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Autore: homevsoon    04/01/2018    0 recensioni
Harry Styles è il ballerino più bravo della Ballet Academy, è il ragazzo più popolare della scuola e non c'è nessuno che non ammiri il modo in cui balla. Da parte sua, Harry è un ragazzo timido e introverso, non gli piace quando le persone lo trattano come un pezzo di carne solo perché è bravo.
Louis Tomlinson è nuovo a scuola e, nonostante sia molto estroverso e socievole, fatica a trovare qualcuno che voglia essergli amico. Segno di riconoscimento? Il suo buffo accento.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Can I Have This Dance?
 
«Ho detto tan levé, non sissone! Accidenti, Harry, fai vedere tu come si fa» la professoressa Kingsley urlava dal fondo della sala, la postura imponente, schiena sempre dritta e piedi in quinta posizione. I capelli tirati indietro in uno chignon e nemmeno uno che ne sfuggiva rendevano il suo viso ancora più minaccioso.
Harry si spostò al centro della sala -sistemandosi i capelli in modo più ordinato perché «Harry, non è elegante tenere i capelli in quel modo!»- e si preparò in quinta posizione.  Quando la professoressa gli diede il conto, la sua gamba destra uscì leggiadra mentre la sinistra si alzava in un modo che non era umanamente possibile. Il modo in cui Harry riusciva a stendere i piedi lasciava sempre tutti a bocca aperta. Lui era nato per ballare.
Eseguì un tan levé perfetto, atterrando dal salto nella medesima posizione da cui era partito.
La professoressa gli fece addirittura un applauso, guardando malissimo tutti gli altri, attaccati allo specchio dalla parte opposta della sala, come se si sentissero schiacciati dalla presenza di Harry.
Harry che, per altro, stava arrossendo in un modo davvero imbarazzante: odiava stare al centro dell'attenzione.

Da un momento all'altro, la porta si spalancò e ne entrò un ragazzo mediamente alto (bassino, se si prende Harry come punto di riferimento) capelli castani tutti scompigliati e grandi, meravigliosi occhi blu.
Indossava una canotta azzurra e la calzamaglia nera, le vans ancora ai piedi e il borsone in spalla.
La signora Kingsley lo squadrò da capo a piedi con uno sguardo omicida: odiava quando le persone interrompevano la lezione, soprattutto se entravano senza bussare.
«ahem... Salve, sono Louis Tomlinson. Mi sono appena trasferito qui da Doncaster, in segreteria mi hanno detto che dovevo venire in questa aula» disse, pensando che avrebbe voluto sotterrarsi. Tutti lo stavano guardando come se fosse l'attrazione principale di un circo.
Anche se, in realtà, l'unico che gli importava lo stesse guardando era il ragazzo al centro della sala, spalle possenti e braccia forti... Per non parlare dei suoi occhi verde prato che avevano fatto perdere un battito a Louis non appena i due avevano incrociato gli sguardi.
«Molto bene» disse la donna, riportando Louis alla realtà «mai più qui dentro con le scarpe e mai più entrare senza bussare. Inoltre, gradirei che la prossima volta fosse puntuale, signor Tomlinson.»
Detto questo si girò e andò verso lo stereo.
Louis era impietrito, come folgorato.
«Allora, cosa sta aspettando? Si muova» incalzò lei voltandosi a guardarlo in faccia.
«Mi scusi» si affrettò a replicare il ragazzo, per poi togliersi le scarpe da ginnastica e infilare le mezzepunte in due-virgola-tre secondi.
«Okay, adesso mettetevi in fila, è arrivato il momento di lavorare in diagonale.» La professoressa batté le mani prima di far partire la musica.
«Voglio tre tour piqué, l'ultimo doppio, chassé, passo, grand jeté e una conclusione decente, se ce la fate. Tomlinson per primo.»
