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Autore: corvonero83    02/01/2018    2 recensioni
Questa storia è tutta uno SPOILER, soprattutto dell’ultima puntata della quarta stagione, quindi siete avvertiti. I dialoghi tra Alfie e Tommy sono ripresi dalla puntata, ripeto: SPOILER!ci sono riferimenti all’altra mia storia, poca roba ma in caso non capiate alcuni riferimenti andate a cercare spiegazioni la!
Spero vi piaccia almeno un pochino perché Alfie meritava molto di più!
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io non tremo, è solo un po’ di me che se ne va…..

 

Questa storia è tutta uno SPOILER, soprattutto dell’ultima puntata della quarta stagione, quindi siete avvertiti. I dialoghi tra Alfie e Tommy sono ripresi dalla puntata, ripeto: SPOILER!ci sono riferimenti all’altra mia storia, poca roba ma in caso non capiate alcuni riferimenti andate a cercare spiegazioni la!

Alfie e Tommy non mi appartengono come non mi appartengono le canzoni qui citate.

Spero vi piaccia almeno un pochino perché Alfie meritava molto di più, siate clementi!

 

 

 

PARTE I

 

Generale la guerra è finita, il nemico è scappato, è vinto, è battuto, dietro la collina non c’è più nessuno……

(F-DeGregori-Generale)

 

-Mr. Solomons è inutile che faccia l’espressione di un bambino con i denti cariati a cui sono stati proibiti i dolci. Lei è malato. Molto malato e deve cambiare il suo stile di vita- il dottore ricevette un grugnito in risposta.

-Deve riposare! E stare controllato. Se no lei non arriverà alla fine dell’anno, mi creda- il piccolo uomo seduto dietro la scrivania in mogano si stava alterando. Non aveva paura di Alfie Solomons, anche se sapeva bene chi fosse e il potere che aveva.

-Si, già! Ben detto Dottor Malone. Lei ha ragione, perfettamente ragione. E cosa dovrei fare? Mandare a puttane la mia attività? Abbandonare i miei fottuti nemici? Lei lo sa chi sono io, no?- non c’era arroganza in quell’ultima domanda. Ne arroganza ne minaccia, solo frustrazione.

-Lo so benissimo. È lei che da un mese mi da il rum di cui ho bisogno. Ma mi creda, per me lei è uguale a tutti i miei altri pazienti e io ci tengo alla sopravvivenza dei miei pazienti-

Lo studio del Dottor Malone era a Londra, Solomons ci era arrivato per conoscenze. Nonostante la stanza fosse buia e molto disordinata quel fottuto italiano era bravo, dannatamente bravo. Gli aveva controllato la vista, tutto era partito da lì. Uno sguardo veloce alle sue pupille chiare, troppo chiare aveva detto il dottore. Poi lo aveva sentito respirare e questi due dettagli aggiunti al fatto che fosse sempre più incerto nel camminare (e no, stavolta la pallottola non c’entrava niente!) avevano portato ad un semplice diagnosi. Una semplice e dannata diagnosi. E non era stato zucchero. Assolutamente no. Molto più un pugno in pieno stomaco. Di quelli che il suo pugile dava agli avversari per lasciarli senza fiato e metterli al tappeto.

-Cosa dovrei fare allora, Dottor Malone?-

-Vorrei che lasciasse Camden Town per un po’ e si trasferisse in un posto dove posso farla seguire per cercare di migliorare la sua situazione, meglio dire alleviarle un po’ il dolore-

Alfie ghignò -Dove?-

-Margate, nel Kent-

-Cosa? Quel posto è una fogna. Una putrida fogna piena di marinai invertiti!-

-Quella fogna, Mr Solomons, ha un mare di tutto rispetto, che può alleviarle di molto le sofferenze della psoriasi. In più c’è una clinica dove si stanno tentando delle terapie molto valide per il suo male. Soprattutto in quel posto c’è mia sorella che può prendersi cura di lei. È stata infermiera in Francia-

Alfie si irrigidì. Il suono di parole come Francia o infermiera gli davano ancora molto fastidio.

