Libri > Classici Ottocento
Ricorda la storia  |      
Autore: Margheritameg    02/01/2018    0 recensioni
Basandomi sulle vicende del romanzo 'La pietra di luna' di Wilkie Collins, ho deciso di scrivere una breve storia sulla coppia principale, ovvero Franklin e Rachel. Il racconto è ambientato nella vecchia casa dello Yorkshire, un anno dopo la morte del Dottor Ezra Jennings. Come reagiranno i due sposi al ricordo della pietra di luna, e di tutto ciò che quel gioiello ha portato con sè nelle loro esistenze?
Credo che la storia possa essere letta anche da chi non abbia mai letto questo libro e, detto questo, se vi ho incuriosito, vi invito a dare una sbirciatina. Spero vi piaccia.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Rachel
 
Un giovedì pomeriggio, Franklin era tornato a casa dopo una cavalcata. Mi trovò a leggere nel salotto seduta comodamente sulla poltrona accanto alla finestra.
«Rachel» mi disse avvicinandosi «c'è qualcosa che ti turba?»
Sapeva che non ero solita prendere un libro nelle ore pomeridiane, bensì passeggiare o andare a trovare il signor Betteredge e la signorina Penelope.
«Ho un leggero mal di testa, nulla di cui preoccuparsi» risposi io rivolgendogli un sorriso.
In realtà era da parecchi giorni che soffrivo di strani sintomi. A pranzo avevo molto appetito ma subito dopo diventavo pallidissima ed ero costretta a ritirarmi nella nostra camera per riposare. Decisi infatti che nella settimana successiva sarei andata, approfittando della compagnia della zia Merridew, dal Dottor Green, il sostituto dell’ormai vecchio signor Candy…
«Franklin!» esclamai tutto d’un tratto «Che giorno è oggi?»
Lui sussultò alla mia domanda e spostò lo sguardo dalle gocce di pioggia che cadevano al mio viso.
«È il diciannove settembre, amore mio. Cosa succede?» domandò a sua volta scostando una ciocca dei miei capelli.
Il cuore mi batteva in petto furiosamente e feci un grande sforzo per trattenere le lacrime.
«Un anno fa… Abbiamo perso il nostro caro Ezra Jennings.»
L’espressione scettica di Franklin svaní non appena pronunciai quel nome, sbarrò gli occhi e poi abbassò lo sguardo. Senza dire una parola mi prese per mano guidandomi al piano superiore sino alla stanza da letto. Sulla soglia della porta mi lasciò andare e si fermò di fronte uno dei cassetti del mobile.
«Come ho potuto dimenticarlo…» mormorava a sé stesso mentre ne tirava fuori dei fogli ingialliti.
Mossi alcuni passi nella sua direzione quando si sedette sul letto. Gli sfiorai la guancia e mi guardò con occhi lucidi, poi mi circondò la vita con un braccio ed io mi sedetti sulla sue ginocchia. Quel gesto mi ricordava la mia infanzia, mio padre, la mia adorata madre, i momenti felici.
«Queste» disse Franklin a voce bassa, come se mi stesse confidando un segreto «sono le pagine del diario che il povero Jennings ha scritto durante l’esperimento, ricordi?»
Io annuii leggendo velocemente alcuni dei passi raccontati. Mi travolsero tutte le emozioni che provai in quegli stessi momenti. Gli occhi si posarono sull’ultima pagina strappata da Ezra stesso, in cui al momento del risveglio di Franklin mi lasciò sola a prendermene cura.
«Spero che i pochi attimi che passò in nostra compagnia lo abbiano reso felice» confessai con un groppo in gola.
«Siamo forse state le uniche persone a mostrargli un po’ d’affetto» continuò lui sfiorando la carta con le dita.
Appoggiò la testa sulla mia spalla coperta dall’abito posando i fogli sulle lenzuola. Si sentiva il ticchettio della pioggia intorno a noi.
«La sua tomba» affermai ricordando la lettera del Dottor Candy «è senza nome come quella di uno dei tanti stranieri, uno sconosciuto di cui non si sa nulla.».
Franklin mi guardò tristemente stringendomi di più a sé.
«È stato un suo volere. Rispettandolo abbiamo dimostrato quanto ci fosse caro.»
Non riuscii a quel punto a non piangere in silenzio, cullata dalle sue forti braccia mentre il ricordo della pietra di luna riaffiorava in me con dolore. Il gioiello dello zio aveva portato continui litigi e disgregazioni. Non potrò mai perdonare il fatto di non aver compreso fin da subito la verità. Mi comportai come una figlia viziata senza accorgermi minimamente della malattia di mia madre, che poi l’avrebbe portata alla morte. Respirai profondamente per scacciare quegli orribili pensieri.
«Voglio andare sulla sua lapide.»
Franklin non sembrò stupito delle mie parole, anzi mi sorrise dolcemente e mi baciò in fronte.
«Certo, mia amata Rachel.»