Louis si preparò in posizione, ascoltando con impazienza quel "cinque, sei, sette, otto" e, esattamente sul conteggio dell'uno, partì con l'esercizio.
Louis deve riconoscersi che quel giorno fece una delle diagonali migliori della sua intera esistenza. Il modo in cui si sentì leggero non appena spiccò il volo nel salto conclusivo gli fece battere il cuore all'impazzata, come se fosse la prima volta che eseguiva qualcosa di così pulito e perfetto.
«Ottimo! Il nuovo arrivato ha fatto un solo esercizio ed è già migliore della maggior parte di voi» disse l'insegnante, mentre la fila di persone diminuiva man mano che tutti facevano l'esercizio.
Harry, dopo aver fatto ciò che gli era stato richiesto in modo sublime, ovviamente, si avvicinò a Louis, il quale lo guardava con un misto tra stupore e paura.
«Sei stato molto bravo.» non appena Louis sentì la voce roca del ragazzo il respiro gli si mozzò in gola.
«Grazie...» disse a fatica, con un filo di voce «tu sei molto più bravo di me. Sei fantastico, dico sul serio!» le sue guance erano così rosse che avrebbe potuto illuminare una stanza intera.
Il ragazzo gli sorrise e Louis credette di morire quando vide due bellissime fossette ai lati della bocca dell'altro.
«Io sono Harry, comunque» disse, tendendogli la mano.
«Louis.» ricambiò la stretta sorridendogli a sua volta.
«Siamo a lezione, non a prendere il tè! In posizione!» a quel punto si accorsero che tutti gli altri erano già pronti per gli esercizi in centro e, in silenzio, presero posto anche loro.

Nei corridoi sembrava che tutti guardassero Louis, anche se in realtà sapeva benissimo che quasi nessuno stava facendo caso a lui, con tutta la gente che c'era in corridoio.
Il borsone era talmente pesante che stava addirittura pensando di tagliarsi la spalla, fino a quando, finalmente, arrivò davanti al suo armadietto.
La scritta "TOMLINSON" a lettere cubitali si scorgeva anche da una certa distanza.
Lesse la combinazione del lucchetto dal foglio che gli avevano dato in segreteria ma, mentre tentava di aprirlo, qualcuno gli andò addosso facendo cadere il suo borsone per terra.
«Cazzo, scusami!» Louis sentì la voce di una ragazza provenire dal basso, abbassò lo sguardo e vide una chioma di capelli biondi e delle mani che lavoravano frenetiche per rimettere a posto tutto ciò che era saltato fuori dal borsone a causa della caduta.
«Tranquilla, non importa» replicò Louis abbassandosi a sua volta.
La ragazza alzò lo sguardo e fissò Louis come se avesse detto la cosa più stupida del mondo. Le sue mani si erano fermate di scatto.
«Cosa c'è?» chiese allora lui, mentre sistemava.
Lei lo guardò e cominciò a ridere, coprendosi immediatamente la bocca dipinta di rosso con la mano.
«Scusa, non è colpa tua, è che il tuo accento è così buffo!» disse tra le risate.
Louis la guardò male e finì in fretta di mettere via le cose, per poi alzarsi e darle le spalle, aprendo l'armadietto.
«Ehi, mi spiace, non volevo prenderti in giro.» la bionda sconosciuta gli picchiettò sulla spalla e lui si girò chiudendo l'armadietto.
«Piacere, io sono Amanda» sorrise la ragazza.
«Louis» rispose semplicemente, evitando di stringerle la mano.
Era in quella scuola da tre ore e già non sopportava nessuno.
«Dai, non mettermi il muso! Non ti ho mai visto qui, sei nuovo?» chiese Amanda mentre armeggiava con il lucchetto.
«Sono di Doncaster, per questo il mio accento è buffo, come dici tu» rispose lui stizzito «oggi è il mio primo giorno.»
«Capito, hai già conosciuto qualcuno?» domandò di nuovo, sferrando una manata all'armadietto che, finalmente, si decise ad aprirsi.
