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Autore: WhiteRaven_sSR    27/12/2017    0 recensioni
Ero stufa delle solite storie banali di vampiri, quindi ho partorito questa storia..."singolare" spero. Man mano che prosegue dovrebbe assumere sfumature ancora più strampalate, #stay tuned!
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Bryan è un aspirante chef appassionato di fotografia che non perde occasione per divertirsi quando può, dopo essersi trasferito a Madrid, città colorata e allegra piena di locali spumeggianti. In una serata in uno dei club della città fotografa quello che sospetta essere uno fissato con i vampiri, tanto bravo con trucco e interpretazione da sembrare quasi vero. E tanto bello da non poterselo lasciar sfuggire! Ma Javier, questo il suo nome, non è uno che ci va tanto per il sottile, rimanendo comunque avvolto da un velo di mistero all'occasione. Sarà davvero un nerd fissato con il cosplay o la vita di Bryan potrebbe essere in pericolo?
Genere: Commedia, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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cap1
 So poco della notte
ma la notte sembra sapere di me,
e in più, mi cura come se mi amasse,
mi copre la coscienza con le sue stelle.
Forse la notte è la vita e il sole la morte.
Forse la notte è niente
e le congetture sopra di lei niente
e gli esseri che la vivono niente.”
Alejandra Pizarnik

Madrid, 2017

L'estate iniziava ormai a inoltrarsi e scemare, per lasciare spazio pian piano a quel clima temperato che sarebbe subentrato nelle settimane successive. Non che per la capitale spagnola la cosa rappresentasse un problema, poiché per tutto il mese di settembre, nessuno le avrebbe tolto la media stagionale di 25-30°C con quel caldo ventilato, qualche pioggia di tanto in tanto e delle mattinate con una sottile brezza, benché non vi fosse alcuna traccia di acqua come invece potrebbe considerarsi normale nelle zone marittime.
A differenza di Londra, con il suo Big Ben, Parigi e la sua maestosa Tour Eiffel, Berlino, quasi sormontata dalla Porta di Brandeburgo o anche solo Roma stereotipata nel suo famoso anfiteatro, il Colosseo, se si dovesse pensare a Madrid, probabilmente non verrebbe subito in mente nessun particolare monumento di norma disegnato sulle cartoline o spedito come augurio di buon viaggio per coloro che si recano nella città per la prima volta. Forse verrebbe in mente un toro, la Corrida, e perché no, una bella bottiglia di Sangria dal color rosso rubino. O il Museo del Prado. Nessuna persona comune penserebbe al Giardino Botanico Reale, al Palazzo Reale anche chiamato Palazzo d'Oriente, il Museo della Regina Sofia, molto più contemporaneo, o semplicemente Plaza Mayor, famosa per il suo antico mercato e i numerosi incendi subiti. Così come a nessuno verrebbe in mente il “Vida Loca”, locale notturno situato nel quartiere di Chueca, a nord della città vecchia, non troppo distante dal caos della Gran Via.
Un locale semplice nella sua sregolatezza, dalle linee moderne ricercate nel ricreare uno stile Art Nouveau, misto al contemporaneo nel corridoio d'ingresso, con le pareti in piccole tessere disordinate di vetro colorato attaccato assieme a formare un guazzabuglio di colori e luci, illuminate dai faretti stroboscopici appena superata la soglia. Un solo bodyguard all'ingresso a cui presentare il biglietto regolare acquistato chissà dove o semplicemente fuori da qualche distributore ambulante assunto appositamente dal locale a fare pubblicità, intento a controllare che la fila venisse rispettata e nessuno scoppiasse in inutili risse o problematiche di sorta, specie tra le ragazze intente a sfidarsi una con l'altra con gli sguardi e frasi poco carine su chi presentasse un abbigliamento migliore. O anche il fisico, le unghie, rigorosamente finte, i capelli gonfiati per la maggior parte da extension artificiali, quel trucco pesante che misto all'auto abbronzante le avrebbe potute far somigliare più a delle parenti del semaforo all'angolo, piuttosto che a persone vere. Non che negli ultimi tempi i ragazzi fossero da meno. Capelli rasati ai lati e impomatati di gel sul ciuffo, fissati perché non si muovessero mentre si scatenavano in pista, giacca elegante abbinata a dei jeans stinti con il risvolto alla caviglia, che Dio solo sa quanto avrebbero sofferto di reumatismi con l'avanzare dell'età. E litri di profumo, quello lo avrebbe percepito anche un idiota con il raffreddore. Maschili, femminili, speziati, fruttati, dalle note dolci o decise. Di diverse marche o fatture, poco importava: quando lo scopo era cercare di attirare un partner, fosse esso stabile o l'avventura di una notte, il profumo giocava un ruolo importante nel tutto.
Tutti tirati a lucido per la serata, tra tubini coprenti a malapena il sedere abbinati a un tacco dodici e tuxedo che manco si fossero dovuti presentare a un matrimonio imminente, tutti perfettamente eleganti, eccetto lui.
