Anime & Manga > Tokyo Ghoul
Segui la storia  |       
Autore: Chemical Lady    28/12/2017    0 recensioni
[[ Spoiler su tutto Tokyo Ghoul :re - Presenza di personaggi OC nella storia ]]
La figura che troneggiava su di lei sembrava un angelo.
Distinta, si stagliava verso il cielo possente, spezzando il buio notturno con la sua bianca presenza. Il cappotto candido cadeva fino al terreno, immacolato ad eccezione di qualche piccola ma visibile goccia di sangue. Una costellazione vermiglia, spaventosa, che impregnava il tessuto sovrapponendosi ad altre più vecchie, marroni e rapprese, ad alta velocità.
Il volto, invece, pareva quello di un demone. Gli occhi dall'innaturale sclera nera spiavano impassibili e annoiati il solo superstite della squadra Hidaishi.
Riversa sul marciapiede, in una pozza della sua stessa urina, c'era una ragazza dai capelli neri, che spuntavano arruffati da sotto il casco della divisa antisommossa del CCG. Teneva gli occhi ambrati fissi su quelli del ghoul dalla maschera rossa, incapace di distoglierli.
Sto morendo , si diceva in una lenta litania. Sto morendo.
Aiko Masa, vent'anni sprecati a compiere scelte inutili, stava morendo.
[[ Quinx Squad center ]]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Sasaki Haise, Sorpresa, Un po' tutti, Urie Kuki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
saboteur

僕は孤独さ  No Signal

Parte sesta: Il caso Arakawa.

 

 

«Che bella serata per scendere nelle fogne, con la merda fino alle ginocchia. Divertitevi là sotto.»

Marude aveva battuto una mano sullo spallaccio della tuta di Suzuya, con un leggero sorrisetto di soddisfazione ad incorniciargli l’espressione seria. C’erano voci di corridoio che sostenevano che il classe speciale non avesse ancora del tutto perdonato il prodigio della ccg per l’avergli distrutto una motocicletta, tre anni e mezzo prima, durante l’attacco a una base Aogiri nella undicesima circoscrizione. Lo stesso attacco in cui lo stesso prodigio aveva riportato il corpo martoriato del leader delle Giacche Bianche, Yamori, il cui kakouh ora era stato imprigionato nell’anima della falce che Suzuya utilizzava come quinque.

Maligno o meno che fosse il commento del coordinatore dell’operazione, non sortì nessun effetto sull’umore di Juuzou. Come prima di ogni sortita, era stabilmente euforico. Non faceva altro che guardarsi attorno con i grandi occhi amaranto, sbattendo i pesanti stivali contro il manto stradale, mentre canticchiava un motivetto allegro, ma con intonazione funerea.

Hanbee ci aveva messo due ore a convincerlo che scendere nelle fogne in ciabatte non sarebbe stato saggio, ma alla fine lo aveva comprato con due stecche di liquerizia.

«La formazione che adotteremo oggi sarà quella  frontale standard», stava nel frattempo spiegando Nakarai ai membri della squadra. Il biondo si stava sistemando i guanti neri,  tenendo a terra, ai suoi fianchi, le sue due valigette. «Appoggeremo le iniziative del caposquadra e, in caso di attacco dato da molteplici nemici, io e Masa copriremo il lato sinistro del caposquadra, mentre Tamaki e Mikage il destro. Abara…. Abara tu tieniti sempre vicino a me.» Lo stangone moro arrossì lievemente, mentre Aiko ridacchiava piano, accarezzandogli piano il braccio a mo’ di consolazione. Nakarai non sapeva proprio farci con le persone.

«Possiamo rompere i ranghi? Quell’albero laggiù merita la mia ultima pisciatina prima della discesa negli inferi.»

«Sei un essere ripugnante.» Nakarai aveva storto il naso, rassegnandosi a Tamaki e alle sue solite uscite colorite. «Rompete pure quello che volte, ma rimanete in zona. Abara, vieni con me. Studiamo di nuovo la mappa del condotto fognario. Mi serve la tua memoria.»

Aiko aveva guardato Mizorou e Mika allontanarsi per liberare le rispettive vesciche, ma aveva concordato con se stessa che non era esattamente il tipo di scena a cui si sarebbe voluta sottoporre prima di una missione così rischiosa. Non sapeva chi si sarebbe trovata di fronte, fra le Facce di Cuoio e Aogiri. Sperava di non avere nessun contatto diretto con Enoki, in ogni caso. Non aveva indossato un casco dopo tanto tempo a caso. Era pronta a ucciderlo nel minor tempo possibile, conscia che se avesse anche solo detto una parola, allora l’avrebbe certamente condannata. Per questo non riusciva a placare un leggero tremore alle mani. Aveva paura e sentiva ancora lo spettro si Nakarai appoggiato sulle spalle, nonostante il biondo avesse allentato la presa. O le avesse fatto così credere.

Non aveva contattato Tatara per domandare chi avrebbe dovuto incontrare il Ripper quella sera. La paura di venire scoperta dal partner biondo, dopo che questi aveva messo sotto controllo anche le reti telefoniche, la ossessionava. Non sapeva niente di quel che sarebbe avvenuto fra i ghoul, ma di una cosa era certa: non sarebbe stata una conversazione pacifica. Né una qualche sorta di contrattazione amichevole.  

Nessuno lascia Aogiri.

Punto.

«Ei, Mucchan. Non pensavo ci foste anche voi.»

Il fantasma di quello che un tempo era il sorriso di Mutsuki Tooru le si mostrò di fronte quando il giovane si fermò, facendo cenno a Yogi che li avrebbe raggiungi subito. Masa salutò la ragazza bionda, adocchiando anche Hachikawa, che di lato al furgone delle operazioni tattiche, stava parlando con Marude e Yoshitoki Washuu. «Nemmeno noi sapevamo di esserci. Siamo appena stati chiamati all’ordine, copriamo la squadra S3 per qualche ora.»

