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Autore: Old Fashioned    31/12/2017    29 recensioni
Tre ragazzi decidono di andare a esplorare un ristorante abbandonato. Solo uno di essi ne uscirà, ferito e spaventato a morte. Cos'è successo? Due detective, Krueger e Pennington, indagheranno sull'accaduto, e scopriranno nelle cantine del ristorante qualcosa di decisamente spaventoso...
Terza classificata al contest 'Phobos & Deimos' di Little_Rock_Angel5 sul forum di EFP, premio "William Wilson" per il migliore personaggio non protagonista.
Genere: Azione, Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nemo
Il mistero del Nemo





Mostrando agli amici il telefonino, Mike annunciò fiero: “Ragazzi, abbiamo chiuso con i magazzini abbandonati e le gattare isteriche.”
Simon si alzò dal portatile su cui stava guardando un video di esplorazione urbana e chiese: “Hai trovato qualcosa?”
Roba forte,” rispose l’altro.
Dal divano, Andy domandò: “Sarebbe?” Allungò un braccio e pescò nel frigo da campeggio una lattina di coca cola.
Per tutta risposta, Mike fece partire una traccia audio. Si sentivano fruscii elettrostatici, qualche spezzone di musica. Con molta fantasia, si potevano individuare qua e là delle voci distorte.
La traccia finì.
E quindi?” chiese Simon. Tornò alla console. Sul monitor stavano scorrendo le immagini di una biblioteca con le pareti completamente tappezzate di libri. Al centro della sala cresceva un albero, i cui rami uscivano da uno squarcio nel soffitto. “Guarda che figata,” mormorò, disinteressandosi della registrazione dell’amico.
Questa è roba forte,” ripeté Mike. Fece ripartire la traccia.
Seguì qualche secondo di silenzio, poi gli altri due scossero la testa. “Cosa sarebbe?” chiese Andy dopo un po'.
Avete presente lo spirit box?”
Il che?”
Mike emise uno sbuffo infastidito. “Sveglia, ragazzi: transcomunicazione strumentale. Possibile che non ne abbiate mai sentito parlare?”
Simon digitò l’espressione nel motore di ricerca, e comparvero alcuni siti sullo spiritismo. “Ti sei bevuto il cervello?” chiese.
L’altro fece partire per la terza volta la traccia. “Ora la rallento del trenta per cento,” annunciò. I fruscii si abbassarono di un’ottava, gli spezzoni di musica leggera divennero una specie di solenne canto da cappella. La voce si fece più chiara. Alcune parole rimasero inintelligibili, ma i ragazzi udirono abbastanza chiaramente ‘il fuoco’, ripetuto due volte, e poi ‘andate via’. Infine la parola ‘Nemo’, seguita da qualcosa che somigliava a ‘me’ e poi un magma incomprensibile di suoni.
I tre si scambiarono un’occhiata.
Da farsela sotto,” commentò Andy. Finì la lattina, la accartocciò e la lanciò verso il cestino dell’immondizia.
Simon scosse la testa. “Pareidolie,” sentenziò.
Andy lo fissò perplesso. “Para… che?”
Pareidolie. Tu vuoi sentire una certa cosa, e il tuo cervello interpreta suoni casuali facendoti credere che la stai sentendo. È un fenomeno neurologico.”
Ragazzi!” Mike impose il silenzio. “Pareidolie un cavolo. Com’è allora che nel posto da cui proviene quello spezzone le tavole ouija impazziscono, gli spirit box sembrano degli studi di registrazione di Memphis e i sensitivi cominciano a vomitare come l’Esorcista?”
Gli altri due si scambiarono un’occhiata e si strinsero nelle spalle.
Quel posto è infestato, ve lo dico io!”
Simon si tolse gli occhiali, pulì le lenti e li inforcò nuovamente. “E anche se fosse?” chiese poi.
Beh, ci andiamo,” disse Mike. “Lo sapete che non ci sono foto di quel posto in rete? Neanche mezza, le nostre potrebbero essere le prime.”
Ha un nome, quel posto?”
È un ristorante chiuso da anni. Si trova vicino alla stazione della metropolitana della Quarantasettesima.”
Vuoi dire qui in città?”
Esatto.”
Come si chiama?”
Qui viene il bello: Nemo.”
Simon mise i dati nel motore di ricerca. “Non c’è niente,” concluse poi in tono cupo.
Ve l’avevo detto. Saremo i primi.”
I tre si scambiarono di nuovo un’occhiata, poi intervenne Andy: “Come hai fatto ad avere quella registrazione?”
Mike fece un sorrisetto. “Cortesie fra Urbex.”
Ma anche noi siamo Urbex, scusa.”
L’altro fece un sorrisetto di superiorità. “Sì, ma voi non sapete coltivare rapporti diplomatici con gli altri gruppi. Ho spiegato a Vroukolakas98 come entrare nella stazione della metro abbandonata, e lui in cambio mi ha dato questa dritta.”
Ma Vrouko è uno svitato!” protestò Andy.
È psicotico,” intervenne Simon, “pensa di parlare con i morti.”
Non pensa di farlo,” replicò Mike piccato. “Lo fa e basta. Questa registrazione è sua.”
Confermo: è psicotico,” asserì l’altro categorico.
Seguirono alcuni minuti durante i quali si udì solo il ticchettare della tastiera mentre Simon cercava notizie sul ristorante abbandonato.
È molto strano,” disse alla fine.
Cosa è strano?” chiese Andy.
Se voglio, trovo in rete anche notizie sulla casa di mia nonna. Su questo posto invece niente di niente. Non c’è un solo sito di Urban Explorers che ne parli.”
Appunto, ragazzi.” Mike appariva sempre più eccitato all’idea di andare a esplorarlo. “Saremo i primi a mettere delle foto in internet. Dopo una cosa del genere, gli altri Urbex potranno baciarci il culo.”

§

Il detective Krueger sbuffò. Si spostò da una parte per evitare una barella che passava di corsa spinta da una frotta di paramedici concitati, e quasi andò a sbattere contro una donna di colore in vestaglia, che passeggiava assorta tirandosi dietro un flacone di fisiologica appeso al suo sostegno. Istintivamente si portò la mano all’altezza della tasca interna della giacca, dove teneva la fiaschetta di whisky. “Mi scusi, signora,” biascicò poi. La donna non lo degnò di uno sguardo.
Si voltò verso il collega. “Io vorrei sapere perché ci mollano sempre questi casi del cazzo, Penn.”
Colpa tua,” replicò l’altro. “Se bevessi meno, probabilmente il capo ci darebbe qualcosa di meglio di un drogato che è scampato a un regolamento di conti con degli spacciatori.”
Io non bevo.”
Certo, e io sono Shakira.”
Voglio dire, mai in servizio. Quasi mai. E comunque, Shakira, mi sembrava che nell’ultimo video tu avessi più tette e ti muovessi meglio.”
Ha parlato Nureyev.”
Bah. Sappiamo niente di questo tizio?”
Andrew Donovan, ventun anni, studente, incensurato. L’hanno trovato in stato confusionale vicino alla fermata della metropolitana della Quarantasettesima.”
Drogato?”
Considerate le cazzate che ha detto, direi che è più drogato di Bob Marley.”
Perché, che ha detto?”
Storie sui morti che hanno cercato di ammazzarlo. Intanto però nel sotterraneo da cui è uscito ci sono due cadaveri carbonizzati.”
Krueger sollevò le sopracciglia. “Si sa chi sono?”
Il tizio dice che sono i suoi amici, tali Michael Brown e Simon Frost. Stanno confrontando le impronte dentali, comunque.”
Un sotterraneo, hai detto?”
Uh-huh.”
E che ci facevano in un sotterraneo?”
Pennington scosse la testa come di fronte a qualcosa di profondamente stupido. “Ha detto che esploravano.” Fece una pausa, poi si voltò verso il collega e soggiunse: “E io invece dico un’altra cosa: i tre poppanti volevano giocare agli spacciatori, e sono andati a pestare i piedi a degli spacciatori veri, che gli hanno fatto il servizietto. Questo è lo stile della mafia russa.”
Così parlando erano arrivati sulla porta di un ambulatorio. All’interno, seduto sul lettino con le gambe penzoloni, un giovanotto sui vent’anni, di corporatura robusta, con una coperta buttata sulle spalle nude e i capelli biondi tagliati corti, si stava dondolando avanti e indietro tipo orso dello zoo. Ogni tanto tirava su col naso e col dorso della mano si asciugava le lacrime, che gli scendevano lungo le guance come linfa da una vite tagliata.
Pennington lo fissò in silenzio per qualche secondo, poi si rivolse al collega e in tono severo gli disse: “Me lo lavoro io.”
Krueger si limitò a stringersi nelle spalle. Aspettò che l’altro fosse entrato nella stanza, quindi tirò fuori la fiaschetta, bevve un rapido sorso e la rimise al suo posto.

