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Autore: asterilotos    07/01/2018    1 recensioni
Kanda combatte per proteggere Allen e Johnny dall'Ordine, dal Quattordicesimo e da quel dannato mondo che da loro la caccia.
[futuro LaviLena]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Allen Walker, Johnny Gill, Lenalee Lee, Yu Kanda | Coppie: Kanda/Allen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La seguente storia era stata inizialmente pubblicata su Maiko, il mio account personale; ho provveduto a rimuoverla quando mi sono resa conto che violava i termini del regolamento, per cui se vi è sembrato di averla già notata in passato sotto un altro nome sapete perché.

Disclaimer:
Questa storia è la traduzione di "Ends." dell'autore asterilotos su AO3, scritta e pubblicata col suo permesso.

 
 


Capitolo 1
 


L’inverno giunse con ferocia. La neve turbinava nella notte scura come l’inchiostro; candidi fiocchi cadevano sulle ciglia e i suoi capelli, dello stesso colore del cielo sopra di lui. Kanda si coprì la testa con il cappuccio del mantello; stringeva la sacca calda del cibo take-away con una mano e lasciava l’altra libera, in caso avesse necessità di afferrare Mugen. Il vento sferzò particolarmente forte, gli punse la pelle e gli fece venire la pelle d’oca lungo le braccia. Serrò la mano libera in un pugno e si strinse ancora di più la cappa al petto.
Era sulla via del ritorno per Allen e Johnny, rintanati nel calore di un piccolo Motel nei sobborghi della Svezia. Avrebbe potuto essere il loro ventesimo nascondiglio, per quel che ne sapev; aveva perso il conto, ormai.
Non vedevano qualcuno dell’Ordine da quasi due mesi, anche se c’era mancato poco a quel confronto in Germania qualche settimana prima.
Dopo tutto ciò che avevano passato, non avrebbe certo permesso loro di prenderli così facilmente. Per nasconderli aveva trovato il buco più sudicio, dozzinale ed insospettabile a cui avrebbe mai potuto pensare; non c’era verso perché stessero in un posto che valesse un briciolo dei suoi dannati soldi. Non quando mammol- Allen, si corresse, stava combattendo un’eterna battaglia nel suo stesso corpo e l’Ordine ed i Noah sbucavano da ogni angolo per stanarli.
Kanda era stato incaricato dall’Ordine di trovare Allen Walker e Johnny Gill e riportarli immediatamente indietro. Li aveva scovati più di quattro mesi prima, ma non aveva la minima intenzione di fare rapporto al riguardo; al contrario, li aveva aiutati a fuggire dalle mortali controversie del mondo che erano accorse ad afferrarli.
Nascondersi in posti bui, Motel rovinati, bar e bordelli non aveva attirato l’attenzione di nessun Esorcista dell’Ordine, né Noah alcuno a cui potesse essere stato assegnato il suo medesimo incarico. La gente spesso scherzava su quanto fosse poco intelligente, eppure lo era stato abbastanza da aver evitato la loro cattura negli ultimi mesi.
Idioti.
Kanda non aveva mai avuto aspettative nella sua vita, non molte perlomeno. Il suo unico scopo era stato trovare quella persona. Dopo di allora… quella persona… Esalò un lungo respiro.
Alma.
Il nome ed i ricordi ancora gli pesavano sulle spalle come un fardello. Le cose erano migliorate, ammise; come si dice “il tempo lenisce le ferite”. Ciò non significava, però, che quelle ferite non si lasciassero dietro cicatrici ampie e deformi.
Quando aveva scoperto che Alma era stato quella persona per tutto il tempo, la sua unica ragione di vita si era compiuta al costo di perderlo nuovamente. Chi mai avrebbe pensato che fosse sempre stato colei che aveva a lungo cercato? Chi avrebbe mai pensato che la stessa, identica persona che tanto profondamente aveva amato nella sua vita passata fosse stata anche in questa? Eppure, indipendentemente da quale esistenza lui stesse vivendo, il finale era il medesimo ogni volta: avrebbe sempre perduto Alma.

