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Autore: Sim__1230    02/01/2018    0 recensioni
Inverno. Una vita piena, ricca, allegra e spensierata.
E' il giorno perfetto per una gita in montagna, lì, dove un tempo andammo in vacanza, e proprio in quella vacanza accadde l'inevitabile.
Una macchina, una strada innevata, l'asfalto ghiacciato.
Di lì a poco la nostra vita sarebbe cambiata, ma sarebbe potuto andare diversamente?
Cosa è un uomo se non un istante? Un istante rispetto al tempo infinito e imperituro, un istante più o meno lungo ma pur sempre paragonabile al nulla assoluto.
Cosa è la vita se non dolore? Dio ci diede la vita, allontanandoci dal quel paradiso e da quelle gioie eterne come il tempo per vivere, ma la vita umana non è altro che una punizione.
Genere: Horror, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 2

La baita


Mi diressi allora verso l'uscio di questa baita ma prima di ciò volli assicurarmi quanto distavo dalla frana che lasciai alle mie spalle.
La radura era come una zona d'ombra all'interno del bosco: non vi erano alberi o cespugli, solamente qualche sporadica pianta di trifoglio o di tarassaco. La baita si trovava al confine della radura tanto che il retro era oscurato dall'ombra di un pino. 
Il marrone scuro dei tronchi e il bianco della neve portavano in quel contesto tetro una malinconia e un senso di desolazione. 

Bussai nuovamente a quella porta nella speranza di una risposta ma solo l'eco del mio pugno sulla porta fu l'unica cosa che sentii.
Sentivo freddo, ero fradicio a causa della neve e, se non avessi trovato subito un riparo sarei per certo morto assiderato. 
Il cielo ancora era avvolto da quelle nubi minacciose che non facevano passare nemmeno un minimo raggio di luce.
Ormai si stava facendo sera e quella poca luce che di lì a poco mi aveva permesso di andare per questa via stava per scomparire, lasciandomi nel terrore più totale. 
Presi allora una pietra dal terreno e la scagliai violentemente verso la finestra. Nulla.
Ritentai. 
Ancora nulla.
Riprovai prendendo un sasso più grande e appuntito e finalmente riuscii a infrangere quel vetro spesso.
Cosa sto facendo? E' la cosa più giusta da fare? Ma, in fondo, c'era più nulla di giusto in questa terra malinconica?
Finii di rompere quelle ultime schegge di vetro e scavalcai. 
Il salotto aveva un pavimento in legno tendente al rossastro e ciò mi portò un senso di calore e di pace interiore. 

Ricordo ancora quando, alcuni anni fa, noi andavamo in campeggio in estate in quella località montana e prendevamo in affitto per un mese quella baita in legno un poco più grande di questa, dove potevo ammirare dalla finestra del salotto tutta la pendice del monte. Potevo osservare i vari animaletti che si godevano il calore estivo del sole, gli uccellini in cerca di quel nido o in cerca di cibo o anche solo osservare l'allegria della mia famiglia al momento in cui mio padre arrostiva deliziose leccornie culinarie in quel barbecue enorme. Potevo avere circa 5-6 anni poiché, l'anno dopo, decidemmo di non andarci più. Così, all'improvviso.

Cercai subito la lampada più vicina e la trovai immediatamente in un tavolino accanto a me. Mossi la mano per accenderla e uno spiffero gelido avvolse la mia mano facendomi ritrarre momentaneamente. Allungai nuovamente la mano verso l'interruttore e l'accesi. A quanto pare vi era ancora luce lì, vi era ancora la civiltà. Mi guardai attorno nuovamente. Da fuori la casa aveva un non so ché di cupo ma ora la mia opinione è totalmente diversa. Mi sentivo quasi come a casa, mi sentivo protetto. Immaginai di essere qui con la mia famiglia: mia madre lì in cucina a pulire o a cucinare, mio padre seduto nella poltrona in pelle e mia sorella con un libro in mano di fronte al camino ardente.

