tutti allo stesso modo, con la stessa devozione, ma - inevitabilmente - uno di loro le era risultato più bello e lo aveva scelto, non sapeva bene nemmeno lei per cosa.
Pensava che amarlo potesse renderla felice, perché la sua era una bellezza atipica, qualcosa che non aveva mai visto né avrebbe mai più ritrovato in nessun altro fiore, in nessun altro essere umano.
Pensava, mentre accumulava sogni e desideri in una lista che si faceva infinita, a come discernere il rispetto per la caducità umana e l'attrazione per una bellezza che non aveva mai visto in essa, fino a quando aveva capito come condensare quest'ultima in un unico, grande desiderio.
Pensava che rispettare la fragilità dell'essere umano fosse il comportamento della madre malinconica, ma che in fondo non avrebbe potuto amare che un solo fiore, perché era l'unico che desiderasse contemplare.
Non avrebbe amato che un solo essere umano, perché era l'unico di cui desiderava la compagnia.
E quando era arrivato il momento di condividere anche l'ultimo respiro di Zack, Aerith aveva sperimentato il tuffo al cuore più vertiginoso che fino ad allora avesse mai provato.

Era ancora in caduta libera.

-Ho conosciuto un SOLDIER, un giorno-.
Così cominciava il suo racconto, ogni volta che le chiedevano che n'era diventato della Aerith pavida, timorosa e innocente che era.
Non aveva mai concluso la sua storia.
-Ora sarà a fare il cascamorto con qualche altra donna...-.
Beh, non l'aveva mai conclusa veramente. Era più facile immaginare Zack chiedere un appuntamento ad una donna, piuttosto che immobile e freddo, sotto uno strato di terra eccessivo anche per un fiore.
Non l'aveva mai detto a nessuno, tuttavia. Parlarne avrebbe reso reale il fatto che quel respiro spezzato a metà era davvero di Zack.
Ma era davvero suo, perché il dolore che l'aveva piegata in due subito dopo non era semplicemente quello contenuto di una madre malinconica, che coglie ogni giorno l'appassire di un figlio.
Quel dolore l'aveva travolta, buttata a terra in ginocchio fra le corolle dei suoi fiori, tutte certamente meravigliose, ma in quel momento insignificanti, perché la più bella di loro aveva appena chinato il capo.
Si era strappata il fiocco rosa dai capelli, l'aveva bagnato di lacrime quando l'aveva avvicinato alla bocca per soffocare i lamenti strazianti che ne uscivano, perché nessuno capisse quanto aveva amato quel fiore. L'aveva amato, sì. Ma non credeva che l'amore dovesse essere gridato, bastava che lo sapesse lei stessa e l'avesse coltivato con quanta più dedizione fosse stata in suo potere.
Questo era stato ciò che le aveva dato la forza di guardare avanti, oltre la soglia illuminata della sua chiesa, oltre il foro del tetto, verso ciò che le aveva sempre fatto paura.
Zack le aveva promesso che l'avrebbe accompagnata a vedere il cielo, ma quando l'aveva fatto, quando si era lasciata inghiottire da quella immensità, tanto da aver paura di esserne schiacciata, era sola. Tuttavia, era a lui che lo doveva, era grazie alla sua bellezza atipica e al fatto di essersene innamorata che aveva potuto farlo.
Fu lì, mentre camminava sotto la cornice di un cielo stellato che aveva dovuto affrontare con la forza dell'amore per Zack, che Aerith pianse. Piangeva ogni notte, per compensare l'energia che l'aveva sostenuta durante il giorno.
Piangeva di nascosto, a volte persino da se stessa, lasciando fluire le lacrime mentre era occupata a fare altro.
Piangeva sorridendo, perché tentava sempre di scacciare il senso di abbandono con un bel sorriso, ma la verità era che anche lei era un fiore, delicato e fragile come tutti gli altri, destinato ad appassire.
Solo che, con Zack accanto, sarebbe appassita un po' più volentieri.
Mentre si cullava per prendere sonno, con le guance ancora bagnate, si sentiva onorata di essere stata l'unica a cogliere quel fiore, la cui bellezza forse ora riverberava un po' nella sua. Sentiva di dover essere grata a Zack per quel sentimento che, seppur incredibilmente doloroso, era stato prima di ogni cosa incredibilmente travolgente.
E ogni notte era lì a dirgli addio, decisa a lasciarlo andare, salvo scoprire il giorno dopo che le era impossibile, le sue radici si rifiutavano di lasciarsi strappare.

Ma aveva raggiunto il fondo.

Il Bone Village la accolse nel silenzio e nei contorni spigolosi delle ossa accatastate ovunque, delle pale ammucchiate alla rinfusa, delle impalcature scricchiolanti.
Quella particolare notte, in cui aveva percepito distintamente un presagio di morte, Aerith si chiese quale fiore fosse appassito e quale dolore avrebbe provocato.
Con il suo aveva imparato a convivere piano piano, lasciandolo fluire quando sapeva di poterlo controllare, e trattenendolo quando l'avrebbe ostacolata. Era una cosa che aveva dovuto imparare a fare anche con l'amore, dopotutto.
Questo le dava una sorta di inspiegabile tranquillità, perché la spirale amore-dolore in lei funzionava, soprattutto adesso che aveva deciso di non rimanere più nascosta. Era come un fiore ammiccante in mezzo alla penombra: anche lei aveva la sua bellezza atipica e con essa poteva salvare il mondo. Non poteva rimanere nascosta.
Aerith guardò la Sleeping Forest profilarsi davanti a lei, pronta a svegliarsi per accoglierla e condurla oltre di sé, verso la meta finale.
Fu pervasa da un tremito al ricordo del tuffo al cuore appena provato, ma non vacillò.
Il destino si scriveva lì, come si era scritto allora per Zack.
E forse per loro, dopo tanta sofferenza, sarebbe giunto presto il momento di rincontrarsi.
   
 
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