«No, solo te... E un certo Harry. Nella mia classe nessuno mi ha rivolto la parola tranne lui» disse facendo spallucce e appoggiandosi con la schiena alla fila di armadietti.
«Harry!?» chiese lei incredula.
«Sì» rispose lui annoiato, lanciando un'occhiata al nome sull'armadietto accanto al suo: Styles.
Chissà se avrebbe mai visto il suo vicino di armadietto.
«Smettila di fissarmi in quel modo! Cosa ho detto di strano?» fece Louis, cominciando a camminare per il corridoio, diretto al giardino.
Avevano un'ora libera e lui aveva deciso di andare a fare un giro per il campus.
«Mi stai dicendo che tu sei amico di Harry?» quasi si mise ad urlare Amanda, camminando veloce per tenere il suo passo.
«Amanda, ci ho parlato una sola volta, okay? E smettila di seguirmi in questo modo inquietante.»
Lei si fermò nel bel mezzo dell'ingresso, mentre lui continuava la sua camminata.
«Senti» le disse, voltandosi «se vuoi venire con me va bene, potrebbe servirmi una guida turistica. Ma smettila di trattare me, o qualsiasi altra persona, come se fossi un extraterrestre.»
«Agli ordini capitano!» fece il segno militare e lo raggiunse, decidendo che sarebbe stata la sua guida all'interno del campus e che gli avrebbe spiegato un po' come funzionavano le cose lì.
Decise anche di omettere informazioni su Harry, perché voleva godersi la sua sorpresa quando avrebbe capito il tipo di trattamento che era riservato al ragazzo nella scuola.
Amanda era stata due armadietti più in là di Harry sin dal primo anno ma, nonostante ne fossero passati ben due, non aveva mai parlato con lui.
«Allora, dove sono gli alloggi dei ragazzi?» chiese Louis con un sorriso.
«Vedi quella panchina? Arrivato lì svolti a destra e vai dritto fino in fondo alla via, poi a sinistra e sei arrivato» spiegò Amanda.
«Okay, ora che ne dici di venire con me in segreteria e di aiutarmi a portare tutta la mia roba nella mia stanza?»
«Ora ho capito perché hai voluto che venissi con te, stronzo» rise la ragazza.
«Ovviamente! La mia è la 304» disse Louis ridendo a sua volta.
Amanda dovette trattenersi dal mandarlo a quel paese perché, sul serio, non solo era in classe con Harry e ci aveva parlato, non solo i loro armadietti erano vicini... Erano anche in stanza insieme? L'esclamazione "che culo!" lampeggiava davanti ai suoi occhi come l'insegna di una pizzeria d'asporto.
«Capito, muoviamoci prima che quelli del primo anno escano tutti in cortile per pranzo.»

Uno dei motivi per cui Louis aveva scelto la Ballet Academy era che, dopo le sei, le sale erano disponibili, su prenotazione, in caso gli studenti volessero usarle per provare senza la supervisione di un professore.
E Louis adorava stare solo in una stanza e ballare finché non sentiva che le gambe avrebbero potuto staccarglisi se avesse fatto un solo passo.
Per lui era così: la danza era una passione, ma significava anche tanti sacrifici, come il doversi allontanare di duecento chilometri dalla sua famiglia.
Fece partire la musica e si mise al centro della sala, piegò le ginocchia e mise le braccia in posizione, contò e poi eccolo che stava girando, leggero come una rondine in volo.
Eseguì quattro giri perfetti e, quando si fermò, decise che era il momento. Avrebbe provato a fare quelle stupidissime piroette che non gli erano mai riuscite.
Cominciò con due, traballando un po', e quando furono impeccabili azzardò con quattro.
Erano almeno venti minuti che cercava di non cedere dopo il terzo giro quando la porta si aprì e lui, per lo spavento, cadde.
