Storie originali > Comico
Segui la storia  |       
Autore: Sim__1230    31/12/2017    0 recensioni
Marie, una ragazza come le altre, piena di aspettative, di sogni e di desideri. La sua vita è sempre stata piena di gioie e sventure ma non saranno queste a farla perdere d'animo.
L'università è la sua tortura e lo stesso saranno i suoi amati fratelli che, nel momento del bisogno, non esiteranno a prender parola. Il sesso è ciò che lei più adora e ciò che lei considera come la "via del successo" ma pare proprio che questo desiderio non potrà mai venire appagato...
Genere: Comico, Demenziale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La via del successo - Capitolo 2

Giorno 25, Gennaio, 2017

Periodo di esami: oggi è il grande giorno.
Sono pronta per prenderlo di dietro dal mio caro e sconosciuto professore. Ma perché esiste la filosofia? Perché non limitarsi, dico io, a quella del famoso trio di Socrate & Co.? Loro sì che erano filosofi con la loro mentalità metafisica… altro che sua altezza Hegel e Kant. Loro erano solo due persone nate per rompere le scatole alla gente per bene che aveva tante cose importanti da fare.
Questa mattina sarà un inferno. Speriamo che il prof sia giovane e voglioso altrimenti non avrò come superare l'esame. Preghiamo per ottenere un po' di fortuna e di pace interiore per questa mattina… il pomeriggio sarà tutto da vedere.
Dovrò alzarmi presto e la cosa già mi turba… non ce la faccio più, voglio farla finita con questa università.
Ti devo abbandonare adesso,o fide compagno di tante avventure anche se ho iniziato a scrivere da ieri, mi mancherai tanto. Non so se sopravvivrò oggi. Addio.


Sono le 7:30 del mattino. Devo prepararmi per prendere il treno in tempo che passerà alle 9:00.
Sono già stanca di prima mattina e non riesco ad aprire gli occhi… mi domando come farò a superare questo esame. 
Con forza e tenacia combatto contro il peso di quelle mie pesantissime palpebre e dopo svariati tentativi riesco nel mio intento. 
«E' già pur sempre una vittoria, speriamo che il resto della giornata sia anche così» mi dissi per incoraggiarmi. 
Ovviamente tutti ancora dormivano eccetto il mio fratellino che doveva andare a scuola; e già, qui a nessuno piace alzarsi presto, credo sia un fattore genetico a questo punto. 
Chissà se esiste veramente un gene per la voglia di alzarsi presto la mattina… mi farebbe veramente comodo.
Mi diressi in bagno e andai a lavarmi. Inutile dire che questa volta mi chiusi a chiave per precauzione per evitare altre ustioni di terzo grado in tutto il corpo. Nulla doveva andare storto: non potevo permettermelo. 
Finii di asciugarmi e mi vestii con i migliori top scollati che avevo sebbene fuori ci fossero due gradi ma il freddo era l'ultimo dei miei problemi.
Finii anche di vestirmi e presi il kit di pronto soccorso alias borsetta dei trucchi e mi richiusi in bagno. Nel frattempo la lancetta dei minuti passava per non dire quella delle ore. Stetti un'ora chiusa in quel bagno a truccarmi e farmi bella e ancora non mi piacevo abbastanza.
Tuttavia il tempo scorreva velocemente ed erano arrivate già le 8:45. Presi le chiavi della macchina, la mia borsa e scappai via di corsa dalla porta di casa lasciando tutti in quel sonno beato. 
Sentivo di aver dimenticato qualcosa, ma non ricordavo cosa. Forse era qualcosa di indispensabile, forse qualcosa di non necessario… chissà…
Arrivai in stazione alle 8:55, posteggiai la macchina e subito andai verso il binario che passava per l'università. 
Una folla si trovava lì ad aspettare quel treno sempre in ritardo, chi furibondo chi indifferente, ma tutti sotto sotto neanche sapevano del perché questa mattina si fossero alzati. 
Miei cari cittadini di questa meravigliosa nazione, distogliete i vostri pensieri da ciò che vi turba e che vi stressa, godetevi la vita e tutti i suoi piaceri, "cogliete l'attimo" avrebbe detto Quinto Orazio Flacco, "lasciate ogni problema agli dèi" (o a Dio nel nostro caso). 
La vita è troppo breve per lavorare e per stressarsi, bisogna viverla al massimo.

Dopo questo mio pensiero che potremmo definire epicureo,e per il quale il mio professore dovrebbe farmi passare a prescindere, è arrivata l'ora di salire sul treno. 

Varcai la bussola e fin qui tutto bene, nulla è andato storto, o almeno era quello che avevo creduto fino ad ora: a parte il fatto che mentre entravo il tacco mi si fosse incastrato in una fessura sul pavimento, arriva anche il controllore che di norma non passa mai a chiedere i biglietti e gli abbonamenti. 
Tentai quindi di togliere quel tacco incastrato in quell'unico buco che, ovviamente, dovevo beccare io e, non appena ce la feci, sempre sotto gli occhi del controllore (un uomo bassino, in sovrappeso, con delle occhiaie che pareva non dormisse da almeno tre notti), mi sedetti e aprii la borsa nel vano tentativo di prendere quell'abbonamento. 