Mary-Ann.

Cercò di non pensarci e la buttò sul sarcasmo -E’ giovane?-

-Giovane ma molto in gamba. È , come direbbe lei, una donna con le palle-

-Perché vuole cercare di salvarmi? Forse è giunto il momento che io renda la mia pellaccia a Dio-

In tutti quei discorsi Solomons, Alfie Solomons, aveva tenuto stretto il suo bastone da passeggio nella mano sinistra mentre nella destra faceva ruotare il suo orologio a cipolla.

-Salvarla è una cosa impossibile. Cercare di allungarle la vita forse no-

-Margate?- sbuffò. Gli stava prudendo l’orecchio e voleva scuoiarsi da solo. Non lo sopportava più! -E così sia. Ma partirò stanotte. Oggi ho un impegno a cui non posso mancare-

Si alzò a fatica. Era stanco, molto stanco.

Quel fottuto male lo stava divorando da tempo e lui non se ne era mai accorto. Come un parassita si stava nutrendo di lui, era diventato carne da macello. E se non fosse stato per il calo della vista troppo improvviso, i mal di testa e la stanchezza eccessiva quel male se lo sarebbe portato nella tomba in un batter d’occhio.

In realtà non sapeva se voleva vivere. Ne aveva davvero voglia? Continuare a lottare contro nemici che spuntavano da ogni dove come funghi. Sabini da una vita, gli Shelby tra alti e bassi e ora quelle carogne di americani, guidati da quel cane impazzito di Luca Changretta.

Era stanco Solomons. Una pausa gli avrebbe fatto bene.

-Le lascio l’indirizzo. Io le ho già prenotato una stanza e mia sorella sa già del suo arrivo-

Il Dottor Malone gli porse un foglio.

Solomons fece per andarsene.

-Mr Solomons. Le porti con se. Ogni tanto le guardi per ricordarsi che deve darsi una mano anche da solo-

Malone gli porse delle fotografie, quelle che era riuscito a fargli con quei maledetti raggi X. Una grande macchia nera che gli stava divorando i polmoni, più quella metastasi che gli stava spappolando la parte sinistra del cervello. Oltre a quei due mostri neri però ce n’era un’altra. Rappresentava una bella casa bianca con una strana pianta alta e robusta vicino all’ingresso.

-Cosa ci fa un Araucaria a Margate?- aveva capito che quella era la clinica che lo avrebbe ospitato.

-Mia madre era cilena. La clinica era casa nostra. Poi lei è morta di tumore e dopo la guerra io e mia sorella abbiamo deciso di farne la clinica di cui le ho parlato. Quella pianta è li da generazioni-

Solomons si soffermò ad osservare la foto.

-Come si chiama?sua sorella intendo...-

-Maria-

Mary.

Un lampo di dolore gli pervase il cervello. Ebbe un capogiro che non riuscì a mascherare.

-Si sente bene?- il Dottore si era alzato di scatto ma Alfie lo fermò con un cenno della mano.

-E’ solo il destino che ce l‘ha con me! Mi dica solo un’ultima cosa?-

-Dica pure-

-Da dove si è formato?-

-Probabilmente sono stati i gas che ha respirato in Francia. I tedeschi hanno usato agenti chimici mortali. Mi creda se le dico che molti uomini sono messi come lei, se non peggio- si era riseduto.

Alfie uscì sbattendo la porta.

“Quei porci di tedeschi! Fottuti bastardi crucchi!”

Era fuori di se dalla rabbia e forse un po’ anche dalla paura.

Quel pomeriggio aveva l‘incontro di boxe dagli Shelby. Non poteva non presentarsi, soprattutto dopo il tiro mancino che avrebbe fatto a Tommy. Ma aveva scelta? Soprattutto aveva ancora senso per lui avere una scelta?