Aiko corrugò la fronte. «Arima non arriverà subito? Perché? Avevano dato disponibilità immediata.»

Il ragazzo dai capelli verdi scrollò piano il capo, «Non ne ho idea. Come stai, piuttosto? Sei con Suzuya, ora.»

Non avevano parlato dal suo trasferimento e Aiko si rese improvvisamente conto del fatto che per i Quinx, Tooru stava pian piano diventando un estraneo. Sì, per i Quinx. Perché lei si sentiva ancora parte di quel team, al contrario del ragazzo di fronte a lei. «Mi trovo bene», gli rispose senza mentire. Anche Nakarai aveva aspetti positivi, dopotutto. Le stava insegnando molto sugli appostamenti e la allenava a dovere. Il resto del team era meraviglioso e lo spirito di unione era tangibile in ogni singola attività che svolgevano in casa. «Sono più puliti dei Quinx. Ma anche più chiassosi. Non lo avrei mai detto.»

Tooru sorrise di nuovo. «Suzuya-senpai, da solo, sa essere molto rumoroso.»

«Sto andando a salutare i ragazzi e Urie, vuoi unirti?», gli chiese, facendo cenno col capo dietro di sé, dove la QS aveva occupato una panchina e un pezzo di marciapiede.

Mutsuki alzò gli occhi verso di loro, ma poi li riabbassò subito. Ad Aiko non sfuggì il modo in cui strinse il pugno. «Scusami, Macchan. Devo assolutamente raggiungere il prima classe Hachikawa. Dobbiamo parlare della nostra strategia.»

Masa comprese che non era il caso di insistere. «Capisco. Allora ci vediamo dall’altra parte della fognatura.»  Si sporse, dando al ragazzo un veloce abbraccio che venne ricambiato. Poi si staccarono e presero due strade opposte.

Aiko raggiunse i Quinx o almeno ci provò. Higemaru le fu addosso in due secondi, iniziando già a lamentarsi del fatto che in quelle due settimane nella squadra Suzuya non si era fatta più vedere allo chateau. «Sto lavorando parecchio», si scusò lei, venendo investita due secondi dopo da Saiko, con la stessa identica lamentela e la fisicità più sostenuta di quella del ragazzino.

«Sei terribile! Come Mucchan! Siete due mostri!»

Aiko roteò gli occhi verso il cielo, con un sorrisetto divertito, mentre appoggiava la mano fra i codini del vice caposquadra in carica della QS. «Il mio asilo personale», sussurrò a mezza bocca, beccandosi non una, ma ben due occhiate indignate. Fece un cenno di saluto anche ad Aura e Hsiao, che ricambiarono. Lesse qualcosa negli occhi della taiwanita di poco tangibile, ma quando poi le sorrise chiedendole come stava, lasciò perdere quell’ennesima paranoia. «Non mi lamento. Sto in avanguardia

«Anche noi», disse Urie, seduto sulla panchina accanto a Shinsampei. Aiko gli schioccò un’occhiata poco gentile visto che non si era nemmeno alzato per salutarla. «Scenderemo insieme e avanzeremo fintanto che potremo.»

«Se avrai fortuna incontrerai di nuovo Labbra Cucite e potrai prenderti la tua rivincita», lo stuzzicò la mora, lasciandosi cadere accanto a lui sul legno. Buttò indietro il capo, sentendo l’elmetto scivolare di pochissimo e tirarle contro il mento. Tenne gli occhi sulle stelle mentre passava il braccio oltre le spalle di Kuki, che cercò di ritrarsi inutilmente. Aura lo bloccava lì dove stava. «Oh, ti ho offeso? Pazienza, sei solo più carino quando fai quella faccia. Mi ricordi un gattino

«Labbra Cucite deve sperare di non incontrarmi mai più», brontolò Urie, impossibilitato a ritrarsi, mentre Masa gli prendeva il naso tra pollice e indice. Non poteva nemmeno ficcarle le dita fra le costole a causa della divisa da battaglia. «E tu non sfidare la mia pazienza. Sto cercando di trovare la concentrazione giusta per il momento.»

«Va bene che dobbiamo scendere nelle fogne, ma se dici così sembra quasi che tu debba usare il bagno.»

«Aiko…»

«Sì, amore

Aura si alzò in fretta. Masa pensò a quanto le mancasse tutto ciò.

«Aiko

«Saremo sotto terra, incanalati in un reticolo fognario paragonabile solo ad un labirinto di escrementi e acqua di scarico, nel quale sarà difficile usare il kagune per loro come per noi. È una missione molto rischiosa, Cookie, e la percentuale di perdere metà dei nostri uomini, dato che non sappiamo il numero dei nemici, è del quaranta per cento. Lasciami divertire finché posso.»

Kuki la guardò negli occhi dorati, notando una leggera venatura di inquietudine trapassarle le iridi. Non aveva mai visto la paura sul volto della giovane prima di una missione, ma sempre molto ferma nella sua posizione. «…Sembri preoccupata. Cosa ti spaventa?»

«La mancanza di informazioni», ammise lei, levandosi un guanto per passarsi la mano fresca dietro al collo. «Mi sembra di essere tornata alla mia prima grossa missione, quella di sgombero di una sede di Aogiri nella undicesima. Sembrava una operazione come tante altre, ma alla fine ci siamo ritrovati di fronte Aogiri al completo e il Gufo col Sekigan, perdendo il cinquanta percento degli effettivi e riuscendo solo a uccidere un solo capo, Yamori delle Giacche Bianche. Questa situazione…. Mi ricorda quella notte. Non sappiamo chi c’è lì sotto. Non sappiamo se ci sono tutte le Facce di Cuoio, circa una ottantina di ghoul incazzati. Poi parliamo di nuovo di Aogiri. Se è Labbra Cucite ad aver chiesto un incontro con un suo ex collaboratore che ora vuole fare a pezzi, di quanti uomini dispone? O magari è solo lei?»

