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Autore: Alessia9923    29/12/2017    0 recensioni
Grace Parker ha diciotto anni e vive con la madre Abbie ed il fratello maggiore Henry. I suoi genitori sono separati da quando lei aveva poco più di dieci anni e da quel momento il suo rapporto con il fratello è diventato così bello da sembrare migliori amici. Sono molto legati anche grazie alla sua migliore amica Caelie, fidanzata da quasi tre anni con Henry.
Grace vive così, tra il sogno di aprire una casa editrice con la sua migliore amica ed i tanti libri che legge.
Ma non tutto va secondo i piani e non sempre il destino è dalla nostra parte.
Qualcosa irromperà nella vita della ragazza e la stravolgerà in tutto e per tutto, facendole desiderare solo la morte. Tutto quello che aveva sognato per il suo futuro diventerà solo un lontano ricordo di una vita felice.
Nulla sarà più come prima, fino a quando, nel bel mezzo della tempesta, spunta un raggio di sole, pronto a scaldare anche l'inverno più freddo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
Capitoli:
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<> urlai. <>

<> rispose, arrivando in camera mia in meno di dieci secondi. Indossava solo un paio di pantaloncini corti, nonostante fossimo in pieno inverno e facesse un freddo polare, ed aveva i capelli spettinati, chiaro segno che si era appena svegliato.

<> gli domandai, osservando il suo abbigliamento.

<> sbottò, nervoso. Evidentemente si era svegliato male.

<> risposi, imbarazzata e divertita allo stesso tempo.

Sapevo che si sarebbe incazzato non poco e che probabilmente sarebbe uscito dalla mia stanza sbattendosi la porta alle spalle, ma io avevo sul serio paura degli insetti e non avevo sicuramente intenzione di toglierlo con le mie mani.

<> rispose, sbuffando e lanciandomi un'occhiataccia. <> mi chiese, dubbioso ed irritato.

<> gli domandai. Forse, a giudicare dal mio tono, pensava che lo stessi prendendo in giro, ma non mi importava più di tanto. L'unica cosa che in quel momento contava davvero era che quel ragno uscisse da quelle quattro mura.

Henry era alto un metro e ottantacinque ed arrivava al punto in cui era il ragno senza usare nessuna sedia o scala. Io, invece, con la mia statura a malapena arrivavo al lavandino del bagno.
Prese l'insetto con un fazzoletto e lo buttò nel cestino sotto la mia scrivania.
<> mi chiese, indirizzandosi con la sua camminata da playboy verso la porta. Senza aspettare una risposta, uscì. Io fissai sorridendo per alcuni secondi, la porta chiusa mentre pensavo a quanto fossi fortunata ad avere un fratello così. Faceva ogni cosa che gli chiedevo e mi accontentava sempre senza lamentarsi. Aveva ventisei anni, otto anni in più di me. Mi sentivo protetta quando avevo lui vicino.

Dopo la separazione dei miei genitori io e lui avevamo legato tantissimo, passavamo molto tempo insieme. Mi portava al parco, andavamo insieme in quella gelateria a Times Square che tanto mi piaceva, addirittura molte volte mi portava con lui agli appuntamenti con le ragazze per paura di lasciarmi sola a sentire i nostri genitori urlare e piangere.

Ormai lui era il mio migliore amico, oltre che un fratello maggiore.

Guardai l'orologio sul comodino. Segnava le sette e quarto.

Potrei dormire ancora, pensai. Mi rigirai nel letto, cercai la parte più fresca del cuscino, pensai a quanto fosse insignificante la vita di chi non sa dormire fino all'ora di pranzo, ma non riuscivo ad addormentarmi. I minuti passavano, ed io rimanevo a fissare il vuoto alla ricerca di un nome da dare a questa sensazione. Era un misto tra ansia e angoscia, malinconia e solitudine. Non capivo che cosa mi stesse succedendo, ma una cosa mi era chiara: rimanere nel letto non mi avrebbe di certo aiutata.

Mi alzai, mi stropicciai gli occhi e presi il telefono, per poi uscire dalla stanza e lasciarmi quella strana sensazione di paura alle spalle.

Mi diressi verso la cucina facendo attenzione a non svegliare nessuno.  In casa c'era silenzio. Henry si era sicuramente riaddormentato, grazie anche all'aiuto della mia migliore amica e sua fidanzata Caelie, che la sera prima era rimasta a dormire da noi a causa dell'orario di rientro dal locale in cui erano andati a ballare. Anche mamma dormiva, così non mi rimase nulla da fare che andare in cucina e preparare la colazione per tutti. Avevo tempo e nessuna voglia di rimanere a non fare niente per tutta la mattina in attesa che qualcuno si svegliasse.

Andai in cucina e come prima cosa guardai fuori dalla finestra.