Forse morire era davvero la cosa migliore. Non avrebbe raggiunto Mary-Ann, ne era convinto. Ma avrebbe trovato un po’ di pace e si sarebbe tolto dai piedi tutti quei fottuti cani affamati di potere. Anche lui aveva voluto il potere. Anche lui era stato uno di quei cani. Solo ora capiva di avere perso troppo tempo prezioso.

 

PARTE II

 

“….sai che la paura è una cicatrice che sigilla anche l’anima più dura; non si può giocare con il cuore della gente se non sei un professionista ma ho la cura. Io non tremo, è solo un po’ di me che se ne va…..”

(Afterhours-Bye Bye Bombay)

 

 

Arrivò in quella specie di teatro poco prima dell’incontro. Gli Shelby avevano fatto le cose in grande. Come sempre. Ecco l’unica cosa in cui si sentiva diverso da Tommy Shelby: la sobrietà. Si era sempre sentito vicino a Tommy. Loro due erano due pidocchi che si erano fatti strada da soli in quella putrida città.

Ma a lui, Alfie Solomons, non fregava un cazzo di far vedere in giro quanto aveva nella sua cassaforte. A lui non fotteva un cazzo di far vedere quanto era potente. Le belle donne, le auto, i bei vestiti.

No. A lui bastava leggere il terrore negli occhi dei suoi avversi, terrore e rispetto.

Anche Changretta sotto sotto lo aveva guardato con un briciolo di ammirazione.

E questo gli aveva dato un senso di piacere immenso.

Trovò Tommy negli spogliatoi. Solo. Quel maledetto Shelby gli stava a cuore, troppo a cuore. Separarsi da lui con un tradimento era la cosa migliore.

Anche se sapeva che qualcuno poi lo avrebbe cercato. E ucciso. Sempre che quel fottuto male non se lo fosse divorato prima. Tanto cosa importava? Morire per un cancro, morire per mano di uno Shelby? Lui era già morto dentro, da molto tempo. Troppo.

Si guardarono negli occhi poi Alfie con passo incerto, troppo incerto per Tommy che lo guardò di sbieco, si sedette lontano da lui. Non di fronte ne di fianco. Lontano.

-Tommy, gli uomini come noi non sopportano la visione di incontri regolamentati- sogghignò -Tommy, immagina di non poter vedere. Di non poter vedere nulla, di essere nato cieco. Poi, un giorno, apri gli occhi e puoi finalmente vedere tutto ciò che ti circonda. Quando, fino ad un momento prima potevi solo affidarti al tatto e all’olfatto. Ecco! È una rivelazione. Dico bene?- fissò il suo interlocutore che lo guardava con occhi curiosi e un po’ incerti. Tommy stava cercando di capire dove stesse andando a parare il suo amico.

-Ne ho avuta una. Si ho visto una bella casa a Margate. Una grande e bella casa bianca con un araucaria del Cile che si staglia contro il cielo terso. Stupendo. Un angolo di paradiso, se vogliamo. Si estende a vista d’occhio e ti permette di carpirne come la superficie terrestre curvi. Così, mi sono ritrovato a chiedere a me stesso cosa stessi facendo. Che sto facendo? Perché non vendo ogni grammo d’oro e ogni cassa di rum che possiedo e non uso il ricavato per comprami un po’ di tempo? Ho bisogno di comprarmi un po’ di tempo per me stesso.-

-Ti trasferisci a Margate?- Tommy non era sorpreso. Almeno così sembrava. Dispisciuto forse, ma non sorpreso.

-Si, proprio così. Ho bisogno di riposarmi, riposarmi davvero. E poi, ormai sono arrivati gli americani, no?- c’era disprezzo nella sua voce -Eh si, siamo messi così, che ci vuoi fare. È da dopo la guerra che va così, con gli americani, dico bene?- lo fissò dritto negli occhi -I potenti la metteranno in culo ai più deboli. È sempre così… L’incontro che si sta disputando là fuori vede contrapposti un potente e un debole. E il potente la metterà in culo al più debole- ghignò -E sia! Me ne vado a Margate dove c’è il cielo terso come in paradiso. Ci vediamo Tommy. Sul pontile- sembrava un invito.

