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Autore: Iskara    29/12/2017    1 recensioni
"Arena Colosseum. Un bellissimo nome per una scuola di magia e stregoneria italiana, quanto impronunciabile e antico. [...] . Il mio nome è Emma Cornelia Angelica Levante. Sì, qui in Italia nelle famiglie di maghi importanti, si danno nomi altrettanto importanti, si deve seguire la prassi. [...] Mi chiamano tutti Emma, tranne qualche imbecille della Domus Caligolea, che si diverte a prendere in giro gli altri. Che poi che avranno da scherzare: il loro araldo rappresenta un cavallo senatore, al loro posto mi sotterrerei, e invece ridono. Ma il mondo è bello perché è vario, o per lo meno così dicono. Io faccio parte della Domus Augustea, intelligenti e creativi, dicono, come i miei genitori e mia sorella, dicono. [...]e poi c’ero io, che avevo voti da paura in materie come “Niente” o “Nulla di importante”, e Larsen sapeva che questo mi feriva e lui infilava il dito nella piaga."
Chi è Larsen?! Un figlio di... La mamma. Povera la mamma!
Genere: Comico, Parodia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Arena Colosseum. Un bellissimo nome per una scuola di magia e stregoneria italiana, quanto impronunciabile e antico. Mi chiedo se tutto ciò non sia colpa di Cicerone. Se c’è qualcosa di prolisso, ampolloso e complicato, è sempre opera sua. Per non parlare del fatto che inciampare su qualche pezzo di colonna e raschiare i denti…Volevo ovviamente dire che è all’ordine del giorno inciampare su qualche relitto di colonna romana, e finire spiattellati al suolo, solo perché il Professor Cicerone ha ordinato di lasciare tutto come era. Anche se in fondo non lo è. Dentro il Colosseo è ricostruito come nell’antica Roma, ma con qualche modifica qua e là. Come il fatto che è tre volte più grande, e tre volte più irto di corridoi di un labirinto, anche se gli Idiotus non lo sanno. Come non sanno che il Foro di Cesare è rimasto chiuso per così tanto tempo per “ristrutturazioni”, perché i Mangiamorte, hanno demolito la sede centrale del Ministero, per via di qualche incidente diplomatico, dovuto a qualche cretino che non ha letto bene le pergamene, all’Ufficio Magie Internazionali, in quello stabile. Chi diceva di stare con Voldemort, chi lo rifiutava, quindi i suoi docili seguaci, per non saper ne leggere né scrivere, hanno fatto saltare in aria Il Ministero Centrale. Anche se ora è tornato tutto in ordine. È passato qualche anno da questi fatti, e gli Auror sono tornati chi alle loro scartoffie, chi a inseguire qualche mago criminale, intento a dare qualche strano spettacolino a via del corso. Ma torniamo a noi, non mi sono ancora presentata. Il mio nome è Emma Cornelia Angelica Levante. Sì, qui in Italia nelle famiglie di maghi importanti, si danno nomi altrettanto importanti, si deve seguire la prassi. Il primo nome è a discrezione dei genitori, il secondo deve ricordare qualche personaggio romano dell’antichità (giuro, Cornelia non è il peggiore che io abbia sentito), e il terzo ricordare qualche avo deceduto, anche se le mie nonne, sono tutte vive e vegete, e caso ha voluto che si chiamassero entrambe Angelica. Ma torniamo di nuovo a noi. Mi chiamano tutti Emma, tranne qualche imbecille della Domus Caligolea, che si diverte a prendere in giro gli altri. Che poi che avranno da scherzare: il loro araldo rappresenta un cavallo senatore, al loro posto mi sotterrerei, e invece ridono. Ma il mondo è bello perché è vario, o per lo meno così dicono. Io faccio parte della Domus Augustea, intelligenti e creativi, dicono, come i miei genitori e mia sorella, dicono. Brillanti menti che