Bryan Fitzpatrick: perché già il cognome non era abbastanza singolare, pure quella “y” di troppo doveva mettercisi. Un metro e settantacinque per qualche chilo “di troppo poco” per raggiungere il peso forma e una zazzera piena di capelli bruno-rossiccio a indicare le proprie origini irlandesi, intento per lo più a guardarsi attorno, fotografando con la propria Reflex ogni singolo dettaglio del locale o delle persone. Un tipo ordinario, un turista qualsiasi all'apparenza, non si poteva certo dire che spiccasse per la bellezza o bruttezza, ma a vederlo sembrava solo un idiota con una fotocamera intento ad entrare in uno dei locali più trendy della città per lavorare al proprio blog, piuttosto che divertirsi. Vestito si con jeans come la maggior parte degli adolescenti, scuri giusto per staccare, e una semplice t-shirt volutamente stinta in alcuni punti per dargli un effetto etnico, color azzurro scuro, non pareva tuttavia ci avesse messo particolare impegno. Perfino i capelli sbarazzini andavano per conto loro, come si fosse appena alzato dal letto e fosse uscito di casa senza pettinarsi.
Se fosse lì per lavoro o per vero turismo, non si sarebbe potuto dire a un primo sguardo, munito di biglietto come tutti gli altri, intento a fare la fila nel tentativo di accedere al locale, un sorriso semplice e naturale stampato in volto.
Come al solito una volta giunto il proprio turno, il gorilla all'ingresso gli chiese un documento. Come biasimarlo dal momento che a vederlo così, con quel visetto sbarbato e dai tratti delicati, ancora gli capitava di essere scambiato per un diciassettenne. Otto anni in più di norma dovrebbero fare la differenza. Non per lui.
Dimostrata la propria età, venne fatto accedere al locale, stabilito su due piani, con l'accesso a quello inferiore, la musica alta a sufficienza da dover urlare per sentirsi, se solo fosse stato accompagnato da qualcuno. Ai lati dell'enorme sala da ballo, erano stati posti tavolini e divanetti in tessuto scuro, un simil velluto per richiamare l'atmosfera tetra ed elegante allo stesso tempo, mentre sul fondo un piccolo palco affiancato per la serata da due gabbie in metallo sufficientemente grandi da contenere una persona, si elevavano poco al di sopra della folla. Sia il piccolo palco, sia le gabbie erano riempiti da ballerini e ballerine del locale, forse qualcuno anche come spogliarellista, sebbene il locale cambiasse spesso in base al tema della serata. A quanto aveva capito Bryan, quella serata non avrebbe avuto un tema in particolare, sapeva solo che ci sarebbe stato un piccolo spettacolo con le gabbie e non avendone mai visti prima di così singolari, aveva deciso di fare un salto sul posto per scoprire con i propri occhi di cosa si trattasse.
Per lo più l'inizio serata sembrava promettere bene. Attorno a sé, infatti, ragazze e ragazzi si muovevano per ballare o spostarsi alla ricerca di una nuova vittima o di un drink da recuperare alla destra della pista, non distante dal palco. Gli occhi nocciola del ragazzo passavano dalla realtà all'obiettivo della macchina, le dita intente a scattare l'ennesima foto, per poi tornare a rilassarsi senza tuttavia distaccarsi troppo dal pulsante di scatto, come se l'indice fosse sempre pronto a seguire l'ordine dell'occhio, una volta trovato il giusto soggetto. A volte la giusta prospettiva gli si presentava così in fretta che doveva essere rapido a scattare. Un gesto, un sorriso, una luce speciale pronta a illuminare un volto o dei particolari dell'espressione, qualsiasi cosa gli sarebbe andata bene se fosse rientrata nei propri canoni di bellezza e proporzione.
La musica aiutava solo maggiormente a fondere il tutto in un connubio perfetto ed equilibrato.
Mentre tutti ballavano e si divertivano, lui si divertì a modo proprio a scattare diverse foto, ritraendo ben bene il fisico dei ballerini per cui, diciamocelo, aveva una predilezione particolare. Fisico da urlo, perfettamente curati e in ordine, spesso con vestiti succinti o provocanti. Chiunque gli sarebbe caduto ai piedi.
Non si rese conto del tempo finchè la gola non iniziò a chiedere pietà, urlando di essere idratata neanche si fosse trattato del deserto del Sahara. Si diresse quindi verso il bancone, coprendo l'obiettivo con una mano per paura di finire addosso a qualcuno, proteggendo la macchina da eventuali urti.
Si accorse ben presto che l'intero bancone era stato decorato con luci led lungo tutta la sua estensione, verso l'esterno, in modo che i clienti potessero apprezzarlo. Luci bianche, fredde, come se quel colore tanto luminoso potesse dare l'impressione di potersi amalgamare con il ghiaccio nei drink e rinfrescare quel clima sin troppo torrido, ora che all'interno del locale le persone tendevano a stare a stretto contatto una con l'altra.
