Da un giorno all'altro
Prologo
L’invito
20 settembre
2010
L’anno scolastico era iniziato da
poco ed Elena e Sara sentivano già la responsabilità dell’ultimo anno di liceo
incombere sulle loro fragili spalle.
Faceva ancora caldo, l’estate
sembrava non voler abbandonare la loro città eppure il ritmo di vita non era
più quello del mese precedente, quando se ne stavano insieme al mare a fare
lunghe passeggiate e a riempire le loro testoline di progetti in vista
dell’anno della maturità.
Sembrava ieri quando, dopo una
filippica contro il gruppetto delle oche della classe, si erano dette che le
cose sarebbero cambiate, che si sarebbero fatte rispettare, eppure eccole lì,
di nuovo piene d’ansia e arrabbiate per le solite stupidaggini ad opera della
compagna di classe di turno che continuava imperterrita la missione di
infastidirle.
“Sei stata una scema, non dovevi
offrirti come volontaria al posto di Gaia” sbottò Sara una volta fuori il Liceo
Classico “L. Pirandello”.
Elena sospirò pesantemente.
“Lo so, ma tanto ho ripassato e mi
sento pronta per domani, colpa di quella scema che dovrà farsi interrogare lo
stesso giorno della versione”.
“Ma tanto la copierà, come sempre.
Sei troppo ingenua”.
Elena non ebbe nemmeno il tempo di
ribattere alle parole della sua migliore amica che la voce squillante di Gaia
la fece voltare.
“Elenaaaa!”.
Chiuse gli occhi, come per calmarsi
prima della tempesta che, di sicuro, l’avrebbe travolta, poi si girò e guardò
la biondissima compagna di classe con cui aveva – segretamente – un rapporto di
odio puro.
“Sì?”.
“Grazie per filosofia, mi hai
salvato... Stasera esco con Angelo e, sai...”.
“Figurati” biascicò, un po’ a
disagio.
“Però pensa che poi venerdì nessuno
ti salverà” s’intromise Sara, decisa.
Gaia la guardò con i suoi occhi
truccati pesantemente e fece una smorfia di dissenso.
“Lo so, non c’è bisogno che fai la
mamma con me. Falla solo con Elena, lei ne ha bisogno” ironizzò, per poi
salutarle e avvicinarsi al famoso Angelo che la stava aspettando da vari
minuti, seduto sul motorino.
Ovviamente Elena era senza parole,
se ne stava ferma in mezzo alla strada piena di studenti come se fosse stata
colpita da una cannonata.
Sara l’afferrò per un braccio e la
costrinse a muoversi, scuotendola dai suoi pensieri omicidi.
“Lo sai che lo fa per ferire me,
non te” le ricordò subito. “Non accetta che siamo diventate così amiche,dice
che l’ho tradita per te”.
“Ma come facevi ad esserle amica,
scusa? E’ un mostro!” piagnucolò Elena, sbattendo un piede per terra per la
frustrazione.
“A quanto pare quando ci sei tu dà
il peggio di sé”.
“Quale onore...”.
“Dai, passiamo prima a mangiare
qualcosa al bar che dopo andiamo direttamente in biblioteca” cambiò argomento
Sara, sforzandosi di risultare positiva e allegra quando, in cuor suo, si
sentiva dispiaciuta ogni volta che Gaia attacava Elena.
Non ci poteva fare nulla, il primo
giorno di liceo aveva notato quella ragazza seduta in fondo all’aula con la
maglietta azzurra e le aveva subito trasmesso un senso di curiosità e, una
volta placata, la sua curiosità aveva lasciato posto ad una consapevolezza:
quella quattordicenne che sul registro si chiamava Elena Alghisi era diversa da
come voleva sembrare.
Timida e insicura, con lei era
solare, ridevano per ogni cosa, avevano gli stessi gusti, e da lontano nessuno
avrebbe creduto che quella bomba di energia dai capelli rossi di nome Sara
Bonaventura potesse essere come una sorella per la pacata e riflessiva Elena
Alghisi.
Nel giro del primo anno di liceo
avevano consolidato la loro amicizia fino ad andare al mare insieme, con i
rispettivi genitori e fratelli, per poi fare lo stesso l’estate successiva ma
in Inghilterra, da sole, con una vacanza studio.
Gaia aveva assistito a quel
processo in silenzio, si era allontanata e si era premurata di far sapere da
altre voci che secondo lei Elena era una ruba amiche, una ragazzina priva di
personalità che poteva brillare solo al fianco di una come Sara.
Il problema era che Sara aveva
acquisito più importanza quando aveva smesso di assecondarla in ogni cosa, come
succede in tutti i tipi di relazioni non proprio sane.