Pennington si avvicinò al ragazzo con passo deciso, e con il più sinistro dei suoi toni professionali disse: “Buona sera, lei è il signor Andrew Donovan?”
Il ragazzo lo guardò come se fosse stato un marziano. Cercando di non far tremare le labbra, con un filo di voce rispose: “Sì, sono io.”
Molto bene. Io sono il detective Tanner Pennington, e quello sulla porta è il mio collega Bud Krueger. Siamo qui per aiutarla.”
Sì, signore.”
Tanner annuì. “Molto bene. Ora mi vuole spiegare cos’è successo, signor Donovan?”
Di nuovo?”
Diciamo che la sua prima versione non mi ha convinto molto.”
È la verità.”
La voce di Pennington si fece dura. “Signor Donovan, lei è sospettato di un duplice omicidio.”
Cosa?”
Finché non salta fuori come sono morti i suoi amici, per me li ha ammazzati lei.”
Cosa?” ripeté il ragazzo, questa volta in tono allarmato. “Io non ho ucciso nessuno!”
Me lo provi, signor Donovan,” replicò duro Pennington. “Perché se lei mi dice che dei morti si sono animati e hanno spinto i suoi amici a darsi fuoco da soli, il primo impulso che mi viene è quello di spedirla in un manicomio criminale.”
Mentre Bud seguiva la scena dalla soglia dell’ambulatorio, si sentì battere sulla spalla. Si voltò e vide che c’era una dottoressa che teneva in mano dei fogli. “Lei è il detective che si occupa del caso?” gli chiese.
L’uomo annuì.
Dottoressa Gonzales,” si presentò la donna tendendogli la mano. Aveva una stretta franca, energica. “Qui ci sono i tossicologici,” disse.
Krueger annuì. “Cos’ha in corpo, il giovanotto?”
Niente.”
L’altro aggrottò le sopracciglia. “Niente?”
Né droghe, né alcol, né farmaci. Pulito come un bambino dell'asilo.”
Sappiamo per caso se è in cura presso qualche psichiatra?”
Dal computer non risulta.”
E quindi perché dice che i morti si sono svegliati e hanno ammazzato i suoi amici?”
La dottoressa Gonzales si strinse nelle spalle. “Non lo so, forse sta cominciando l’apocalisse zombi. E ora mi scusi.” Si allontanò lungo il corridoio.
Bud rimase a guardarla per un po’, poi scosse la testa. “Apocalisse zombi,” ringhiò. “Bah.”
Tirò fuori la fiaschetta e bevve un altro lungo sorso, poi emise un sospiro soddisfatto.

Poco dopo uscì il suo collega. “Parlaci tu,” disse ruvido.
Bud alzò gli occhi sul ragazzo, che sedeva ancora sul lettino, ma dopo il passaggio di Pennington singhiozzava e tremava visibilmente. “Me l’hai fatto diventare isterico,” protestò. “E io adesso come cazzo ci parlo?”
Vedi tu. Fatti dire dall’idiota chi ha fatto fuori i suoi amici.” Poi, dopo una pausa: “A proposito, cos’ha in corpo?”
Niente.”
Stai scherzando? Questo vede i morti che girano e mi dici che non ha in corpo niente?”
Bud si strinse nelle spalle. “Forse ha ragione la dottoressa che mi ha mostrato le analisi: è cominciata l’apocalisse zombi.”
Parlaci tu,” brontolò Tanner per tutta risposta, poi si allontanò annunciando che andava a fumare.
Krueger fece qualche passo nella stanza. “Salve,” salutò in tono conciliante.
Il ragazzo non fece altro che ingobbirsi ulteriormente e tirare su col naso.
Andy, giusto? Io sono Bud.”
L’altro si voltò verso di lui. Aveva gli occhi rossi e l’espressione atterrita. “Io l’ho già detto, quello che è successo,” singhiozzò.
Il detective assentì col capo. “Certo, certo.” Tirò fuori il whisky. “Un goccetto? Così ti calmi.”
Cosa?”
Bisogna che tu mi faccia capire quello che è successo là sotto, ragazzo. Forse con un po’ di alcol ti calmi abbastanza da raccontarmelo.”
Andy buttò giù un sorso con aria obbediente, tossì, ne buttò giù un altro e disse: “L’ho già raccontato dieci volte, quello che è successo.”
Cioè, tu mi vuoi dire che c’erano dei… morti?”
Non sono pazzo. A un certo punto sono arrivati e li hanno presi.”
Dei morti?”
Il ragazzo annuì, stringendo gli occhi come per liberarsi della raccapricciante visione.
E come fai a sapere che erano dei morti? Magari erano solo dei barboni.”
Avevano le ossa fuori, erano mezzi bruciati. Ma non li vedevo sempre.” Represse un brivido. “Solo negli specchi.”
Bud si passò una mano sulla faccia. “Solo negli specchi?”
Andy non rispose, e il detective rinunciò a insistere: il ragazzo tremava e piangeva, era vicino al collasso nervoso. Si ripromise di interrogarlo il mattino dopo, con un po’ più di calma. “Ok, ora vado,” gli disse.
Aspetti,” lo fermò il ragazzo. “È vero quello che dice il suo collega? Che sono sospettato di omicidio?”
Bud scosse la testa. “Non preoccuparti. Ci siamo messi d’accordo: io faccio lo sbirro buono, e lui quello cattivo. Cerca solo di entrare nel personaggio.” Gli scostò un lembo della coperta, mettendo a nudo segni rossi allineati quattro a quattro, come graffi. Ne aveva sulle spalle, sui fianchi e, per quanto poteva vedere, su tutta la schiena. “E questi chi te li ha fatti?” chiese stupito.
Loro.”
Vuoi dire i morti?”
Cercavano di prendermi, mi hanno strappato tutta la camicia.”
Krueger rimise la coperta al suo posto. “E tu come hai fatto a scappare?”
Il ragazzo tirò fuori dalla tasca dei jeans un piccolo oggetto di metallo. “Io avevo questo.”
Bud lo osservò: era un pentacolo.
Il ragazzo glielo mise in mano. “Lo tenga. Se va laggiù le servirà.”
Andy, non credo che...”
Lei è stato gentile con me. Lo tenga, per favore.”
In quel momento si rifece vivo Pennington. Krueger si infilò il piccolo oggetto nella tasca del giubbotto e gli disse: “È meglio che torniamo domani.”
Ha parlato?”
Domani, Penn.”

§

La zona dove si trovava il Nemo aveva un’aria decisamente tetra. I caseggiati di mattoni, risalenti alla fine dell’ottocento, avevano le pareti annerite dallo smog. La strada in cui si trovava il ristorante, poi, sembrava uscita da Silent Hill. C'era una lunga fila di vetrine, per la maggior parte buie e polverose. Le poche che rimanevano in attività erano sbarrate da grate di ferro e contenevano roba vecchia e stinta dal sole. Lungo il marciapiede rotolavano cartacce spinte dal vento. Gli alberi piantati nelle aiuole erano ridotti a tronchi coperti di graffiti.
Che allegria,” commentò Tanner guardandosi intorno. Si strinse addosso il giubbotto incassando il collo fra le spalle.
Al suo fianco, Bud tirò fuori la fiaschetta e bevve un lungo sorso. “Che ti aspettavi, un centro commerciale di Dubai? Magari quello in stile Antico Egitto?” Assunse una posa vagamente simile a un bassorilievo egizio.
Dovresti smettere con quella roba.”
E io che stavo per offrirtene un po’.”
L’altro emise uno sbuffo infastidito. “Siamo in servizio.”
Lo so. Stavo dormendo dannatamente bene quando quella puttana della sveglia mi ha sbattuto giù dal letto.”
Forse, se la sera bevessi meno, la mattina ti sveglieresti più facilmente.”
Se bevessi meno avrei gli incubi, e quindi la mattina farei ancora più fatica a svegliarmi,” replicò Bud, quindi indicò una malandata insegna al neon con su scritto ‘Nemo’ in caratteri gialli e rossi. “Ora facciamo visita a questo esclusivo ristorante, che ne dici?” propose.

