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Autore: Scarlet Jaeger    04/01/2018    1 recensioni
Kai Hiwatari
Il monastero riportato a nuova vita.
Una lettera del presidente Daitenji ed una donna, che sconvolgerà irrimediabilmente la pace appena ritrovata del ragazzo e dei suoi compagni russi.
Antichi ricordi che sembravano dimenticati.
Di nuovo il dolore torna a farsi spazio in quelle mura.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Yuri
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Capitolo 7
 
 
 
Yuri si stava allenando nel Beyblade stadio in solitaria. Si era allontanato da tutti gli altri per avere concentrazione. Finalmente era riuscito ad avere un Beyblade tutto suo. Wolborg volteggiava impavido nel campo, osservato dal ragazzino. Ivanov aveva appena sei anni, ma aveva la freddezza e l’impassibilità non degni di un bambino della sua età. Fin dal suo arrivo nel monastero si era dimostrato degno di farne parte. Ubbidiva agli ordini impartiti senza fiatare e svolgeva le sue mansioni senza controbattere. Era il pupillo di Vorkov, ed il fatto che l’uomo gli avesse consegnato proprio quel Bey ne era la prova lampante. Neanche Kai era così favorito, perché troppo restio ad obbedire a ciò che gli veniva chiesto di fare, anche se era suo nonno a chiederlo. Forse era proprio l’autorità di suo nonno a permettergli di ribellarsi, nonostante le punizioni ricevute. A Yuri non importava delle punizioni, perché mai avrebbe fatto qualcosa che avrebbe suscitato l’ira dei suoi superiori.
O almeno, così credeva al tempo.
In quel momento però, il suo sguardo era così concentrato sul suo Beyblade e non si accorse che qualcuno aveva appena lanciato il suo, facendolo cozzare contro quello già in campo. Alzò gli occhi per vedere meglio chi avesse avuto l’ardire di interrompere la sua solitudine, ma sbuffò nel vedere a poca distanza da sé proprio lei.
« Irina. » Disse solamente, in quello che voleva essere un saluto.
La bambina dai capelli castani però non si scompose ed in risposta si aprì in un sorrisetto furbo, che fece storcere leggermente il naso al ragazzino.
« Ero sicura di trovarti qui… » Iniziò lei, facendosi più interessata, mentre i loro Beyblade in campo si studiavano. Da una parte quello argentato, dall’altra quello grigio scuro.
Lui però non rispose, si limitò a scoccarle un’occhiata interrogativa com’era solito fare, come se non gli interessassero i motivi che l’avevano spinta fin lì.
« Mmmh, che ne dici di un incontro? » Chiese però la ragazzina, sicura di aver stuzzicato finalmente il suo interesse. Gli occhi azzurri di Yuri si piantarono su di lei, taglienti e freddi come lei li ricordava, mentre Wolborg si era fatto più attivo. Si era avvicinato all’avversario, come a volerlo scrutare prima di attaccarlo.
Di nuovo Yuri non rispose. Si limitò ad abbassare lo sguardo sul suo Bey, assottigliando lo sguardo e sibilando un ordine sottovoce, così tanto lievemente che lei non riuscì a captarlo.
Fu però un ordine, di quello era certa, perché il Beyblade argenteo partì alla carica cogliendo di sorpresa il suo avversario, che finì quasi fuori dal ring.
« Wow, il lupo ha tirato fuori le zanne… » Lo sbeffeggiò con un sorrisetto, abbassando anch’ella il suo sguardo grigio sul suo fedele compagno.
« Volkborg, attacca! »
All’ordine di Irina il chiamato in causa si lanciò alla carica, colpendo l’altro di striscio.
Continuò così quello strano combattimento, impiegando un tempo indefinito a studiarsi e scrutarsi. Erano così uguali ma così immensamente diversi.
Per quel primo scontro però, nessuno dei due fu vinto. L’incontro finì in parità, lasciando un po’ l’amaro in bocca ad entrambi. Probabilmente tutti e due non vedevano l’ora di proclamarsi grandi campioni.
Non sapevano però di essere osservati.
In una sala di comando, Vorkov aveva osservato tutto grazie alle telecamere installate nella sala dove si trovavano i due bambini, e sorrideva incredibilmente soddisfatto di ciò che aveva appena visto.

