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Autore: AlessiaDettaAlex    27/12/2017    1 recensioni
[Taki POV | Qualche accenno Taki x Mitsuha]
Ricordi di Taki della città divina di Musubi che venne distrutta dalla cometa Tiamat nell'ottobre del 2013.
Dal capitolo: «Itomori era protetta dalle stelle. I loro occhi illuminavano la conca in cui sorgeva e vegliavano su questo tempio dove regnavano stabilità e silenzio. Non sostava alle leggi del tempo, Itomori: era sospesa in una dimensione eterea, tra cielo e terra»
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In ricordo di Itomori
 
Taki si ritrovò, nuovamente, nel corpo di Mitsuha. Sorrise tra sé, aspettandosi che sarebbe potuto accadere. Si alzò prima che potesse venire Yotsuha a svegliarlo e si affacciò alla finestra: si sentiva un’energia positiva in corpo e gli era venuta voglia di ammirare lo spettacolo del lago di Itomori. Com’era bello! Il sole era sorto da un’ora, ma le montagne ancora impedivano che bagnasse il paese; il suo paese. La luce morbida del mattino permeava di un’indefinita sensazione di sacralità tutta Itomori. Non solo la dimora delle Miyamizu, ma tutta la città era divenuta tempio divino. Taki si sentì il cuore scoppiare di contentezza.
«Sorellona, sei già sveglia? Ma che stai facendo?»
Il ragazzo nel corpo di Mitsuha si girò verso la bambina. Non riusciva a smettere di sorridere.
«Stavo ammirando la bellezza del posto in cui viviamo»
Yotsuha alzò un sopracciglio.
«Ma non avevi detto di odiare questa città? Sei tutta matta! Sbrigati che facciamo tardi» sentenziò secca prima di richiudere la porta.
Giusto. Mitsuha odiava Itomori. Taki si avvicinò allo specchio e guardò il corpo che non gli apparteneva. Anche lei era una ragazza bellissima, come la sua cittadina. Anche dai suoi occhi Taki riusciva a veder riflessa la stessa scintilla divina che apparteneva al paese. Ma perché l’odiava? Sì, magari l’ambiente campagnolo con tutte le sue scomodità non era facilmente vivibile. Essere la nipote della sacerdotessa del tempio, con tutte le incombenze religiose e tradizionaliste che ne derivavano, forse non era il sogno di ogni ragazza. Ma Taki avrebbe scambiato volentieri la sua vita agiata e monotona con quella di Mitsuha per sempre, se ne avesse avuto la possibilità. Itomori era pace, era natura, era tradizione, era spiritualità. Era la sua oasi con appuntamento a cadenza settimanale per staccare la spina dalla continua lotta per la sopravvivenza metropolitana di Tokyo. Ed era anche l’opportunità per conoscere così a fondo la famiglia, gli amici, la quotidianità di quella ragazza che sentiva così tanto parte di sé: conoscere e amare la sua vita era conoscere e amare di più lei. Era condividere il proprio cuore; e Taki avvertiva crescere in sé un affetto quasi reverenziale mentre spiava così da vicino l’universo e il sorriso di Mitsuha Miyamizu.
Tesshi e Sayaka, tutti i compagni di scuola, la nonna Hitsuha, persino suo padre, erano persone che gli erano estremamente care. Anche loro, chi più e chi meno, chi con consapevolezza e chi senza saperlo, risplendevano della magia di Itomori.
«Dovrebbero proprio aprire una caffetteria, in questo buco di paese» commentò Sayaka durante la pausa pranzo.
«“Buco” è proprio il termine giusto. Tu lo sai come si è formato il lago? Più di mille-»
«Tesshi, per favore, non ho voglia oggi!» lo interruppe l’amica.
Taki rise. A dire il vero lui era curioso di sentire la storia, ma non aveva voglia di contraddire Sayaka: le porse il caffè in lattina che aveva comprato camminando verso il liceo quella mattina.
«Che te ne fai di una caffetteria quando hai un’amica che pensa a te?»
Lei sorrise grata e prese la bevanda.
«Mitsuha, ci sono giorni in cui dubito che ti piacciano i ragazzi. Oggi, per esempio, sei particolarmente cavaliere!»
«Ma che stai dicendo, Sayaka?!» sbottò Tesshi stizzito e sconvolto.
La ragazza, a quella reazione, scoppiò a ridere.
«Sta scherzando, Tesshi! Sei proprio un pollo!» aggiunse Taki aspirando rumorosamente il succo di mirtilli nel suo brick.
Campagna o città che vivesse, le persone erano sempre le stesse. I problemi, l’affetto, le battute, le risate, le lunghe chiacchierate nelle pause: era come stare insieme a Tsukasa e Takagi a Tokyo. Taki non sentiva alcuna differenza. Tesshi e Sayaka, oltre ad essere amici di Mitsuha, erano suoi amici. Anche se loro non lo sapevano.
Il sole era ormai tramontato da un po’ quando aiutò la nonna ad apparecchiare. Yotsuha gli saltellava intorno, indaffarata a raccontare la sua giornata scolastica. Taki ascoltava paziente, inserendosi ogni tanto con qualche battuta per farla ridere.
«Oggi sei più simpatica del solito, sorellona; peccato che tu abbia fatto schifo a intrecciare i fili»
«Tu invece sei la solita peste irrispettosa, vedo; ho avuto un momento di... amnesia! Vedrai che domani sarò di nuovo padrona delle mie capacità»
Taki sentì un tuffo al cuore mentre pronunciava la parola “domani”. Domani sarebbe tornato anche lui se stesso. Si sarebbe risvegliato nel solito caos metropolitano e avrebbe ripreso in mano la sua vita.
«Mitsuha» pronunciò lentamente la nonna mentre appoggiava una ciotola di riso in tavola.
Taki si girò.
«Sì, nonna?»
Lei scavò nei suoi occhi per qualche secondo, come a carpirne un segreto; e poi gli sorrise benevola.
«No... nulla».
Dopo cena tornò nella sua camera e si preparò per andare a dormire. Prima di infilarsi nel futon andò ad affacciarsi sul villaggio: le luci nelle case e nelle strade si riflettevano sul lago completamente piatto. Alzò lo sguardo verso il cielo: il mare di stelle che riusciva a vedere non aveva nulla a che fare con l’oscurità che inghiottiva Tokyo, sommersa dall’inquinamento luminoso. Itomori era protetta dalle stelle. I loro occhi illuminavano la conca in cui sorgeva e vegliavano su questo tempio dove regnavano stabilità e silenzio. Non sostava alle leggi del tempo, Itomori: era sospesa in una dimensione eterea, tra cielo e terra. Taki si sentì gli occhi lucidi. Provò dispiacere al pensiero di doversi risvegliare a Tokyo. Ma, d’altra parte, il meccanismo almeno su questo era chiaro: non era mai stato in Mitsuha per due giorni di fila. Dopo uno scambio, seguiva sempre almeno una giornata in cui tornava ad essere Taki Tachibana. Salutò Itomori.
Sotto le coperte scrisse per Mitsuha il resoconto del giorno appena trascorso. Poi si addormentò.
 