Higemaru, che stava palesemente origliando la conversazione, si voltò verso l’ex partner. «Solo lei? Contro tanti nemici? Non potrebbe mai vincere.»

Aiko scrollò le spalle. «Possiamo dirlo con certezza? Non abbiamo mai visto il suo kagune. Potrebbe essere anche un livello SSS, come il Gufo.»

«Potrebbe essere lei stessa il Gufo», sostenette Urie stesso, stringendo la mano sulla katana così forte da far stridere l’impugnatura. «Il liquido secreto dal kagune è una prova, per non parlare del fatto che tu una volta dicesti a Mei che per te era una donna. Io mi sto convincendo di questa teoria.»

«Tutto è possibile. Ormai non riesco più a star dietro a questi sviluppi. Sto diventando troppo vecchia per tutto. O forse non dovevo accasarmi, è una fonte continua di distrazione questo bel faccino che ti ritrovi, Cookie.»

«Aiko, piantala.»

Per sdrammatizzare e deviare il focus di un discorso che infondo aveva tirato fuori lei stessa, Aiko sospirò apertamente, ritraendo il braccio da dietro le spalle dell’altro. «Io ero  venuta qui sperando in una sveltina pre-battaglia.» Saiko esplose a ridere con Higemaru, di fronte a quella spiazzante sincerità, mentre Aura fingeva di guardare qualcosa sul telefono e Hsiao scuoteva piano il capo, guardandola divertita e rassegnata, in un misto di emozioni. Urie trasalì, orripilato. Aiko rise di fronte a quell’espressione. Sembrava Anacleto della Spada nella Roccia. «Non ti ho chiesto di mangiare un bambino.»

«Hai la minima idea di quanto tempo occorra per sfilare e infilare questa divisa? La stessa che hai addosso anche tu?»

«…. Ah sì, dimenticavo che essendo tu quello dotato di vagina, avresti dovuto spogliarti. Io invece posso così facilmente estrarre il mio pene.»

Contando che Higemaru aveva quasi rischiato il soffocamento da saliva, Aiko decide di chiudere lì la serata. Si alzò, stirando le braccia verso l’alto, prima di guardare di nuovo Urie.

«Non ti chiedo nemmeno un bacio di addio, allora.»

«Addio? Non mi libererò mai di te.»

«Probabile. Allora ci vediamo di sotto.»

Gli concesse un mezzo sorriso, un cenno e poi tornò verso la sua squadra.

Lasciandolo alle sue spalle con una brutta sensazione ad annodargli le viscere.

 

 

«Che schifo di posto. Dovevo dar retta a mio padre e diventare un dottore!»

Tamaki sollevò di poco la valigetta, controllando che l’acqua ristagnante del condotto fognario nel quale stavano camminando non l’avesse sporcata. Di fianco a lui, Mikage sorrise leggero. Non fece comunque in tempo a rispondere con qualcosa di divertente sulla sorte che gli astri decretano per ogni uomo, perché Nakarai li zittì con lo sguardo, prima di rivolgersi a Suzuya. «Cosa facciamo ora?»

Avevano perso la cognizione del tempo per il tanto camminare, finendo poi per ritrovarsi ad un bivio non previsto. «Siamo andati troppo verso sud», informò tutti Hsiao, controllando il dispositivo che teneva sul polso e settando la localizzazione gprs sul luogo in cui erano capitati.

«Non è uno svantaggio», si inserì nel discorso Abara, serio e rispettoso, «Possiamo provare ad aggirarli. Se mi ricordo bene, prendendo entrambe le direzioni possiamo incontrare delle diramazioni che ci porteranno a circondare i due gruppi di ghoul. Sempre che le informazioni che abbiamo siano ancora attendibili e i ghoul non abbiano avuto un cambio di piani improvviso.»

«Speriamo che nessuno sia arrivato in ritardo alla festa, allora.» Aiko si grattò sotto al mento, sistemando il laccio del casco, prima di schioccare la lingua. «Quindi una squadra a destra e una a sinistra?»

«Quanto è saggio separarsi?», chiese Urie a quel punto, con entrambe le mani appoggiate agli spallacci della tuta antisommossa, mentre spiava entrambe le direzioni che conducevano verso un’incerta oscurità. «Non possiamo sfruttare il nostro olfatto qui sotto. Non possiamo essere certi che una delle due squadre si ritroverà da sola contro gli ostili.»

«Avete un kagune, giusto? Se avremo bisogno di supporto, fate un buco nel manto stradale e raggiungeteci. Noi faremo lo stesso. » Nakarai lanciò uno sguardo di intesa a Masa, la quale alzò il pollice in risposta.

«Da sopra è più semplice raggiungere un punto di ritrovo», calcolò Tamaki, mentre teneva d’occhio Suzuya, tutto preso dal canale di sinistra. «Qui sotto rischiamo solo di continuare a girare attorno come una comitiva di turisti cinesi. Separarci è la soluzione migliore anche per lei, caposquadra?»

Juuzou parve addirittura pensarci su, con l’indice puntato verso il mento e gli occhi rovesciati verso l’alto. Poi annuì, «Sì», confermò, dando quindi un ordine diretto in quanto agente di classe superiore fra tutti i presenti. «Restiamo in contatto radio con Urie in ogni caso.»

