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Autore: Made of Snow and Dreams    31/12/2017    2 recensioni
Esaurito e disilluso, Eren Jaeger ha deciso di morire, afflitto da una gravissima depressione contratta dopo la morte di Carla. Ritrovatosi nel rudere della famiglia Ackerman, decide di effettuare una seduta spiritica per comunicare per l’ultima volta con lo spirito di sua madre… ma a rispondergli non sarà lei.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Prologo






Eren Jaeger non era un ragazzo come tutti gli altri.
Intendiamoci, non era speciale per il suo aspetto esteriore, per quanto il suo bel fisico avesse, e ben più di una volta, attirato gli sguardi d’ammirazione di altri ragazzi e quelli languidi, carichi d’amore, delle ragazze.

Non era speciale per via dei suoi occhioni enormi e verdissimi, spesso sognanti, troppe volte assenti e annebbiati durante le lezioni – e di ciò ne risentivano parecchio i voti e il giudizio complessivo dei suoi insegnanti, per quanto la sua resa scolastica fosse capitolata all’ultimo posto nella sua scala personale d’interessamento.

Non era speciale nemmeno per quella grave forma di depressione acuta che, piano piano, aveva ingoiato avidamente la sua vita e la sua capacità di viverla appieno, dopo la morte di sua madre.
E ben poco avevano funzionato gli psicofarmaci con cui s’imbottiva il corpo e le notti, e tutte le sedute dal suo psichiatra di fiducia potevano solo risollevargli l’animo e gli angoli della bocca per qualche ora, qualche misera ora in cui s’illudeva che il mondo potesse nuovamente accoglierlo, e poi… patapuf! Ecco che la voglia di gettare le armi – o, per meglio dire, vincere la guerra contro il suo mostro interiore in parità – gli scavava dentro senza tregua.

No, Eren Jaeger era speciale perché medium. Era intrinseco in lui una sorta di sesto senso, una sensibilità delicata e incorporea che gli permetteva di accapponare la pelle o ribollire il sangue di aspettativa quando, semplicemente, sapeva di non essere solo.
Il suo dono lo aveva aiutato in parecchi casi: prima ancora di acquistare una tavoletta Ouija solo per lui, le reazioni somatiche che prediligeva il suo corpo – sentire improvvisamente freddo o acquietarsi per un dolce tepore – gli suggerivano di che pasta fosse fatto la presenza che lo osservava, se buona o cattiva, e agire di conseguenza: restare o scappare.

Eren Jaeger era un medium, e quello era il motivo per cui si era addentrato nel rudere distante una ventina di chilometri da casa sua, per cui nella mano destra reggeva la sua preziosa tavola, e nella sinistra un cappio robusto. Eren Jaeger, oggi, ha deciso d’impiccarsi e vincere la sua battaglia personale, ma non prima di un’ultima seduta con la persona che non ha mai cessato di amarlo nemmeno dopo la morte: sua madre Carla, morta-

… deceduta per un incidente stradale proprio nella via che passa per quella casa decrepita. Sì, il conducente della seconda auto era ubriaco fradicio. Sì, è morto sul colpo, osso del collo sbriciolato. Lei è capitombolata sull’asfalto dopo aver frantumato il vetro per l’urto. Poveraccia, emorragia celebrale e colonna vertebrale rotta in più punti. Non oso immaginare la fam… Scusa, ti richiamo subito. Franz, allontana il ragazzino. E’ suo figlio, vero? E ora chi glielo dice che la madre è crepata?

Il fatto che Carla fosse morta proprio su quell’asfalto, in quella via, proprio davanti al rudere, era stata la sua unica fortuna; il suo spirito si era radicato esattamente lì, e lì dentro, protetto da quelle quattro mura abbandonate da tempo, Eren poteva concedersi il lusso di comunicare solo con lei, senza il minimo margine di errore di poter incappare in qualche altra entità non richiesta.
Ed era meravigliosa la sensazione di aver abbattuto la ‘quarta parete’, come la chiamava lui, ossia la barriera che separa il mondo dei vivi da quello dei morti, ed unirsi spiritualmente con sua madre: ogni volta che lei rispondeva alle sue domande spezzate dai singhiozzi, quasi percepiva il tocco benevolo e affettuoso di una mano dolce e morbida sulla sua guancia, o un paio di braccia cingerlo da dietro come lei soleva fare nei loro giochi quando lui era un bambino.

Quella volta si era preparato a dovere; non soltanto assicurandosi di aver scelto una corda robusta ma di facile manutenzione anche per un inesperto come lui, ma abbigliandosi con la stessa meticolosità di quanto un adolescente potrebbe fare in vista di un appuntamento galante.
Semmai fosse riuscito nel suo intento, Eren avrebbe voluto iniziare la sua nuova vita nel mondo dei morti – o magari infestando quella stessa casa con sua madre, perché no? – elegantemente.