«Amanti sfortunati.»
 «Cosa?» chiese Kanda con irritazione.
«Ho sentito mio fratello dirlo a Reever, una volta…» sospirò una molto più giovane Lenalee. «Pensi che sia vero? Che gli Esorcisti non possano amare? Che ogni loro possibilità di amore finirà in tragedia?» aggrottò le sopracciglia con preoccupazione e la sua bocca si piegò in una smorfia. «Lo pensi?»
Lenalee non era come lui. Aveva avuto una vita difficile e visto atrocità con i suoi grandi occhi espressivi, ma era buona; era in grado di andare avanti. Non era come lui.
Quei libri che leggeva nel tempo libero erano pieni di bellezza e contentezza. Non aveva alcuna importanza ciò che aveva visto del mondo devastato in cui vivevano, perché per lei non tutto era marcio. Non come per lui.

Gli Esorcisti non ottenevano la felicità; non erano persone, ma strumenti per l’Ordine. Eppure Lenalee credeva che ci fosse ancora dell’altro su quella terra.
Nonostante Kanda non si fosse mai aspettato che Komui potesse dire qualcosa di così negativo, per una volta si ritrovò d’accordo con quell’uomo eccentrico: l’amore finiva sempre in tragedia, soprattutto per gli Esorcisti.
Kanda voleva dire a Lenalee di crescere, di smettere di credere a quegli stupidi libri che leggeva e di affrontare la realtà. Eppure le parole che gli uscirono di bocca non erano nulla del genere.

«Tuo fratello dice un sacco di cose.» Lenalee lo guardò con espressione confusa e preoccupata. «L’idiota una volta mi ha detto che il ramen è più buono della soba.»
A ciò, lei rise. Lo sguardo cupo e pieno di dolore che aveva indossato fino ad un momento prima era sparito. Era strano quanto il suo sorriso e la sua risata potessero farlo sentire bene.
Si trovava d’accordo con Komui, tuttavia non riusciva a dirglielo. Lei era buona. Non era come lui e lui non avrebbe mai lasciato che lo fosse.