Due ragazze al bancone sembravano intente a baciarsi, ma la cosa non lo sorprese. Chueca infatti era un quartiere famoso per i locali LGBT friendly, dove dieci anni prima si era svolto anche un famoso Pride europeo. Non che il ragazzo lo avesse scelto per caso.
Cosa ti porto, dolcezza?” chiese il barista, un ragazzo giovane e avvenente dalla muscolatura scolpita e diversi tatuaggi, oltre a un trucco sobrio sugli occhi.
Qualcosa di fresco, scegli tu per me” rispose Bryan, sorridendo con gentilezza.
Rimase a osservare prima il barista, poi attorno a sé fin quando non venne servito, lasciandosi poi sussurrare senza troppe remore dall'altro un invito a tornare al bar, con palese malizia in sottofondo.
Per uno come lui, abituato a quei paesi di provincia in cui la città più grande conta qualche decina di migliaia di abitanti, trovarsi in una città così grande, era stato un po' spiazzante, all'inizio. Si trovava lì da un paio di mesi e non poteva certo dire di essere passato inosservato, ma di per sé non si riteneva certo un modello da palestra quotidiana. Fisico asciutto e visetto dolce avevano fatto il loro lavoro e si poteva dire che non fosse esattamente un santo, ma nemmeno il tipo di persona capace di uscire tutti i giorni alla ricerca di divertimento. Poche esperienze, ma tranquille, nulla di eccessivo e soprattutto nulla che avesse a che fare con il proprio posto di lavoro.
Aveva trovato un buon posto come aiuto cuoco in uno dei locali del centro, volendo iniziare a far carriera anche al di fuori del proprio paese, girando il mondo alla ricerca di esperienze sempre nuove da cui poter imparare. Se la fotografia era il proprio hobby preferito, cucinare per vivere era il proprio sogno.
Avances del barista a parte, dopo averlo ringraziato portò il bicchiere alle labbra, constatando ben presto che il liquido aranciato al suo interno doveva essere composto da frutta fresca con un bel po' di ananas come base. Sicuramente anche pesche e qualche fragola e vodka, vodka a non finire.
Sorseggiò qualche istante la bevanda, rimanendo a guardarsi attorno con noncuranza finchè non si accorse di ciò che stava accadendo presso uno dei divanetti più vicini. Un ragazzo dai capelli scuri sembrava intento a flirtare con una giovane donna bionda, stringendola a sé sul fianco, come farebbe chiunque ricercasse un contatto stretto con qualcuno, nulla di forzato.
Lei sembrava a suo agio e del tutto consenziente, non fu tanto quello ad agitarlo, quanto l'insistenza del ragazzo nel volerla mordicchiare tra il collo e la spalla, decidendosi infine a conficcarle i denti nella carne, da cui sembravano trarre entrambi diverso godimento. Diamine, l'ennesima coppia fissata con Twilight!
Sebbene Bryan ne fosse esasperato, qualche scatto non glie lo avrebbe negato nessuno. Non che non sopportasse solo quell'opera in sé, ma per l'idea generale che la gente si metteva in testa dopo quei film fantasy, ormai sempre più di moda al cinema. Vampiri, lupi mannari, demoni, angeli. Mancava solo il pazzo convinto di essere un supereroe della Marvel che andasse in giro in calzamaglia e poi le aveva viste tutte! Per modo di dire, ma se non dal vivo, internet forniva una buona realtà delle cose, non solo per i cosplayer eccessivi.
Diciamocelo, anche lui era un nerd appassionato di certe cose, finchè si trattava di giochi innocenti che finita la sessione tornavano a stare nel cassetto fino alla settimana successiva, con seguito della storia, master a narrare l'ennesima avventura epica e amici muniti di patatine e pop corn con cui divertirsi per quelle poche ore. Ma il giorno dopo sarebbero tornati tutti alla realtà e alla prima lamentela inerente a storia, personaggi, sistema di gioco e quant'altro, lui sarebbe stato il primo a gettare la spugna, non avendo tempo da perdere in simili cavolate, quando aveva un lavoro a cui pensare.
Insomma, il gioco è bello finchè dura poco, e quando la cosa iniziava a degenerare portando la gente a litigare per un gioco fantasioso che dovrebbe invece aiutare a staccare la testa dalla vita esasperante di tutti i giorni, lui era il primo a stufarsi e ad andarsene da qualsiasi gruppo.
Lo stress in cucina era già abbastanza alto, se avesse dovuto badare anche a simili piccolezze, o sarebbe impazzito, o avrebbe iniziato a fare vittime alla mo di serial killer. Già vedeva i titoli sarcastici sul giornale: “Giovane ragazzo assassina gli amici per l'esasperazione. - Vivevano nel mondo delle favole, qualcuno avrebbe dovuto svegliarli! - le sue parole.”
Ridacchiò da solo a pensarci. Non sarebbe mai stato in grado di farlo, ovviamente, sin troppo paziente e a tratti ingenuo.