Una risata roca gli arrivò alle orecchie e il suo cuore cominciò a battere al doppio della velocità mentre sentiva il sangue fluirgli alle guance.
Si alzò dal pavimento imprecando e corse a spegnere lo stereo, mentre Harry lo guardava sorridente con le braccia incrociate.
Louis non poté evitare di lanciargli un'occhiata, ammirando quanto la calzamaglia fasciasse bene le sue gambe. Solo dopo si rese conto che il ragazzo era a petto nudo e che i suoi capelli erano così lunghi da sfiorargli le spalle.
Concentrati, non può venirti un'erezione proprio adesso.
«Ciao» disse allora Harry.
«Ciao...»
«Non volevo disturbarti mentre provavi, ma ho notato che non ti riescono quei giri. Se vuoi posso aiutarti» sorrise.
Louis, che di solito si sarebbe sentito offeso, si sentì felice come un bimbo a natale.
«Certo, grazie mille!» fece per riaccendere la musica ma Harry lo fermò e «proviamo prima senza, è più facile così» disse.
«D'accordo. Puoi mostrarmi come lo fai? Non capisco dove sbaglio.»
Harry annuì e, prima di mettersi in posizione, si sfilò l'elastico dal polso, per poi raccogliere i suoi capelli in un adorabile chignon disordinato.
Louis credette di poter morire quando Harry eseguì sette giri con la gamba destra che passava dalla preparazione ad un'angolazione di novanta gradi precisi nel giro di pochi secondi.
«wow» sussurrò.
«Grazie...» le guance del ragazzo si tinsero di rosa.
Harry odiava arrossire.
«Okay, ora prova tu» disse poi.
Louis ci mise tanto impegno ma, di nuovo, non andò oltre il terzo giro.
«Credo che il problema sia la gamba di terra. Prova a piegare un po' di più il ginocchio quando ti dai la spinta» suggerì il ragazzo.
Louis tentò di nuovo ma non riuscì comunque a fare quattro giri.
«Okay, vediamo...» Harry si spostò mettendosi qualche passo dietro Louis.
«Quinta posizione» occhi blu obbedì.
«mmh...» Harry lo squadrava da capo a piedi come se fosse la statua di un dio greco, incapace di trovare anche un solo minimo difetto nel suo corpo. Gli si avvicinò di più, premendo il petto contro la sua schiena.
«Raddrizza la schiena» sussurrò, mettendo una mano sulla parte bassa della pancia di Louis, il quale obbedì immediatamente.
Respirava velocemente, sperava che Harry non sentisse il suo cuore battere forte.
Cosa che, anche volendo, il riccio non avrebbe potuto fare: era troppo concentrato sul proprio, di battito.
«Okay, ora metti le braccia in posizione... Così, bravo. Ammorbidisci il braccio che dà la direzione... Perfetto.» il fiato caldo di Harry sul suo collo gli causò infiniti brividi lungo tutta la spina dorsale e sentire il cazzo del ragazzo che gli premeva contro il culo di certo non lo stava aiutando a mantenere la calma.
Per un attimo Louis pensò di aver sentito le labbra di Harry attaccate al suo orecchio, ma dovette concentrarsi pienamente quando l'altro si spostò e, dopo essersi schiarito la voce, disse: «prova adesso».
Sorprendentemente, funzionò.
Louis non eseguì solo quattro giri, ma ben sei.
Harry sorrise e gli fece un applauso, così lui si inchinò con fare altezzoso e «grazie, grazie, sciocchezze» disse, nascondendo un sorriso.
Il riccio scoppiò a ridere e quel meraviglioso suono rimbombò in tutta la sala.
«Grazie mille per l'aiuto» ribadì Louis mentre sistemava tutto.
«Non c'è di che» replicò l'altro, sollevandogli il borsone.
«In che stanza sei? Ti aiuto a portare le cose, visto che ne hai tante.»
«304» sorrise Louis chiudendo la porta.