-Resta per l’incontro, Alfie!- questo era un invito che Solomons decise di rifiutare.

-No, va bene così. Tanto so già chi vincerà. O sbaglio?- si avviò all’uscita zoppicando -Addio!-

Uscendo da lì Alfie si sentì sporco. Forse era la terza volta in trentasei anni di vita che si sentiva sporco.

La prima volta fu sua madre a farlo sentire così, quando non era riuscito a salvarla dai maledetti russi. La seconda volta fu assieme a Mary-Ann, quando si prese la sua verginità di sedicenne pura. Ma quella volta fu felice di sentirsi sporco.

“Fottetevi”

Lasciò Thomas Shelby al suo destino. Poteva dirgli la verità. Poteva dirgli semplicemente che quei due tipi che accompagnavano il suo pugile erano due finocchi americani infiltrarti per ucciderlo.

Ma non lo fece.

Aveva male alla testa, un battere insistente al lato sinistro che gli annebbiava ancora di più la vista.

Si diresse in stazione, il treno era molto più sicuro dell’auto. E non si sa mai che quel Changretta sia così stupido da cadere nella sua trappola.

Perché per la morte di Shelby, qualcuno doveva pagare comunque. Non gli importava chi. Aveva capito che tutta quella storia non faceva per lui. Non più. Aveva venduto tutto, nel giro di due ore suo fratello aveva venduto tutto.

Ora Margate. E quello che il destino aveva in serbo per lui.

 

 

 

PARTE III

 

E mentre marciavi con l’anima in spalle, vedesti un uomo in fondo alla valle che aveva il tuo stesso identico umore ma la divisa di un altro colore. Sparagli Piero, sparagli ora e dopo un colpo sparagli ancora, fino a che tu non lo veda esangue cadere a terra a coprire il suo sangue….”

(De André-La guerra di Piero)

 

 

Quel posto non si era rivelato così male. La clinica era accogliente, il cibo buono e il mare, strano per lui, gli dava un senso di tranquillità. Poi, poi c’era Maria. Già, fottuto destino infame.

La sorella di Malone era giovane, con le palle davvero.

E si chiamava Maria.

E aveva gli occhi verdi. In un momento di vista lucida li aveva visti. Un bosco verde.

E ogni volta che la sentiva vicino Solomons voleva davvero morire. Un dolore al cuore lo soffocava e lo faceva sentire vulnerabile. Lui odiava quella sensazione. Soprattutto ora che ci vedeva male. Ma era stata la stessa Maria a dargli Cyrll, un bell’ esemplare di Douge de Bordeaux che lo aiutava a muoversi.

“Ecco un compagno per lei Mr Solomos!” un compagno aveva detto, non un cane per ciechi, no! Un compagno. Questa era la premura che quella ragazza gli dimostrava senza un vero obbligo.

E con il cane si era recato vicino al pontile dove il sole lo stava scaldando e il rumore delle urla del male lo mettevano in pace con se stesso.

Aspettava Tommy.

Gli avevano detto che c’era uno zingaro di Birmingham che lo stava cercando. E lui si mise in mostra per farsi trovare. Non ci volle molto.

Lo vide lontano, sfumato ma più si avvicinava più riusciva a metterlo a fuoco. E quando lo ebbe vicino sorrise.

“Ti sei salvato fottuto di uno Shelby” pensò.

-Mi auguro che tu sappia che il cane non c’entra niente-

-E’ stato facile trovarti- la voce di Tommy era dura.

“Stupido, volevo che mi trovassi!”