«Non fate gli eroi e se succede qualsiasi cosa attaccatevi alla frequenza due», Aiko allungò la mano per stringere quella di Hige, che le aveva camminato accanto per tutto quel tempo. «Ci rivediamo dall’altra parte.»

«Siate prudenti anche voi», si assicurò di dire Kuki, guardando verso Aiko.

Lei però si era già voltata, seguendo il suo capo nell’oscurità illuminata solamente dai sottili fasci di luce delle torce. Non perse tempo e imboccò il canale di destra.

«Orecchie aperte, Quinx.»

Vediamo di non fare la fine del topo.

 

 

Quando l’ultimo membro delle Facce di Cuoio rimasto indietro venne trafitto dal suo kagune, Urie poté concedersi il lusso di abbassare di poco la guardia.

Il Ripper gli era scappato da sotto al naso insieme a una manciata di fedeli, lasciando il resto dei suoi uomini al macello. I Quinx aveva risolto il problema da soli, trovandosi di fronte solo ghoul di bassa lega, nemici facilmente affrontabili per loro. Senza contare che a quanto poteva sentire dalla trasmittente, ogni qualvolta veniva aperto il canale, la squadra Suzuya era impegnata con Aogiri.

Avevano preso i due gruppi prima dell’incontro e anche se ancora era sconosciuto il boss della cellula terroristica che si era scomodato per arrivare fin là sotto, loro avevano trovato Seto quasi subito. Il Ripper però aveva ben pensato di provare a guadagnare terreno.

«Tiene parecchio alla sua vita», aveva sottolineato con sottile sarcasmo Saiko, mentre piegata sulle ginocchia ricaricava le energie, pronta a lanciarsi nuovamente in azione.

«Come tutti noi, del resto», aveva risposto Urie a denti stretti, insoddisfatto per quella sua mancanza, ma determinato a porvi rimedio. «I condotti qui si stringono. Hanno scelto una strada più insidiosa e i kagune non saranno poi così utili. Hsiao, io e te continueremo ad attaccare utilizzando i nostri kokakou mentre Saiko prepara il colpo definitivo per mandare all’altro mondo quell’essere.»

Higemaru scambiò uno sguardo con Aura, prima di sporgersi in avanti e parlare. «Noi cosa facciamo, invece?»

«Ripiegate», fu la sola risposta del caposquadra. «Il tuo bikakou non ci è utile qui e Shinsapei ti farà da scorta fino al primo tombino. Uscite fuori e se serve date supporto alle squadre di superficie. Non vogliamo farne scappare nemmeno uno.»

«Ci mandi indietro, caposquadra?»

Urie osservò molto attentamente la delusione sul volto dei suoi uomini, riconoscendo su di essa la stessa che aveva provato lui mesi prima, quando Sasaki lo aveva incaricato della salvaguardia di Mutsuki durante l’operazione alla casa d’aste. Allora non aveva capito l’importanza di quel ruolo e aveva rischiato grosso. Anche i suoi uomini non lo avevano capito, così si avvicinò di un passo, decidendo però di fare in fretta per evitare di dar troppo vantaggio al fuggitivo. «Vi sembrerà un’ingiustizia, ma non c’è vergogna nell’eseguire gli ordini. E il vostro è ripiegare. Ora andate e non fate sciocchezze.»

«Usate questo», Hsiao passò loro il trasmettitore gprs, allacciandolo al polso di Higemaru. «Farete prima.»

Non ci furono altre parole di affrancamento. I due giovani rimasero soli e sconsolati. Solo il rumore dell’acqua stagnante poteva vagamente coprire la loro delusione.

«Torniamo, allora», sussurrò sconfitto Higemaru, con addosso la sensazione di totale inutilità.

Aura però non si mosse. Gli prese il polso e controllò la posizione degli altri. I localizzatori erano in tutto otto e mentre uno era rimasto a Urie, due li avevano Nakarai e Suzuya. «Se prendiamo questo condotto possiamo almeno provare a dare supporto agli altri.»

«Ma il caposquadra ha detto-»

«Ha detto di ripiegare. Non ha detto di tornare indietro.»

«…Non sono sinonimi?»

Aura spiò l’amico da sotto la frangia nera. «No se, ripiegando, possiamo aiutare contro Aogiri. Nemmeno tu vuoi uscire fuori, no? Dimostriamo il nostro valore così. Non è come se stessimo disubbidendo agli ordini.»

Il giovane dai capelli pervinca parve indeciso. Poi però la voglia di dimostrare il suo valore vinse la ragione.

«Andiamo.»

 

 

«Sulla destra!»

Tamaki si abbassò appena in tempo, schivando un kokakuo che aveva rischiato di mozzargli di netto il capo dal tronco. Girò la spada con un movimento circolare, roteando il polso e andando ad appoggiare il palmo della mancina sull’elsa per affondare al meglio il fendente, ma un altro kagune, di un brillante viola e blu, sbucò dal centro del petto del ghoul  che lo fronteggiava.

Quando venne ritratto, Masa lo guardava da almeno dieci metri di distanza.

«Prego!», fu tutto quello che gli disse, prima di usare la valigetta intera, ancora chiusa, per colpire il cranio di un ghoul. Lo fece cadere a terra, guardando la ferita che buttava fuori sangue e la maschera mortuaria rotta, prima di ficcargli la punta di uno degli otto tentacoli che aveva estratto direttamente al centro del volto, creando una grottesca voragine.

«Quanti sono?», domandò scocciato Nakarai, incrociando Destra e Sinistra per bloccare un colpo. Masa lo guardò strisciare indietro di un paio di metri, prima di lanciarsi contro l’avversario, non dandogli nessuna chance. Nel combattimento, Nakarai era secondo solo al classe speciale Suzuya. Non sembrava nemmeno si stesse impegnando, né i suoi capelli si erano spettinati.