«Anche io!» Esclamò l'altro. «Non sapevo saresti stato tu il mio nuovo compagno di stanza.»
«Ottimo, avevo paura che il mio compagno di stanza fosse uno stronzo con la puzza sotto il naso» rise Louis.
«Intendi come quasi tutti quelli che studiano qui? Già, anche io» anche Harry rise.
Per tutto il tragitto fino ai dormitori parlarono delle loro famiglie e cose del genere.
Louis scoprì che Harry non era di Londra ma di un piccolo paesino nel Cheshire e Harry si mise a ridere quando Louis raccontò l'episodio dell'accento buffo accaduto con Amanda quella mattina.
«A proposito di Amanda» disse «te la devo far conoscere. È un po' ossessionata da te, ma è simpatica.» aprì la porta e lanciò immediatamente tutto sul suo letto, Harry fece lo stesso, sedendosi poi sul proprio.
«Non mi sorprende sia ossessionata da me» questa frase suonò veramente brutta alle orecchie di Louis, tanto che spalancò la bocca senza nemmeno provare a nascondere lo stupore misto odio che gli aveva suscitato quella dichiarazione. Harry si accorse che non gli era uscita esattamente come la stava pensando nella sua testa e che, soprattutto, per uno nuovo doveva sembrare assurda un'affermazione del genere.
«Intendo,» si affrettò ad aggiungere «che in questa scuola la metà delle persone è ossessionata da me e l'altra metà mi odia. Entrambe perché i professori mi considerano il più "bravo e dotato dell'intera accademia"...» disse, mimando il gesto delle virgolette «...ora, non che io faccia schifo, ma non sono poi così bravo e personalmente odio che le persone mi idolatrino in quel modo, mi mette veramente a disagio» concluse, pizzicandosi le unghie e guardando in basso come se si sentisse in colpa.
Louis tirò un sospiro di sollievo, felice di aver appurato che Harry non era per niente il tipo di ragazzo che se la tirava come se ce l'avesse solo lui.
«Ora capisco perché Amanda ha dato di matto quando ho detto che ti avevo parlato!» disse Louis ridendo.

Il giorno dopo, Louis si svegliò prima di Harry e rimase ad osservarlo nella luce fioca che traspariva dalla tapparella. In quel modo era ancora più bello, se possibile.
Dopo una decina di minuti, decise di svegliarlo, altrimenti avrebbero fatto tardi a lezione e la signora Kingsley li avrebbe sbranati vivi.
Harry emise un grugnito quando Louis gli sussurrò che era ora di alzarsi e questo causò in occhi blu una risatina che Harry, per quanto mezzo addormentato, trovò adorabile.
La sera prima erano stati a parlare e scherzare fino a tardi, tanto che Niall, il ragazzo con la stanza accanto alla loro, era andato a lamentarsi per il troppo rumore.
«Ora mi alzo.» la sua voce era persino più roca del normale e questo non fu per niente utile a Louis: era già abbastanza imbarazzante essere un adolescente con gli ormoni in subbuglio che lo facevano svegliare con un'erezione, non gli sembrava davvero il caso che gli diventasse di marmo solo a sentir parlare Harry.
«Vado a farmi la doccia» si affrettò a dire, prendendo in fretta i vestiti e scappando in bagno.

Quando ebbe finito e uscì dal bagno Harry era già pronto.
«Andiamo, oppure quella ci ammazza» gli disse il riccio prendendo entrambi il suo borsone e il proprio.
Louis chiuse a chiave la porta della stanza e lo liberò dal peso della sua borsa.
Dovettero correre per tutto il campus per arrivare in orario e ci mancò poco che la professoressa li scoprisse.
«Allora, oggi parleremo dello spettacolo di primavera» esordì la donna.
Dalla sala si alzarono i mormorii contenti degli studenti, che vennero però immediatamente zittiti.