Davanti al locale c’erano i nastri gialli e neri con su scritto scena del crimine – non oltrepassare. Tutt’intorno c’erano delle transenne.
Un agente passeggiava su e giù con aria nervosa.
Che fai, Hank?” lo apostrofò Bud, “è freddino qui fuori.”
L’uomo interruppe il suo inquieto camminare. “Beh, ecco, là dentro non è esattamente un posto piacevole, signore,” rispose.
Perché?”
Hank si voltò fugacemente verso la porta chiusa, quasi per assicurarsi che non ne stesse uscendo qualcosa di strano. “Non lo so. Dà una brutta sensazione.”
Hm,” si limitò a rispondere Bud. Non l’avrebbe mai ammesso davanti a Tanner, ma in effetti aveva già bevuto troppo e gli sembrava di avere la testa dentro una boccia dei pesci rossi: tutte le sensazioni gli arrivavano attutite, e doveva concentrarsi per non biascicare quando parlava. “Andiamo?” chiese, anche solo per evitare che l’agente gli sentisse l'alcol nel fiato.
Entrarono nel locale e accesero le torce che si erano portati dietro. I tavolini erano ancora ingombri di stoviglie, le tovaglie ammuffite pendevano come barbe di licheni dai rami degli alberi. Sul pavimento c’erano vari oggetti abbandonati. “Strano che nessuno abbia pensato di fare piazza pulita,” disse Krueger, dando un calcetto a una bottiglia ancora sigillata.
Già, che spreco, vero?” replicò Tanner sarcastico.
Il primo si limitò a passarsi una mano sul viso. Andò alla ricerca delle compresse di antiacido che teneva in tasca, ricordandosi solo troppo tardi di averle finite due giorni prima. “Fanculo,” ringhiò fra i denti.
Che hai detto?”
Niente, dicevo che bisognerebbe andare giù.”
Si spostarono nelle cucine. Per terra c'era un sacco aperto, dal quale erano rotolate fuori delle cose. C'erano i cocci di una bottiglia, e di altre si intuiva la forma sotto la iuta. “Qualcuno è passato a raccogliere della roba, vedi?” osservò Tanner.
Già, ma poi non se l'è portata via,” rispose Bud. Spostò il sacco con la punta del piede. “E sembra anche che l'abbia mollata in tutta fretta.”
Trovarono la scala che portava alla cantina e cominciarono a scendere lentamente.
Cazzo, che buio,” imprecò Tanner, facendo girare su e giù il pennello di luce della torcia.
Erano arrivati a una stanza piuttosto grande e piena di scaffalature. Sui ripiani c’erano ancora cibi in scatola, alcuni con scritte orientali, e barattoli di vetro con dentro conserve. “Sembra che se ne siano andati col fuoco al culo,” osservò Bud, fissando pensoso un assortimento di frutta sciroppata ormai color del mogano.
In quel momento, sentì qualcosa che gli sfiorava la nuca. Sussultò. “Scherzi del cazzo, Penn!” esclamò poi, girandosi bruscamente.
Aggrottò le sopracciglia. “Penn?”
Dall’altra parte della stanza, il collega chiese: “Che c’è?”
Bud scrollò la testa come per schiarirsi le idee.
Allora?”
Niente, volevo solo sapere dove ti eri cacciato.” Poi, dopo una pausa: “Dov’è che hanno trovato i corpi?”
Di qua, vieni.”
Percorsero un corridoio ingombro di calcinacci e arrivarono a una stanza sulla quale si aprivano tre porte. “Quella al centro,” gli suggerì Tanner.
Bud vi si diresse. Al di là vi erano dei bagni. Non sembrava uno di quei bugigattoli di servizio che di solito usava il personale dei ristoranti. Aveva un'aria elegante, invece. Sotto lo strato di polvere, le piastrelle erano pregiate, e alla parete, sopra la fila di lavandini, c'erano delle grandi specchiere molate. Ne picchiettò una con le nocche. “Roba fine,” commentò. “C'è chi la pagherebbe un sacco di soldi.”
Vuoi darti al commercio di modernariato?” chiese la voce di Pennington alle sue spalle.
Krueger, che stava facendo girare la torcia tutt'intorno, alzò gli occhi sulla specchiera. “Porca vacca!” esclamò, facendosi bruscamente indietro.
Che c'è?”
L'uomo si passò una mano sul viso cercando di normalizzare il ritmo del respiro. “Niente, per un attimo mi sembrava di avere qualcuno dietro la schiena.”
Avevano le ossa fuori, erano mezzi bruciati.
La mano gli corse automaticamente alla fiaschetta di whisky. In quel momento, si fece udire la voce del suo collega, non scevra di un certo velo di preoccupazione: “Devi bere meno, Bud. Se no poi vedi le cose che non ci sono.”
Mi sa che hai ragione.” Puntò la torcia verso due macchie scure sul pavimento. “È lì che li hanno trovati?”
Sì.”
Bud si chinò, raccolse un frammento carbonizzato e per un po' se lo rigirò assorto fra le dita. “Hai idea della quantità di calore necessaria per bruciare completamente un corpo?” chiese infine al collega.
L'altro si avvicinò. “Penso che ce ne voglia parecchio, vero?”
Più di quanto immagini. In Iraq non era la cosa più facile del mondo, sbarazzarsi dei corpi in quel modo. Ci voleva un sacco di benzina.”
Si rialzò. “Veniva fuori un fumo nero, che si attaccava dappertutto. E puzzava. La puzza ci rimaneva addosso per giorni e giorni, qualsiasi cosa ne era impregnata.” Fece una pausa significativa. “Tu senti qualche odore, qui?”
No.”
Questo vorrebbe dire, teoricamente, che questi corpi sono bruciati a più di duemila gradi*, ma senza che la combustione intaccasse nulla di quello che c'è intorno.” Batté la mano sulla porta di una toilette. “Guarda qua: questo è legno, e a malapena ha la vernice annerita.”
Tanner lo fissò. “E se avessero portato qui dei corpi bruciati da un'altra parte?”
Non ci sarebbe la macchia nera per terra.”
Cazzo,” commentò Pennington.
Già, è quello che dico anch'io.”
Allora c'è da tirare in ballo l'autocombustione?”
Sì, e magari anche i marziani, Atlantide e i fulmini globulari,” brontolò Krueger. Uscì dal bagno, imboccò la porta di destra e fece qualche passo in un corridoio oscuro. Man mano che si allontanava dal suo collega, cresceva l'impressione di essere osservato, tanto che due o tre volte si girò fulmineo, convinto di sorprendere Penn che lo pedinava di soppiatto.
Una volta gli parve anche si scorgere una sagoma in piedi di fianco a una porta, ma quando puntò la torcia in quella direzione non vide più nulla. Avvertiva un'opprimente sensazione di ostilità, che gli seccava la bocca e gli irrigidiva i muscoli.
Se non bevo, tutta la notte mi rivolto nel letto,” ringhiò fra sé e sé, “se bevo, di giorno ho le paranoie. Ma vaffanculo.”
In quel momento si fece udire la voce di Pennington: “Bud? Dove ti sei cacciato?”
Sono qui,” disse Krueger. Era affacciato su una stanza nella quale c'erano un bancone di legno e delle aste orizzontali da cui pendevano delle grucce.
La parete di fondo era tutta di pannelli scuri.
Entrò, fece girate la torcia e alla fine la fissò su uno straccio abbandonato in un angolo. Andò a vedere, e si accorse che si trattava di un lembo di stoffa ricamata con le perline, tipo un abito da sera femminile, ma tarmata e ormai consunta dagli anni. I bordi avevano chiare tracce di bruciato, ma era coperto di polvere, segno che doveva trovarsi lì da molto tempo. Lo lasciò ricadere, e di nuovo si voltò bruscamente quando gli parve di udire una voce che sussurrava alle sue spalle.
Faticò a convincersi che non ci fosse nessuno: la sensazione era stata così realistica che aveva anche sentito il fiato sul collo, come se qualcuno si fosse piegato a parlargli nell'orecchio.
Alzò la testa e la torcia si riflesse su un piccolo specchio. Notò che c'era una sagoma alle sue spalle. “Ah, Penn,” disse. “Mi hai fatto venire un colpo.”
Non gli giunse risposta. Si voltò, e dietro di lui non c'era nessuno.
Cazzo,” mormorò.
Fece girare ancora la torcia, e si accorse che sul pavimento, di fianco al bancone, in una posizione un po’ nascosta, c’era qualcosa che assomigliava a uno strano altarino: sembrava come una casetta con il tetto spiovente, ornata di ghirlande. All’interno di essa, su un piedistallo, c’era una figura seduta. Ai lati vi erano fiori finti ormai coperti di polvere e bastoncini di incenso. Dalla quantità di cenere che c’era per terra, dovevano essere state bruciate decine di quei bastoncini.
Davanti alla statua c’era una ciotola di metallo dorato, forse ottone, nella quale c’erano ancora noccioli di frutti e cose del genere. “Offerte?” si disse a mezza voce.
Osservò più attentamente, ma non gli parve che quel manufatto avesse a che fare con magia nera o Satana. Gli ricordava piuttosto certa paccottiglia orientale.
Di nuovo, la voce di Pennington lo distrasse dai suoi ragionamenti. “Bud? Ti dai una mossa?”
Viene a vedere, Penn.”
Il collega lo raggiunse. “Che c’è?”
Hai visto quella specie di casetta?”
Tanner aggrottò le sopracciglia. “Cos’è, una cuccia per i gatti?”
A me sembra più un oggetto di culto.”
Messe nere?”
Mah, è tutto di colori... come si dice? Pastello? Al massimo, messe della Barbie.”