Tuttavia no, non fu nemmeno quello il particolare che quasi lo fece strozzare con il drink, bensì lo sguardo del ragazzo intento ad “assalire” quella malcapitata vittima consenziente, che sembrò voltarsi a guardarlo quando Bryan si mise a ridere da dietro l'obiettivo. Come, con tutta quella musica alta non era ben chiaro, ma pareva essersi proprio accorto della sua risata.
Doveva esserselo inventato. Così come doveva essersi inventato quegli occhi luminosi attorniati da un alone strano tutt'attorno, come se quella persona non solo fosse munita del tapetum lucidum di alcuni animali, ma anche come se fosse e non fosse lì allo stesso tempo, alla mo di fantasma dei telefilm.
Da brivido. Poco ma sicuro, avrebbe scoperto il trucco che quello lì usava per sembrare così vero. Vero per modo di dire, visto che le leggende sulle creature sovrannaturali erano varie e diverse a seconda dell'epoca e delle opere.
Era certo di non avere nulla di cui temere, quindi fu proprio lui a fare il primo passo, avvicinandosi ai due, sentendo e vedendo lo sguardo dell'altro addosso, un verde del tutto normale sotto alle luci del locale, come se quell'effetto strano di poco prima non fosse dovuto a queste, quanto all'obiettivo della macchina. I capelli corvini erano talmente lucidi da poter quasi brillare da sé quando non nascosti in zone buie, forse dovuto all'effetto del gel indossato.
Una volta giunto di fronte ai due, Bryan notò che la ragazza bionda sanguinava appena laddove il moro l'aveva morsa e si stava sporgendo verso lo stesso partner per poter avere altre attenzioni di quel tipo. Dovevano essere proprio fanatici del fantasy a giudicare dall'espressione rapita della donna. Eppure i vestiti erano semplici, nulla di pomposo: jeans e maglietta abbinati a una giacca elegante per lui, vestito corto alla coscia, con scollo a cuore e pieghe, per lei. Va bene, tutto rigorosamente nero con qualche punto luce qua e la sul vestito della ragazza, ma nulla di più.
L'irlandese fece per parlare, ma venne interrotto dallo sconosciuto.
Perchè mi stavi fotografando?”
Per questa sera sono un fotografo di passaggio, ho visto che siete dei fan del fantasy e mi è sembrata una cosa interessante da ritrarre. Da dove vengo io non è così facile trovare amanti del genere.” annuì Bryan.
L'altro lo squadrò dall'alto, sebbene fosse ancora seduto alla sua postazione assieme alla ragazza, che poco dopo allontanò con il braccio, come ne avesse abbastanza della sua presenza e la stesse congedando. Lei, in tutta risposta, si alzò quasi offesa, mettendo un finto broncio all'apparenza adorabile, per poi girare al largo senza troppe remore, sventolando le dita con fare adorabile, come se si aspettasse di essere invitata una seconda volta in un'altra giornata o qualche ora dopo.
Il moro fece quindi segno a Bryan di accomodarsi accanto a lui, come se invitare persone appena conosciute fosse la cosa più normale del mondo e altrettanto normale fosse accettare senza pensarci due volte. Quel tipo era bello, non avrebbe potuto dirgli di no nemmeno volendo!
Come ti chiami?” chiese Bryan, una volta accomodatosi, sportosi verso l'altro per farsi poter sentire.
Javier” si limitò a rispondere l'altro.
Una “j” aspirata la sua iniziale, come qualsiasi nome d'impostazione spagnola, altisonante in un certo senso.
Ma puoi chiamarmi Javi, se preferisci” riprese, sorridendo.
Disarmante quel sorriso, bianco come la neve nonostante le luci variabili e quella parte di lui ancora immersa nell'ombra rassicurante del divanetto, né troppo esposto alle luci della pista, né troppo al buio per non poter essere notato. A giudicare dal suo modo di porsi, quell'allargare le braccia sullo schienale per mettere in mostra il corpo dal fisico praticamente perfetto, non sembrava decisamente una persona timida. Solo a un attento sguardo si sarebbe potuto notare il sottile strato di glitter su collo e viso, come se fosse imperlato da un lieve trucco non eccessivo, che gli avrebbe fatto risaltare la pelle color avorio sotto alle luci stroboscopiche del locale. Un velo di matita sugli occhi inoltre faceva sembrare il suo sguardo dalle iridi verdi ancora più distaccato e freddo, come avesse potuto esplorare l'anima altrui con una sola occhiata.
Per una frazione di secondo Bryan si sentì avvampare come una liceale davanti al poster del suo idolo preferito, come se quello avesse potuto fissarlo veramente. Venticinque anni per arrivare in un locale qualsiasi di una città qualsiasi in cui si era trasferito da poco e rendersi la persona più imbecille del mondo in un nanosecondo di fronte a un bel ragazzo. Fantastico, hai fatto proprio centro, Bryan!