«Amanti sfortunati, eh?» Kanda rise con amarezza. Gli si strinse lo stomaco.
Non avrebbe più dovuto avere una ragione per vivere; non avrebbe dovuto averne alcuna per continuare a respirare l’aria di quel mondo aspro. Eppure, c’era sempre una sensazione di fastidio a dilaniare la sua coscienza. Se avesse smesso di esistere, allora non sarebbe morto in pace. Sapeva il perché, ovviamente.
Allen fottuto Walker.
Il suo scopo di vita si era trasferito al ragazzo maledetto dai capelli argentei. L’ironia di ciò non gli passava inosservata.
Kanda odiava le persone come Allen. Quelli come lui, che poteva sorridere mentre il mondo gli bruciava attorno, così da poter imbrogliare coloro che amava persino quando le sue stesse interiora infiammavano con il resto del Creato.
Kanda odiava le persone come Allen perché ne aveva incontrata soltanto una così, prima: Alma.
L’uomo dai capelli scuri arrancava tra la neve ed il sottile strato di ghiaccio scricchiolava sotto i suoi stivali. Man mano che si avvicinò al Motel riuscì a distinguere la luce della camera che stavano occupando. Erano al terzo piano, vicini alla strada per scorgere chiunque potesse giungere a cercarli.
Dopo lo scontro che avevano di poco scampato in Germania dovevano essere ancora più prudenti. Quella era stata la prima volta in tanto tempo in cui Kanda aveva provato “paura”, se così poteva essere definita. Se gli Esorcisti in Germania avessero riferito all’Ordine che il Generale Kanda Yu stava nascondendo Allen Walker e Johnny Gill, era certo che gli avrebbero sguinzagliato dietro i migliori Esorcisti e sapeva che non avrebbe potuto proteggere i due idioti con l’intero Ordine alle calcagna.
Nemmeno una singola volta nella sua esistenza si era aspettato di vivere a quel modo. Lui pure era in fuga, seppur l’Ordine ancora non sapesse dei suoi crimini.
Kanda salì le scale per il terzo piano, oltrepassando nell’atrio gli strani personaggi con cui lo dividevano. Alcune prostitute e dei drogati andavano avanti ed indietro per i corridoi; non aveva bisogno di immaginare cosa stessero facendo o cosa stesse accadendo nelle loro stanze. Aveva già sentito tutto in precedenza, passando per la medesima hall e persino dalla sua stessa camera. I muri, sottili come carta pesta,  rendevano ogni cosa essenzialmente udibile; i gemiti ed i grugniti che si coglievano erano chiari come l’acqua ed ogni volta Kanda si ritrovava a premersi un cuscino sulla testa, sdegnato, per sopprimere il rumore.
Era inopportuno, eppure quello era il posto perfetto per nascondersi dall’Ordine. Nessuno avrebbe mai immaginato che potessero stare in un simile tugurio. Diamine, era da mesi che viveva in posti come quello ed ancora non riusciva a crederci lui stesso.
Kanda aprì la porta della loro stanza e se la richiuse alle spalle con un clic. Johnny saltò su dal letto e lo salutò allegramente; la mammo- Allen non gli rivolse nemmeno uno sguardo.
Appoggiò la borsa con il cibo sul piccolo tavolo traballante vicino alla parete; dopodiché si spogliò del cappotto da Esorcista e lo mise a cavallo di una sedia.
Johnny batté vivacemente le mani una volta ed annusò l’aroma delle pietanze che permeava l’aria. «Ha un buonissimo profumo! Grazie, Kanda!»
«Già.» grugnì.
Lanciò un’occhiata ad Allen, seduto da solo sul letto a due piazze a rimescolare le carte tra le proprie mani. Se fosse stato mesi addietro, il ragazzo avrebbe inalato il cibo ben prima che Kanda si fosse seduto al tavolo. Invece, ora era ora e Walker a malapena mangiava, in quei giorni.
Era chiaro che avesse pensieri per la testa. Ce li aveva sempre, ultimamente.
«Vuoi cenare, Allen?» chiese Johnny.
«Non ho molta fame.» Allen sorrise quel sorriso disgustosamente falso che non raggiungeva mai i suoi occhi. Kanda odiava quell’espressione; era così disonesta e dissimile da quelle del ragazzo che era stato.
Non era divenuto altro che falsi sorrisi.
Il giovane con gli occhiali gli pose la stessa domanda, ma Kanda declinò l’offerta. In tutta onestà, neppure lui era molto affamato. Non era certo perché non si trattasse della sua abituale soba o perché il cibo di quel Paese non fosse buono; in parte presumeva che la sua mancanza di appetito avesse qualcosa a che fare con i falsi sorrisi dello stupido ragazzo dai capelli argentei. Non c’era nulla di più nauseante delle persone che fingevano.