Cercai l'interruttore della luce della cucina e, non appena lo trovai, lo cliccai. Nulla. Probabilmente la lampadina si sarà fulminata proprio come quella all'esterno. La casa all'interno sembrasse avere solo 4 stanze: cucina, bagno, salotto e una camera ancora da esplorare. All'improvviso sentii una leggera fitta allo stomaco, probabilmente la fame si iniziava a far sentire. Andai verso un bancone in cucina nella speranza di trovare qualcosa di commestibile. Lo aprii ma trovai solo qualche pentola e utensili vari. Aprii allora gli altri sportelli fino a quando non trovai della carne in scatola. Era pur sempre meglio di niente, avevo bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. La lattina era ancora consumabile, la scadenza sarebbe terminata tra qualche mese. Ora non restava altro che trovare qualcosa da bere: aprii il frigo ma lo trovai vuoto, aprii il lavabo ma non usciva nulla. 
Chi mai avrebbe lasciato una casa con la luce attaccata ma togliendo l'acqua? 
Trovai però dell'acqua distillata, di quella che si mette al'interno dei ferri da stiro, e, per disperazione, la bevvi.
Passarono qualche dozzina di minuti e, ora con stomaco pieno, continuai quella mia avventura all'interno di questa casa. 
Mi diressi verso la porta di quella che doveva essere la camera da letto, aprii la porta e vidi una camera quasi del tutto vuota. 
C'era un armadio molto vecchio, stile liberty, che stonava con quei mobili del salotto. Subito un altro spiffero gelido mi circondò il collo: qualcosa non andava in quella casa. Cominciai a sentire dei brividi lungo la schiena che risalivano dalle mie gambe. Sapevo in fondo che in questa casa vi fosse qualcosa di tetro,di oscuro, di inconcepibile.
Un'ombra.
Un'ombra alta e imponente dai contorni indefiniti si stagliò davanti a me. Sembrava volesse inghiottirmi nelle sue spire nere. Era reale? Era frutto della mia pazzia?
Lentamente si avvicinava a me, lentamente allungava quel che in un uomo sarebbe stato un braccio e lentamente la realtà intorno ad essa sembrava distorcersi e venire risucchiata. 
Ero pietrificato da quest'entità, da questo «spettro», nero come i meandri dell'universo. 
All'improvviso quel braccio che lentamente allungò verso la mia direzione mi colpì violentemente scaraventandomi da quella stanza. 
Il dolore era lancinante, non mi permise di mettermi in piedi.

Un urlo.
Delle voci. 
Non vedevo nulla intorno a me, solo quel soffitto di tronchi di pino.

Una luce.
Una luce entrò dalla porta di ingresso, una voce femminile gridò verso quell'ombra. 

Silenzio.
Avvertii uno strano senso di stanchezza e chiusi gli occhi.

«Ehi, stai bene?»
«Ehi, rispondimi!»

Una voce dolce, calda, una di quelle che inteneriscono il cuore ad ogni singola lettera di una parola. 
Una voce conoscente, una voce che conosco molto bene.
La voce di mia sorella.

Come faceva ad essere qui? Come ha fatto a sopravvivere? Come ha fatto a trovarmi?

Non capisco. Ci sono cose che una persona non può comprendere in questo mondo, cose che vanno aldilà di ogni spiegazione logica e razionale, cose che possono accadere solo in sogni o in incubi. Cosa è rimasto di vero ormai? Cosa è reale? Non esiste nulla di reale. La realtà è solo quello che una persona è capace di comprendere con spiegazioni più o meno complesse ma qui nulla è reale ormai. Ogni spiegazione logica della realtà viene messa a dura prova e molto spesso questa finirà per essere contraddetta proprio come in questo caso. 
A quanto pare è tutto un sogno, nulla è reale, presto mi sveglierò.

«Tranquillo, ora ritorneremo a casa».

  
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