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Autore: The_Fairy_Queene    27/12/2017    0 recensioni
Si dice che, per certe persone, il Destino non esista, che abbia scelto di abbandonarle nel momento stesso in cui hanno visto la luce per la prima volta. Persone per cui e contro cui, il Fato non possa nulla.
Questa è la storia che sto per raccontare...
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Vecchia mi trovò davanti alla porta strombata di legno intarsiato del vecchio mausoleo nel cimitero sconsacrato, era la notte delle stelle cadenti, cadevano stelle dorate dal cielo scuro fino a toccare il prato e formare una scia di polvere luminosa, la mattina dopo sarebbe uscita a raccoglierla e l'avrebbe conservata fino all' anno successivo per farne delle pozioni magiche molto potenti. Udì un bussare frenetico e insistente alla porta, poi una donna che singhiozzava tra le lacrime e in fine dei passi, sempre più veloci, sempre più lontani... Aprì la porta troppo tardi per poter vedere chi fosse quella donna, ma al suo posto trovò un fagottino verde, appallottolato sulla scala, con all'interno una bimba, me.  Mi raccolse, mi portò in casa e mi educò, mi crebbe, mi allevò e mi accudì, così come se fossi figlia sua, non mi fece mancare nulla, l'affetto, i vestiti, i giocattoli, l'istruzione. Mi insegnò le arti magiche, la preparazione delle pozioni, dei distillati, l'applicazione dell'alchimia e perfino la scrittura e a far di calcolo, purtroppo però, non si poteva permettere di farmi uscire dal cimitero. La casa all'interno del mausoleo era piccolina, ma accogliente, ordinata e pulita, ogni cosa svolgeva il suo lavoro ogni giorno senza che la Vecchia dovesse far altro che chiederglielo e allora l'arcolaio filava, il cucchiaio girava la minestra, le lenzuola si ripiegavano, la scopa spazzava e i piatti si lavavano, nel cimitero crescevano molte specie di erbe e piante grazie alle quali conducevamo una dieta abbastanza variata, e quello che ci mancava ci veniva portato ogni tanto dai visitatori che venivano a chiedere consulenze alla Vecchia. Venivano di sera, uno o due, a volte perfino tre per serata, venivano a chiedere pareri, consigli, sortilegi, pozioni, unguenti, ogni tanto qualcuno voleva sapere il futuro, altre persone, in casi rari, erano venute a chiedere fatture provocatrici di dolore e morte. La Vecchia sapeva davvero fare ogni cosa, ma non voleva che mi vedessero: mi obbligava a nascondermi quando arrivavano le persone, nessuno doveva sapere della mia esistenza, quindi mi metteva a letto, nel vano intermedio della parete, quello in cui un tempo risiedeva la tomba del figlioletto della famiglia sepolta nel mausoleo, richiudeva la grata e mi diceva di dormire. Come compenso ricevevamo uova, carne, latte e altri alimenti genuini provenienti dalle migliori campagne. C'era solo una cosa, che la Vecchia non voleva che vedessi, in un angolino remoto del mausoleo vi era un tavolino, sopra al tavolino vi era appoggiato un oggetto, doveva essere grande e di forma tonda, ma non si vedeva, perchè sopra all'oggetto vi era un grande drappo verde, era una stoffa pregiata, doveva essere velluto e copriva avvolgente l'oggetto appoggiato sul tavolino, la Vecchia mi diceva sempre che la cosa sotto al drappo verde non avrebbe mai potuto farmi del bene, e che quindi era rischioso che io la usassi, sapevo che se le avessi disubbidito le conseguenze sarebbero state devastanti, ma la curiosità era tanta che, nelle notti di luna piena facevo finta di dormire chiudendo la grata della mia tomba e spiavo la Vecchia che si sedeva al tavolino e praticava strani sortilegi, tuttavia non riuscivo a vedere cosa fosse l'oggetto sotto al drappo perchè la Vecchia, dandomi le spalle, lo copriva ai miei occhi, ma avevo memorizzato alla perfezione le parole che usava per utilizzarlo e sapevo che un giorno mi sarebbero state utili. E così il tempo passava e io crescevo e imparavo. La Vecchia cominciò ad insegnarmi cose più complicate ed io ero contenta di vivere quella vita serena con lei.

All'età di diciannove anni, oramai, avevo appreso tutti i tipi di incantesimi e magie esistenti, la Vecchia mi aveva insegnato tutto sul mondo, e così, discutendo in un pomeriggio assolato all'ombra di una lapide, disse di volermi istruire sull'ultima delle magie. La mia mente ricorse subito all'oggetto sconosciuto sotto al drappo sul tavolino, ma subito lei abolì i miei pensieri con una parola che non avevo mai sentito: <>. 
Cominciò con lo spiegarmi che essa era la più potente magia del mondo: 
- L'amore è un tipo di magia che nessuna fata può controllare, nè realizzare. E' il motore che fa andare avanti il mondo, vedi, tu, per esempio, sei cresciuta così forte e bella e intelligente soltanto perchè io ti ho amata, ti ho amata da quando ti ho trovata sulla mia porta quella sera d' estate e ti amerò sempre, perchè sei la mia benedizione. -  Fece una pausa e riprese con aria triste - sono molto dispiaciuta di non aver mai saputo chi fosse tua madre, ma chiunque fosse sono certa che ti abbia portata qui da me perchè ti amava anche lei, ti amava così tanto che non ti ha permesso di crescere con lei, che evidentemente ha avuto un destino triste.  Vedi, bambina mia, l'amore è qualcosa di veramente forte, potente. L'amore è quella cosa che ci permette di fare sempre la scelta giusta. In ogni momento, senza limiti. Se mettiamo l'amore in quello che facciamo lo faremo sempre bene. 
Non capivo che cosa volesse dire, non avendo mai conosciuto nessun'altra persona oltre lei non potevo sapere che cosa significasse davvero amare, poichè avevo sempre dato per scontato il sentimento che mi legava alla Vecchia. Certo, capivo che doveva essere qualcosa di potente, se addirittura nessuna fata poteva controllarlo, ma mi sembrava eccessivo che una magia così potente potesse essere usata da tutti e in modo tanto spropositato.
 
Quella sera, dopo cena, pensavo a quanto l’ amore potesse essere potente, mi chiedevo quale alchimia esistesse dietro una magia incontrollabile ma allo stesso tempo a disposizione di chiunque.  Fra me e me chiesi di averne una dimostrazione, e forse, qualche angelo là sopra, mi ascoltò.  Mentre oziavo crogiolandomi fra le coperte calde e confortevoli nel mio piccolo loculo, io e la Vecchia udimmo dei colpi insistenti alla porta.  Lei mi tirò un’ occhiataccia che mi spronò a chiudere la grata della mia tomba e rintanarmi nel buio, si girò tirandosi su alla meglio i capelli, le profonde rughe sulla fronte e intorno alla bocca  apparivano irrigidite e preoccupate più del normale ogni volta che qualcuno bussava alla porta. 
Aprì. 
Una pattuglia di sei soldati capitanati da un cavaliere in armatura argentea, si fecero largo in casa senza che la Vecchia li ospitasse. Io mi rintanai di soppiatto e in silenzio ancora più infondo nella tomba, poi il cavaliere parlò...
 
   
 
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