Vide Javier leccarsi le labbra a quel proprio avvampare, rimanendo imbambolato a fissarlo a propria volta con un'espressione da ebete in viso, mentre lo spagnolo lo spogliava con gli occhi. Tensione, ecco cos'era quella. Tensione per i fremiti sottili che il corpo dell'irlandese non avrebbe potuto ignorare nemmeno se fosse stato etero! Andiamo, da come lo stava fissando era chiaro dove sarebbe voluto arrivare.
Lo vide sporgersi nella propria direzione e per un attimo si chiese che avesse in mentre, sentendo poi le sue labbra sul viso, all'altezza della guancia, quasi sullo zigomo, non come se si fosse trattato di un bacio romantico o lieve, più come se il moro avesse voluto cercare una sorta di contatto lieve con quel rossore. La sapeva fare proprio bene la parte del vampiro, altro che i giocatori su internet o quegli squilibrati del gioco di ruolo dal vivo! Qualcuno era anche bravo, ma lui era riuscito a calarsi nella parte in modo magistrale, con quei gesti sottili e lievi, quasi impercettibili, il respiro flebile, come avesse potuto imitare davvero la mancanza di un battito cardiaco e respirazione annessa, uno charme dannatamente perfetto che unito a quel profumo di rosa selvatica avrebbe lasciato chiunque ai suoi piedi. Ogni dettaglio era stato curato alla perfezione.
Non che Bryan fosse esattamente la persona più innocente e ingenua del mondo, solo un ragazzo nella media, quindi capì ciò che lui stava facendo, era una delle classiche tecniche di rimorchio in quei locali notturni, lo sapeva bene. Eppure pareva che la cosa non gli importasse. Non era impegnato, né una suora! Ci sarebbero voluti ancora millenni prima di convincerlo a prendere i voti, cosa che ovviamente non rientrava nemmeno lontanamente nella propria testa, quindi con un bel tipo del genere a fargli la corte in quel modo, non si sarebbe certo tirato indietro!
L'idea era quella di iniziare un dialogo rilassato, lasciando intendere velatamente che lo avrebbe seguito anche in capo al mondo, se solo glie lo avesse chiesto, facendo un po' il prezioso, giusto per fingere di negarsi e rendersi più appetibile, come una ragazzina che non vede l'ora di essere rincorsa, per rendersi conto di quanto sia desiderata. Invece no, l'altro interruppe ogni propria buona iniziativa con poche, semplici parole, fin troppo dirette, sussurrate al proprio orecchio in modo talmente sensuale da rischiare lo scioglimento imminente del corpo, percorso da brividi, manco fosse stata lanciata una bomba nucleare a devastare i ghiacci del nord!
Ti voglio per me. Ora.”
Ora?! Lì, nel bel mezzo del locale o cosa? Il rossore si fece più vivido sulle guance dell'irlandese, sebbene il corpo urlasse di essere preso in spalla e portato via all'istante, gli occhi sbarrati per la sorpresa. Non che fosse la sua prima volta in una situazione simile, ma un invito del genere nel bel mezzo di un locale affollato sarebbe risultato “difficile da applicare” per chiunque!
Usciamo, allora.” replicò piano Bryan, in una sorta di invito velato.
Javier era stato fin troppo diretto e la cosa non gli era dispiaciuta, mentre lui con i propri inviti velati si considerava piuttosto misurato in certe cose.
Il moro non se lo fece ripetere due volte, afferrando la mano di Bryan con salda decisione, la pelle tiepida con un sottofondo freddino, come fosse una di quelle persone con la circolazione lenta, che a causa di un cuore grande o di poco spostato tendevano ad avere le estremità del corpo sempre sul congelato andante, sebbene lui sembrasse essersi riscaldato.
Imboccarono assieme l'uscita del locale e il seguito all'esterno fu un susseguirsi di vicoli e piccole stradine per sì e no cinque minuti, a giudicare dalla vicinanza della casa dello spagnolo rispetto al locale. Per strada le persone giravano ancora, nonostante l'orario, talvolta mosse dall'aria di festa proveniente dai club con la loro musica alta e gli ospiti agghindati per la serata, talvolta riunite accanto ad abitazioni e monumenti in piccoli gruppi sparsi, con bottiglie di birra tra le dita, vestiti stravaganti e diversi “tesoro!” rivolti agli amici più stretti, quando si univano alla compagnia.
Le stradine della città erano suggestive come sempre, illuminate da uno spicchio di luna nel cielo e i diversi sistemi cittadini, a rendere il quartiere ancora più vivo e allegro, comune nella cultura popolare del luogo.
Casa di Javier, rimasto silenzioso per tutto il tragitto, frettoloso nel passo, distava ben poche centinaia di metri e a vederla da fuori sembrava esattamente una di quelle vecchie costruzioni delle zone popolari, forse un tempo adibita pure a zona commerciale, ora ridotta ad uno dei tanti vicoli in cui la gente s'infila solo se conosce bene la strada. Per uno come Bryan quello era solo l'ennesimo dedalo di viottoli e stradine che l'indomani si sarebbe dimenticato.