Abitavamo appena fuori Times Square, sopra una caffetteria aperta ventiquattro ore su ventiquattro. La vista dei palazzi, la gente che correva per strada alla ricerca di qualcosa da fare nonostante la temperatura invernale, i taxi che davano la possibilità a tutti di potersi spostare, i mezzi pubblici che non cessavano mai di girare. La consapevolezza di abitare in una delle più grandi metropoli mi trasmetteva un relativo senso di tranquillità, non tanto perché fosse grande, quanto perché mi sentivo meno sola con la certezza che in questa città non si è mai davvero soli. La sensazione di completezza che mi dava vivere a New York non era paragonabile a nient'altro. C'ero io e c'erano tutti gli altri.

Accesi la macchina del caffè ed attesi che si scaldasse.

Un buon caffè caldo era ciò che mi serviva per iniziare al meglio la giornata.

Mentre aspettavo, mi misi avanti con la preparazione di pancake alla nutella che avrei servito appena tutti si sarebbero svegliati. Apparecchiai la tavola e appoggiai un piccolo regalo nel posto in cui si sarebbe dovuto sedere Henry, perché quella domenica era il giorno del terzo anniversario di fidanzamento con Caelie e da brava sorella avevo deciso di non farmi mancare nulla.

I pancake erano pronti, caffè anche; ne presi uno, ed iniziai a fare colazione.

Sono venuti davvero buoni per essere la seconda volta che li faccio, pensai. Mentre sorseggiavo la mia tazza di caffè, sentii mia mamma parlare.

<>.

Mamma si avvicinò a me, mi diede un bacio sulla fronte mentre cercava di attaccare la chiamata sul cellulare.

<>

<>

<> disse, mentre si versava il caffè nella tazza.

<> le domandai, incuriosita.

<> disse, ridendo. Non sapevo se prenderla come un'offesa al mio orgoglio o come uno scherzo di cattivo gusto.

<> chiesi, stuzzicandola.

<> mi rimproverò in tono serio.

<> dissi, bevendo il caffè.

<>.

Eravamo sedute al tavolo insieme ed era una cosa che succedeva raramente. Lei era sempre molto impegnata con il lavoro e non era quasi mai a casa per colazione. Usciva molto presto la mattina; a malapena qualche volta riusciva ad accompagnarmi a scuola. Quello era il compito di Henry da quando aveva preso la patente.

<> chiesi, rivolgendomi ad Henry che avanzava verso la cucina con una faccia da zombie.

<> mi rimproverò nervoso.

<> affermai.

Poco dopo l'arrivo di Henry, anche Caelie comparve in cucina con l'aria di chi è felice e si è svegliato bene. Beata lei, pensai.

<> disse, avvicinandosi a me per abbracciarmi. Ricambia l'abbraccio e la invitai a sedersi al tavolo.

<> chiese Henry in tono dolce e quasi offeso guardandola con gli occhi a cerbiatto.

<> rispose, avvicinandosi a lui e dandogli un bacio sulla guancia.

<> disse mia mamma, mentre controllava il cellulare con la speranza di riuscire a comprare un biglietto per Londra in tempo.

<> risposero in coro i due innamorati, sorridendosi.

Io e mamma ci lanciammo un'occhiata d'intesa ed io mi alzai per prendere i pancake che avevo preparato. <> chiesi. Nessuno rispose. <>. Una risata di sottofondo mi fece capire che effettivamente la risposta comune era proprio "no".

Servii i pancake in tavola e finirono quasi subito, dato che Henry sembrava una donna con il ciclo ed io ero una donna con il ciclo. Ci abbuffammo, ed in poco tempo fummo tutti pieni.

<> disse Henry mangiando l'ultimo pancake che gli era rimasto nel piatto. Non preparavo mai la colazione per nessuno se non in occasioni speciali ed era evidente che lui aveva apprezzato.

<> gli chiesi, fiera di quello che avevo fatto.

Caelie si alzò in piedi e andò in braccio a mio fratello, curiosa di sapere cosa contenesse quella piccola scatola verde. Si sedette sulle sue gambe mentre lui le fece una carezza sul viso.

<> asserì, mentre prese in mano la scatolina per aprirla. Quando vide il contenuto gli si illuminarono gli occhi; fece segno a Caelie di tirarsi su dalle sue gambe, si alzò e mi venne ad abbracciare. Mi tenne stretta per almeno un minuto, ed io ricambiai quell'abbraccio che mi sembrava infinito.

<> affermò, passandosi il portachiavi con la foto sua e di Caelie tra le mani. Ogni cosa in cui c'era anche lei, a lui piaceva. Stavano insieme da tre anni, ma a giudicare dal loro modo di amarsi, sembrava molto di più.

<> disse Caelie, guardando con uno sguardo dolce la scena di me e mio fratello abbracciati.

<> dissi, dirigendomi verso Caelie per abbracciarla. Non so cosa mi spinse a fare quel gesto in quel determinato momento, ma un senso di nostalgia mi attraversò l'anima e non riuscii a trattenermi.