Sorrise a quel pensiero, mentre scacciava un po’di polvere che gli si era attaccata ai jeans nuovi di zecca e di marca mentre si accovacciava sul pavimento e allungava il braccio per afferrare la tavola Ouija, provvista del suo immancabile segnalino.
Aveva già una mezza idea riguardo a dove far penzolare nel vuoto il suo corpo inerme, ma la sua scelta era stata influenzata dalla non-presenza di altre alternative: l’interno di quella carcassa, che un tempo doveva persino essere stata una villa prestigiosa per i ricchi – all’esterno della recinsione era rimasta addirittura la dicitura con inciso il cognome del fu proprietario, un certo Ackerman – comprendeva il rimanente soggiorno, piuttosto luminoso e arieggiato da una finestra che dava alla campagna circostante, e un sotterraneo buio, con una scaletta in pietra ripidissima che Eren si era sempre rifiutato di oltrepassare, malgrado la curiosità mista a timore crescente.

Per cui, l’unica opzione era proprio il soggiorno, provvisto di gancetti e chiodi un tempo adibiti all’esposizione di quadri. E proprio su quel gancio da macellaio, che sporgeva minacciosamente dal soffitto, Eren aveva deciso di sistemare la corda.

‘Okay. Okay, ci sono. Ci siamo, giusto? Tutto pronto, sì. Tutto pronto davvero. Dai, solo il tempo di… di soffocare… e poi via. Giusto. Semplice. Okay. Perfetto davvero. ‘ mormorò Eren deglutendo due volte. Aveva gli occhi sgranati e liquidi, fin troppo liquidi… Dannazione, Jaeger, non iniziare a piangere proprio adesso! … e la gola stranamente secca.
Aveva pensato tante volte al suicidio, e tutte le volte sempre con gioia, ma mai come in quel momento si era sentito addosso il peso di quella scelta che, forse, un pezzo del suo cervello traditore e vigliacco o semplicemente giovane e vivo, ora stava rivalutando un pochino troppo tardi.

‘No! Ho detto che lo avrei fatto e lo farò! ‘ esclamò risoluto, ficcandosi le unghie nei palmi delle mani sudate. ‘Devo solo rompere la parete e pronunciare le frasi di rito. Quindi… ‘ iniziò, e posizionò l’indice della mano destra sul segnalino con fermezza, ‘… c’è qualcuno? C’è qualcuno? C’è qualcuno? ‘

Di norma Carla rispondeva già al primo rischiamo, strisciando con irruenza quel triangolino di plastica per la troppa gioia, e se le prime volte quel gesto lo spaventava, ora riusciva addirittura a strappargli una risata, immaginandosi la scena di sua madre che quasi incespicava sulla gonna lunga che era solita indossare per non perdere neanche un secondo.

Di norma, quando Carla compariva, facendo tremolare la persiana per annunciare la sua presenza come di consueto, un dolcissimo odore di zucchero si propagava per l’intera stanza, un odore di affettuosità, di tenerezza, di amore, di mamma.

Di norma, quando Carla era in contatto con lui, un piacevole calore s’irradiava dal segnalino alle sue dita, e dalla sua mano al suo intero corpo, fino ad annebbiargli la mente. Poco importava se le temperature là fuori sfiorassero quelle polari, o se sul paesaggio fosse calata una candida coperta di neve; lui si ritrovava sempre ad avere le guance imporporate e il cuore sciolto dall’emozione, credendo di aver addirittura intravisto nella frazione di un secondo un paio di occhi sorridenti e quei lineamenti a lungo incastonati nella sua memoria.

Di norma, quando Carla lo affiancava, Eren Jaeger si sentiva amato e al sicuro, al riparo da tutto e da tutti, sia da dai vivi che dai morti.


E allora…


Per quale motivo, non appena la planchette si mosse bruscamente verso ‘Yes’, la persiana sbatté con così tanta violenza che il suono rimbombò pericolosamente per l’intera casa fino a far tremare la botola che conduceva allo scantinato?

Per quale motivo la sua pelle si accapponò e un gelo che mai aveva sperimentato prima gli si propagò fino alle ossa, appannando i vetri delle finestre? Per quale motivo il suo sesto senso gli stava intimando di chiudere la seduta e correre fino a non avere più fiato in gola?

Per quale motivo l’unica cosa che avvertiva era il sopraggiungere di un pericolo reale e sconosciuto?

Quando la planchette si mosse nuovamente verso ‘Hello’, senza aver neppure aspettato una risposta come di consueto, Eren tremò.
 
 
 
 



Angolo Autrice
Ciao a tutti e benvenuti in questa fanfiction! E’ la prima volta che scrivo e pubblico qualcosa in questa sezione, ma spero di portare questo esperimento a buon fine e, soprattutto, a termine. Si prospetta una long un pochino più lunga del normale, ma quando ieri notte la mia testa ha brillantemente partorito l’idea, non ho potuto resistere.
Sperando che vi sia piaciuto l’inizio,
 
                                                                                 Made of Snow and Dreams.
 
  
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