Nella parte inferiore dell'edificio vi era un negozio etnico, uno di quei posti in cui oltre a vestiti, borse, incensi e quant'altro, si potevano comprare anche diversi gioielli in pietra dura, statue del Buddha e campane tibetane al modico prezzo di un rene e un polmone. L'irlandese era cresciuto con la cultura celtica, capiamoci, quindi di Buddha e cose varie non è che ne capisse poi molto.
L'ingresso per gli appartamenti era posto poco dopo, con una classica porta in legno spesso, color verde bottiglia, che il moro si preoccupò di aprire con le chiavi. Finto vampiro bravo nel suo ruolo e a recitare la parte finchè non si trattava di porte sbarrate: a quel punto anche lui doveva ricorrere alle chiavi come un qualunque mortale! La cosa fece ridacchiare Bryan, che si ritrovò lo sguardo curioso del moro addosso, ora intento a fare strada su per le scale.
Tre piani per il duo, una cosa semplice e classica, nulla di imponente per l'edificio, che i due salirono senza troppe remore o problemi, come fossero stati amici dell'università che rientrano a casa dopo la serata passata in giro a far baldoria.
Ennesima porta per l'ingresso all'appartamento, che entrambi si decisero a superare una volta aperta, all'interno del quale Bryan si accorse che le pareti erano state sostituite quasi del tutto da colonne portanti, per creare uno spazio aperto più simile a un loft che a uno degli appartamenti dell'epoca in cui era stato costruito l'edificio. Insomma, come un regalo la cui carta esterna sembra provenire dall'armadio della nonna con all'interno un gioiello degno di Tiffany!
La cosa un po' spiazzò Bryan, rimasto sulla soglia ad osservare il lusso in netto contrasto con l'esterno di poco prima, con tanto di tecnologia di ultima generazione, un caminetto finto nella zona soggiorno e una cucina contemporanea. Quella cucina per poco non gli fece cacciare un urlo. Stupenda e perfettamente ordinata, con ogni utensile appeso o posto nell'apposita scatola, contenitore, cesto, dotata di ogni accessorio possibile e immaginabile. Per lui che sognava da sempre di diventare uno chef professionista e non ne aveva mai avuto la possibilità, quello era un paradiso in terra.
Si sarebbe voluto voltare per dirgli quanto già amasse quel posto, almeno per fargli i complimenti visto che sapeva bene quanto la cosa non sarebbe durata, ma nel sentire le mani dell'altro addosso, a cingergli pian piano la vita con una dolcezza indicibile e le sue labbra sul collo, ogni parola gli morì in gola. Brividi, brividi ovunque per l'irlandese che sentiva le gambe cedere e il corpo reclamare libertà dai vestiti. Siamo realisti, i complimenti avrebbe potuto farglieli anche dopo, primo, e secondo non era colpa sua se quello era così perfetto! Perché resistere a tanta bellezza? Lo aveva seguito volontariamente, ma forse non si sarebbe aspettato quella sensualità nei gesti, che non aveva ritrovato in nessun altro con cui aveva avuto un rapporto occasionale.
Mi piacciono gli amanti dolci” disse, sorridendo con tranquillità.
Lo sospettavo”
Dolce nel tono, essere trattati con del riguardo avrebbe fatto piacere a chiunque, lui non faceva eccezione. La reflex ancora addosso tramite apposita cordina venne spostata dal ragazzo, che si premurò di appoggiarla su un mobile, laddove non sarebbe potuta cadere o rompersi per qualche disgraziato motivo. La sua “bambina” gli era costata un occhio della testa, comprarne un'altra sarebbe significato rinunciare a un mese e mezzo di stipendio o quasi, contando l'affitto e le bollette da pagare.
E gli amanti passionali, ti piacciono?” chiese Javier a un certo punto, rimanendo a sussurragli all'orecchio, le mani a scorrere sul corpo dell'irlandese come cercasse di arrivare sensualmente alla sua maglia, per poi infilarvele al di sotto, tastando il suo corpo.
L'imbarazzo non fu il sentimento predominante tra i due, sottile nella mente di Bryan, assente in quella dello spagnolo, quanto più il desiderio. Volontario in quella crociata che sperava si sarebbe rivelata solo piacevole, sapeva a cosa sarebbe andato in contro nel seguirlo, non desiderava altro.
Anche quelli, se non mi fanno troppo male...”
Un modo gentile e carino per dire che sì, si sarebbe prestato ben volentieri a certe cose, ma entro limiti ben stabiliti. Nulla alla “Cinquanta sfumature” per intenderci, niente rituali satanici o cosplay strampalati in cui lui gli avrebbe rivelato di essere davvero un vampiro o cazzate simili. Non è che Bryan non fosse un nerd, ricordiamolo, ma i limiti andavano stabiliti, come nella vita quotidiana, così anche in camera da letto, specie tra due sconosciuti.
La presa sul proprio corpo si trasformò in un abbraccio velato, accompagnato da una risatina di divertimento soffiata tra le labbra per il moro avvolto nel mistero.