Quando furono di nuovo all'aperto, Krueger tirò fuori la fiaschetta e bevve un lungo sorso. “Fanculo al servizio,” ringhiò, “ho bisogno di farmi un goccio.”
Tu bevi troppo,” sentenziò Pennington.
E tu troppo poco. Mi stai sempre addosso.” Poi, dopo una pausa: “Là dentro c'era qualcosa.”
Qualcuno, vuoi dire?”
No, qualcosa.” Bevve di nuovo, ignorando lo sguardo di riprovazione del collega. “Qualcosa che mi seguiva, e guardava tutto quello che facevo.” Fece un'ulteriore pausa, mandò giù un altro sorso. “All'inizio pensavo che fossero solo paranoie mie.”
Si accorse che sulla fronte di Tanner era comparsa una ruga verticale. “E dopo?” gli chiese il collega, fissandolo attento.
Bud scosse la testa. “Niente, niente,” rispose sbrigativo, facendo un gesto come per scacciare una mosca. “Stavo scherzando. Solo paranoie.” Penn era un bravo ragazzo, ma era anche capace di chiamare gli strizzacervelli per una faccenda del genere, e lui ne aveva già avuto abbastanza di quelli dell'Esercito. “Facciamo una cosa,” gli propose, “Dividiamoci e andiamo a fare delle domande in giro, vediamo se qualcuno sa dirci qualcosa.”
L'espressione di Tanner ebbe una fugace nota di sollievo. Krueger ne fu quasi un po' amareggiato: aveva sempre avuto la sensazione che il collega non si fidasse fino in fondo di lui, che lo considerasse una specie di ubriacone pazzoide, e averne una così esplicita riprova un po' gli faceva male. In fondo ci si era affezionato, a quel culo stretto di Penn.
Beh, io vado,” gli disse, e si allontanò prima che l'altro potesse replicare.

Gironzolò un po' per i dintorni. I negozi nel frattempo avevano chiuso, e per strada non si vedeva nessuno. Si sedette su una panchina sbilenca e di nuovo tirò fuori la fiaschetta. Una voce chioccia lo distrasse: “Me ne dai un goccio, amico?”
Si voltò: accanto a lui era comparso un ometto curvo, con tre giubbotti uno sopra l'altro, la barba incolta e un carrello del supermercato pieno di lattine. “Perché no?” rispose il detective, e gli tese il recipiente.
L'altro bevve e fece schioccare la lingua. “Roba buona,” apprezzò.
Serviti pure,” gli disse il poliziotto. “Io mi chiamo Bud, a proposito.”
Ozzy.”
Si strinsero solennemente la mano.
Sei di queste parti, Ozzy?”
Sissignore. Genuino come la merda.”
Bud annuì. La fiaschetta fece di nuovo il giro, poi entrambi si voltarono in direzione del Nemo, davanti al quale si stava fermando un'auto della polizia. “Cosa sai dirmi di quel posto?” chiese il detective.
Ozzy sputò da una parte. “Che bisogna starci alla larga,” disse.
Ah, come mai?”
Il barbone assunse una certa aria di importanza. “È maledetto,” sentenziò.
Krueger aggrottò le sopracciglia. “In che senso?”
L'espressione dell'ometto divenne misteriosa. “Se vai là dentro, succedono delle brutte cose, lo sanno tutti. Una volta, uno del North Side, che non sapeva niente, ha provato a entrare per portarsi via le bottiglie.”
E quindi?”
E quindi? Ha detto che i morti hanno cercato di prenderlo. Quando è entrato, era un pezzo d'uomo con tutti i capelli neri. Quando è uscito, parola mia d'onore, ce li aveva tutti bianchi, e sembrava di colpo invecchiato di vent'anni.”
Notevole,” commentò Krueger.
Di nuovo bevvero un po' di whisky.
E non è la sola cosa che è successa là dentro,” soggiunse Ozzy dopo un po'. Tese la mano con fare significativo, e Bud vi depose la fiaschetta.
È proprio buona questa roba,” apprezzò il barbone.
Dicevi che erano successe altre cose?” chiese il detective dopo un po'.
Ne succedono un sacco, se vuoi saperlo. Una volta, un tizio è andato a dormire là dentro: non è più uscito.”
Nessuno è andato a cercarlo?”
Stai scherzando? Nessuno che sia sano di mente mette piede al Nemo. È maledetto, ti dico.”
Bud gli fece segno di bere di nuovo, poi sparò il siluro: “Ci sono davvero i morti, là dentro?”
Contrariamente alle aspettative, l'uomo non si scandalizzò e non lo trattò da pazzo. “Di gente ne è morta parecchia, in quel posto,” disse soltanto. Diede fondo al whisky, poi soggiunse: “Me lo raccontava sempre il mio vecchio quando ero piccolo: una volta è successo un fatto terribile, in quel posto, e da allora sono cominciate le cose strane.”
Del tipo?”
Mah, urla, lamenti. Strani rumori. Alle volte si trovano dei ratti mezzi bruciati lì intorno, oppure si sente odore di fumo, anche se in giro non ci sono fuochi. E naturalmente chi va là dentro non esce più. O esce pazzo, come quel povero stronzo del North Side.”
Ozzy restituì la fiaschetta, quindi si alzò, si sistemò i tre giubbotti e riprese il carrello con i suoi averi. “Starei ancora qui a parlare con te, amico, ma si sta facendo buio, e devo trovare un posto per la notte.”
Ok, grazie Ozzy.”
Grazie a te per il whisky, Bud. Non capita tutti i giorni di bere dell'autentico scotch. E non stare qua in giro col buio neppure tu, se non vuoi fare una brutta fine.”
D'accordo, ora me ne vado.”
Krueger si guardò intorno e vide Pennington che lo fissava con la schiena appoggiata a un albero.
Chi era, il tuo personal trainer?” gli chiese il collega.
Cosa?”
Quel tizio è come ti ridurrai tra dieci anni, se non ti dai una regolata.”
Non fare lo stronzo, Penn.”
Non farlo tu. Siamo in servizio, e ti scoli più whisky di tutti i Gordon Highlander messi insieme. Vuoi metterti nei guai?”
Penn, senti, di madri ne ho già una e mi basta.”
Io lo dico per te, non voglio che tu faccia quella fine. Piuttosto: hai scoperto qualcosa?”
Dobbiamo fare un giro in archivio.”
Tanner lo fissò con aria scettica. “E che ci andiamo a fare in archivio?”
Ricerche.”
L’altro sbuffò. “Odio quando fai il misterioso. Ricerche di che genere?”
Devo capire la storia di questo posto.”
Cosa te ne frega? Sarà il solito ristorante fallito che è passato per diecimila mani, finché gli ultimi proprietari non si sono rotti le palle e hanno piantato tutto lì.”
Bud si voltò a fissarlo negli occhi. “Tu eri tranquillo, là dentro?” gli chiese.
Tanner rimase in silenzio. Spostò il peso da un piede all’altro. “Beh...”
Dimmi la verità: eri tranquillo?”
Non si è mai tranquilli sulla scena di un delitto,” rispose Pennington a disagio.
Non hai sentito qualcuno alitarti sul collo, oppure delle voci strane?”
Il collega serrò le labbra. “Io penso che sia tutta autosuggestione,” disse infine.
Ma certo. E, per dirla con parole tue, io sono Shakira. Adesso andiamo all’archivio, voglio vederci chiaro, in questa storia.”