«Il tema di questa rappresentazione riguarderà l'omosessualità e i ragazzi e ragazze della vostra età che iniziano a farsi delle domande riguardo l'argomento.»
Louis e Harry si lanciarono un'occhiata senza un motivo preciso. Nessuno dei due aveva detto all'altro di essere gay ma, per qualche ragione, avevano sentito il bisogno di guardarsi quando avevano sentito quelle parole.
«Le audizioni per i personaggi principali si terranno domani alle quattro, chi volesse partecipare è pregato di scrivere il proprio nome e cognome sul foglio che troverete in bacheca alla fine delle lezioni. Adesso vi dividerò in coppie e proveremo alcune delle prese che ci saranno nelle coreografie, in modo che possiate rendervi conto se riuscite a farle o meno. Ovviamente vi alternerete per chi deve sollevare e chi deve essere sollevato. Tutto chiaro?»
La classe esordì in un sì e la professoressa cominciò a chiamare i nomi delle persone che dovevano stare in coppia.
«Damon e Jayden, Josh e Caleb, Louis e Harry, Ian e Carl, cominciate voi e poi farò le coppie delle ragazze.»
Ogni coppia prese posizione all'interno della sala mentre le ragazze andavano alla sbarra per scaldarsi.
«Okay, mi raccomando, se non vi sentite sicuri aspettate. Prendetevi tutto il tempo che volete, non dovete essere impulsivi.»
Damon e Jayden fecero per primi la sequenza di prese, accorgendosi ben presto che sarebbe stato meglio che nessuno dei due avesse fatto l'audizione per i personaggi principali, che erano quelli a cui sarebbero stati affidati questi passi.
Mentre una coppia provava gli altri si scaldavano i piedi e le gambe.
Quando arrivò il turno di Harry e Louis, l'insegnante li guardò con il volto pieno di aspettativa.
Louis riuscì a vedere Jayden che alzava gli occhi al cielo.
La professoressa diede le indicazioni e Harry si preparò a sollevare Louis.
Eseguirono tre su cinque delle prese con Harry come sollevatore, mentre per altre due era più adatto Louis.
Vedere quei due ballare insieme faceva venire voglia di lanciarsi fuori da una finestra: i loro corpi si incastravano alla perfezione, i movimenti che compivano erano così fluidi da farli sembrare facili anche all'occhio esperto di chi sapeva che facili non erano e la sintonia che avevano, pur non avendo mai ballato insieme prima di quel momento, era disarmante.

Il resto della lezione andò via in fretta. Harry e Louis si scambiavano occhiate furtive mentre facevano gli esercizi... Non molto furtive a dir la verità, chiunque si accorgeva che quei due stavano flirtando.
Alla fine delle due ore andarono entrambi ad iscriversi per i ruoli principali, poi decisero di andare a pranzare fuori dal campus.
«Voglio portarti al ristorante cinese, ce n'è uno a dieci minuti da qui» disse Harry, bloccando lo schermo del telefono.
Per tutto il tempo Louis aveva cercato di sbirciare a chi stesse scrivendo, senza nessun risultato. E comunque non capiva perché gli interessasse così tanto.
«Okay» rispose semplicemente Louis. A lui andava bene tutto, gli bastava stare con Harry.
Louis, però, odiava quel sentimento di dipendenza che sentiva nei confronti di Harry. Si conoscevano solo da due giorni, che cavolo! La bellezza di Harry era innegabile, ma non era solo quella che mandava Louis completamente fuori di testa: i suoi capelli, gli occhi verde prato, il modo adorabile che aveva di buttare indietro la testa e battere le mani quando rideva… e quelle stramaledette fossette.

«Credi che prenderanno entrambi per i ruoli principali?» chiese Louis a Harry mentre entrarono nella loro stanza.
«Non lo so» rispose Harry buttandosi sul suo letto.
«Io spero di sì» disse Louis, a bassa voce.
«Cosa, scusa?» chiese l’altro, non avendo sentito.