si sono distinte ad Arena Colosseum, tanto distinte che mio padre è rimasto ad insegnare in questa scuola, anche se da due anni a questa parte, fa la pallina da flipper tra Romania, Ungheria, Ucraina e Australia, perché non so chi di importante, lo ha chiamato per aiutarlo, a non so a fare cosa, con i draghi. Già, papà insegna Cura delle creature magiche, ma ora è stato sostituito dal prof. Onirici, il cui cognome è tutto un programma: è narcolettico. Lo scorso anno, ha dimenticato di prendere la pozione per rimanere sveglio, e caso ha voluto che proprio quel giorno fossimo all’aperto e ci stesse mostrando come fare a calmare un Purvincolo, una specie di topo inglese acido, e molto, e ripeto, molto arrabbiato. Lo stava punzecchiando da un po’, per fare in modo che iniziasse a sputacchiare veleno, mentre ci spiegava per l’appunto, quali fossero gli effetti del morso di quell’animale, quando ad un tratto il prof. Onirici è caduto a terra, e ha cominciato a russare. Il Purvincolo a quel punto è balzato addosso ad un nostro compagno, ma per fortuna io sono cresciuta in una casa piena di creature magiche di tutti i tipi (con grande disappunto di mia madre), e sapevo come fermarlo. Che poi non feci nulla, era una diversa questione. Il Purvincolo aveva attaccato Kennet Larsen, un ragazzo dalle origini svedesi, o norvegesi, non ricordo mai, parte della Domus Cesarea, che mi ha sempre tormentata, da quando eravamo bambini. Sì, lo conoscevo da parecchio tempo. Purtroppo. Ma aspettare quarantotto ore e vedere che il morso della bestiola, gli avrebbe procurato fiamme dall’ano, sarebbe stato divertente. Quasi quanto quella volta che al posto del succo di zucca, gli feci trovare una pozione Ripulente, e aveva vomitato una settimana; solo che la mia amica Allegra non apprezza questo tipo di vendette, e mi aveva spinta a togliergli quell’animale da dosso, e a rimetterlo nell’apposita gabbia, con grande disappunto. Accidenti, sarebbe stato veramente divertente, vedere Larsen scorreggiare fiamme.
 
 
-Signorina Levante, la mia lezione è troppo noiosa per te? – mi riportò alla realtà la professoressa Fluidi, docente di Pozioni. Se c’era una cosa che avevo sempre pensato, era che se si voleva insegnare Pozioni, bisognava essere stronzi; ma non stronzi e basta, proprio STRONZI, e non “Stronzi” con solo la “S” maiuscola, tutta la parola in maiuscolo. Sappiamo tutti la storia di Harry Potter, e di Piton, quella Idiotus della Rowling l’ha sciorinata ai quattro venti. Per fortuna nessun Idiotus ci ha creduto davvero, era solo una storia nuova, bella e piena di dettagli, e lei ci ha fatto un sacco di soldi. Qualcuno aveva pensato di Obliviarla, ma ormai era troppo tardi, aveva già scritto quattro libri quando ce ne siamo accorti, non potevamo Obliviare mezza Terra. Noi maghi non siamo molto a contatto con il mondo Idiotus, per lo meno chi non ha genitori Idioti, non sa nulla di quel mondo. Dimenticavo, Idiotus in Italia, è come dire Babbano in Inghilterra.
-Signorina Levante, parlo con te! – alzò la voce la prof Fluidi.
-No, prof. È interessantissima. – risposi, tornando alla realtà.
-Davvero? Dimmi di cosa parlo allora. – intimò la prof Fluidi. È tutt’ora una donna molto avvenente, alta, con i capelli sempre raccolti in una lunga treccia che le arriva fino ai fianchi, dai lineamenti delicati, ma severi, i cui occhiali ad occhi di gatto, non fanno che rendere il suo viso severo, solo più terrificante.
-Ehm… ecco… - ero distratta, aveva ragione, ma non perché fossi disinteressata a ciò che stava dicendo: proprio non me ne fregava nulla.
-Gelatina di drago. – sussurrò qualcuno alle mie spalle.