<> le chiesi sottovoce, ridendo.

Lei sorrise e mi scambiò uno sguardo innocente: <> rispose, facendo l'occhiolino ad Henry che ci stava guardando divertito.

<> s'intromise Henry <> affermò, guardando Caelie e tentanto di nascondere una risata.

Nel frattempo mia mamma aveva trovato il biglietto per quella stessa sera. Ci annunciò che sarebbe partita poco dopo e si diresse in camera a preparare la valigia.

<> urlò Henry, correndo in camera sua.

<> disse Caelie, seguendolo.

Io rimasi lì, da sola, con un senso d'angoscia ancora molto forte e la voglia matta di vivere una storia d'amore come quella della mia migliore amica. A pensarci bene, non mi ero mai innamorata di nessuno, giusto qualche cotta ma nulla di più. Non ero mai andata a fondo, non mi ero mai completamente concessa. Non c'era un motivo, solo non ne avevo mai sentito il bisogno.

Quando Henry si fidanzò con Caelie, provai una gelosia irrefrenabile. Temevo che la mia migliore amica mi rubasse il fratello, e che mio fratello mi rubasse la migliore amica. Con il tempo, però, accettai la loro relazione.

Pensare a quanta negatività provavo per quella coppia all'inizio della loro avventura amorosa, mi fece ridere di me stessa; ero cresciuta ed onestamente non mi capacitavo di come avessi potuto davvero pensare certe stupidate.

***

Stavo ripulendo la cucina e mettendo in ordine le cose che avevo usato per preparare la colazione quando sentii mia mamma avvicinarsi a me.

> mi disse, stampandomi un bacio sulla guancia. Io l'abbracciai e ricambiai il bacio.

<> dissi, cercando di rimanere il più seria possibile.

<> urlò. Io risi, e lei capì che stavo scherzando. Non ero il genere di persona adatto a dare una festa nella propria casa solo perche ce l'ha libera per qualche giorno.

<> suggerì, dimenticandosi che non avevo più sei anni e che sapevo badare molto bene a me stessa.

<> dissi, imitandola.

Si accorse che la stavo prendendo in giro, quindi tagliò corto.

<> mi rimproverò, prima di allontanarsi da me per dirigersi in camera di Henry. Salutò lui e Caelie, mandò un altro saluto a me ed uscì.

Avevo finito di sistemare la cucina, così decisi di dirigermi in camera da letto a continuare il libro che stavo leggendo. Dato che Henry e Caelie sarebbero partiti entro un'ora, decisi che sarei rimasta chiusa in camera per i prossimi tre giorni. Non avevo voglia di uscire, dato che la mia unica amica stava per andare via e non avendo altri amici avrei sicuramente preferito restare sola in casa mia che girare sola a New York.

Passando davanti alla porta della camera di Henry vidi Caelie seduta sul letto che guardava il fidanzato preparare la valigia. Bussai alla porta semi-aperta ed entrai.

<> chiesi loro, sedendomi accanto a Caelie e buttandola sul materasso con l'intenzione di darle un po' fastidio.

<> disse Henry. <> affermò Henry, strizzando l'occhio sinistro, ridendo.

<> rispose Caelie, facendogli la linguaccia. I due risero, ed io non potei fare altro che ridere a mia volta. Erano simpaticissimi insieme e avevano un modo di scherzare e giocare tutto loro.

Henry finì di preparare la valigia ed invitò Caelie ad alzarsi dal letto.

<> chiese Henry, serio. Sapeva scherzare e rimanere serio. Non sapevo da chi avesse ereditato quella capacità, ma quando si mettere a giocare non si capiva mai se stava giocando o se, effettivamente, era serio.

<> rispose Caelie, mentre si alzava da letto. Si avvicinò lui e gli diede un bacio sulla bocca.

<> dissi, coprendomi gli occhi con le mani. Feci loro una smorfia.

<> asserì Henry, trascinando la valigia fuori dalla stanza. Io e Caelie lo seguimmo.

<> mi disse. Mi avvicinai a lui istintivamente e lo abbracciai. Mi sollevai in punta di piedi e gli dieci un bacio sulla guancia.

<> gli dissi, facendogli l'occhiolino e lanciando uno sguardo veloce a Caelie. Lei si imbarazzò ed il colore della sua pelle cambiò rapidamente.

<> le chiesi, rimanendo abbracciata a Henry.

<> chiese, ridendo.

<> risposi, liberando le braccia dal busto di Henry. Gli diedi un altro bacio, ne stampai uno veloce anche sulla guancia di Caelie e li lasciai uscire dalla porta.

Mi assicurai che la porta fosse chiusa e mi affacciai alla finestra.

In mezzo a tutta quella gente era difficile seguirli con lo sguardo, ma appena salirono in macchina abbandonai la finestra e mi diressi in camera, inconsapevole della vita che mi attendeva oltre quella porta.

   
 
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