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Autore: Iskandar22    06/01/2018    0 recensioni
Tutti prima o poi dovremo affrontare la morte, come il saper di dover morire ci condiziona ogni giorno della nostra vita? Come può la morte segnare la vita e la vita vivere in segno della morte? Come l' idea di una fine può entrare così prepotentemente nella mente fino a portarti oltre quel confine che mai pensavi di poter oltrepassare.
Ripercorriamo la vita di L. dal giorno in cui tutto è cambiato e scopriamo insieme dove questo incessante bisogno di conoscere ciò che non può essere conosciuto lo ha portato. Se ogni domanda necessita di una risposta fino a che punto la mente e il corpo si possono spingere? Ma soprattutto se si dovesse trovare una risposta la si accetterebbe per quello che essa è oppure saremo ciechi alla realtà e continueremo a cercare qualcosa che abbiamo già trovato e rifiutato.
Genere: Horror, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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Memento mori

 

I ricordi di quel periodo della mia vita sono molto offuscati, tuttavia nel mezzo di quella nebbia fumosa qualcosa emerge con forza nella mia mente, qualcosa che non posso cancellare e che sento il dovere di affrontare.

 

Era un giorno d' estate, faceva caldo, avevo 11 anni ( per me quello era solo un numero senza peso o significato ).

 

La mattina mia madre mi svegliò come ogni giorno, scesi le scale per andare in cucina a fare colazione, succo d' arancia con zucchero di canna, era un giorno come un altro e la vita era tranquilla e spensierata. Misi la merenda per il pomeriggio nello zaino e mia madre mi accompagò al centro estivo, vi andavo tutti gli anni, mi veniva detto che era per non restare a casa ad annoiarmi, se avessi saputo in anticipo come sarebbe finita la giornata non avrei mai sceso quei gradini che mi portarono verso l' ignoto.

 

La giornata era “normale” se una giornata può essere definita tale. Pomeriggio, seduto su una panchina, il sole alto mi illuminava e la tranquillità faceva parte della mia vita che fino ad allora era stata un continuo apprendere (se non conoscevo qualcosa, domandavo e mi si dava una risposta la quale veniva presa da me come verità assoluta, certa). Improvvisamente mi si avvicinò un bambino più piccolo di me, avrà avuto circa 8 anni, non lo conoscevo e non ho tutt' oggi idea del perchè egli mi abbia rivolto quella frase...forse lui era già alla ricerca di una risposta che non poteva certo trovare.

 

“Lo sai che prima o poi anche tu morirai”.

 

Non sapevo come rispondere, non ebbi il tempo per pensare una risposta che il bambino era già corso via, non lo rincorsi, ero pietrificato, non registravo più quello che accadeva intorno a me.

Non avevo mai pensato alla morte, in un' attimo il tempo che prima mi sembrava infinito diventò prezioso, viviamo per un tempo limitato, ogni secondo, come un conto alla rovescia verso un ignoto, si perde nel nulla, avevo appena scalfito di poco l' idea di morire e già mi sentivo la testa scoppiare, mi prese un malessere generale, dovevo svuotare la mente da quei pensieri pesanti.

Mi alzai velocemente e mi misi a cercare compagni con cui giocare, dovevo svagarmi, così dopo qualche minuto mi ritrovai a giocare in tranquillità, non era successo niente, avrei voluto che non fosse successo niente.

 

Non è che in precedenza non sapessi dell'esistenza della morte, non la temevo, non vi davo troppa importanza, le piante morivano, gli insetti morivano, gli animali morivano, le persone morivano. La morte era qualcosa che c' era ma che non faceva parte della mia vita, era un luogo mai visto ma che mi veniva raccontanto. Perchè quella frase mi aveva cambiato? Mentre giocavo la mia mente lavorava a mia insaputa, mi faceva credere che tutto andasse bene.

 

Era tardo pomeriggio, tornai a casa, non ebbi il coraggio(?) di raccontare ai miei genitoeri dell' accaduto, cosa avrei dovuto dire? Era un discorso, quello sulla morte, più grande di me ( lo è tutt' oggi), non sapevo da dove iniziare ma sapevo benissimo, fin troppo bene, dove il discorso sarebbe finito: anche io sarei dovuto morire e nessuna bugia amorosa avrebbe potuto togliermi dalla mente tale certezza, come facevo a esserne tanto certo? Tutto ciò che conoscevo poteva morire quindi perchè io sarei dovuto essere un' eccezione.

 

La sera passò velocemente, non so perchè ma il tempo sembrava fluire più veloce di prima, quella velocità era straziante e ancora più doloroso era il non comprendere la morte, tutto poteva essere chiaro ma non la morte. La frase di quel bambino mi aveva cambiato, perchè ora in me esisteva un orizzonte della fine, esisteva un limite fuori dal quale non potevo vivere ero finito.

Andai a letto ma la solitudine e la notte fecero riemergere violentemente quei pensieri, e con loro quella nuova sensazione di malessere, insopportabile. Non avevo distrazioni come i giochi del pomeriggio, ero solo con la mia mente...dovetti sforzare la mia immaginazione come mai prima d' ora per scacciare dalla testa quei pensieri, non dormii.

 

Quel giorno d' estate iniziai a morire o almeno a rendermene conto.

 

   
 
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