 
Franklin
L’indomani mattina erano le nove quando prendemmo la carrozza, io e Rachel accompagnati dal signor Gabriel Betteredge.
Eravamo in viaggio verso il luogo in cui era sepolto il nostro, anche se per poco tempo, amico Ezra Jennings. La prima volta che lo incontrai mi sorrise benevolmente, con quel suo aspetto reso buffo dai capelli neri e bianchi. Non riuscii a quel tempo e ancora non riuscivo dopo mesi e mesi a concepire come la gente potesse essere stata così diffidente nei suoi confronti, nel momento in cui si presentò come sostituto del malandato Dottor Candy.
Betteredge, al lato destro della carrozza, parlava come al solito dei poteri di Robinson Crusoe sulle nostre vite mentre io l’ascoltavo tenendo la piccola mano di Rachel nella mia. Quel giorno aveva messo il vestito nero, aveva detto poche parole e osservato per tutto il tempo il paesaggio. Alcune volte percepivo la sue dita stringere di più le mie, ed io facevo lo stesso per trasmetterle sicurezza.
«Come le dicevo, Sir» continuò Gabriel «non appena siete andato via dalla mia dimora ho aperto il romanzo ritrovandomi di fronte allo stesso passo letto durante le indagini del signor Jennings! Allora, adesso è convinto?»
«Ci vorrà altro a convincermi, Betteredge» dissi io sorridendogli e scuotendo la testa.
La conversazione poi finí sul lavoro dei domestici e l’imminente visita della signora Merridew, il maltempo e la gestione della vicina fattoria Hotherstone.
Dopo circa un’ora, arrivammo finalmente a destinazione: non era cambiata di molto da quando, un anno fa, ci eravamo recati lì in seguito all’annuncio del Dottor Candy.
L’ingresso del cimitero, accanto ad una piccola chiesa, era preceduto da alcuni scalini in pietra. Io e Betteredge ci accodammo a Rachel che, dopo avermi guardato negli occhi, entrò per prima.
L’ambiente all’esterno era erboso, casa di centinaia di tombe, alcune curate ed altre completamente spoglie. Una di queste era proprio quella di Ezra: si trovava in fondo, la lapide era grigia, senza alcuna scritta.
Ci fermammo lì davanti, toccai la spalla di Rachel per darle forza, allora lei annuì e si rivolse a Gabriel. Egli, su mia richiesta, aveva comprato un mazzo di crisantemi-vidi l’usanza di questi fiori durante i miei anni in Italia- recandosi personalmente in città.
Mia moglie li prese con delicatezza inginocchiandosi davanti alla tomba. Io e il mio amico abbassammo il capo.
Mi concentrai sull’immagine del caro Ezra Jennings, senza il quale mi avrebbero preso per un ladro. Forse non tutti, ma Rachel, che per me era paragonabile al tutto, lei sì che sospettava di me. Lui solo poté aiutarmi ad allontanarmi dalle accuse. Lui solo poté avvicinarmi nuovamente alla mia amata. Nei miei confronti non fu affatto un estraneo, ma un grande confidente e aiutante. Mi trovai a ringraziare Iddio per aver fatto incrociare i nostri sguardi in quel lontano giorno.
Parve un tempo assai lungo dopo che alzai gli occhi e vidi Rachel intenta ad asciugarsi una lacrima con un fazzoletto di lino. La tomba ora aveva acquistato un po’ di colore, grazie ai bianchi fiori che andavano ad adornarla. Scambiai un sorriso fugace con Betteredge e infine presi il braccio di mia moglie.

 
Rachel
Passai il viaggio di ritorno nel medesimo modo della partenza. Scambiai forse più parole con l’oramai vecchio servitore Betteredge, che contribuiva insieme alla vicinanza di Franklin a riportare il buon umore. Eppure non facevo che pensare alla gentilezza con cui mi trattò il signor Jennings quando ancora era in vita. Accontentò ogni mia richiesta e fu di primaria importanza nella riconciliazione con il mio amato.
Tornammo a casa in tempo per pranzare e come accadeva già da settimane subito dopo fui costretta a riposare.
Erano le quattro passate quando Franklin finì di occuparsi di alcuni documenti e mi propose di fare una passeggiata.
Percorremmo il suo sentiero preferito in silenzio e parlando di questioni irrilevanti. Ci fermammo dinanzi ai sentieri di ghiaia di rose.
«Ti senti meglio, adesso?» chiese Franklin osservando il cielo.
«Si.»
Non sapevo se si riferisse alla visita al cimitero o ai miei malori, in ogni caso era la verità per entrambe le cose.
«Aver dato un po’ di vivacità alla sua lapide mi ha rasserenato l’animo» confessai.
Alle mie parole si girò completamente nella mia direzione.
«Vale lo stesso per me.»
A quel punto appoggiai la testa sul suo petto e chiusi gli occhi. Gli ultimi raggi di sole si riflettevano sui nostri corpi intrecciati.
«Franklin,» dissi sollevando il mento «pensi che Ezra abbia ritrovato la sua Ellie?»
Il suo sorriso lasciò spazio ad un’espressione sorpresa, forse perché non credeva ricordassi il particolare raccontato nella lettera.
Si avvicinò ancora di più, le nostre fronti si toccavano.
«Sì Rachel, ne sono certo» affermò lui prima di posare le labbra sulle mie.
 
Nota : Il racconto è ambientato due mesi prima che Rachel scoprisse di essere in dolce attesa e Franklin corresse a dirlo a Betteredge.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Classici Ottocento / Vai alla pagina dell'autore: Margheritameg