§

Bud si girò verso Tanner, che sedeva accanto a lui, e in tono trionfante gli disse: “Guarda qua.”
L’altro si piegò verso il monitor. “Cosa?”
L’ultimo proprietario del Nemo era un tailandese, tale Sunan Chaonasin. È stato lui a dare il nome al locale, forse aveva visto il cartone animato col pesce. Dopo poco più di un anno di gestione, è stato ritrovato cadavere assieme a tutta la famiglia. I corpi erano completamente carbonizzati, e disposti sui quattro sedili di un minivan carico di bagagli, fermo nel parcheggio dietro l’edificio. Il caso è stato considerato un regolamento di conti tra affiliati della criminalità organizzata orientale, e conseguentemente archiviato.”
Adesso di chi è il ristorante?” chiese Tanner dopo un lungo silenzio.
Teoricamente degli eredi di Chaonasin, anche se in dieci anni nessuno si è presentato a reclamarlo.”
Dei mangiariso che non vengono a reclamare un locale del genere? Strano.”
Bud annuì. “Non è la sola cosa strana. Il gestore precedente, un turco che faceva kebab, è morto bruciato in cucina. Secondo la versione ufficiale, il forno, o come cavolo si chiama l’affare per cuocere il kebab, era difettoso ed è andato in corto circuito.” Fece scorrere i dati sullo schermo. “Guarda qua, il pattern è sempre lo stesso: ristorante aperto da pochi mesi, incidente mortale, chiusura del ristorante. Poi rimane chiuso per un certo numero di anni finché non arriva qualcun altro e il gioco ricomincia.”
Continuò a scendere lungo la pagina. In alcuni casi c’erano anche collegamenti ad articoli di giornale, o ai referti dei medici legali che avevano compiuto gli esami necroscopici sulle vittime.
Arrivò al 1928.
Quel posto era uno speakeasy,” disse. “Ora mi spiego i cessi principeschi e il guardaroba da teatro dell’Opera.”
Tanner picchiettò con la punta della matita sullo schermo, deformando appena lo scritto. “Guarda qua,” disse, “Si parla ancora una volta di fuoco.”
I due si scambiarono un’occhiata. Bud attivò uno dei collegamenti, e la schermata si aprì sulla prima pagina di un giornale, dove un titolo a caratteri cubitali recitava: terribile incendio, decine di vittime.
Passa ai rapporti della polizia,” suggerì Pennington.

Dopo una lunga consultazione, Bud raccolse il quaderno sul quale aveva annotato i suoi appunti e lo sfogliò lentamente. Le pagine, incise dalla sua grafia pesante, piene di sottolineature e cancellature, crocchiavano quando le girava.
Tirò fuori la fiaschetta, e solo quando la sentì più leggera del solito si ricordò che Ozzy gliel’aveva vuotata. La rimise via con un’espressione di disappunto.
Questa è veramente roba forte,” disse poi.
Tanner annuì. “Una cosa del genere non l’avevo mai sentita.”
Beh,” Bud si grattò la testa. “Ricapitoliamo: abbiamo questo tizio, tale Carmine Genna, che è un gangster, ma ha fatto studi classici. Per punire chi sgarra, il nostro uomo ha escogitato questo sistema: appicca il fuoco e lascia una lastra di metallo, che ovviamente non brucia, con una scritta in latino.” Sfogliò di nuovo gli appunti. “Aspetta, me la sono segnata: nemo me impune lacessit, che vuol dire ‘nessuno può prendermi per il culo e passarla liscia’, giusto?”
Più o meno,” confermò Tanner.
Visto il connubio di latino e fuoco,” proseguì Krueger, “questo tizio era noto negli ambienti della malavita come Nerone.” Fece una pausa, e in mancanza di meglio tirò fuori una sigaretta, guadagnandosi comunque un’occhiataccia del collega. “Nerone è quello che ha dato fuoco a Roma, non è vero?”
L’altro annuì. “Sì, e intanto suonava la lira.”
La che?”
Una specie di arpa.”
Bud scosse la testa poco convinto. “Ok, torniamo a noi: il proprietario dello speakeasy fa incazzare di brutto questo Nerone, che subito pensa a una punizione in grande stile: una notte che il locale è pieno, scende giù con i suoi uomini, spinge tutti gli avventori nella sala, butta la benzina e dà fuoco. Tocco di classe, spara a tutti quelli che cercano di scappare.” Fece una pausa, e fissò il collega con fare significativo. “In pratica, quei poveretti sono bruciati vivi,” soggiunse poi, “E io non ho neanche un goccio da bere.”
Ti vado a prendere una coca?” propose Tanner.
Sai dove te la puoi infilare, la tua coca?”
Dove io ti infilerò quella sigaretta se solo provi ad accendertela qui dentro.”
Cristo, Tanner, nell'enciclopedia, alla voce 'sbirro di merda', c'è la tua foto.”

§

Andiamo a mangiare qualcosa da Larry?” propose Bud. “Se non mi fai bere, almeno portami a mangiare.”
Offri tu.”
Se offro io, la prima cosa che ordino sono le birre.”
Fottiti, Krueger. A costo di pagarti una cena da Joe's Seafood, stasera bevi coca.”
Hai il culo talmente stretto, Pennington, che quando scorreggi ti sentono solo i cani.”
Così parlando, entrarono nel piccolo ristorante, si sedettero e fecero le ordinazioni.
Sai, stavo ripensando a quello che abbiamo scoperto in archivio,” disse Tanner dopo un po'. Poi, notando che il bicchiere di coca del collega era ancora intonso: “Non bevi?”
Senza il bourbon, questa roba fa schifo,” protestò Bud.
Dicevo: com'è possibile che ci sia qualcuno che da cent'anni a questa parte fa capitare sempre lo stesso incidente?”
Cosa vuoi dire?”
Beh, ogni tot, in quel posto crepa qualcuno. Sempre a causa del fuoco, a quanto ne sappiamo. E mai, in nessun caso, brucia qualcos'altro a parte lo sfigato di turno.”
Bud si limitò a fissarlo con interesse.
Imperterrito, l'altro proseguì: “Questo ovviamente non può essere un caso. Una coincidenza è una coincidenza, due coincidenze sono un indizio, tre coincidenze sono una prova.”
Cominci a parlare come gli stronzi dei telefilm?” interloquì Krueger.
Questa è Agatha Christie, veramente. Comunque, era per dire che secondo me c'è qualcosa dietro. Ragioniamo: chi può trarre vantaggio da una faccenda del genere? Un'assicurazione, forse?”
Ragiona tu, tanto per provare un’esperienza nuova,” replicò Krueger, che di fronte agli sfoggi di tecnica investigativa del collega aveva sempre importanti picchi di fastidio, “qual è il piano criminoso che va avanti per cento e passa anni?”
Tanner aggrottò le sopracciglia. “Sarebbe un quiz?”
Sarebbe un modo per farti smettere di dire stronzate. Quanto può rendere una truffa assicurativa su una topaia del genere?”
Magari ne hanno anche altre, bisognerebbe fare dei controlli su chi ha assicurato quel posto nel corso degli anni, se scopriamo che è sempre la stessa agenzia, e...”
Frena, bello. Gli ultimi tre sfigati si sono infilati là dentro all'insaputa di tutti, il locale è disabitato da dieci anni, e figurati se gli eredi di quel tizio tailandese che è finito arrosto nel parcheggio hanno pagato la polizza.”
L'altro chinò la testa. “Mi sa che hai ragione.” gli disse. Cincischiò un po' con le patatine fritte nel piatto, poi si raddrizzò e lo fissò dritto negli occhi. “Tu invece che idea ti sei fatto su questa faccenda, Bud?”
Krueger stese distrattamente la mano verso il bicchiere, ma subito dopo la ritirò con una vaga smorfia di disgusto. “Non credo ti piacerebbe saperla.”
Perché?”
Diciamo che non è molto razionale.” Fece una pausa. “E se te la raccontassi adesso non avrei nemmeno la scusa di essere sbronzo.”
Beh, provaci Bud. Tanto, non è che la mia opinione di te peggiora, se mi racconti delle altre stronzate.”
Quello che mi piace di te, Tanner, è che fai sembrare persone gradevoli gli avvocati che fanno le cause contro i poliziotti.”
Seguì un silenzio rotto solo dalla musica country in sottofondo. We watched him drink his pain away a little at a time, cantava Brad Paisley.
I due si scambiarono una lunga occhiata, poi Bud distolse lo sguardo, si alzò in piedi e disse: “Grazie per la cena, Penn. Penso che ora me ne andrò a letto.”
Ti accompagno, Bud?”
Ci vediamo domani.”
Raccolse il giubbotto e uscì.
Prese a camminare rapido lungo il marciapiede. Infilò le mani nelle tasche, e mentre si rigirava fra le dita il piccolo oggetto che gli aveva regalato Andy, ripensava a tutta la faccenda.
Una spiegazione razionale di quella cosa non c'era. Affanculo tutte le deduzioni logiche del suo collega, quello che stava succedendo al Nemo non aveva nulla a che fare con la razionalità.
Nemo, come nemo me impune lacessit, peraltro. Quel nome non era legato al famoso pesce, ma a qualcosa che il tizio tailandese doveva aver trovato nei sotterranei, tant'è che poi ci aveva messo quella specie di altare, che magari nella sua cultura doveva servire come protezione.
Forse anche quel Chaonasin, o come accidenti si chiamava, aveva visto i morti.
E io li ho visti davvero, i morti?” ringhiò a mezza voce.
Lui li vedeva tutte le notti. Alcuni li aveva conosciuti per nome quando erano vivi, altri li aveva solo incontrati di sfuggita. Altri ancora, aveva provveduto lui stesso a farli passare da vivi a morti.
Era dall'Iraq che li vedeva.
Arrivavano puntuali appena chiudeva gli occhi, e non se ne andavano finché lui non aveva ingollato abbastanza alcol da stendere un cavallo. A quel punto, il più delle volte lo lasciavano in pace.