***

La cometa Tiamat! Taki non riusciva a crederci. Si scambiava di corpo con una ragazza vissuta tre anni fa. Ma che adesso era morta. Distrutta. Fatta a pezzi come ogni singola costruzione di Itomori da un frammento di Tiamat. Lo sguardo del ragazzo saltava qua e là tra gli articoli datati ottobre 2013 e le note vuote del suo cellulare. Come aveva fatto a perdere da un giorno all’altro le due cose più belle che aveva conosciuto in un mese? Il sorriso di Mitsuha e la città-tempio di Itomori! Nella sua mente erano una cosa sola. Mitsuha era Itomori e Itomori era... era... aspetta, qual era il suo nome?
«Taki, vieni a dormire, dai! Domani dobbiamo ripartire...»
Il ragazzo si voltò verso Okudera, con le mani strette tra i capelli e lo sguardo allucinato.
«Sì» pronunciò lui in risposta, ma gli sembrava che la voce non uscisse affatto.
E alla fine, invece, corse sulla montagna del dio Musubi. Musubi era legame, musubi era connessione di vite, fili che si intrecciano, si sciolgono, si rompono e si riallacciano. Era il tempo. Musubi era il suo legame con una ragazza morta da tre anni, con una terra squarciata da una cometa. Arrivato in cima al monte, Taki non poté far altro che piangere. Non aveva sognato nulla, tutto era vero. Anche la morte di Mitsuha. Anche la distruzione di Itomori. Hitsuha e la sua lezione su musubi erano le sue uniche possibilità di provare a salvare quella gente. Ma non quella città.
 
***

Taki era ossessionato dalla vicenda di Itomori. Non riusciva a capire il perché, ma questa irrefrenabile curiosità l’aveva preso sin da quella strana gita che aveva fatto al liceo insieme a Tsukasa e Okudera. Si era laureato in architettura con una tesi sulla struttura del tempio Miyamizu, il centro più tradizionale dell’antica Itomori. Gli sembrava di conoscerlo come le sue tasche, quel luogo. Come se ci avesse vissuto per un periodo. E non capiva se ad interessarlo così tanto fosse il mistero in cui erano annebbiate le circostanze della salvezza dei suoi abitanti o il puro e semplice fascino verso un luogo mistico che ha avuto un così triste finale. E poi, tra le foto di quel lago e di quelle costruzioni immerse nei boschi, c’era qualcosa o qualcuno che più di tutto il resto stava cercando disperatamente.
 