«Ne arrivano in continuazione», confermò Abara che, al contrario, si era dovuto appoggiare alla parete del condotto fognario, ansante. Mikage gli fece da copertura, mentre recuperava le energie. «Stiamo avanzando troppo lentamente e abbiamo perso il classe speciale.»

Aiko infilzò tre crani contemporaneamente, gettando di lato i loro corpi con non curanza, mentre allungava gli occhi, uno umano e l’altro orribilmente modificato dalla mutazione, lungo il canale di scolo. «Non lo sento più.» Juuzou era sparito da un pezzo, troppo veloce per loro, in cerca del capo di Aogiri che lì sotto non avrebbe avuto possibilità contro di lui.

«Non possiamo fare niente, se non rincorrerlo.» Nakarai, che aveva dato il colpo di grazia all’ultimo dei ghoul che non avevano avuto la premura di disperdersi, pulì le lame in una delle loro mantelle violacee. «Aiko, non senti nemmeno il suo odore?»

«Negativo. Profumarlo con quella boccetta di dopobarba non è servito a niente. Le acque fognarie coprono qualsiasi cosa.»

«E anche stavolta la merda ha vinto», sospirò rammaricato Tamaki, appoggiandosi alle ginocchia. Bistecca era stata infilzata in un tronco senza più capo e arti che era passato troppo vicino al kagune di Masa. «Un secondo solo per respirare, vice leader.»

«Niente da fare, primo livello. Dobbiamo raggiungere il nostro capo.»

«Ma Keijin, non ci vedi? Ci serve un secondo

Mikage si era inserito nel discorso senza cattiveria. L’aveva guardato negli occhi, ricordando al giovane vice leader che non erano invincibili. Che necessitavano anche loro di riprendersi dopo uno scontro frontale ravvicinato.

Il biondo aveva amaramente accettato, controllando la posizione di Suzuya e mostrandola anche ad Aiko, che aveva presto rinunciato al casco e si era accostata a lui con i capelli spettinati. «Non lo recupereremo mai.»

«Nemmeno nei nostri sogni. È a un chilometro e mezzo da qui. Forse si starà già scontrando con il boss di Aogiri.»

La mora sospirò, sconfitta. Poi passò gli occhi su Mikage che stava porgendo ad Abara un rotolo di bende, che questi utilizzò subito per fermare una piccola ferita che aveva sul suo fianco e prevenire così potenziale infezioni batteriche. Era stato colpito e non se ne erano nemmeno accorti. Qualcosa di lieve, grazie al cielo. La squadra Suzuya era forse la migliore del dipartimento. Magari seconda solo alla S3 di Arima. Però erano comunque esseri umani e Aiko non si spiegava come facesse Nakarai ad essere ancora così in forma. Forse era solo una recita, la sua. Si sarebbe volentieri seduto da qualche parte, ma non avrebbe aiutato l’umore generale.

Lei stava ancora bene, nonostante tutto. Il vantaggio di essere un Quinx stava anche sulla durata, soprattutto i rinkakou potevano essere molto resistenti se non avevano mosse particolarmente potenti come quelli di Saiko. Un pensiero le attraversò la mente. La mora fece l’errore di pensare agli altri .

Poi l’auricolare nel suo orecchio destro gracchiò e non portò buone notizie.

-Qui Higemaru Touma. Io e il primo livello Aura chiediamo rinforzi immediati!-

-Cosa succede, Higemaru?-, rispose nell’immediato Urie. Masa portò una mano alla trasmittente, per sentire meglio.

-Stiamo ingaggiando un combattimento con il livello SS Tatara. Necessitiamo di supporto ora!-

-Cosa hai detto?!-

«Cazzo!», Aiko alzò una mano, stringendosi le ciocche corte sulla nuca con la mano coperta dal guanto. Tatara. Di tutti i galoppini di Aogiri che potevano trovarsi di fronte, proprio lui? E perché Higemaru?

Strinse gli occhi, cercando di pensare velocemente a una soluzione.

-Siamo a circa due chilometri e mezzo da voi! Stiamo ritornando indietro. Cercate di scappare!-

-Non possiamo! Siamo con le spalle al muro e-

-Hige!-

«Higemaru!», Aiko coprì con la sua voce quella di Urie, attaccandosi a sua volta alla trasmittente. «Dannazione», si voltò verso Nakarai, che la guardava con l’incertezza nello sguardo scuro. Fu però questione di due secondi. «Devo andare», buttò fuori senza pensare la mora, recuperando la valigetta e muovendo un paio di passi verso di lui.

Il superiore annuì senza remore, guardando il gprs, studiandolo accuratamente, prima di fissarlo al polso di Aiko. «Salvali.»

Masa non attese altro. Osservò l’oggetto e fece due calcoli mentali,  alzando quindi il capo verso l’alto. Bucò ogni tubo, ogni oli condotto, ogni strato di terra e ogni strato di centimetro o asfalto, aiutandosi con più di un tentacolo, fino a creare una voragine nella quale si sollevò.

Quando sbucò sulla Tokyo addormentata, si trovava proprio al centro di un incrocio, a quattrocento ventidue metri dal suo Laoshi e i suoi sottoposti.

 

 

La prima volta che aveva parlato con Eto riuscendo a guardarla negli occhi era stato molto tempo dopo l’inizio della sua formazione come kohai di Tatara.