§

Raggiunse il suo palazzo, salì in casa. Lasciò cadere il giubbotto sul divano, quindi aprì il pensile della cucina e diede un'occhiata all'interno: c'erano rimaste una bottiglia di vodka nuova, una di bourbon a metà e una quasi piena di Jack Daniel's.
Prese l'ultima e andò in camera. Si lasciò cadere sul letto. Per un attimo rivolse anche un fugace pensiero al suo collega e alle sue raccomandazioni, ma sentiva già in tutti i muscoli della schiena la tipica tensione che preludeva alla comparsa dei morti, per cui stappò la bottiglia e buttò giù un lungo sorso di whiskey. Si fermò ansante, si pulì la bocca col dorso della mano, poi bevve di nuovo.

Si trova nel deserto a bordo dell'Humvee. Tutt'intorno c'è la sabbia arroventata dal sole.
Va alla ricerca di una bottiglia d'acqua, ma sono tutte finite e fa caldo, terribilmente caldo. Così caldo, che dal cofano del veicolo cominciano a levarsi fiamme.
Le vede danzare leggere nell'aria, torcendosi eleganti verso l'alto. La vernice frattanto comincia a fumare, poi si annerisce, si arriccia in trucioli.
Lui si volta, e vede che anche all'interno del veicolo tutto sta andando a fuoco. In una perfetta, surreale indifferenza, i suoi compagni stanno lentamente bruciando, la carne si dissecca, le ossa si scoprono. I volti consumati si trasformano in teschi ghignanti
Si agita, urla. Cerca di scuoterli, ma essi voltano verso di lui gli orrendi volti carbonizzati, con l'aria di non capire il motivo della sua concitazione.
E poi le fiamme cominciano a consumare anche lui, ed egli vede la sua stessa carne ritirarsi sulle ossa, deformandosi come plastica, sciogliendosi...
I morti, quelli dell'Iraq e quelli che aveva visto al Nemo, sono tutti intorno a lui, allungano nella sua direzione mani adunche, annerite, secche come rami. Lo afferrano, se lo contendono emettendo rantoli bramosi.
Una voce ripete: il fuoco... il fuoco...
E un'altra: andate via… Nemo me impune lacessit.
Le mani adunche lo ghermiscono, lo trascinano nel buio…

Si svegliò di soprassalto con un urlo soffocato. Si ritrovò seduto sul letto ad ansare come dopo una corsa, grondante di sudore, con il cuore che minacciava di scoppiargli nel petto. Senza guardare palpò le coperte fino a che non riuscì a percepire la familiare forma della bottiglia, quindi la afferrò, fece saltare il tappo e ci si attaccò come avrebbe fatto con una bombola di ossigeno dopo una lunga apnea.
La lasciò ricadere solo quando fu vuota.
A quel punto si alzò malfermo, e barcollando andò in cucina. Aprì il pensile, tirò fuori la vodka e cominciò a tracannarla.

§

Tanner bussò per l'ennesima volta alla porta. “Bud!” chiamò. “Bud, apri o chiamo i pompieri!”
Picchiò ancora, prima con le nocche, e poi con tutto il pugno. “Bud!”
Si aprì la porta accanto, dalla quale si affacciò una donna corpulenta, con un assortimento di bigodini sulla testa. “Cerchi il poliziotto?” lo apostrofò ruvida.
Sì, non mi risponde.”
Sarà sbronzo. Vado a prendere le chiavi, altrimenti svegli tutto il palazzo.”
Scomparve in un ingresso semibuio, che puzzava di aglio e fritto stantio. Tanner la sentì bofonchiare qualcosa mentre rovistava.
Ecco qui,” disse alla fine, ricomparendo sulla soglia. “Se per caso è morto, noi saremmo interessati all'appartamento.”
L'altro non rispose. Fece scattare la serratura, ed entrò chiamando il collega.
Krueger non rispondeva. Pennington deglutì. Non si erano lasciati nel migliore dei modi, la sera prima, e un po' ci aveva rimuginato su durante la notte. Aveva pensato che forse era stato troppo duro con lui, che avrebbe dovuto mostrare se non altro maggiore rispetto per la sua esperienza.
Bud?” disse. “Bud, stai bene? Sarà un'ora che cerco di chiamarti col cellulare.”
Si affacciò in cucina, e trovò un pensile aperto, con lo sportello sbilenco come se qualcuno ci si fosse aggrappato con tutto il proprio peso. Sul pavimento c'erano cocci di vetro.
Bud?”
Nel corridoio che portava alla camera da letto c'era una chiazza grigiastra. L'odore acre che emanava lasciava pochi dubbi sulla sua natura.
Bud, dove sei? Dove...?”
Tanner si immobilizzò sui due piedi. “Porca merda!” imprecò. “Bud! Ma che cazzo hai combinato?”
Il suo collega era sul pavimento, avviluppato in un lenzuolo ormai intriso di urina e vomito. Era nudo e stringeva ancora al petto una bottiglia di bourbon quasi vuota. Il volto gonfio e il respiro pesante facevano capire che era ancora completamente ubriaco.
Di fronte a quello spettacolo disgustoso, Tanner strinse i pugni ed esclamò: “Bud Krueger! Porca troia, tu non sei un cazzo di essere umano, tu sei un letamaio!”
Corse in bagno, afferrò il primo recipiente che gli capitò sottomano, lo riempì d'acqua fredda e glielo gettò addosso. “Stronzo!” urlò. “Ubriacone di merda, maiale! Mi fai schifo!”
Investito dal getto ghiacciato, Bud sussultò e si rannicchiò maggiormente.
Tanner corse a prendere dell'altra acqua, gli buttò addosso anche quella. “Stronzo!” ripeté. Lo afferrò per un braccio, lo rivoltò sulla schiena. “Stronzo! Sei un pezzo di merda, ecco che cosa sei!”
A fatica lo trascinò verso il bagno, lo spinse nel piatto della doccia e aprì l'acqua fredda al massimo.
Bud emise un urlo inarticolato, e più per istinto, forse, che per ragionamento, cercò di allontanarsi. Il collega afferrò il manico dello spazzolone, glielo puntò contro lo sterno e lo spinse indietro. “Pezzo di merda,” ringhiò di nuovo, “parola mia, non esci di qui finché non ti sei ripreso. C'è del caffè, in questa cazzo di topaia?”
Bud ebbe un singulto e si vomitò addosso.
Fai schifo,” disse Tanner in tono tagliente. Lo spinse di nuovo col manico dello spazzolone. “Sta' lì sotto, così almeno ti lavi.”