 
 
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Era giunta così l’ora per Kai di salutare di nuovo il Giappone, la sua vecchia casa ed i suoi più cari amici. Era sicuro che un giorno sarebbe potuto tornare, una volta riordinate le cose al monastero. Per quanto suo nonno e la sua spalla destra non esistevano più in quello stabile, la loro ombra era sempre vigile, come i vecchi ricordi e le vecchie ferite.
Era a rimuginare su tutte quelle cose quando il suo maggiordomo bussò alla porta della sua camera.  Si era disteso sul suo vecchio letto, perfettamente rifatto, ed osservava mestamente il soffitto candido, ripensando alla sua vita passata in quelle quatto mura. Non ricordava un momento di pace e tranquillità in quella stanza, usata solamente per dormire, e non ricordava nemmeno un momento come quello, utile per rimuginare sul suo passato. Il vecchio Kai non si era mai preso la briga di guardarsi indietro, ma l’avanzare del tempo e dei ricordi da conservare nel proprio cuore lo avevano leggermente umanizzato.
« Avanti. » Si decise a rispondere dopo qualche secondo, dando all’uomo il permesso di entrare.
« Signorino Kai, è quasi ora di andare. Non deve anche passare alla BBA a prendere quella ragazza? » Gli ricordò lui diligentemente ed a quelle parole il russo sbuffò sonoramente.
Aveva ragione, doveva sbrigarsi o avrebbero perso l’aereo. In più si chiedeva come mai quella strana ragazza avesse deciso di farsi trovare proprio nella sede della federazione e non a casa sua. Ma ovviamente a lui non sarebbe interessato nulla di quell’assurda decisione.
Probabilmente ha già lasciato l’appartamento” si disse tra sé e sé, issandosi a sedere e sistemandosi il ciuffo di capelli che gli era ricaduto sugli occhi ametista.
Non capiva il motivo di tanta inquietudine di fronte a quella ragazza e soprattutto cosa lo avesse spinto ad accettare la proposta del presidente Daitenji; ma nel suo profondo conosceva già la risposta. Il fatto che fosse stato proprio l’uomo a proporre un affare del genere o la reverenza e la fiducia che aveva in lei non potevano che tranquillizzarlo, nonostante tutto ciò che sentiva dentro. Forse era lui che si faceva influenzare da vecchi pensieri e vecchie questioni. In fondo suo nonno ed i suoi sotterfugi erano stati cancellati e Vorkov era detenuto in un carcere Russo in seguito alle sue sconsiderate azioni. Dopo aver perso l’autorità della B.E.G.A e tutta la carica con essa acquisita, si era dato alla latitanza per un po’, tornando in superficie con un’altra prova di infida malvagità. Aveva provato ad impadronirsi di altre sedi nel mondo, ma oramai era un uomo conosciuto e finito. Nessuno era stato più disposto a credergli ed a puntare su di lui, così si era dato la zappa sui piedi da solo, finendo in carcere. E per Kai e gli altri ragazzi Russi era un bene, se non una vera e propria liberazione.
 