Con Elena era sè stessa, non più
l’eterna seconda, poteva dire tutto ciò che le passava per la testa senza
essere giudicata.
Per questo, anno dopo anno, non
stando nelle grazie di Gaia, le due si erano ritrovate in classe come una sorta
di minoranza.
Il mondo sembrava essersi diviso in
“Con o contro Gaia Solani” e, loro, ovviamente, non erano con lei.
E allora perché Elena si era
offerta al posto suo?
Forse per egoismo, per togliersi
un’interrogazione dalle scatole, forse per dimostrarle che era migliore, forse
per provare ad iniziare l’anno col piede giusto.
Non lo sapeva nemmeno lei.
Se lo stava chiedendo proprio
quando, entrata nel bar, si avvicinò al bancone e notò la schiena curva sotto
il peso di mille libri di Amelia Concestrini, una delle più brave della classe
nonostante l’aria spesso svagata e assente.
Stava pagando una focaccia, prese
il resto e lo gettò in una tasca dello zaino per poi avviarsi verso l’uscita.
“Amelia, ehi! Pranza con noi” la
invitò cordialmente Sara.
Amelia le sorrise rapidamente prima
di accennare con il capo all’uscita.
“No, grazie, corro già in
biblioteca così non mi fregano il posto vicino la finestra. Ci vediamo lì,
inizio a ripassare biologia” farfugliò, per poi scappare senza nemmeno
salutare.
“Ma secondo me questa cosa di
studiare insieme in biblioteca non servirà a nulla” osservò Elena, prima di
ordinare una piadina e una bottiglina d’acqua.
“Tentar non nuoce”.
“Vedremo. Poi mi aiuti a ripassare
Kant?”.
Sara alzò gli occhi al cielo come
ogni volta che udiva il nome del filosofo e annuì impercettibilmente.
Si prospettava un pomeriggio
stancante.
12 luglio 2011
“Cinque anni riassunti in un unico
voto, un numero di merda”.
Davanti al tabellone in cui c’erano
elencati i voti della maturità classica, Sara ed Elena si sentivano
infinitamente piccole, non più le quasi diciannovenni che avrebbero dovuto
essere.
“Non è una sorpresa, Sara”.
“Un corno! Gaia ha preso
ottantasette, più di me e di te, ci siamo fatte il culo! Ricordi tutti i
pomeriggi passati a studiare letteratura, fisica...? Ma no, qui siamo un élite,
i professori ormai ci hanno schedato al primo anno e hanno continuato a
penalizzarci!”.
“Oooh, evvai!”.
Sara ed Elena si voltarono e videro
che, insieme ad altre compagne di classe, Gaia ed Amelia saltellavano come le
matte, felici per il loro risultato.
“Complimenti, Amelia,
novantacinque!” disse Elena con un sorriso.
Gaia, non tollerando di essere
esclusa dai complimenti, allungò il collo e cercò il nome di Elena.
“Ottantacinque, brava Elena!” la
scimmiottò. “Non avrei mai detto di arrivare così vicino al novanta”.
“Nemmeno io” s’intromise Sara,
beffarda. “Tutte le volte che ti sei assentata per saltare le interrogazioni
hanno dato i loro frutti”.
Punta sul vivo, Gaia ridusse gli
occhi in due fessure mentre guardava la sua ex migliore amica.
“Il fine giustifica i mezzi, lo
diceva Pirandello, no?”.
“Machiavelli, semmai, ne “Il
principe”*, Gaia” le ricordò Elena, inorridita da quell’errore.
“Sì, ma alla fine dei conti ho
comunque un voto migliore del tuo. Ora vado, ho le prove del saggio di danza...
Ci vediamo alle rimpatriate!” esclamò in tono beffardo, allontanandosi
rapidamente per poi fermarsi a salutare alcuni ragazzi della sezione C e
ventarsi del risultato ottenuto.
Elena la guardò mentre si
allontanava e pensò che avrebbe tanto voluto essere spensierata come lei.
La vita dopo la maturità era appena
iniziata e lei si sentiva già sconfitta.
26 gennaio 2018
“Quindi non ritengo giusto
penalizzare Di Stefano a causa di alcuni compagni maleducati, per me, in
diritto, vale otto!”.
“Certo, Consiglia, ma per me visto
che ha la media del sette e mezzo converrebbe arrotondare per difetto, vorrei
ricordarti che...”.
Elena sbadiglia sonoramente e nota
di aver ricevuto un messaggio.
Non sa cosa fare, il dibattito tra
Consiglia Di Crescenzo e Luigi Carracci va avanti da almeno dieci minuti e lei
sa di non avere voce in capitolo.