Ci volle ancora qualche minuto, poi faticosamente Bud rantolò: “Penn?...” Tentò di sollevare la testa e si mosse, ottenendo solo di scivolare nel piatto della doccia. “Freddo...” riuscì a proferire.
Vaffanculo!” imprecò Tanner per tutta risposta. “Vaffanculo, stronzo, ubriacone di merda! Io a preoccuparmi come un povero idiota, a farmi i sensi di colpa per aver offeso la tua delicata sensibilità... e tu intanto eri qui che ti sbronzavi come un maiale, nel tuo piscio e nel tuo vomito! Mi fai schifo!”
Penn... possiamo parlarne a bassa voce?”
Vaffanculo!”
Penn, senti, se sei venuto qui per strillare come una gallina, puoi anche andartene a cagare.”
No, tu devi andare a cagare, brutto stronzo! Non me ne frega niente se sei in cazzo di reduce, specie di alcolizzato schifoso. Vuoi suicidarti? Piantati la pistola in bocca e tira il grilletto, così risolvi il problema una volta per tutte e liberi il mondo dalla tua presenza!”
Bud alzò di nuovo la testa. Lo fissò per qualche secondo, con l'acqua che dai capelli gli colava in rivoli sul viso, quindi lentamente, con voce impastata ma intelligibile, mormorò: “Ti devo proprio dire, Tanner, che come sergente istruttore sei un dilettante. Dato che tu non hai mai visto un Boot Camp nemmeno col binocolo, forse è meglio che ti riguardi Full Metal Jacket un paio di volte, prima di fare una scenata del genere, perché così mi sembri solo una moglie isterica.”
A quelle parole, Tanner si sentì invadere dal prepotente impulso di prendere il manico dello spazzolone con cui stava tenendo il collega sotto il getto e spaccarglielo in testa. Lo buttò da una parte come se scottasse, quindi rinculando verso la porta ringhiò: “Io me ne vado in servizio da solo, almeno non avrò il peso morto di un alcolizzato di merda da trascinarmi dietro.”
Uscì dall'appartamento e scese di corsa le scale. Si passò una mano sugli occhi, e si disse che sicuramente era stata la puzza di piscio e vomito di quel posto a farglieli lacrimare.

§

L’agente McMurtry, che stazionava davanti al Nemo, si portò due dita alla visiera in segno di saluto e disse: “Buon giorno, detective Pennington. È da solo oggi?”
Sì, il mio collega è indisposto,” rispose ruvido Tanner. “Scendo a fare un paio di controlli.”
Là sotto?”
Sì, certo.”
E ci va da solo?”
Affermativo, ci vado da solo. Ma che cavolo avete tutti quanti? Mi sembrate un branco di comari isteriche.”
Non è un bel posto,” rispose l’agente.
Non vado mica a passarci le vacanze, che mi frega se è bello o brutto? Piuttosto: avete sentito qualche rumore provenire dalla cantina?”
Se ne sentono giorno e notte, detective.” L’agente rivolse una fugace occhiata alla porta del ristorante, quindi abbassò il tono, come se non volesse farsi sentire, e soggiunse: “Come delle voci, alle volte anche dei pianti.”
Tanner annuì. “È come pensavo: c’è qualcuno nascosto.”
L’agente lo fissò perplesso.
L’altro annuì quasi con degnazione, quindi soggiunse: “Se ci sono delle voci, ci deve essere per forza qualcuno, e io intendo scoprire dove si nasconde.”
Entrò nel ristorante e accese la torcia. Il posto era come lo aveva lasciato: oggetti sparsi in giro, tavoli ancora apparecchiati. Chiunque ci fosse nel sotterraneo, evidentemente non saliva mai. O perlomeno, mai da quella parte. Ancora una volta si chiese perché nessuno avesse approfittato delle derrate e delle bottiglie che erano sparse un po’ ovunque. “Saranno di gusti difficili,” disse tra sé e sé, poi si girò bruscamente, perché gli era sembrato di aver sentito un fruscio. Puntò la torcia in quella direzione, ma non vide nulla di strano. “Topi,” concluse.
Scese in cantina, cominciò a ispezionare con cura ogni angolo. L’atmosfera gli parve più opprimente, rispetto al giorno prima. Più sinistra. Sembrava quasi che il fascio di luce della sua torcia facesse fatica a penetrare il buio.
Si voltò verso la scala, dalla quale proveniva un debole chiarore, e ponderò l’idea di tornare su.
In quel momento, cominciò a sentire una fievole musica. Stupito, tese l’orecchio: era jazz. Ogni tanto si percepiva anche l’eco di una risata.
Aggrottò le sopracciglia e si accertò di avere la pistola carica nella fondina, quindi si mosse cauto in quella direzione.
Raggiunse la stanza con il piccolo altare orientale e notò che nelle pannellature della parete di fondo si era creata una fessura verticale. Da essa, un pennello di luce dorata si proiettava sul pavimento. Ormai la musica era molto forte, e in sottofondo c’era un brusio come di molte persone che parlassero fra loro.
Si avvicinò adagio e guardò attraverso la fessura. “Porca...” mormorò, poi tacque stupefatto.
Di là c’era un locale lussuoso, con lampadari di cristallo e pavimento di marmo. Le pareti erano tutte a specchi. Su un palco, un’orchestra stava suonando. C’era gente che ballava, ma perlopiù gli avventori sedevano ai tavolini, parlando e ridendo fra loro.
Per un po’ rimase semplicemente a guardare a bocca aperta, poi scostò il pannello ed entrò nel locale. Al suo apparire, una donna si alzò e gli andò incontro. Aveva i capelli castani a caschetto e un abito pieno di frange. Portava una collana di perle che le arrivava alla cintura. Gli mostrò una sigaretta infilata in un lungo bocchino e gli chiese: “Hai da accendere?”
Tanner sbatté gli occhi. “Da accendere?” ripeté incerto.
La donna sorrise. “Del fuoco.”
Fuoco...” mormorò Pennington. Di nuovo fece girare lo sguardo affascinato sulla sala, poi lo rivolse alla sua interlocutrice, che ripeté: “Hai del fuoco?”
Il detective infilò la mano in tasca e ne trasse l’accendino. Lo fece scattare, e la fiammella guizzò rapida.
Per qualche istante rimase immobile, con lo sguardo calamitato dal fuoco, poi lentamente cominciò ad avvicinare l’accendino a se stesso.