Arrivarono alla sede della BBA in perfetto orario ed il ragazzo, dopo aver chiesto al suo maggiordomo/autista di aspettarlo in macchina, si diresse all’interno per avvisare Yuka ed il presidente della loro partenza.
« Oh Kai, dunque te ne vai così presto. » Sospirò l’uomo nonostante il sorriso.
Aveva trovato i due nell’ufficio di quest’ultimo e, cosa alquanto indesiderata per Kai, c’era anche Hitoshi, che lo salutò con un cordiale saluto come avrebbe salutato un vecchio amico. Peccato che per il presidente dell’Hiwatari corporation quello non era affatto un vecchio amico. Non si era dimenticato delle sue vicende nella B.E.G.A e del sorrisetto compiaciuto di quando Brooklyn lo aveva mandato all’ospedale la prima volta. No si era dimenticato delle fredde parole che gli aveva rivolto mentre Dranzer veniva disintegrato e mentre lui, volando letteralmente giù dalla piattaforma dello stadio, perdeva pian piano i sensi.
Le differenze tra voi non si possono colmare con l’allenamento. Brookyn è semplicemente irraggiungibile!
Forse Kai era un tipo un po’ troppo rancoroso? Forse. E forse erano anche molto simili tra loro. In fondo anche lui aveva lasciato la sua vecchia squadra per militare tra le fila di Vorkov, ma solo per potersi battere di nuovo con Takao, perché quello era il fulcro della loro “relazione” e perché le sfide avvincenti che nascevano dai loro incontri le portava gelosamente nel cuore. Suo fratello invece perché era passato nella fazione avversaria? Perché, nonostante il suo buon senso e la vasta esperienza, aveva deciso di allearsi con un nemico del calibro del suo vecchio “maestro”? Ma, soprattutto, perché aveva voluto allenare per forza un personaggio come il suo vecchio avversario dai capelli aranciati? Certo, dopo la caduta di Vorkov e della stessa B.E.G.A, il Kinomiya più grande era tornato come se nulla fosse successo, atteso da tutti a braccia aperte. Ma non da lui.
Kai Hiwatari non ha dimenticato le ferite subite, da chiunque esse fossero state causate.
Non aveva perdonato suo nonno ed il suo modo di trattarlo come il suo burattino per i suoi scopi, nonostante sapesse che prima o poi tutto quello che aveva costruito quell’uomo gli sarebbe spettato di diritto.
Non aveva mai perdonato Vorkov per non essersi mai fatto scrupoli a punire dei ragazzini piccoli com’erano loro quando vivevano al monastero, o per il semplice fatto di averli allevati come macchine da guerra.
Non aveva mai perdonato Hitoshi per le sue decisioni.
Forse era riuscito a perdonare Brooklyn per l’onta subita solamente perché si era riscattato nel secondo incontro con lui, riuscendo a stento a sopraffarlo.
Non era riuscito a dimenticare parte del suo passato. Non era riuscito a dimenticare i giorni passati nel monastero. Non era riuscito a dimenticare una bambina dai capelli castani e gli occhi grigi e taglienti.
Tutto ciò che aveva vissuto nella sua vita si ripercuoteva nel suo presente. Il suo carattere scontroso e freddo, indifferente quasi, era una conseguenza del dolore provato nella sua giovinezza. Non ricordava giorni felici. A stento ricordava il volto di sua madre e suo padre, troppo piccolo dall’ultima volta che li aveva visti. Non ricordava festività passate a giocare come i bambini normali, o anche solo di aver mai avuto dei veri amici. Almeno finché non conobbe Takao e la sua squadra.
Però quando si accorse che di fronte a sé c’era il presidente Daitenji in attesa della sua parola, Kai scosse la testa come per lasciarsi addietro i vecchi pensieri e riprese parola con un piccolo sorriso sulle labbra.
« Sì, devo tornare a svolgere le mie mansioni. Sono partito così all’improvviso, lasciando Yuri al mio posto. Non posso permettermi di lasciarli soli per troppo tempo, io sono il capo. » Disse diligentemente, facendo sospirare l’uomo.
« Sì, lo capisco. » Sorrise poi quest’ultimo, volgendo l’attenzione alla sua pupilla.
« Sei pronta a partire? Hai tutto quello che ti serve? » Le chiese ma lei si aprì in una piccola risatina.
« Ma certo, non deve preoccuparsi presidente. Sono pronta a vivere questa nuova avventura. » Continuò lei con un sorriso, spostando poi lo sguardo sul russo, il quale ricambiò assottigliando per un attimo il suo.
Non seppe dire cosa di quella ragazza, osservandola meglio, lo faceva restare leggermente interdetto. I lunghi capelli neri le ricadevano in una treccia dietro la schiena e gli occhi grigi erano grandi e profondi, ma non c’era nulla di particolarmente strano in essi. Non come quelli che ricordava, propri della ragazzina che aveva conosciuto anni addietro al monastero. Non l’ebbe più vista, nemmeno durante il primo campionato del mondo, quando tornò a far parte della Borg per un breve periodo. Quella fu l’occasione in cui incontrò di nuovo i vecchi compagni come Yuri, Boris, Sergey e Ivan, ma di Irina non c’era nemmeno l’ombra. Nessuno parlava mai di lei. Nemmeno Vorkov, al tempo, aveva mai accennato al fatto che fosse esistita. Per un attimo pensò anche di averla solo immaginata. In fondo la sua memoria poteva avergli giocato un brutto scherzo. Non dimentichiamoci ciò che riuscì a fare Black Dranzer al suo cervello!
 