Kanda non aveva mai preso in considerazione di imparare il nome del dannato Moyashi. Eppure non solo lo aveva fatto, ma gli si era anche marchiato nella memoria; gli si era inciso sulla pelle dal giorno di quel loro scontro un anno prima.
C’erano stati i colpi affilati delle loro spade e pugni, ma niente aveva lacerato più profondamente delle parole che aveva rivolto ad Allen allora. “Se tu non fossi mai nato…”. Nulla lo faceva sentire male come il sapere di essere la ragione per cui Allen stava soffrendo in quell’inferno e non gioendo e sorridendo all’Ordine con Johnny e Lenalee e quello stupido di Lavi.
Ma Kanda aveva voluto Allen morto, a quel tempo, e perire lui stesso. Sapere che Alma era stato vivo e sofferente sotto i suoi stessi piedi per tutto quel tempo… Grazie a quella dannata mammoletta, Alma aveva finalmente trovato la pace.
Per qualche oscuro gioco del destino, ora la ragione di vita di Kanda ruotava attorno ad Allen Walker.
C’era stato un tempo in cui non gli sarebbe importato cosa fosse accaduto al maledetto Moyashi o a quel dannato mondo in cui vivevano; un tempo in cui aveva vissuto in una realtà in bianco e nero,  dove non aveva avuto amici né nemici ma soltanto un obbiettivo. Se non fosse stato per Allen, non lo avrebbe mai raggiunto.
Grazie a Walker aveva trovato quella persona, che era stata Alma per tutto il tempo, ed entrambi erano stati liberati. Grazie ad Allen, Alma era finalmente libero.
Per felicità di Kanda, Allen aveva gettato via la propria e l’aveva fatto senza esitazioni.
Era colpa sua se il Quattordicesimo si era risvegliato ed era suo dovere, ora, assicurarsi che il Noah non prendesse il controllo. Alcuni giorni erano difficili, terrificanti, e lui e Johnny dovevano aiutare il giovane a rimanere sano di mente e a tenere a bada Nea.
Kanda non poteva fare nulla contro le accuse di tradimento verso la mammoletta, ma sarebbe stato senz’altro lui a distruggere il Noah quando fosse emerso e a fermarlo dall’accelerare la distruzione del mondo.
Era tutta colpa sua, Allen ed il Quattordicesimo… E, per quando gli costasse ammetterlo, non odiava Allen Walker. Sarebbe stato meglio se lo avesse fatto, perché sarebbe stato molto più facile disprezzare e andarsene via da quella cazzo di situazione.
Non era certo di cosa provasse per Allen ed il più tempo passavano assieme, il più confuso lui diventava.
Quando Tiedoll gli aveva suggerito di diventare Generale, lui lo aveva fatto. Come Generale non avrebbe più dovuto prendere ordini da Komui, ma sarebbe stato sotto al comando diretto dei Cinque Grandi Generali. Li aveva visti alcuni giorni dopo che si era imbattuto in Tiedoll. L’incontro era avvenuto in Vaticano;l’architettura e le statue erano apparse grandiose e di un tempo lontano.
I Generali  gli avevano designato la missione di localizzare e trattenere Allen Walker e Johnny Gill. Piuttosto semplice; già li aveva trovati, ma non aveva lasciato che l’Ordine lo sapesse.
Tutto ciò che doveva fare era presentarsi al Quartier Generale una volta al mese, fare rapporto, prendere la paga e andarsene nuovamente. I suoi resoconti erano sempre gli stessi, nonostante quando li redigesse fornisse all’Ordine qualche informazione veritiera. Il più delle volte affermava di starli ancora cercando ma di avere una pista su Allen, unitosi ai Noah. Mezze verità, mezze verità.
Non avrebbe mai voluto salire di grado nell’Ordine, ma pareva essere l’unico modo per poter restare con la mammoletta e Johnny; l’unico per potersi accertare che mangiassero bene e dormissero e, più importante, che fossero al sicuro. Avrebbe, inoltre, ridotto la sua probabilità di diventare un Caduto, sicché avrebbe dovuto fare controlli mensili e non sarebbe andato “contro il volere di Dio”.
Alzò gli occhi al cielo. Quel mondo, i demoni, tutta la morte e la distruzione… se davvero esisteva un Dio, quello non era certo il suo volere. Se ci fosse stato un Dio, di sicuro non avrebbe lasciato che fosse l’Ordine a portare avanti quella sua volontà.
«Era delizioso.» sospirò Johnny con soddisfazione, leccandosi le labbra e strofinandosi lo stomaco. Aveva finito di mangiare la cena che lui aveva portato e si era abbandonato sulla sedia. «Grazie ancora, Kanda. So che si congela, là fuori.»
«Non è stato niente.» rispose brevemente, scalzandosi gli stivali ed afferrando la coperta di riserva che era ripiegata sul bracciolo del lurido divano nella stanza, mentre si appoggiava alla finestra scheggiata dal vetro biancastro. Numerose molle del sofà erano rotte ed i cuscini sprofondavano verso il suo centro, ma ci aveva ugualmente dormito nelle ultime settimane. Nel frattempo, Johnny ed Allen avevano condiviso l’unico letto della camera.