Dopotutto, lei è tra gli ultimi
arrivati, ha un contratto fino al trenta giugno e non può nulla contro i
pilastri del Liceo Linguistico “A. Manzoni”, quelli che hanno il contratto a
tempo indeterminato e che trattano lei e i colleghi suoi coetanei come se
fossero degli esserini capitati lì per caso e che il vento avrebbe spazzato via
a breve.
Non riesce a resistere e controlla
il messaggio.
Da
Sara: Mi hanno appena detto la data! Il sedici febbraio alle 15 c’è la seduta
di laurea! Sto tremando!
Elena salta dalla sedia e le ci
vuole tutto l’autocontrollo del mondo per non alzarsi e iniziare ad urlare che
la sua cara Sara il sedici febbraio diventerà una Dottoressa, non una
Dottoressa come tutti coloro che si laureano ma nel senso di Medico.
Si porta una mano alla bocca e si
volta verso Damiano, il docente di Scienze.
Lui la guarda senza capire e lei
gli mostra il messaggio, visto che da settimane gli racconta della sua migliore
amica che a breve si sarebbe laureata in medicina.
Damiano le sorride, cordiale. “Non
devi nemmeno prenderti il giorno libero, è alle quindici” sussurra.
Elena annuisce e, in maniera super
discreta, mentre quei due continuano la loro disputa, si affretta a rispondere.
Grande!
Augurissimi, non vedo l’ora!
Poi, rapidamente, scrive un altro
messaggio.
Amore
il sedici c’è la seduta di Sara, sai già che devi prestarmi l’auto!
Deve pensare al fioraio, al regalo
perfetto, al bigliettino...
Si rincuora pensando che Giulio
l’avrebbe aiutata, di sicuro.
29 gennaio 2018
“Esci o vai all’università?”.
Gaia sbuffa sonoramente mentre
chiude la borsa e inforca gli occhiali da sole, ormai vicina alla porta.
Ovviamente sua madre è lì, pronta a
sapere ogni sua mossa.
“Mamma, i corsi sono finiti da
anni, lo sai. Esco” sbotta sbrigativa, prendendo le chiavi e aprendo la porta.
“E con chi esci?”.
“Con nessuno, vado al centro
commerciale per vedere dei vestiti”.
“Io vorrei capire che... Lasciamo
stare, pranzi qui?”.
“No. Ciao”.
La ragazza esce dalla grande villa
in cui vive con i suoi genitori e raggiunge l’auto.
Sorride nel vedere che è stato
fatto il pieno – si annota mentalmente di ringraziare il padre – e mette in
moto, pronta a raggiungere l’appartamento di Joele.
Le strade della città le scorrono
davanti mentre é intenta a cantare una canzone dopo l’altra, finge di non
vedere alcuni conoscenti e nel giro di venti minuti bussa alla porta di un
appartamento di periferia.
Joele impiega un po’ per aprire,
cosa che la fa irritare non poco, come ogni volta che va a trovarlo dopo
averglielo detto con grande anticipo.
Alla fine, quasi un minuto dopo, se
lo ritrova davanti.
“Finalmente!”.
“Scusami, coniglietta, ero in bagno”.
Gaia entra in casa, quasi con
prepotenza, posa la borsa e il pesante cappotto e si fionda a baciare l’uomo,
che ricambia per poi separarsi e andare verso un’altra stanza.
“Dobbiamo organizzarci per il tuo
compleanno!” gli ricorda, emozionata.
Come ogni volta che gli fa visita,
toglie gli stivali dal tacco enorme e li ripone vicino l’uscio, per poi
raggiungerlo con passo felpato.
Vede che Joele è seduto in
soggiorno con un vecchio libro tra le mani e la guarda come se fosse comparsa
lì per caso.
“No, grazie”.
“Ma come no? Ogni anno la stessa
storia...”.
“Ogni anno, coniglietta?” la
rimprovera, severo, facendole segno di sedersi sulle sue gambe. Lei obbedisce e
si appoggia con la testa sulla sua spalla. “No, te lo garantisco. Fino ai trentacinque
ero felice, organizzavo grandi feste, poi... Mi capirai, un giorno. Non mi va
di festeggiare i quaranta”.
Gaia sbuffa sonoramente, pensando a
come convincerlo, quando il suo cellulare le rivela una notifica.
“Coniglietta, quante volte ti ho
detto che non voglio vederti al cellulare...?”.
Ma Gaia si era alzata di scatto e
fissava il vuoto, con la mano tremante.
“Se mia madre lo viene a sapere...”
sbotta, gettando il telefono su un’altra poltrona e poi scuotendo il capo con
decisione.
“Cosa?”.