E nulla. Ho appena ricordato cosa avevo dimenticato a casa: in parole povere sono a piedi visto che il controllore mi accompagnò fuori dal treno. Tuttavia è inutile piangere sul latte versato e non dovevo arrivare in ritardo all'esame o per me è finita.
Presi le chiavi e corsi fuori dalla stazione con quei tacchi a spillo che, ci mancava poco, stavano per farmi cadere di faccia sull'asfalto ghiacciato. 
Aprii lo sportello e mi sedetti subito, con le gambe congelate. 
«Bene, per prima cosa i riscaldamenti».
Accesi la macchina e avviai il climatizzatore e uscii dal parcheggio. L'università si trovava dall'altro capo della città, si e no mezz'ora di strada sperando che non ci sia traffico.

Ebbene si, cos'altro poteva andare storto in quella bellissima giornata invernale? 
Grandine.
Strade ghiacciate.
Traffico.
Mi chiedo cosa pensasse la gente ferma, bloccata in macchina accanto a me, sentendo una radio al massimo volume dalla mia macchina. Ah beh, peccato non avessi una radio in quella scatoletta in cui mi trovavo: ero io che imprecavo malamente, ma fa nulla, non bisogna soffermarci a pensare le tristezze della vita.

Sono le 10:00, ancora qualche kilometro di strada e sono arrivata.
Impiegai altri 20 minuti per giungere alle porte della mia università e altri 30 solamente per cercare un posteggio che si rivelerà essere a 2 kilometri dalla sede. Quindi mi incamminai per quei viottoli freddi e angusti con la gente che mi guardava con uno sguardo perverso o schifato, probabilmente pensandomi come una donna di facili costumi.
Arrivai lì, erano le 11:10 e tra 20 minuti sarebbe iniziato l'esame. Grazie a Dio non ha piovuto nel momento in cui uscii dalla macchina perché ci mancava solo questa. 

Entrai nell'aula ad anfiteatro, mi sedetti e mi sistemai i capelli un po' scompigliati dal vento. 
"Nulla può e nulla deve andare storto adesso". 
Ecco quindi una signora entrare dalla porta e sedersi alla cattedra e io, tra me e me, non capii cosa o chi fosse quella. 
«Buongiorno, sono l'assistente del professore, al momento lui è impossibilitato a venire per via del traffico e ha incaricato me, la signorina Dew, per sostenere e valutare l'esame di filosofia moderna».

Proprio signorina era l'ultima cosa a cui avrei pensato: volto pieno di rughe, voce rauca da fumatrice incallita e corpo minuto. Poteva dimostrare si e no 55 anni. 
Comunque ecco, si alza la prima vittima sacrificale: un ragazzo alto, camicia e occhiali, tipico secchione da liceo.

 «Allora giovane, mi descriva le categorie kantiane».
E allora lui rispose diligentemente e argomentandole tutte quante ma il viso dell'assistente pareva inasprirsi.


 «Perfetto, e perché la filosofia kantiana si sviluppò solo nel tardo illuminismo e non in epoche precedenti?»
E il silenzio calò. Il ragazzo pareva volesse scomparire e nascondersi invano.
«Perfetto, ci rivedremo in primavera, se ne vada ora».

Impallidì tutto a un tratto, prese la sua roba e se ne andò in silenzio, sotto gli occhi di tutti.
Perfetto, era il mio turno: addio mondo, addio bei momenti!
Mi alzai, mi avvicinai al tavolo e uno sguardo indagatore scrutò il mio corpo.
La donna rabbrividì e mi guardo con uno sguardo disgustato come se avesse visto un piccione morto nel balcone di casa. 
Ecco che fece la prima domanda e io risposi senza neanche darle tempo di concludere la frase.
Mi guardò, aspettò 5 lunghissimi secondi e poi: «No».
Mi sentii mancare le forze tutto a un tratto: non potevo andarmene di lì senza almeno il mio esame passato. 

«Me ne faccia un'altra allora» dissi nella speranza di un miracolo e la donna sembrò volermi assecondare.
«Va bene, stessa domanda del giovane di prima, che mi dici ora?»
"Eh ma allora è bastarda" pensai e cominciai ad arrampicarmi negli specchi anche se questi parevano essere anche ricoperti d'olio per una presa priva completamente d'attrito.

Eppure sentii una voce angelica, un miracolo divino; la porta si aprì ed eccolo, il professore tanto adorato e pregato per cui, a breve, avrò anche imprecato. 

«Mi lasci finire quest'esame, signorina».
Il mio cuore sussultava, mi pareva di essermi innamorata del mio eroe che ora stava dinanzi a me, solo ad un tavolo di distanza.

"Si inizia di nuovo" pensai e l'esame incominciò nuovamente.
Passano i minuti e le domande con essi fino a che il silenzio calò nuovamente.
«Signorina, non ci siamo, non è sufficiente, non le posso convalidare nulla».

A quelle parole non sapevo se andarmene o piangere per un po' di elemosina. Aspetta, un lampo di genio!
Mi alzai, mi appoggiai al tavolo facendo vedere la mercanzia assicurandomi che stessero perfettamente in linea con il suo raggio visivo. 
«Per favore, professore, mi dia un'altra opportunità» dissi con quella voce smielata da gatta morta e un sorrisino spuntò nella sua bocca.

«Signorina, lei è molto carina ma non mi incanta col suo seno, purtroppo deve sapere che ho altri gusti».




 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Comico / Vai alla pagina dell'autore: Sim__1230