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Autore: Le VAMP    30/12/2017    1 recensioni
Compiutosi il desiderio di Madoka, Homura Akemi si era costruita un proprio stile di vita: apatico, ripetitivo e solitario. La solitudine le faceva compagnia ogni notte, in ogni vicolo nel quale passeggiava. 
-Lonely Avenue, Ray Charles, 1956
[Revisionata e aggiornata il 21/05/18: perfezionata la descrizione della scenografia]
Genere: Angst, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Homura Akemi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lonely Avenue – Lights of the city

Compiutosi il desiderio di Madoka, Homura Akemi si era costruita un proprio stile di vita: apatico, ripetitivo e solitario. La solitudine le faceva compagnia ogni notte, in ogni vicolo nel quale passeggiava. 
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Consigliato l'ascolto, per la lettura del testo, della cover di Van Morrison
Il brano appartiene a Ray Charles, leggere qui per conoscere le numerose interpretazioni che sono state realizzate.  

[Aggiornamento del 21/05: per un godimento delle nuove scenografie descritte, vivamente consigliato l'ascolto dell'interpretazione alla chitarra elettrica, in arrangiamento "soft" e dai toni blues, del brano Gymnopédie n°1 di Erik Satie da parte di Sean Angus Watson.]
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Now my room has got two windows
(Ora la mia stanza ha due finestre)
But the sunshine never comes through
(Ma la luce del sole non arriva mai)
You know it's always dark and dreary
(Sai che è sempre buio e triste)
Since I broke off, baby with you
(Da quando ho rotto, baby, con te)


La città scura si prestava al suo sguardo, come lei si prestava al gelido vento di quella notte che non contava neanche una stella in cielo.
Quanta solitudine nel lottar assieme alle altre maghe. E così, privandosi del nastro rosso dal capo, lasciò libero il suo pensiero; mentre quello invece, quel nastro, lo rigirava tra le dita, imprigionandolo da allora nel suo sguardo severo. Continuava a domandarsi perché Madoka dovesse sempre pensare al bene degli altri: di quanti sacrifici e morti era vissuta si potesse dire ch’era stata modellata della stessa pasta dell’indefinibile, splendido altruismo; a cui si opponeva, decesso dopo decesso, l’avidità, crescente e famelica della maga del tempo: se avesse potuto, ella avrebbe tenuto per sempre la sua dolce amica in un castel di vetro dal quale avrebbe visto ogni color dell’arcobaleno per ciascun giorno in cui sarebbe sorto il sole.
Oh, come poteva non accorgersi di quanto l’avesse fatta soffrire?
E fu un salto nel vuoto con cui finalmente congiunse piedi e terra; il mostriciattolo bianco continuava a starle dietro. Com’era silenzioso.

I live on a lonely avenue
(Vivo in un viale solitario)
My little girl wouldn't say I do
(La mia bambina non direbbe che lo faccio)
Well, I feel so sad and blue
(Bene, mi sento triste e blu)
And it's all because of you
(Ed è tutto a causa tua)

Le luci dei palazzi, passeggiando per le strade, le facevano compagnia.
Erano queste oramai a sostituirsi alle stelle, succubi della Regina Luna: quelle luci così piccole, dalla geometria ben fatta, e così radiose erano ormai valide sfidanti come le Piche volevan competere con le Muse; e di questo la ragazza se ne rese conto nel veder una pozzanghera: vi erano riflesse tutte le forme nere che sprigionavano qualcosa di bianco –argomento sul quale ella non riusciva a trovar il senso–, muovendosi com’insetti sull’acqua.
Oh, che bella sensazione che era: tutto il mondo era rinchiuso lì, in una misera pozza d’acqua! Potesse Homura aver compreso tale meraviglia, ne sarebbe rimasta rapita.
Eppure aveva perso tutto, perfino lo stupore: sollevò il capo, e passò avanti.
Sia che s’addentrasse in quei vicoli illuminati da pochi lampioni in cui la quiete regnava sovrana poiché i suoi abitanti dormivano; sia che si trovasse ore ancor prima in strade di negozi e altre luci sfolgoranti dove a ogni prodotto era messo un prezzo, e si concludevano affari, o che ancora potesse passar di fianco a un vecchio bar che riempiva il proprio vuoto col suono d’un piano, o un sassofono che fosse, non c’era nulla che potesse modificar qualcosa del viso suo: ella aveva lavorato e trattato i propri occhi fino a renderli di cristalli e divenir cieca, e affinato le proprie orecchie fino a diventar sorda, permettendo ad una bieca e sinistra insoddisfazione di cucirle le labbra.
E divenendo cieca, sorda e muta si poté ben constatare che delle bestie magiche non ne percepisse nemmeno l’ombra.