«Nulla.» Louis si sedette sul proprio letto, controllando le notifiche di tutti i suoi social.
«Io voglio farlo con te» disse Harry dopo un lungo momento.
La testa di Louis scattò nella sua direzione quando sentì quelle parole.
«Lo spettacolo, intendo. Vorrei che scegliessero noi due. Mi piace ballare con te.»
Louis gli sorrise e «anche a me» disse.

Come Louis aveva previsto, avevano scelto Harry come uno dei personaggi principali. Ciò che non aveva previsto minimamente era di essere scelto come protagonista.
Appena i due videro i loro nomi scritti in bacheca, una settimana dopo, si abbracciarono felici.
«Te lo avevo detto!» disse Louis.
La signora Kingsley li bloccò nel mezzo del corridoio per avvertirli che avrebbero dovuto provare ogni sera da quel giorno in poi, perché le coreografie erano molto difficili.
Non che a loro due dispiacesse, in realtà.
L’alchimia che c’era tra loro quando ballavano era qualcosa di meraviglioso.

Quella sera Harry e Louis stavano già provando da due ore ma non avevano combinato assolutamente nulla.
«Cristo santo, Louis, vuoi concentrarti?» si lamentò Harry l’ennesima volta che sbagliavano la presa per colpa di Louis.
«Scusa, possiamo fare una pausa?» disse Louis, passandosi una mano sul viso. Si sedette contro lo specchio e prese un sorso d’acqua per poi chiudere gli occhi e prendere respiri profondi.
Che cazzo mi succede?
Sbuffò riaprendo gli occhi, sorpreso di trovarsi faccia a faccia con Harry, piegato alla sua altezza.
«Che c’è?» chiese, in tono dolce. In realtà avrebbe voluto prenderlo a pugni.
«Non lo so, Harry, non riesco a concentrarmi.»
«Se non mi dici a cosa stai pensando non posso aiutarti, Louis» gli accarezzò la guancia con il pollice e il ragazzo arrossì immediatamente.
Louis stava affrontando una lotta interiore: dire a Harry a cosa stesse pensando, oppure farsi prendere a pugni in faccia dal suddetto perché continuava a sbagliare, ma conservare un minimo di dignità? Nessuna delle due opzioni sembrava molto invitante, ma Harry che gli accarezzava la guancia gli stava mandando a puttane il cervello.
«Dovresti respirare» sussurrò Harry.
Louis nemmeno si era accorto di non star respirando. Ecco, cervello fottuto, andato, caput.
«A dire il vero è colpa tua» parlò finalmente Louis.
«Cosa intendi?» il riccio si sedette per terra.
«Se sono distratto, dico. È solo colpa tua.»
«Smettila di fare lo stronzo e spiegati, altrimenti me ne vado e ti mollo qui.» Il cuore di Harry batteva fortissimo, tanto che aveva paura Louis lo sentisse.
«Ho fatto qualcosa di male?» chiese, non avendo ottenuto risposta. Cominciò a giocare con il bordo della sua canotta mentre guardava il pavimento, diventato improvvisamente interessante.
«No! Dio, Harry, no. Non hai fatto niente di male» Louis gli prese la mano.
Harry alzò lo sguardo e fissò gli occhi in quelli blu di lui.
«Louis.»
«Cosa» sussurrò.
«La mano…»
«Sì» rispose Louis, muovendo il pollice sopra la mano di Harry.
Non ce la faceva più a nascondere la cosa.
«Che stai facendo?» chiese Harry, gli occhi socchiusi, mentre Louis gli si avvicinava lentamente.
«Sto per baciarti, Harry.» Le loro labbra erano a un centimetro le une dalle altre.
«Okay…» disse, chiudendo gli occhi.
Louis appoggiò la bocca sulla sua e, in quell’esatto momento, capì cosa significasse esattamente “avere le farfalle nello stomaco”… i suoi erano più bufali, a dir la verità.