-Gelatina di drago. – risposi, a voce più alta. La prof. alzò un sopracciglio, come a domandarmi silenziosamente cosa mi passasse per la testa, prima che tutta la classe scoppiasse a ridere. Capii di essermi fidata di quel suggerimento volutamente sbagliato, come un’imbecille. Quando mi voltai Larsen, aveva le lacrime agli occhi dalle risate, e il viso dalla pelle chiara, rosso per lo sforzo da divertimento. Gli lanciai uno sguardo in cagnesco, mentre la Fluidi mi sbatteva fuori dall’aula, e Diana, un’altra delle mie amiche, mormorava qualcosa su quanto fossi “ancora piena di fiducia nelle persone, per l’appunto”. Diana usava sempre quell’intercalare alla fine delle frasi ad effetto, anche se quella più che d’effetto, avrei detto fosse di causa, perché volevo parcheggiale uno schiaffone sulla faccia, cosa che avrei voluto fare anche con Larsen. Quell’odioso figlio di… Ma non era colpa della mamma, se suo figlio era venuto su come un… Sì, le mamme c’entrano sempre, dice un autore Idiotus. Per cui me ne uscii fuori a testa bassa, arrabbiata più con me stessa che con quell’imbecille di Larsen. Diana mi dice sempre che il mio peggior difetto è la fiducia che ripongo negli altri, “Gratuita, per l’appunto.” Dice lei. Posai i gomiti sulle finestre che davano sul campo da Quidditch. Arena Colosseum è organizzata così: al centro del Colosseo, dove una volta si affrontavano i Gladiatori, ora c’è il campo da Quidditch con gli spalti. Dove erano i posti a sedere, ora sorgono dei colonnati che delimitano i corridoi, dove nei primi due piani si trovano le aule, mentre nei piani più alti ci sono i dormitori. Nelle curve si trovano i dormitori della Domus Augustea e Cesarea, mentre nelle tribune “Labicane” ci sono quelle della Domus Caligolea, e alle tribune “Celie” ci sono i dormitori per gli ospiti e gli uffici con rispettive stanze dei professori. Si, i nomi delle suddivisioni sono improbabili, ma il preside Bianchi farebbe di tutto pur di andare contro al Professor Cicerone. In fondo Cicerone di persona doveva essere stato anche più fastidioso di quanto lo sia il suo fantasma. Insegna latino e storia di magia romana, ed è molto fiero di questo. Certo qualche volta non si capisce un fico secco di quello che dice a lezione, e il fatto che ogni tanto sputacchi la lingua quando si arrabbia o che gli cadano le mani, o la testa, non aiuta affatto. Insomma uno schifo.
La campanella suonò e Diana e Allegra mi raggiunsero, portando la mia roba tra le mani, seguite da Massimo e Alessandro, i rispettivi fidanzati, magiche presenze evanescenti. Erano venute a trovarle quel giorno e avevano seguito la lezione di Pozioni per stare con loro, visto che i ragazzi avevano finito la scuola da un po’.  Io invece ero appena maggiorenne nel mondo magico e Idiotus, ma single da sempre. Ma giuro, ci provavo. Pensare che una volta qualcuno aveva suscitato il mio interesse. Avevo conosciuto un ragazzo Idiotus. Mi dava lezioni di scuola guida per macchine idiotus, sono sempre utili per due passi verso il mare, ma poco dopo mi sono convinta che le scope, dopotutto, sono più veloci e più sicure delle auto idiote, soprattutto più sicure degli istruttori di guida Idioti, e poi avevo imparato a smaterializzarmi, per cui…
-Credi che prima o poi la smetterai di farti cacciare dalla Fluidi? – gemette Allegra, incamminandosi accanto a me.