Non si era nemmeno resa conto di come fosse accaduto, ma la Bambina con le Bende era passata dall’essere la sua aguzzina alla sua salvatrice; prendeva le sue parti quando Tatara esagerava nell’arguirla, le curava i lividi e le ferite quando terminavano gli addestramenti e il corpo di Masa non era ancora predisposto ad autorigenerarsi e le permetteva di fare insieme il bagno. Fu proprio mentre erano entrambe immerse nella vasca che Aiko lo notò lontano, su uno scaffale di legno, poco distante dal mobiletto che custodiva gli asciugamani puliti. Era un libro piccolo e dall’aria malconcia. La copertina flessibile di un grigio opaco era usurata dalle molte volte che era stato letto e riletto.

«Tutt’oggi non sono ancora riuscita a scrivere qualcosa di così personale come quel libro», aveva ammesso il Gufo con tono basso, mostrando ad Aiko qualcosa di nuovo: incertezza. «Leggilo, ti prego. Fallo per me e usalo in futuro per aiutare te stessa. Buttare fuori quelle parole che mi bruciavano le vene come veleno ha aiutato me.»

 

Eto…

Fu tutto ciò a cui Aiko riuscì a pensare quando spaccò nuovamente l’asfalto e il sottosuolo fino alla camera stagnante in cui Higemaru cercava di tenere indietro Tatara, trascinando con sé il corpo mutilato di Shinsanpei.

Eto…

Fu tutto ciò a cui Tatara riuscì a pensare quando alzò gli occhi e vide un kagune fatto di tentacoli dei toni del verde e del blu vibranti e pieni di venature viola che pulsavano vive piovere dal cielo. Non aveva bisogno di sapere a chi appartenessero, aveva già riconosciuto l’odore della sua discepola, la quale in quel momento lì, di fronte a lui, e li aveva chiusi insieme in una gabbia di cellule rc in movimento da lei stessa creata.

 

Si guardarono ed entrambi capirono.

 

Aiko lanciò uno sguardo a Higemaru, scontrando gli occhi con i suoi macchiati di lacrime. Non lo sentiva, ma la stava chiamando. Non fece niente se non sorridergli, prima di tornare a voltarsi verso il suo Laoshi. Appoggiò a terra la valigetta, sganciandola ed estraendo Inazami, che puntò contro il ghoul bianco.

L’uomo che le aveva iniziato come maneggiare le armi e difendersi ora avrebbe visto da sé i frutti del duro lavoro di quegli ultimi tre anni.

Eppure, per quanto dolore le avesse causato, la feriva l’affrontarlo così.

Si sentiva una ingrata, per certi versi.  

«Affrontami, Tatara.»

L’albino chiuse gli occhi un istante.  Poi li spalancò accettando il suo volere.

Una fiammata spezzò il buio di cunicoli, irrorandoli di luce viva e spezzando i legami delle cellule rc che li tenevano isolati dai due agenti più giovani. Con le braccia, Aiko si schermò il viso, sentendo l’aria farsi incandescente.

Poi spostò il peso sul piede che teneva indietro rispetto all’asse del bacino e si diede lo slancio, verso il centro di quel calore, con la lancia stretta nelle mani.

 

“Quanto non può essere cambiato può solo essere distrutto. Per me è così. Io che ho lasciato tutto il necessario dentro il grembo.”*

 

Dì addio ad Eto da parte di una miserabile che non può cambiare, Laoshi.

 

 

Urie sentiva il sangue battergli contro i timpani per quando stava correndo. Ogni strada che prendevano si rivelava alla fine un vicolo cieco. Dovevano quindi tornare indietro, riprendere un altro cunicolo e tentare la sorte, dal momento in cui il gprs non funzionava più come prima e perdevano costantemente i contatti.

«Komoto!», ringhiò il capo della QS nella trasmittente, che diede anch’essa cenno di cedimento quando una interferenza gli fece quasi perdere l’udito nell’orecchio destro.

“Sto cercando di sistemare il bug!”, fu la difesa del tecnico che, a giudicare dal tono affannato, stava cercando davvero di garantire la funzionalità del satellite agli agenti.

-Cerca di fare in fretta-, lo riprese anche Marude, con tono rude come suo solito.

Persino Yoshitoki sembrava avere premura, dal momento che stava perdendo la sua proverbiale pazienza. –Primo livello Urie, la situazione attuale?-

«Stiamo cercano di raggiungere i miei uomini, signore!»

-Higemaru e Aura, ci ricevete?-, domandò il direttore del dipartimento, non ricevendo risposta se non un fastidioso brusio di interferenza in sottofondo.

 –Komoto!-, Fu l’ennesimo urlo spazientito di Marude. –Devo tornare in sede e farlo da solo?!- chiese a denti stretti, furioso e ben consapevole che non avrebbe cavato un ragno dal buco se non ci stava riuscendo nemmeno il tecnico.

“Ci sono troppi sistemi all’attivo e io sono uno solo! Posso sistemare prima le trasmittenti o prima il satellite, signore!”

-Occupati delle comunicazioni, poi del satellite.-

Urie sentì un brivido freddo scendergli lungo la schiena, come se qualcuno gli avesse appena buttato dell’acqua gelida dentro al colletto della divisa antisommossa. «Come facciamo a trovare gli altri, signore?!»

Yoshitoki si mise in contatto diretto con lui, -Cercherò di indicarvi io la strada. I miei sistemi sono tutti operativi. Procedete per altri duecento metri verso nord e poi girare a destra e-

-Qui Higemaru!-

Qualcosa di vagamente simile al sollievo si dipinse sul volto dei tre Quinx. Saiko precedette il leader. «Hige, dove siete?», chiese affannosa, cercando di tenere il passo agile di Urie e Hsiao.

-Non lo so, ma Aiko si sta scontrando con il livello SS Tatara e dovete venire qui subito!-

Urie arrestò la corsa di scatto, facendosi urtare sia da Ginny che da Saiko. «Cosa hai detto, Hige?»

-Vi prego! La ucciderà!-

«Urie dobbiamo correre!»