Una botta sulla mano fece rotolare via l’oggetto.
Ma sei scemo?” urlò Krueger.
Pennington si girò verso di lui e lo fissò incapace di parlare.
Sei scemo?” ripeté l’altro. “Che cazzo volevi fare, il bonzo tibetano?”
Eh?” riuscì finalmente a proferire Tanner.
Stavi per darti fuoco da solo. Con il pullover di pile che hai addosso, saresti bruciato peggio che ai tempi dell’Inquisizione.” Si interruppe, fece girare tutt’intorno la torcia. “Che cazzo di posto è questo?”
Io… è...” Si guardò intorno: non c’era luce, la stanza era buia. Quel poco che la torcia di Krueger mostrava erano pareti annerite dal fuoco e scheletri calcinati. Su tutto c’era una patina di polvere. Per terra c’era una lastra di metallo arrugginita, con su scritto: nemo me impune lacessit.
Io l’ho visto,” mormorò.
Krueger lo afferrò per un braccio, lo scosse come per svegliarlo. “Cosa hai visto?”
C’era la gente… la musica...”
Un debole scoppio attirò la loro attenzione: l’accendino era esploso, e il liquido che conteneva si stava spargendo, incendiato, tutt’intorno.
È meglio che andiamo,” disse Bud spingendo il collega verso l’uscita.
Le fiamme si spostarono morbide verso quel che restava delle boiserie delle pareti, sembrarono danzare per un po’ indecise, poi presero a salire irrobustendosi con soprannaturale rapidità. Il legno cominciò a crepitare, le fiamme acquisirono ancora più vigore, si propagarono.
Andiamo!” ripeté Krueger.
Corsero fuori. Dietro le loro spalle c’era già il bagliore sinistro di un principio di incendio.
A un tratto Tanner emise un urlo di dolore, si piegò all’indietro.
Che c’è?”
È come se qualcuno mi avesse afferrato, mi sono sentito tirare indietro.”
Krueger fece girare la torcia: nessuno. “Continua a correre,” disse asciutto. Gli parve di urtare qualcosa di solido, ebbe la sensazione che una mano gli si premesse sulla faccia. Sentì delle unghie gelide penetrargli nella carne. “Cazzo!” imprecò.
Non c’è nessuno!” fece eco la voce concitata di Tanner. “Non c’è un cazzo di nessuno! com’è possibile?” Gemette di nuovo, barcollò. Cadde all’indietro come se una corda si fosse tesa all’improvviso. “Bud!” urlò angosciato. “Bud!”
Krueger, che l’aveva sopravanzato di qualche passo, si immobilizzò e puntò la torcia nella sua direzione: lo vide agitarsi sul pavimento come se stesse lottando, qualcosa lo stava lentamente trascinando indietro.
Il fuoco nel frattempo era aumentato, si percepiva già distintamente il rombo cupo delle fiamme, la temperatura si stava facendo torrida.
Bud!” urlò di nuovo Tanner.
Arrivo!” Krueger lo raggiunse, lo afferrò. “Aggrappati a me,” gli disse. “Aggrappati e non mollarmi per nessun motivo.”
Bud, cosa cazzo sta succedendo?”
Te lo spiego fuori,”
Continuarono ad avanzare. “È come muoversi nella melassa,” ringhiò Krueger affannato, “oppure nei rovi. Sei mai finito in mezzo ai rovi, Tanner?”
No,” ansimò il collega, poi di colpo si irrigidì. “Gesù Cristo,” balbettò, “guarda là!”
Bud puntò la torcia in quella direzione: si vedeva la loro immagine riflessa in uno specchio. Tutt’intorno a loro, c’erano corpi anneriti, consumati dal fuoco, con i volti ridotti a orride maschere ghignanti. Alcuni avevano mani adunche, altri solo moncherini carbonizzati, ma tutti cercavano in qualche modo di trattenerli, di trascinarli indietro, verso le fiamme sempre più furiose.
Come cazzo è possibile?” ansimò Tanner. La voce aveva un’incrinatura di angoscia. “Cosa cazzo succede? Cosa sono?”
Muoviti,” rispose semplicemente Krueger, “non vedi che ce li abbiamo tutti intorno?”
Ma cosa sono? Perché si vedono solo nello specchio?”
Poi emise un urlo, e Bud sentì che qualcosa lo strappava all’indietro. D’istinto rinsaldò la presa e se lo strinse contro, Tanner gli si aggrappò al collo.
Reggimi la torcia,” gli disse Krueger. “Ho bisogno di una mano libera.”
Cosa vuoi fare?”
Il fuoco stava avanzando rapido, ormai si era propagato a tutta la stanza del guardaroba e stava divorando i mobili. Il piccolo altare era scomparso in un nugolo di scintille, lasciandosi dietro solo qualche petalo di stoffa mezzo bruciato.
Krueger mise la mano in tasca e tirò fuori l’oggetto che Andy gli aveva regalato. Lo tenne alto. “Questo è un pentacolo!” esclamò, “Quindi state alla larga.”
Si udì un mormorio iroso, poi la pressione che avvertiva su tutto il corpo sembrò allentarsi. La presa delle mani che gli si stringevano addosso divenne meno ferrea.
Andiamo,” disse.
Cominciarono ad arretrare, passo dopo passo. Il calore era ormai insopportabile, entrambi grondavano di sudore e ansimavano. “Manca l’ossigeno,” rantolò Tanner. “Se non ci diamo una mossa, crepiamo tutti e due.”
Non ti agitare, Penn. Ce li abbiamo tutti intorno. Non so quanto sia efficace quest’affare per tenerli lontano.”
In quel momento si udì un profondo scricchiolio, e il pavimento fu percorso da una vibrazione. “Cos’è?” chiese Pennington, irrigidendosi in allarme.
Il fuoco sta indebolendo le strutture.”
Motivo di più per sbrigarci.”
Calma, sta...” Krueger si interruppe bruscamente ed emise un gemito di dolore mentre il pentacolo rimbalzava sul pavimento. “Qualcosa mi ha colpito!” esclamò.
Di nuovo si sentirono afferrare da tutte le parti. Tanner, che aveva seguito la parabola dell’oggetto, si gettò carponi per recuperarlo. Gemette quando un’invisibile dentatura gli si chiuse su un braccio facendogli uscire il sangue, ma riuscì a impossessarsene di nuovo.
Un altro profondo lamento di metallo snervato risuonò nell’aria.
Fuori!” urlò, tenendo alto il simbolo magico come aveva visto fare al collega. “Fuori, andiamocene prima che crolli tutto!”
Si lanciarono di corsa, sentendosi afferrare da ogni parte, graffiare, strattonare. Attraversarono la stanza con gli scaffali mentre già alle loro spalle cominciava il rotolio cupo delle pietre che cadevano, corsero su per le scale e si lanciarono all’esterno del ristorante.
Via tutti!” urlò Krueger, “Sta per crollare!”
Corse via seguito da Pennington e dall’agente in uniforme.
Un attimo dopo, l’edificio sprofondò collassando su se stesso in una nuvola di polvere e scintille, mentre una colonna di fumo nero si innalzava verso il cielo.
Accidenti!” esclamò McMurtry stupefatto. “Ma che cosa è successo là sotto?”
I due si guardarono: avevano i vestiti a brandelli, e tracce di graffi e morsi su ogni centimetro di pelle visibile.
Abbiamo incontrato delle ammiratrici,” ansimò Krueger. Poi, rivolto al collega: “Stai bene?”
Come hai fatto a trovarmi?” chiese l’altro per tutta risposta.
Sei uno stronzo, ho seguito la puzza.”
Mi hai salvato la vita.”
È più forte di me: non posso vedere gli animali soffrire.”
In lontananza si sentivano già le sirene dei pompieri.

§

Jenny, Matt e Sasha si scambiarono un’occhiata d’intesa. Era l’imbrunire, e nel quartiere ormai non c’era anima viva. Era passato solo un barbone con tre giubbotti addosso e la barba incolta, che spingeva un carrello del supermercato pieno di lattine. Si era fermato quando li aveva visti, e aveva suggerito loro di non stare lì in giro col buio.
Avevano promesso come bravi bambini, e il vecchio se n’era andato con aria soddisfatta.

Sasha in testa, i tre attraversarono la strada e si fermarono davanti a una barriera di lamiera ondulata.
È qui?” chiese Jenny.
Sì,” fu la risposta.
È il posto dove sono morti quei due?”
Esatto. Non ci sono foto in rete, noi saremo i primi a metterle. Peccato solo non averlo potuto visitare prima del crollo.”
A me fa venire i brividi,” disse la ragazza, guardandosi intorno a disagio.
Se vuoi aspettarci qui...”
No, ok, ci sono.”
Aggirarono la barriera e cominciarono a camminare tra le macerie annerite dalla fuliggine. “Qui si può scendere,” disse Matt a un certo punto, illuminando i resti di una scala. Dal basso spuntavano monconi di travi consumati dal fuoco. “Andiamo?” propose.
Jenny si piegò dubbiosa e guardò giù. “E se è pericolante?”
Te la fai sotto,” la prese in giro Sasha.
Non me la faccio sotto,” rispose lei piccata, “semplicemente non mi va di crepare come un’idiota.”
Matt nel frattempo era già arrivato a metà scala. Fece girare la torcia e disse: “Qui è bruciato tutto, c’è rimasto poco da fotografare.”
Cerchiamo almeno di recuperare qualche immagine per il sito,” disse Sasha raggiungendolo.
Jenny per un po’ non si mosse, ma l’idea di rimanere da sola in quel posto tetro non le piaceva per niente, e si risolse a raggiungere gli altri due.
Ragazzi?” chiamò, una volta arrivata alla base della scala. “Dove siete?” Li sentiva parlare da qualche parte, ma non riusciva a localizzarli.
Dove siete?” chiese a voce più alta.
Cercando gli amici, arrivò in quello che restava di un bagno. I sanitari erano distrutti, le pareti parzialmente collassate, ma una specchiera era rimasta quasi intatta. Jenny si avvicinò incuriosita, e riflesse nella lastra vide delle ombre alle sue spalle. “Ah, ecco dove siete!” esclamò. Si voltò, ma dietro di lei non c’era nessuno.












* Fahrenheit, visto che siamo negli USA, ovvero circa 1200 gradi Celsius











   
 
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