-Si. E per una buona ragione, Tommy. Volevo che fosse qui!-

“Già, qui. E vorrei spiegarti perché, Tommy. Vorrei spiegati del mare, della pace che sento dentro. Di Maria. Ma per parlarti di lei dovrei parlarti di Mary-Ann. E ormai è tardi, amico mio. Tardi!” lo pensò in un attimo e si pentì di non aver mai parlato con Tommy come con un vero amico.

-Te l’avevo detto, Alfie. Che fosse per questioni di affari o rancore personale ti avrei ucciso- notò che la voce di Tommy non era sicura. Tremava un po’. Aveva affinato l’udito e aveva imparato a riconoscere certe sfumature -Questioni di affari non ce ne sono visto che a quanto pare sei andato in pensione….-

-Quindi è squisitamente per rancore personale, eh Tommy?-

-Si-

“Bugiardo!”

-Giusto, si certo. Te l’ho detto. Volevo che fosse qui. Ti prenderai cura di questo cane?-

-No!-

-Ok, come vuoi. Beh, sappi che si chiama Cyrll, la cosa lo lascerà sconvolto e turbato, perciò dovrai trovargli qualcuno –

“Potrei ordinargli di sbranarti, Tommy. Ma non sarebbe la giusta fine”

-Non sei armato?-

-Ma no! Non essere sciocco!”

“Come puoi credermi, Tommy?” Solomons era stupito della buona fede dell’amico. Decise di dirgli parte della sua verità -L’unica cosa che mi porto dietro è un cancro di merda, amico mio. Già. Ormai è ovunque. Il dottore ha detto che potrei averlo preso in Francia per il gas o roba del genere. Mi ha anche mostrato una foto, prima dell’incontro di boxe-

“Sai la Francia mi ha portato via troppe cose, Tommy. Ma credo che tu sappia bene di cosa sto parlando….”

-Afie. Basta- Tommy tradì la sorpresa che quella notizia ricevuta così a brucia pelo gli aveva provocato.

-Allora ti ho parlato di Margate ed eccomi qui-

-Alfie- sembrava una supplica.

-Dai, Tommy- anche quella di Alfie sembrava una supplica. “Fallo! Muoviti!”

-Guardami!-

-Adesso hai un buon motivo per sparare. Mi dici cosa aspetti?-

-Alfie, guardami!-

“Lo farei, Tommy. Se potessi vederti bene lo farei, credimi!”

-E datti una mossa, cazzo! Smettila di fare la ragazzina!-

-Alfie!- era disperazione quella che notò nella voce di Tommy?

-Davo farlo io per te!-

Un attimo. Fu un attimo. Uno sparo, anzi due. Rimbombo di tuoni.

Erano a terra tutti e due.

La guancia gli bruciava e sanguinava. Forse gli era saltato un orecchio perché un sibilo feroce gli stava perforando la testa.

Il cane lo stava annusando “Maledetto Cyrll! Dovevo dirti di sbranarlo!” rise tra se. Rise perché vide un ombra allontanarsi da lui, senza neanche accertarsi che fosse morto, senza finirlo. Tipico di Shelby, pensò. Tommy lo lasciava al suo destino, su quella spiaggia bianca.

Si stava sentendo debole. Sporco e viscido di sangue.

“Sto morendo Cyrll? Be’ se è così, è meraviglioso!”

Silenzio. Solo quel sibilo incessante. Poi una voce lontana, una voce che lo stava chiamando.

-Mr Solomons! Mr Solomons!-

Un demone che lo stava venendo a prendere? Ma quella voce era preoccupata e forse disperata.

“Maria” pensò tra se.

La sua giovane infermiera, troppo simile alla sua Mary. Lei sapeva dove si trovava. Lei sapeva che lo volevano morto.

Poi il silenzio. Svanì la voce, svanì la luce e svanì il sibilo nella sua testa.

Solo il volto di Mary-Ann e la sensazione delle sue braccia che lo sollevavano da terra.

  
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