Non farò nulla che tu non desideri, anche se so già che me ne chiederai ancora.” sussurrò ancora una volta, portando le mani alla maglia di Bryan per poterlo liberare da quell'impedimento.
Modesto, dicono. A quanto l'irlandese aveva capito, “modestia” non era certo il suo secondo nome, ma la cosa non pareva infastidirlo più di tanto.
Ancora perso in quelle risposte tanto sincere e dirette, sentì l'altro muoversi per spingerlo con il suo corpo verso il bancone della cucina, cosa che fece fremere l'irlandese con tutto sé stesso. Aiuto in cucina, aspirante chef, un sogno nel cassetto che si portava dietro da quando era bambino e avrebbe potuto non desiderare altro che farlo sul bancone perfetto di uno sconosciuto?! Doveva essere un sogno. O un incubo se quello avesse preso un coltello e lo avesse sgozzato, trasformando la loro fuga di passione in un episodio di C.S.I.
Pose le proprie mani sul bancone in metallo lucido, percependo gli ansimi farsi strada tra le membra per fuoriuscire come vulcani in eruzione dalla gola, misti a sottili mugolii di piacere nel percepire le mani dell'altro addosso. Essere toccato, spogliato, quelle labbra sul collo che lo stavano baciando ora con sempre maggior insistenza era qualcosa che non avrebbe potuto lasciarlo indifferente.
Sentì il suo corpo addosso, diverse parti del suo corpo a dire il vero, che non si limitavano alle sole sporgenze degli arti, ma diciamocelo, la cosa non solo non lo infastidiva, ma gli donava più piacere del previsto. La pressione esercitata dal padrone di casa, mista a quell'insistenza tipica delle popolazioni del sud, passionali e focose, iniziava a dargli alla testa. Sentì le sue mani sui propri pantaloni e ben oltre, così come a propria volta provò a raggiungere quella zona con le dita, nel tentativo di scoprire anche il suo corpo, ma la frenesia di Javier era tale che si sarebbe solamente voluto abbandonare alle sue braccia per lasciargli fare tutto ciò che desiderava.
Il calore emanato dai loro corpi, quel muoversi uno contro l'altro, gli ansimi che da emissioni di semplice aria calda mista a mugolii si trasformarono in veri e propri gemiti, sarebbero stati troppo per qualsiasi essere umano.
Lo sentì mordere a un certo punto, probabilmente come aveva fatto con la ragazza, in quel punto tra la spalla e il collo che sembrava piacergli tanto, ma a parte il lieve dolore iniziale dovuto alle protesi dentali, il seguito fu puro piacere, che misto alle emozioni già in atto nel proprio corpo, lasciarono Bryan stordito, completamente in balia di quello sconosciuto che avrebbe potuto fare di lui tutto ciò che desiderava.

Il mattino seguente, se così si poteva chiamare “l'alba di mezzogiorno”, Bryan si svegliò nel letto di Javier, per metà rannicchiato tra le coperte, sebbene facesse ancora caldo, per metà del tutto scoperto. In tutti i sensi visto che i vestiti avevano preso il volo la notte precedente e nemmeno ricordava dove fossero, o quasi. Inoltre, sebbene quello fosse il letto dello sconosciuto che se lo era portato a casa dopo averlo rimorchiato al locale, dello stesso padrone di casa non c'era nemmeno l'ombra. In parte Bryan sperava se ne fosse andato, così avrebbe potuto recuperare le proprie cose e andarsene senza disturbare troppo, ma a giudicare dal caos lasciato tra le coperte e probabilmente anche fuori, scapparsene inosservato con un passo laterale sarebbe stato difficile.
Andiamo, il padrone di casa non era lui, Javier sapeva che avrebbero messo a soqquadro l'appartamento, ora toccava a lui pulire!
L'irlandese si trasse a sedere, constatando che il fondo schiena stava bene e non aveva nulla di rotto o dolorante, salvo quel morso a metà tra il collo e la spalla che ora iniziava a sentire appena. Ci aveva dato dentro, quel deficiente! Vabbè, stupido anche lui ad andare a letto con uno che ha il fetish per i vampiri. Ora aveva poca importanza dal momento che avrebbe dovuto lavorare più tardi per il servizio serale a cui lo avevano messo di turno.
Buongiorno, ti ho portato una tisana, se ti fa piacere” disse Javier, sbucando dal nulla o quasi, silenzioso come un gatto.
Bryan cacciò un urlo degno di una donnicciola alle prese con un topolino e per poco non fece un infarto, portandosi una mano al petto per lo spavento.
Credevo fossi uscito!”
E' casa mia, mica la tua”
Sì, ma...”
Dopo un bel respiro, Bryan ringraziò il moro, accettando la tisana di buon grado. Se non altro era stato gentile, non se lo aspettava, diciamocelo.
