Il Cavaliere era inquieto, sentiva che qualcosa era cambiato. Qualcosa di grave
minacciava l'equilibrio del mondo. Non sapeva cosa fosse, era qualcosa,
qualcuno, un pericolo che non si era ancora formato, era nel suo stadio
iniziale, ma sapeva che presto si sarebbe rivelato. Qualcuno doveva
intervenire, lui non poteva, non aveva mai potuto intervenire in questioni
simili e anche questa volta avrebbe dovuto delegare ad altri. Molte persone
avevano deciso di seguirlo e una di queste forse sarebbe stata adatta all’incarico.
Il viaggiatore proseguiva con passo
svelto attraverso la neve. Sapeva dove si trovava, i monti del Kesh, ma non
sapeva dove era diretto: quei monti sembravano essere invalicabili! Stringendosi nei suoi pesanti abiti malediceva il tempo, che era stato
inclemente durante quei lunghi giorni di viaggio. Era sempre stato in grado di
cavarsela in qualunque situazione, ma questa stava cominciando a sopraffarlo,
eppure non voleva cedere. Un’improvvisa folata di vento lo fece rabbrividire,
un’altra tempesta di neve stava giungendo. Cercò riparo, ma non sembrava
esserci nemmeno una sporgenza nella roccia o nel ghiaccio. Lui non se ne
preoccupò, era preparato a tutto, come sempre. Appoggiò lo zaino a terra e
prese la vanga, che gli era stata utile in innumerevoli occasioni. “Se non
posso proteggermi sopra la neve, mi ci rifugerò sotto!” pensò e con questo
iniziò a scavare. Non erano trascorsi che pochi minuti quando giunse la
tempesta. Questa lo colse alla sprovvista. Tentò di ignorarla, ma più scavava, più
neve si accumulava dove la vanga procedeva nel suo lavoro. Decise che era
meglio rimettersi in viaggio. Rapidamente raccolse tutto ciò che aveva posato,
prima che scomparisse sotto al manto bianco, e s’incamminò. Nonostante tutti i
suoi sforzi anche proseguire stava divenendo impossibile e ogni passo che
faceva lo prosciugava di una parte delle poche energie che gli rimanevano.
Incespicò, le forze lo stavano abbandonando e lui si sentiva svenire. Sentì una
voce nella bufera: – Quindi sei tu Roh di Torrefredda.
La voce era quella di un vecchio, ma era
forte e chiara, come se le intemperie non la potessero turbare. Roh si guardò
intorno, ma non vide nessuno, forse era stata un’illusione, forse la sua mente,
ormai stremata, lo aveva ingannato. Anche se sapere non sarebbe servito a nulla
rispose: “Sì, cosa volete da me?”. Passarono alcuni interminabili secondi. Il
vento non portò alcuna risposta. Quando Roh decise che era meglio ricominciare
a muoversi si trovò steso sulla neve, non riusciva più a reggersi in piedi.
Cercò di trascinarsi in un posto riparato ma non vedeva nulla che potesse avere
tale funzione. Qualcosa lo toccò su una spalla. L’uomo pensò di essere ormai
morto e non oppose resistenza a quello che stava per succedergli. Tentò di
vedere cosa lo avesse toccato, era una mano umana. Improvvisamente si sentì
pieno di rinnovato vigore, sembrava che il suo corpo si fosse risvegliato dallo
stato di dormiveglia in cui era caduto. Si rialzò senza alcuna fatica e cercò
la figura del suo salvatore sullo sfondo bianco del ghiacciaio. Vide soltanto
un’ombra che si stava allontanando e la seguì.
Prestò si trovò di fronte a una caverna
nel ghiaccio, che prima non aveva notato, e si inoltrò in quella. La
temperatura era innaturalmente alta per il luogo dove si trovavano, tanto che
dovette togliersi le pesanti pellicce che portava. Tolti i suoi abiti si guardò
riflesso sul ghiaccio. Era un uomo di mezza età, con una grande esperienza,
particolarmente alto e robusto, tanto da incutere timore negli uomini che si
trovava di fronte, eppure tutto questo pochi istanti prima non gli era servito
a nulla. Proseguì verso l’interno della montagna per quasi un minuto, rimanendo
sempre più stupito di come potesse esistere un luogo simile. Giunse infine in
un ampio salone riccamente arredato con mobilio in legno e ogni sorta di
oggetto necessario alla sopravvivenza. Al centro della stanza si trovava un
tavolo con due sedie accanto. Su una di esse stava un vecchio che sorseggiava
da una enorme tazza stretta tra le sue mani scheletriche. La lunga barba bianca
e i radi capelli che gli ricadevano sulle spalle gli davano un aspetto
pittoresco, ma i suoi occhi azzurri, color del ghiaccio, trasmettevano una
grande severità. L’anziano non attese che Roh parlasse, ma prese la parola:
– Perché ti sei inoltrato in queste
montagne, sai che non è concesso superarle! – Fece una pausa carica di attesa – Ma
tu sai anche che non sarei dovuto intervenire se non mi fosse stato ordinato,
nessuno deve provare a valicare questi monti senza assumersi la responsabilità
delle conseguenze che questo comporta. Ma tu sei fortunato! Oh, sì, forse
troppo! – Un’altra sosta interruppe la conversazione – Mi ha mandato il
Cavaliere in persona per affidarti un incarico di vitale importanza. Ha
percepito qualcosa di anomalo in queste terre, qualcosa di malvagio. Non ha
potuto comprendere cosa fosse, il pericolo è ancora troppo vago, ma serve che
qualcuno intervenga prima che dilaghi.
Con un gesto indicò la sedia libera a
Roh, e una volta che si fu seduto gli porse una tazza ricolma di un liquido scuro e caldo.
– Bevi, bevi… Ecco cosa devi fare – prese
da sotto la sua leggera veste un rotolo di pergamena e lo pose sul tavolo. – Dovrai
indagare sul pericolo, probabilmente è un essere umano, forse un negromante,
almeno, questo è quello che sono riuscito a sapere raccogliendo le
testimonianze di altri Guardiani. Spero riuscirai a risolvere rapidamente la
questione ma se non ci riuscissi dovrai tornare a Torrefredda e portare in un
luogo più sicuro Vilia, la ragazza che hai portato lì diversi anni fa, ti
ricordi chi è?
Solo allora Roh prese a parlare: – Come
potrei non ricordarmene! Dopo aver conosciuto la sua storia non è possibile
dimenticare chi sia, so anche quali pericoli potrebbe correre…
L’anziano riprese: – Sappi che una gilda
di assassini la vuole morta, puoi immaginare il perché, ma fa attenzione, non
sono persone normali, qualcosa è successo loro…
Roh rimase in silenzio, sorseggiando e
pensando al compito che gli era stato affidato, poi fece per alzarsi, ma il
vecchio lo fermò ancora una volta: – Riposati su questo letto, domani ti
risveglierai nella tua casa, da lì cominceranno le tue ricerche.
L’uomo fece un profondo inchino e, prima
di coricarsi, disse ancora: – Grazie Venerabile.
Cadde in un sonno profondo, libero da sogni,
e, quando si svegliò, si ritrovò a Torrefredda. Nella stanza vicina vide Vilia
dormire sul suo letto e pensò: – Quali sofferenze deve ancora provare prima di
poter vivere in pace quella povera ragazza?