 
Dopo quasi un’ora, impiegata per i vari saluti e per raggiungere l’aeroporto, Kai e Yuka si ritrovarono prossimi all’imbarco. Avevano già lasciato i bagagli di lei, seppur pochi, e si erano diretti al check in per l’imminente partenza. Il tutto senza scambiarsi una sola parola. Lei lo seguiva quasi fosse una di quelle guide che vanno a prendere la gente in aeroporto per scortarla ovunque volessero andare. Ma, in fondo, ci sarebbe stato tempo per parlarsi visto che avrebbero dovuto vivere sotto lo stesso tetto.
Si sedettero ai posti assegnati loro dalle carte d’imbarco ed attesero il decollo, avvenuto non molto tempo dopo. Si slacciarono finalmente le cinture una volta stabilizzati e, mentre lei osservava le nuvole ed il poco paesaggio che si riusciva ad intravedere, lui prese finalmente parola.
« Allora, hai detto che sei Russa. » Iniziò, ma non era una domanda.
Lei si voltò di scatto nella sua direzione, meravigliata da quella strana affermazione. L’espressione di lui era impassibile, ma non le sfuggì lo sguardo interessato con cui la guardava. Ovviamente il suo interesse era solamente legato alla conoscenza. Non si fidava ancora di lei al 100%.
Accennò un lieve gesto affermativo con la testa, aggrottando le sopracciglia in un’espressione quasi guardinga.
« Lo ha detto il presidente però, non io. » Ci tenne a precisare e lui storse leggermente le labbra.
« E quindi non ha detto il vero? » Rispose con una domanda, facendosi sempre più interessato al passato della ragazza.
« Assolutamente no. È verissimo. » Assottigliò lo sguardo lei, cercando di captare ogni minimo cambiamento facciale del ragazzo, ma lui non si scompose di un millimetro. « Ho solo puntualizzato il fatto che non mi hai mai rivolto parola… » Ridacchiò Yuka, ma lui la osservò mesto e cercando di capire dove volesse andare a parare.
« Non sono solito sproloquiare a vanvera. » Disse lui, spostando l’attenzione da lei per chiudere gli occhi ed appoggiarsi definitivamente allo schienale del sedile.
« Non è sproloquiare, si chiama interagire. Fare conoscenza, visto che hai accettato di farmi entrare nel tuo staff. » Lei continuava ad osservarlo, ma lui non si degnò nemmeno di aprire di nuovo gli occhi.
« Non l’ho fatto per te. » Si affrettò a precisare, ma a differenza di quel che poté pensare, quella frase bastò per far ridacchiare la ragazza. Fu grazie a quello che Kai si decise a spostare lo sguardo tagliente di nuovo su di lei. Non gli piaceva essere preso in giro, soprattutto da una donna.
« E per cosa lo hai fatto allora? Forse per il presidente Daitenji, in fondo è un uomo magnanimo ed influente. Ma, a che pro sono rivolti tutti i tuoi gesti? Lo fai per te stesso, o finalmente Kai Hiwatari inizia a pensare anche agli altri? » Quelle parole arrivarono taglienti alle orecchie del russo, nonostante le avesse pronunciate con tranquillità e con un’espressione stranamente sorridente.
« Questi non sono affari tuoi. » Si affrettò a controbattere, guardandola di sbieco.
« Certo, ovviamente. La mia era solo curiosità. » Fece spallucce lei. « Però ti devo comunque ringraziare. »
A quelle parole Kai sgranò leggermente gli occhi, ma prima che aprisse bocca lei riprese di nuovo parola.
« Per avermi permesso di tornare nella mia città natale. Laggiù ho lasciato un pezzo di me. E c’è tutto quel che mi resta della mia famiglia… » Continuò, con espressione malinconica, e quello dette finalmente modo al russo di calmarsi un po’. Prese una boccata d’aria e cercò di essere più delicato possibile.
« Mi dispiace. Ma non credere di essere la sola ad aver sofferto in passato. Tutti noi portiamo dentro delle ferite che non vorremmo mai che venissero riaperte. » Le rispose duramente, nonostante non avesse voluto essere così freddo. Sembrò una frase detta più per sé stesso che per lei però, ma Yuka accennò un piccolo sorriso complice. Inoltre sembrava quasi un avvertimento.
« Nessuno di noi vorrebbe questo. » Ma lo sguardo freddo e tagliente dei suoi occhi grigi non venne notato da Kai, che aveva precedentemente spostato lo sguardo da lei per riprendersi dalle parole dure che aveva appena pronunciato.
La conversazione cadde così, senza che nessuno dei due provasse a dire altro.
Kai si era addossato allo schienale ed aveva provato a lasciarsi addietro tutti i pensieri che erano scaturiti in seguito allo scambio di parole avuto con quella strana ragazza, ascoltando un po’ di musica dal suo I-Pod ed isolandosi da tutto il resto com’era solito fare.
Lei invece rimase a fissare i lineamenti del ragazzo ancora per qualche secondo, con lo sguardo assottigliato per colpa della piega che aveva preso quella conversazione.
Poi finalmente si rilassò anch’ella, addormentandosi con la fronte appoggiata all’oblò.
Fine capitolo 7
 

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Colei che scrive:
Ma salve a tutti e ben trovati! Innanzi tutto buon inizio 2018 <3 sono passati un po’ di giorni dall’ultimo aggiornamento, ma con le feste ed alcuni impegni non sono riuscita a scrivere. Il capitolo l’ho scritto di getto oggi pomeriggio, correggendolo come meglio ho potuto, quindi mi scuso per eventuali errori <3
Come il solito è fin troppo introspettivo. Vi giuro, ci provo a non farlo così, ma per capire tutto meglio mi serve. E poi come sempre è diviso tra passato e presente. Ho messo il primo scambio di informazione tra i due protagonisti. Spero vi sia piaciuto :3
Che dire, ringrazio i recensori come sempre <3, e tutti i lettori silenziosi che aspettando sempre un mio aggiornamento!
Un bacione a tutti
Alla prossima!
  
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