Continuarono a scambiarsi piccoli baci, gli schiocchi delle loro labbra riecheggiavano nella stanza silenziosa. Harry leccò il labbro inferiore a Louis, come per chiedergli il permesso, e occhi blu schiuse le labbra.
Da quel momento in poi, Louis non si ricorda esattamente cosa sia successo, sa solo che si era ritrovato un Harry senza maglietta sdraiato sopra il suo corpo, che si strusciava deliberatamente tra le sue gambe aperte.
«Harry» boccheggiò interrompendo il bacio. Il riccio cominciò a succhiare la pelle sul suo collo, cosa che non gli rese facile il continuare a parlare.
«Haz, fermati» ansimò Louis.
«Cosa c’è?» chiese quello, le labbra rossissime e gli occhi selvaggi.
«Non possiamo, un’altra volta, okay? E devo sul serio parlarti.» Lo baciò piano sulle labbra.
«Va bene, come vuoi» disse, spostandosi da sopra il suo corpo e mettendosi di fianco a lui, seduto.
Anche Louis si mise a sedere, intrecciando poi le dita con quelle del ragazzo.
«Okay, non so da dove cominciare, quindi proverò partendo dall’inizio. Il primo giorno, quando sono entrato da quella porta e mi hai guardato negli occhi, ho pensato che fossi bellissimo. La prima volta che mi hai sorriso e ti sono spuntate le fossette, invece, ho pensato che ero fottuto. La prima volta che abbiamo ballato insieme in realtà non abbiamo ballato davvero, eri solo tu appiccicato alla mia schiena e io ho pensato che dovevo concentrarmi per non farmi venire un’erezione, non scherzo. La prima volta che ti ho sentito parlare appena sveglio, invece, l’erezione ce l’ho avuta sul serio, ma farò finta che sia stato perché era mattina.» Harry rise stringendo più forte la sua mano «la prima volta che abbiamo davvero ballato insieme quasi mi veniva da piangere e non so nemmeno perché. Quando ti ho visto messaggiare mentre eravamo fuori a pranzo ho capito che mi piacevi davvero, perché avrei tirato quel fottuto telefono sotto una macchina: odiavo vedere come sorridevi ogni volta che sbloccavi lo schermo. Proviamo in questa sala da due mesi, ormai, ogni singola sera. La prima volta che ho sentito le tue mani sulla mia vita ho pensato che volevo baciarti… e la prima volta che ti ho baciato ho pensato che ti amo sul serio, Harry.»
«Sto per vomitare, dico sul serio. Questa è la dichiarazione d’amore più sdolcinata che mi abbiano mai fatto. E tu, Louis Tomlinson, hai avuto la capacità di farmi piacere una cosa per cui fino a due mesi fa avrei tirato una testata a chiunque avesse detto una cosa del genere.»
Louis ridacchiò, anche se in realtà stava per morire.
«In realtà, quando sei entrato da quella porta, ho pensato che avrei voluto scoparti e, okay, non è la cosa più romantica da dire, ma è così. Ho capito che mi piacevi quando facevo apposta a sorridere come un idiota ai messaggi di mia madre, solo per farti ingelosire. Adesso, arriviamo al dunque. Vuoi sapere quando ho capito di amarti, Louis? Non lo so, forse una settimana fa quando ti sei addormentato davanti al computer ed eri così bello mentre dormivi. Oppure quando ho iniziato a notare il modo in cui dici il mio nome. O forse prima, quando volevo così tanto prenderti a pugni e non perché non stessi ballando bene, ma perché ero preoccupato per te e mi fai così incazzare quando non dici quello che ti passa per la testa e poi a un certo punto non ce la fai più ed esplodi.»
Forse, a Louis un po’ brillavano gli occhi mentre guardava Harry.
«Scusa» disse sorridendo.
«Fanculo, Louis» rise Harry prima di baciarlo.

 
   
 
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