-Primo livello procedi verso nord ancora per centosettantatrè metri. Vai a dare sostegno al primo livello Masa.-

«Caposquadra! Non possiamo fermarci ora!»

‘Dovremmo farlo davvero, sai? Partire per Parigi, andarcene. Abbandonare tutto. Se non lo facciamo ora, finiremo come Orihara, come Osaki e come tuo padre. Come Shirazu. Io non voglio morire su un campo di battaglia prima di capire chi davvero voglio posso diventare’

Le voci attorno a lui e nel suo orecchio finirono con il coprirsi e fondersi in un unico ronzio indefinito nel momento in cui di fronte a Urie tornò a riproporsi quella scena. La pelle bianca delle spalle e della schiena di Aiko, il lenzuolo a coprirle i fianchi, gli occhi gialli prima fissi nei suoi e poi sempre più lontani, verso un luogo e un tempo che lui sentiva di non poter raggiungere…

Uno schiaffo in pieno viso lo fece ritornare in sé all’improvviso. Lo fece anche sbilanciare di lato e si stupì di come Saiko avesse fatto, con la sua statura, a colpirlo con così tanta determinazione.

«Dobbiamo andare!», gli urlò in pieno viso. «Aura è ferito, Higemaru è spaventato e Macchan sta combattendo da sola contro quel mostro! Non è questo il momento per farsi prendere dal panico.»

Un tremolio leggero agli arti fece capire a Urie che sì, si era lasciato prendere dall’ansia. Non gli era mai capitato. Non a quel modo.

Sarebbe arrivato e avrebbe salvato tutti.

Non avrebbero più perso nessuno.

Scrollò il capo, come per ridestarsi da un torpore e poi si portò la mano all’orecchio.

«La direzione precisa, direttore. Mi dia indicazioni che non posso fraintendere.»

-Va bene primo livello. Avanza diritto fino a che non sarò io a dirti di prendere un altro canale sulla destra.-

Sarebbero arrivati in tempo.

Dovevano.

 

 

 

"Per quanto si possa tappare un buco aperto, non cambia il fatto che un buco c'è."*

Quella era stata la frase della nuova versione riscritta da Eto del sommario di ‘Dear Kafka’ che aveva maggiormente colpito Aiko.

Eto era ciò che si era plasmato per non essere distrutto, mentre lei era alla costante ricerca di qualcosa che potesse arginare la voragione dentro al suo petto.

Aogiri, il ccg, i Quinx, la sua famiglia, Kuramoto, il dovere, la diciannovesima, le Facce di Cuoio e Kenta.

Tatara

Urie.

Eto.

Erano tutti piccoli tappi di sughero che si erano impregnati di sangue, giorno dopo giorno, dilatandosi e riempiendo finalmente e a fatica il vuoto che la invadeva e divorava dall’interno.  In loro riusciva a vedere una famiglia, delle certezze, l’amore, l’affetto e la riconoscenza che le erano state negate dai suo parenti di sangue.

Il castello su cui però aveva costruito il suo rifugio sicuro era però fatto di carte da poker impilate ed era bastato un vento contrario a farle crollare tutte a terra, miseramente.

 

Tatara la teneva per i capelli, chino su di lei. Il corpo di Aiko era abbandonato a se stesso, come una bambola di pezza tenuta insieme da corde sottili e fragili.

L’osso del radio fuoriusciva grottescamente dal suo avambraccio, bianco in modo sorprendente.  Le gambe, anch’esse fratturate in più punti, non la sostenevano più. Il solo braccio ancora intatto non aveva la forza per afferrare il polso dell’albino e cercare di liberarsi. Per di più, l’ustione che le sfigurava il volto e la spalla sinistra aveva reso la pelle lucida, facendole perdere l’elasticità. Tutto quello che Aiko vedeva era la chiazza del suo stesso sangue che imbrattava il ginocchio che il Laoshi teneva appoggiato al pavimento. Non riusciva nemmeno a compiere lo sforzo necessario per guardarlo con occhi pieni di compatimento.

Se fosse riuscita a sconfiggerlo almeno gli avrebbe dimostrato di essere forte. Che l’aveva allenata bene. Invece lui non si era nemmeno dovuto impegnare per renderla al pari di un grumo sanguinolento di nervi scoperti che ormai non facevano nemmeno più male. Il suo cervello doveva aver staccato ogni collegamento per evitarle uno shock mortale.  

Non aveva le forze nemmeno per rigenerarsi.

Era praticamente morta quando l’albino la lasciò cadere sul fianco per bloccare un attacco di Higemaru, l’ennesimo, mirato a salvarla.

Non farlo, Hige. Non serve a niente. Non contro di lui.

Doveva sembrare patetica, miserabile.

Era finita KO in così poco tempo da arrivare a chiedersi perché ci avesse anche solo provato. Lui era il suo maestro e lei ne conosceva la forza, eppure aveva scelto di difendere Hige e Aura.

Avrebbe potuto lasciarli a lui, nessuno lo avrebbe mai saputo. Eppure qualcosa era scattato dentro di lei. La sensazione di dover difendere la sua famiglia. Ciò che i Quinx erano stati per quei mesi e perché no, persino quei nuovi arrivati.

Higemaru era il suo kohai. Il primo.

Avevano lavorato gomito a gomito ogni giorno per mesi.

Gli aveva insegnato quello che sapeva prima di lasciarlo per inseguire qualcosa di stupido e puerile. Cosa sperava di ottenere, andandosene dalla QS? Pensava davvero che avrebbe mai potuto sposarsi, avere una famiglia e vivere bene?

Pensava davvero di poterlo fare senza dover prima uccidere Labbra Cucite?