“Sara si laurea in medicina tra
qualche settimana. Ha avuto la brillante idea di invitarmi alla festa, sarà
perché il sabato ci vediamo spesso in qualche bar. Ovviamente deve sbattermi in
faccia il suo successo...!”.
“Come hai sempre fatto tu, d’altronde,
coniglietta”.
“Quando sei diplomatico ti
ammazzerei!” urla, per poi spogliarsi di botto e decidere di annegare il suo
dispiacere nel piacere.
30 gennaio 2018
Sara cammina tra i ragazzi che
stanno aspettando di sostenere chissà quale esame, al secondo piano della
Facoltà di Medicina e Chirurgia.
Li vede in ansia, dal colorito
smorto, mentre camminano avanti e indietro, si interrogano, e si chiede come è
possibile che lei ce l’abbia fatta.
Si sente quasi in colpa, poi
ricorda l’imminente incontro con il suo relatore, il Cardiologo Giuseppe
Valtriti, e viene sopraffatta a sua volta da un senso di ansia.
Cosa le dirà? Le darà l’ok per
stampare la tesi?
Al solo pensiero le si annoda lo
stomaco e, così presa dai suoi pensieri, non nota nemmeno di star inciampando
tra le gambe di una ragazza seduta per terra, con le spalle al muro.
“Amelia!” esclama, mantenendosi
alla parete per non cadere.
Riconosce la folta chioma bruna, il
volto pallido e la mise sempre troppo casual.
Amelia alza lo sguardo, sembra
stordita.
“Oh, Sara”.
“Ehi, che ci fai qui? Hai un esame?”.
“Sì... Anatomia Patologica Sistematica. Tu hai finito, vero? Ho visto l’invito
ieri, scusa, stavo ripassando...”.
Sara le sorride cordiale e scrolla
le spalle.
“Ma figurati! E’ il sedici alle
quindici, se riesci a passare mi fa
piacere” le ricorda. “Tra poco finisci anche tu dai, sei agli ultimi esami del
sesto anno”.
Amelia sorride debolmente a sua
volta ed annuisce, poi, senza farsi notare, rigira il libro per non farle
vedere il titolo.
Sara si congeda e se ne va,
lasciando Amelia da sola, con il libro di Malattie
Dell’Apparato Cardiovascolare tra le mani.
E’ ancora al quarto anno ed è
appena stata bocciata.
7 Febbraio 2018
“Quindi verranno?”.
“Pare di sì”.
“Non vedo Gaia dalla maturità...”.
“Perché hai studiato a Roma.
Fidati, è sempre per strada, sempre in giro”.
Elena scrolla le spalle e beve un
sorso di caffè, pensando a quanto le sembrino lontani gli anni del liceo.
Dopotutto sono passati sei anni e
mezzo, lei è totalmente diversa, un’altra persona, una ormai donna che conosce
i suoi pregi e i suoi difetti e cerca di conviverci nonostante tutto, senza
badare alle opinioni di chi non la conosce e non sa che è passata dal vivere in
una campana d’oro al caos della capitale, tra mezzi perennemente in ritardo e
strapieni, docenti assurdi e le conseguenze dell’avere delle coinquiline poco
più che diciottenni.
“Basta pensare a loro, pensiamo a
te! Sei emozionata?” esclama, battendo le mani per l’entusiasmo.
Sara annuisce e si porta una mano
sul viso.
“Non voglio pensare che questo è
solo il primo passo, che poi c’è la specializzazione...”.
“Ecco, basta paranoie. E’ il tuo
momento”.
“Hai ragione. Più che altro, devi
aiutarmi a placare mia madre, l’emozione la rende un po’...”.
“SARAAAAAAAA DOBBIAMO ANCORA
COMPRARE LE SCARPE PER LA SEDUTA, TI MUOVI?!”.
“... Tua madre, al cento per cento”
ridacchia Elena, per poi alzarsi e raggiungere Gilda, la madre di Sara che
ormai è come una madre anche per lei.
Sara alza gli occhi al cielo,
chiedendosi come sopravvivrà ai successivi nove giorni.
*Vari
studi confermano che la citazione non è presente nell’opera e/o non appartiene
a Machiavelli ma spesso viene attribuita a lui e a quest’opera e nel 2010 Elena
non era ancora laureata in Lettere per saperlo :D
*°*°*°*
Salve!
So che dovrei ancora finire l’ultima
storia che sto postando, ma ultimamente sono attratta dal tema “ex compagne che
si rivedono dopo anni” e quindi beccatevi questo prologo.
Sarà una storia breve, di massimo
cinque capitoli, incentrati tutti durante la sera della festa J
Fatemi sapere che ne pensate, mi
farebbe tanto piacere.
Un bacio e buon proseguimento di
feste natalizie ^_^
Milly.