-Naaa. – risposi. – Ormai è uno sport olimpionico, è dal secondo anno, che vinco la medaglia d’oro. –
-Ma i tuoi voti non sono così alti mi sembra. – intervenne Diana. Diana Domizia Domitilla Guelfi, la studentessa cervellona del gruppo, che si preoccupava sempre di farci arrivare preparate agli esami, con programmi di studi estenuanti, che visti i miei voti non ho mai seguito. Allegra tentava, ma alla fine abbandonava, anche se a modo suo arrivava sempre a voti migliori dei miei. IO non sono mai stata una gran studiosa, a discapito di quello che si dice della mia famiglia. Ero e sono rimasta la pecorella nera. Papà nella sua vita, ha classificato insieme al figlio di Scamander, degli animali in Indonesia, e ha scritto un sacco di libri con il suo amico a riguardo, e a sua volta mio nonno, era appassionato di creature magiche, tanto da avere un allevamento, e mia nonna era professoressa di Erbologia. Mia madre era una strega provetta, diplomata con il massimo dei voti, e adesso lavora al Ministero, e dirige l’ufficio Incidenti Rilevanti, e i suoi genitori erano due Auror di fama. Mia sorella invece ha ereditato la passione per l’erbologia da mia nonna paterna, ma al contempo è specializzata nella cura delle persone. Insomma è un medico, e lavora all’infermeria della scuola come aiutante nel fine settimana, quando ci sono le partite di Quidditch, e il resto dei giorni lavora all’Ospedale Traiano, l’ospedale dei maghi. E io invece a scuola ero passabile. Non ho mai avuto voti eccellenti, ma nemmeno pessimi. Non avevo gradi aspirazioni, se non quella di diventare un Auror.
-Se vuoi diventare un Auror, dovresti impegnarti di più. – mi rimproverò Diana. – Invece stai sempre a giocare a Quiddich… -
-Per l’appunto! – intonammo insieme io e Allegra, scoppiando a ridere subito dopo. Diana alzò gli occhi al cielo e si diresse al corridoio che portava al piano di sopra, per la lezione di Difesa contro le Arti Oscure. I loro fidanzati, spariti in un magico sbuffo di scintille dorate. Camminavo accanto a lei quando un odore familiare, delicato e morbido mi arrivò alle narici, insieme ad un sussurro di derisione.
-Ti è piaciuta la gelatina di drago, Levante? – disse Larsen passandomi accanto, per poi oltrepassarmi, sghignazzando. Feci per seguirlo e dirgliene quattro a quel mentecatto, ma Allegra mi afferrò per la tunica.
-Lascialo perdere quel cretino, più gli dai importanza, più il suo ego si pompa. – disse, trascinandomi verso le scale di marmo. Gli avrei tirato volentieri il libro di Pozioni in faccia, magari per osmosi avrebbe imparato la ricetta di una Pozione Ammutolente.  
-Giuro che alla partita di sabato, lo scaravento giù dalla scopa, e gli faccio sbattere quella brutta faccia che si ritrova, sul palo dei punti. – dissi a denti stretti, seguendo Diana e Allegra.
-Emma ma tu non ci vedi, per l’appunto. – asserì Diana disgustata.
-No, infatti – convenne Allegra, schifata.
-State dicendo che Larsen è carino? È un imbecille! – lo sminuii io, sconcertata. Certo non si può definire brutta la sua faccia, i lineamenti sono delicati, i capelli ramati e gli occhi grigi come il metallo… dei pali da Quidditch dove gli avrei voluto far sbattere la faccia.
-No – si corresse Ally – Hai pestato non so cosa, e adesso ti sta anche risalendo sulla gamba… -
-E puzza da morire, per l’appunto. – considerò Diana tappandosi il naso.
Guardai in basso e notai una gelatina verde che si inerpicava sulla mia gamba, sotto lo sguardo attonito di altri studenti che percorrevano le scale insieme a noi.
-Per la barba di Giove! – sbottai. Era gelatina di drago, uno scherzo che vendono nei negozi di giochi magici.  Estrassi la mia bacchetta e mi scollai da dosso quella schifezza verde, esaminandola da vicino, prima di frullarla in un cestino.
-Mi correggo, lo prendo immediatamente a calci. – sentenziai, girandomi sui tacchi per andare a cercarlo.
-Per Diana! Emma torna qui! – disse Ally seguendomi. Poi si rivolse a Diana, costernata.
-Scusa. – asserì, verso la nostra compagna.