Appoggiò il palmo della mano ancora utilizzabile a terra e fece perno per sollevarsi. L’occhio che era stato risparmiato dalla violenza delle fiamme osservò Hige cadere a terra, esausto.

Sentì il cuore spaccarsi e si chiese se anche Tatara provasse qualcosa, in quel momento.

Se anche lui avesse voluto salvarla. Se forse stesse cercando di uccidere in fretta quei due testimoni scomodi per poi portarla via.

No. Non poteva nemmeno accettare l’idea di quella possibilità.

E poi non importava.

Non importava più perché di secondo in secondo la vista si annebbiava. Presto non avrebbe più visto nulla se non il buio eterno.

Poteva solo dare tutto ciò che le era rimasto.

Così concentrò le sue forze vitali sul kakuo, riuscendo ad estrarre il kagune che andò a ficcarsi al centro del petto di Tatara, impedendogli così di ferire ulteriormente Hige.

Era la mossa finale, però.

Il sipario che cala su una tragedia senza applausi di accompagnamento, ma solo un eterno silenzio.

Il kagune rosso vivo calò su di lei, ficcandosi nella sua schiena.

Non riuscì nemmeno a gemere e solo l’urlo straziato di Touma accompagnò quell’atto.

Sentì qualcosa di lei spezzarsi in modo definitivo, non recuperabile.

La sua colonna vertebrale divenne come farina sotto una macina.

Ma essa non fu la sola cosa a rompersi.

Tossendo con forza, Aiko vomitò sangue, scivolando di nuovo a terra, totalmente supina.

I piedi di Tatara si stavano nuovamente avvicinando a lei, ma li vedeva a mala pena. La terra pareva tremarle sotto mentre la luce diminuiva.

Alla fine, gli occhi le si chiusero e con un ultima espirazione svuotò la gabbia toracica.

 

 

«Aiko!»

Higemaru gridò così forte da sentire la gola in fiamme.

Stava vivendo quella scena come uno spettatore esterno, lontano dal suo corpo, magari di fronte a un film drammatico dai risvolti troppo inaspettati. Il solo concepire la morte di Masa Aiko gli pareva così impossibile da mandargli il cervello in confusione.

«No, non è possibile…», bisbigliò a se stesso, mentre la figura bianca del ghoul albino si fermava a pochi passi dall’agente sfigurato, esanime sul pavimento sporco di quel condotto fognario.

«Touma, dobbiamo trovare un modo per attaccarlo ora che è distratto», lo chiamò Shinsapei alle sue spalle, cercando di raggiungerlo come poteva senza dare troppo nell’occhio. Tatara gli aveva tagliato di netto le gambe sotto al ginocchio e non poteva far nulla, se non strisciare.

«No, non è vero, non sta succedendo», con le poche forze che gli rimanevano, Higemaru si alzò in piedi. Tenne con una mano la spalla rotta, facendo appello a tutte le sue forze per guarire in fretta. «Non sta succedendo! No!»

«Hige, aiutami, dobbiamo attaccare ora», sibilò di nuovo il moro, inarrestabile, attaccandosi con la mano ai pantaloni scuri dell’altro per tirarlo e farlo voltare verso di sì. Non servì a niente però. Higemaru non lo sentiva.

«NO!», la kagune di un giallo dorato uscì dalla parte lombale della schiena del ragazzo pervinca, sibilando come la coda di un serpente a sonagli.

Tatara smise di guardare la donna esamine da sopra la maschera rossa, tornando a concentrarsi su di loro. Un fuoco brillante irrorava le sue iridi sottili, indecifrabile. Higemaru non poteva sapere il perché, ma di una cosa era certo: non sarebbe riuscito a farlo fuori magari, ma avrebbe portato con sé un pezzo di quel mostro.

«TI UCCIDO!», caricò, pronto all’attacco.

Non mosse un solo passò, però.

Nessuno lo fece, quando Aiko si sollevò sulle braccia con un movimento meccanico. Radio e ulna tornano a ricomporsi nel braccio da sole e la ferita si rimarginò in fretta, mentre le unghie,  cresciute, grattavamo il cemento armato della pavimentazione.

I capelli, che ora scendevano neri come la pece sulle spalle, improvvisamente lunghi, a coprire il viso si scansarono lentamente, seguendo il movimento del capo.

Loro la videro, ma lei non pareva vedere nulla se non Tatara.

Si portò in ginocchio e stringendosi con le braccia al petto e il suo kagune esplose in un dedadalo di innumerevoli tentacoli, piccoli e veloci che andavano formandone altri più spessi per poi scomporsi di nuovo e ripetere la scena.

«Perché lo hai fatto?», chiese con tono basso e una vena persa nella voce.

Si grattò le braccia fino a strappare il tessuto della tuta, iniziando a far correre il sangue nella zona poco sotto alla spalla. La pelle bruciata del viso cadde come petali di ciliegio, lasciando spazio a quella rigenerata e lucida.

Con isteria, parlò di nuovo, rivolta verso l’albino.

«Perché, papà?!»

E le sue iridi erano entrambe di rubino, mentre fendevano l’aria come stilette amaranto in un mare nero come una notte senza stelle.

 

Continua…

 

 

 

 

Nda

 

 

*Frase tratta dal romanzo di Takatsuki Sen, Dear Kafka.

 

Scusate per questo ritardo sconsiderato, ma con l’inizio della magistrale e i primi esami, la mia vena creativa si è estinta. Non ho comunque intenzione di abbandonare questa storia. Ben che meno a questo punto della narrazione.

 

Ringrazio chi pazientemente ha deciso di continuare a seguirmi e auguro a tutti un buon natale in ritardo e un buon anno.

 

Un abbraccio.

 

CL

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Tokyo Ghoul / Vai alla pagina dell'autore: Chemical Lady