Certamente vivevano con limitazioni, ma in qualche modo Kanda si sentiva più vivo di quanto non fosse stato in tanto tempo.
«Sì, grazie.» disse allora Allen, sollevando di un poco gli angoli della bocca. Non avrebbe mai tentato di fingere davanti a lui; probabilmente il giovane non confidava che lui gli avrebbe creduto, oppure non glie ne fregava nulla di ciò che lui pensava. Per qualche ragione, quel pensiero lo infastidiva.
Prima di sedersi nuovamente di fronte ad Allen sul materasso, Johnny si diede una rinfrescata e si lavò i denti in bagno. Erano entrambi a gambe incrociate sul letto a due piazze, ad iniziare un nuovo gioco di carte e a chiacchierare amabilmente tra loro. Andava spesso così.
Erano quasi sei mesi, ormai, da quando Kanda ed Allen si erano riuniti. La mammoletta era ancora l’ombra di se stesso, ma quantomeno non tentava più di fuggire da loro. Li voleva con sé. Beh, perlomeno Johnny.
La risatina del giovane dai capelli argentei lo strappò dai propri pensieri. Era una risata vuota. Quasi tutte lo erano, di quei tempi.
Kanda osservò i due continuare a parlottare di varie cose. Di solito, Johnny discuteva con Allen di alcune teorie che gli erano venute in mente. La loro amicizia gli ricordava quella che lui aveva avuto con Alma, prima che tutto fosse andato in malora.
Il compito attuale di Kanda non era farsi degli amici, tuttavia.
Aveva un unico motivo per accodarsi a Johnny e alla mammoletta: valeva a dire il Quattordicesimo. Non gli avrebbe permesso di prendere il controllo e, se fosse successo, sarebbe stato lui quello a porvi fine. Era stata colpa sua, dopotutto.
Come Alma, un giorno anche Allen sarebbe morto prima di lui. Era qualcosa che sapeva avrebbe dovuto affrontare e, nonostante vi si stesse preparando, non poteva dire di esserne pronto.
Dopo la loro partita, Johnny saltò giù dal letto e si stiracchiò. «Ho bisogno di una doccia.» sorrise radiosamente.
Quell’uomo è come un raggiò di luce splendente, pensò Kanda. Era più vecchio sia di mammoletta che di lui di qualche anno, ma aveva un’innocenza fanciullesca che nessuno di loro due aveva. Johnny canticchiò mentre recuperava il pigiama pulito ed un asciugamano, poi lasciò Kanda solo con Allen.
L’atmosfera era quieta, tranne per l’acqua della doccia che scorreva e le voci lontane delle persone nei corridoi e nelle stanze adiacenti. C’era qualcosa di inquietante nello stare da solo con Allen; non era neanche a causa della crudeltà in agguato nella mente del ragazzo, nonostante sospettasse che ciò fosse parte del motivo.
Il carattere della mammoletta gli aveva sempre dato sui nervi, ma perlomeno un tempo aveva reagito e si era difeso. Adesso era soltanto un guscio di falsi sorrisi e risate vuote. Quando diamine era divenuto così patetico?
«Potresti smetterla di fissarmi? Non sono il Quattordicesimo.» Allen lo stava osservando con quelle sue pozze d’argento.
«Tch. Non ti sto fissando.» rispose Kanda.
«Se non che lo stai facendo.» disse con frustrazione. La sua voce era più profonda, ora; molto più di quanto fosse stata quando si erano incontrati la prima volta.
«Non essere lusingato, mammoletta. Come se io potessi fissarti.»
«E nonostante ciò, lo stavi facendo.» Allen si avvolse la coperta attorno alle gambe stese. Diresse lo sguardo al soffitto come immerso nei propri pensieri. «Mi hai a malapena rivolto la parola da quando tu e Johnny mi avete raggiunto, mesi fa; ciò nonostante mi osservi sempre.»
Era vero. Mammoletta e lui avevano a stento parlato nei quasi sei mesi in cui avevano viaggiato assieme.
Non è che non volesse, no. Era che non riusciva.
Kanda non era mai stato uno di grandi conversazioni, né tanto meno qualcuno bravo a ringraziare. Ed il fatto era che lui non doveva solamente un “grazie” ad Allen. Gli doveva la vita.
Aveva gettato via la propria in modo tale che Alma e lui potessero vivere i loro ultimi istanti in pace, tuttavia non aveva chiesto nulla in cambio. Era l’unica persona che si sarebbe spinta così in là per amor suo e nemmeno erano così prossimi.
Kanda aprì bocca per pronunciare quella parola che tanto fremeva per dire da mesi. Grazie.
Seppe di essere apparso in conflitto con sé stesso quando il cipiglio di Allen si trasformò in un’espressione confusa.
Le parole erano sulla punta della sua lingua, eppure non riusciva a dirle. Kanda lasciò che la sua solita maschera gli tornasse in volto.