Rimase a sorseggiare la tisana per un po', senza dire nulla, guardandosi in giro di tanto in tanto, potendo notare diverse cose etniche simili, se non uguali, a quelle del negozio sottostante. Qualche cristallo qua e là per illuminare la casa, una fontanella a ricircolo con tanto di fumo colorato posta quasi in un angolo. Tutto in quella casa era armonico e perfettamente preciso, come se ogni cosa si fosse scelta da sola il proprio posto, donando un senso di pace a chiunque vi entrava. Solo la luce soffusa avrebbe potuto mettere a disagio chi non era abituato, ma lasciando entrare qualche spiraglio dalle persiane in legno, l'effetto luminoso sui cristalli donava un'atmosfera rilassante e semplice.
Hai una bella casa” disse, cercando lo sguardo del moro.
Javier sorrise, annuendo con naturalezza.
Ti ringrazio, ho impiegato un po' per arredarla.”
Un tipo silenzioso, ecco come gli pareva Javier così su due piedi. Senza troppo da dire, per dirlo al momento giusto, senza dare aria alla bocca inutilmente.
Quindi...sei un vampiro?” chiese Bryan ridendo dolcemente, lasciando intendere la battuta.
Javier lo guardò con aria confusa, sfarfallando le ciglia un paio di volte come se non avesse capito bene la domanda.
Non era evidente da quando mi hai incontrato?” chiese in risposta.
L'irlandese scosse la testa, ridendo composto, la tazza ancora tra le mani con qualche strascico di fumo ancora presente a innalzarsi dal liquido all'interno.
Com'è nata questa passione, se posso chiedertelo...?”
Ovvio che non prendesse la cosa seriamente, chiunque lo avrebbe preso per un cosplayer pazzo o qualcosa del genere, senza contare che protesi a parte, non aveva nulla delle tipiche cose stereotipate dei vampiri classici.
Lascia stare, è un discorso lungo e tedioso” rispose l'altro, ridacchiando a propria volta.
Misterioso quello sconosciuto di cui conosceva solo il nome, gli dava l'impressione che volesse evitare le risposte dirette. Per quel poco che avevano avuto occasione di parlare, s'intende. Sì, era calato nella parte molto bene, ma alcuni accorgimenti lasciavano intendere che era una persona come tutte le altre, a partire dal fatto che era mattina ed era già sveglio.
Quindi come richiesto dallo spagnolo, Bryan lasciò perdere, chiacchierando a grandi linee del più e del meno, lasciandosi illustrare dove avrebbe potuto trovare i migliori locali della città, alcune attrazioni da poter fotografare nel tempo libero e cose simili.
Dopo aver terminato la tisana, si decise a rivestirsi dopo aver trovato i vari pezzi dell'abbigliamento, messi in ordine da Javier perché non si sporcassero, infine recuperò la macchina fotografica da dove l'aveva lasciata, ancora lì, al suo posto.
Ringraziato Javier per l'ospitalità, in un certo senso, lo salutò senza troppi problemi o imbarazzo, ben sapendo che se anche lo avesse incontrato in giro per strada, non avrebbe avuto nulla di cui preoccuparsi. Non si vergognava della serata, anzi, era stata fin troppo piacevole, ma il lavoro chiamava e sarebbe voluto passare a casa per darsi una lavata e cambiarsi prima di prendere servizio in cucina.
Dalla propria zona abitativa, Chueca distava circa venti minuti a piedi, meno in metro, se si contavano la precisione degli orari e la comodità del viaggio. Senza contare che la linea cinque lo avrebbe portato a destinazione in un attimo. Non si sorprese per l'affollamento della metro, così come della rapidità del mezzo, tutto nella norma. Sceso a Puerta de Toledo, si poteva dire che fosse appiccicato a casa, dato l'appartamento preso in affitto in Calle de Toledo. Qualche metro dopo essere uscito dalla stazione, imboccata la porta giusta sullo stradone ed eccolo arrivato a destinazione.
L'appartamento semplice sprizzava luce da ogni finestra, ristrutturato a nuovo per chi come lui si trasferiva in città per qualche mese o poco più, si trovava in una posizione comoda e pratica, vicino a diverse attrazioni della città, quasi in pieno centro. Oltre a essere tenuto bene, dall'arredamento semplice, in stile Ikea per così dire, economico, ma classico, tendente al bianco e nero opaco.
Raggiunta la propria stanza, l'unica camera da letto dell'appartamento, Bryan si buttò sul letto, sorridendo rilassato nel volersi riposare un po' di più prima del lavoro.
La doccia avrebbe potuto aspettare, non aveva fretta, quindi avrebbe potuto dedicarsi al proprio hobby senza troppi pensieri. Recuperato il portatile dalla scrivania, dopo averlo acceso in tutta calma, si decise a collegare la reflex per poter trasportare le foto sul computer, magari stampandone qualcuna, volendo osservare se ce ne fossero di sfocate ed eventualmente correggendole. Si accorse tuttavia che qualcosa non tornava. Il programma non trovava nessuna fotografia. Aprì quindi lo sportello in cui di norma era posizionata la memory card e con proprio enorme stupore rimase pietrificato, come se qualcuno lo avesse pugnalato all'improvviso e lo avesse privato dell'aria. La memory card era sparita.
   
 
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