***

«Qual è il tuo nome?»
Finché non la ritrovò. Finché, di nuovo insieme, non ricordarono tutto. Quando riabbracciò Mitsuha e i suoi ricordi, si sentì finalmente di nuovo intero. Era lei! Quella che aveva tentato così disperatamente di salvare da Tiamat la distruttrice, quella che voleva vivesse di nuovo, quella che aveva imparato ad amare sondando fin nel più minuscolo dettaglio il suo quotidiano. Quella che gli sembrava familiare quanto se stesso. D’altronde erano stati l’uno nel corpo dell’altro.
Tornarono a Itomori. La gente più legata a questa terra aveva ricominciato a ricostruire il piccolo comune. Ci vivevano un centinaio di persone al massimo, ma loro voglia di ricominciare era sbalorditiva. Taki pensava che ci volesse coraggio a scegliere di piantare la propria tenda in un luogo maledetto dove la stessa cometa aveva colpito due volte.
«Questo luogo è benedetto da Musubi» sussurrò Mitsuha guardando il perimetro del nuovo Lago di Itomori.
Taki la guardò sorpreso.
«Come fai a dire una cosa del genere di un luogo che è stato squarciato due volte da Tiamat? È quasi più probabile che un fulmine colpisca due volte lo stesso uomo!»
Mitsuha gli sorrise e lo prese per mano.
«Noi ne siamo la prova. Per qualche motivo le donne della famiglia Miyamizu, il tempio di Musubi e Itomori sono strettamente legati tra loro. Musubi, il legame tra tutte le cose, il tempo stesso, ci protegge. Questa città è benedetta. Ci ha salvati. Ha scelto te per salvarci»
«Ha scelto te per salvarvi. Il potere è stato dato a te, per proteggervi. E sei stata tu a convincere tuo padre ad evacuare tutti. Hai salvato centinaia di persone» fece una pausa e prese a guardare il lago, ormai ripulito dai relitti lasciati dalla catastrofe, «ma non Itomori. Lei non si è salvata»
La giovane donna strinse di più la sua mano di Taki. Lui avvertì pizzicare gli occhi. Si sentiva così ridicolo! Non era nemmeno la sua città!
«Ti piaceva così tanto?» gli chiese semplicemente Mitsuha.
«Sì. Anche se so che per te non era lo stesso»
«Per me era... stretta. Per questo ho creduto di odiarla. Ma in quella sera di otto anni fa, riaprire gli occhi e vederla devastata in questo modo, ha fatto morire qualcosa anche in me. Era pur sempre la mia casa»
Taki si chiese se ricostruendola Itomori sarebbe mai tornata bella e sacra com’era prima, quando la guardava con gli occhi di Mitsuha. Alzò lo sguardo verso le stelle che cominciavano a spuntare una dopo l’altra: era il crepuscolo.
«Kataware doki»
La sua bocca si era mossa senza che riuscisse a controllarla.
«Già» gli rispose Mitsuha appoggiando la testa sulla sua spalla.
Taki sapeva che era in progetto una ricostruzione quasi completa del villaggio, con tanto di tempio Miyamizu. Mitsuha gli aveva detto che sua sorella aveva intenzione di occuparsene in prima persona, che voleva riprendere in mano il sacerdozio ed ereditare la tradizione della defunta nonna. Con Yotsuha che faceva da ponte tra la dimensione divina e quella terrena, a Taki piaceva credere che Itomori sarebbe tornata presto quella che era un tempo... magari non sarebbe stato proprio lo stesso paese che aveva imparato ad amare, ma lui era intenzionato a dare tutto l’aiuto che poteva servire. Persino Tesshi e Sayaka stavano progettando di costruire qui la propria vita matrimoniale. Taki voleva anche costruirvi una seconda casa per sé e per Mitsuha. Sperava di poterselo permettere, quando avrebbe finalmente trovato un posto di lavoro sicuro. Avrebbero sicuramente vissuto a Tokyo, ma voleva che avessero anche lì un posto in cui tornare. Un posto in cui svegliarsi la mattina e potersi fondere con la pace della città della cometa. Era il suo sogno più dolce, o forse più nostalgico. Ma sentiva che solo in questo modo avrebbe riottenuto completamente ciò che aveva rischiato di perdere cinque anni prima: Mitsuha di Itomori.
La sua Mitsuha e la sua Itomori.


 
Note di Alex
Salve! Ho visto questo film a Natale abbastanza per caso, e me ne sono decisamente innamorata. Ma siccome io vado sempre controcorrente, mentre il resto del fandom fangirla sulla ship (bellissima, eh) Mitsuha x Taki, io mi fisso sulla storia di Itomori. Di una fottuta città. E niente, non so perché ma durante la triplice visione del film (sì, l'ho visto tre volte poi) la cosa che mi ha fatto venire i brividi di più è stata proprio la storia di questo paese, di tutto l'apparato tradizionale/religioso/naturalistico di questa città bellissima inventata da Makoto Shinkai. Per cui... mi piaceva pensare che Taki si fosse affezionato, oltre alle persone, anche a Itomori stessa. Ho provato a riproporre brevemente la sua storia mentre segue il fil rouge di un amore diverso ma complementare a quello che raccontano tutti (Mitsuha): quello verso Itomori. Sper sia uscita una cosa diversa e carina.
Ditemi che ne pensate!
Alex
   
 
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