-Ci ho fatto l’abitudine. – minimizzò lei con un gesto della mano. Diana è bella, così bella che la metà della scuola si fa in quattro per ricevere attenzioni da lei. È bionda e ha gli occhi azzurri, un sorriso splendido davanti al quale, anche le macerie del vecchio Colosseo, si sarebbero ricomposte, e Dante avrebbe finalmente mollato Beatrice per scrivere poesie sul sorriso di Diana.
-Riprendila prima che questa volta lo uccida davvero. – pregò Ally. Diana sospirò mesta e prese la bacchetta, ma prima che potesse anche solo pensare ad un incantesimo mi ero già dileguata al piano di sotto. Larsen me l’avrebbe pagata stavolta. Ero stufa dei suoi scherzi malefici e dei soprannomi che mi aveva affibbiato. Il vero problema però non era Larsen in se e per sé, quanto la faida continua tra Domus Augustea e Domus Cesarea, nata per un futile motivo milioni di anni fa, seguita da un branco di imbecilli, milioni di anni dopo, come a dimostrazione che i cervelli maghi non cambiano mai. Mi spiego meglio: se nasci mago-deficiente, morirai mago-deficiente, senza aver la possibilità di diventare mago-intelligente, e la natura ha voluto che la Domus Cesarea, avesse solo mago-deficienti.
Trovai Larsen a cinguettare con due ragazze più piccole della Domus Caligolea, e gli andai dritta addosso.
-Sei un deficiente Larsen! – strillai prima che lui potesse vedermi. Kenneth si voltò lentamente, con un sorrisetto spavaldo sulla faccia.
-Oh ciao Svart. Deduco ti sia piaciuta la gelatina di drago. Sei venuta per prenderne ancora? – esordì lui.
-No, sono venuta a dirti che razza di deficiente sei. – ribadii piena di rabbia. Mi chiamava Svart Sau, che nella sua schifosa lingua norvegese, o svedese, o che cavolo è, significa “pecora nera”, ma a volte abbreviava anche solo in Svart, “nero”. Tutti sapevano che nella mia famiglia, c’erano persone molto intelligenti, che sfruttavano la loro intelligenza per un bene superiore, che eccellevano a scuola e nella vita, e poi c’ero io, che avevo voti da paura in materie come “Niente” o “Nulla di importante”, per cui ero un errore, la pecorella nera di cui sopra, e Larsen sapeva che questo mi feriva e lui infilava il dito nella piaga, perché a casa mia ci veniva spesso. Più meno da quando portava il pannolino.
-Tutto qua? Allora scusami, ma sono impegnato. – disse additando alle ragazzine, per niente felici di essere state interrotte dalla chiacchiera giornaliera che Larsen gli aveva concesso.
Non ci vidi più, gli assestai un pugno dritto in faccia, e mi feci tremendamente male. Percepii una fitta percorrermi il braccio fino alla spalla, e le nocche pizzicarmi. Non avevo mai picchiato nessuno prima di allora, ma quando Larsen incontrò di nuovo il mio sguardo ci lessi qualcosa di strano. I suoi occhi grigi si piantarono su di me, mentre con una mano si tamponava la bocca per vedere se perdeva sangue.
-Svart hai firmato la tua condanna a morte. – disse, e quando si voltò verso la piccola folla in silenzio che guardava stupita la scena, tutti ripresero a parlare o a fare quello che stava facendo prima che gli sferrassi un pugno, e solo in quel momento mi accorsi di essere intrappolata tra lui e il muro. Potevo sentire il suo respiro fresco sfiorarmi le labbra, e se non lo avessi odiato così tanto, sarebbe potuta sembrare quasi una scena romantica.
-Sta attenta sabato durante la partita, la tua scopa potrebbe sfilacciarsi, o un bolide potrebbe colpirti in testa. – sibilò tra i denti.
-Vai a farti fottere, Larsen. – ringhiai io a mia volta, ma lui sorrise lievemente.
-Di solito sono io, quello che fotte. – disse, mentre mi lasciava spiattellata al muro, con le narici fumanti, e lui se ne andava, seguito dalle sue galline.  
 
   
 
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