«Taci, Moyashi.»
Walker imprecò a bassa voce e gli diede le spalle.
Kanda si sdraiò sul divano e fissò il soffitto, le sue lunghe gambe che pendevano dal bracciolo. Nella sua testa vorticavano svariati pensieri. Si maledisse per non essere in grado di esprimerli; per non essere in grado di dire quella semplice, dannata parola.
La verità era che gli piaceva avere Allen e Johnny intorno. Era simile a quando era stato insieme ad Alma. Come era accaduto con lui, Kanda voleva… proteggerli, anche se fosse significato andare contro quel cosiddetto Dio e rischiare di divenire un Caduto.
Il fruscio delle lenzuola ed il cigolare del materasso lo strapparono dai propri pensieri.
Allen sedeva e lo guardava con un’espressione che non gli aveva visto addosso in tanto tempo. I suoi occhi erano pieni di determinazione.
Si schiarì la gola. «Grazie, Kanda.»
Le sue parole lo colsero di sorpresa e fu sicuro di avere indosso un’espressione idiota. Perché? Come…?
Com’era possibile che Allen riuscisse tanto facilmente ad esprimere ciò che gli passava per la testa, nonostante il demone che gli stava scombussolando il cervello? Era più di un anno che Allen lo aveva salvato, eppure non riusciva a dire quella semplice parola. Cazzo.
«Per cosa?»
Kanda indurì nuovamente l’espressione. Era sempre così facile, per lui, indossare una maschera di indifferenza, irritazione o rabbia. Teneva la gente alla larga. Eppure, di nuovo per la prima volta nella sua vita, non voleva allontanare certe persone; allo stesso tempo non riusciva ad impedirsi di vestire quella maledetta facciata.
«Per essere qui. Mi ero quasi arreso, ma…» Allen lasciò la frase in sospeso e sembrò quasi tornare ad essere il bambino che era stato quando si erano conosciuti.
«Dovresti dirlo a Johnny, questo.»
«L’ho fatto. Ma nemmeno tu sei obbligato a stare qui.»
Lui rimase in silenzio. Non riusciva a dire ciò che tanto disperatamente voleva.
Fissò intensamente Allen, ma il più giovane non cedette; sembrava determinato come era stato una volta, come quando si erano incontrati. Lo faceva sentire strano.
Un certo calore gli si diffuse nel petto; uno che vagamente ricordava di aver provato soltanto una volta in vita sua.
«So che rimanere bloccato qui con me non deve essere facile, per te. Per cui grazie per essere rimasto… il fatto che tu sia qui mi ha molto aiutato.»
Le parole di Allen riecheggiarono nella sua mente. Erano le stesse che lui stesso aveva pensato di dirgli così tante volte. Per qualche ragione, si sentì indifeso contro di esse; vulnerabile, persino. Quasi come se Allen gli avesse letto nel pensiero e avesse scelto quegli esatti termini per smuoverlo. Cosa che, effettivamente, avevano fatto.
Kanda si sentì come se qualcuno lo avesse colpito con forza ed il respiro gli si fosse mozzato nel petto. Strinse la mascella. Sperò che Allen non lo avesse notato, ma ne dubitava.
«Tch.» sputò, ma Allen aveva ancora un piccolo sorriso sul volto; era il primo che avesse genuinamente indossato in tanto tempo e, ancor più sorprendente, era diretto a lui. «Idiota.» disse ancora, per poi voltarsi sul divano e dargli le spalle.
Era facile spingerlo via e mai pronunciare ciò che intendeva dirgli. In quei momenti si odiava; odiava il non riuscire ad esprimere ciò che pensava. Chiuse gli occhi ed espirò profondamente.
Le parole di Allen gli vorticarono continuamente in testa e Kanda avvertì uno stupido sorriso allargarglisi sul viso.
Sono io quello che dovrebbe ringraziarti.

 


Note traduttore:
Buongiorno a tutti!
Ho finalmente ri-pubblicato il primo capitolo della storia su questo account e mi sono un po' messa il cuore in pace.
Avverto che non so quanto ci vorrà affiché, dopo il capitolo due, io riprenda a pubblicare i vari capitoli tradotti... Per ora sono in sessione d'esami, quindi non prometto nulla :/ Nei prossimi giorni vedrò comunque di correggere alcune cose nella traduzione che mi fanno un po' storcere il naso (più che altro perché differiscono un poco dall'opera originale).
Fatemi pure sapere cosa pensate della storia o se ci sono alcune parti tradotte che non vi convincono :)
Faccio presente che asterilotos al momento ha pubblicato sette capitoli e non so bene quando usciranno gli altri, per qui una volta raggiunto quel punto della storia l'attesa non dipenderà più da me.
Grazie per aver letto fin qui e alla prossima,
Maiko.
   
 
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