I could cry, I could cry, I could cry
(Potrei piangere, piangere, piangere)
I could die, I could die, I could die
(Potrei morire, morire, morire)
Because I live on a lonely avenue
(Perché vivo in un viale solitario)
Lonely avenue
(Viale solitario)

E quell’asfalto freddo delle strade che continuava a guidarla nel suo cammino privo d’avventure e sensazioni in cui evitava i nemici, gli amici e presenze sospette. Del resto, nemmeno quel mostriciattolo bianco sembrava cercarla: era scomparso. E se ne fosse accorta prima, l’invalida maga!

Now my covers they feel like lead
(Ora le mie coperte si sentono come piombo)
And my pillow it feels like stone
(E il mio cuscino sembra una pietra)
Well, I've tossed and turned so every night
(Bene, l'ho buttato e girato così ogni notte)
I'm not used to being alone
(Non sono abituato a stare da solo)

Si risvegliava ogni giorno nel suo letto, nella sua casa, nel suo viale solitario. Attendeva il termine d’ogni mattina, pomeriggio e tramonto intrattenendo il suo umor nell’ammirazione dello scialbo soffitto bianco della sua umile dimora. Prendeva delle pillole prima di andar a passeggiar sotto la custodia di quei grattacieli, beveva un bicchiere d’acqua, e dopo aver dato un’occhiata al sole calare usciva di casa. Allora sembrava che qualcosa in quell’istante potesse togliere le cuciture fissate sulle sue labbra; ma a quanto par si trattava sol di fervida immaginazione.
Era da giorni che non si chiedeva che fine avessero fatto le altre.

I live on a lonely avenue
(Vivo in un viale solitario)
My little girl wouldn't say I do
(La mia bambina non direbbe che lo faccio)
Well, I feel so sad and blue
(Bene, mi sento triste e blu)
And it's all because of you
(Ed è tutto a causa tua)

Le giovani d’altronde non sapevano dove fosse Homura Akemi, credettero a un certo punto che fosse morta da qualche parte, in qualche luogo a loro sconosciuto e dove non potessero recuperarla, come quelle bestiole che scompaiono e fuggono da ogni sguardo prima di diventar carcasse. Poi, un giorno, si ritrovarono a vedere un cielo azzurro: con loro c’erano anche Homura, Sayaka, e una certa ragazza con i capelli rosa che diceva di chiamarsi Madoka Kaname. E nessuno si fece più alcuna domanda.

I could cry, I could cry, I could cry
(Potrei piangere, piangere, piangere)
I could die, I could die, I could die
(Potrei morire, morire, morire)
Because I live on a lonely avenue
(Perché vivo in un viale solitario)
Lonely avenue
(Viale solitario)

Quella notte, quando si fermò a contemplar un’ultima volta un’altra pozzanghera –di poco più grande della precedente– volle provare ad osservar più a lungo. Non aveva distolto in alcun modo le luci, eppure era sicura che qualcosa danzasse in quel riflesso, qualcosa che le si trovava addosso.

Era talmente cieca che non avrebbe mai potuto realizzare da dove provenisse l’affievolirsi di quella luce che stava combinando innanzi ai suoi occhi la propria danza della morte.
Essa avrebbe brillato per l’ultima volta, poi sarebbe stata la pietra preziosa di un demone che avrebbe vissuto nella propria solitudine.

Lonely avenue
Come Mami Tomoe visse in un altro tempo in un appartamento solitario

Lonely avenue
Come Kyōko Sakura assistette in solitudine al crollo della sua famiglia

Lonely avenue
Come Sayaka Miki sopportò da sola l'abbraccio del rimorso

Lonely avenue

Forse Madoka era l'unica a non aver mai sofferto la solitudine, doveva essere per questo che aveva accettato di starsene lassù in cielo.

 

E poi era giunto il sorriso del Diavolo

   
 
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