Crossover
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Autore: evil 65    07/01/2018    28 recensioni
Il Multiverso, così come lo conosciamo… non esiste più. In seguito ad un fenomeno distruttivo noto come Lo Scisma, un uomo misterioso che si fa chiamare il Maestro è riuscito creare una realtà completamente separata dalle altre, dov’è adorato come un dio onnipotente.
Apparentemente inarrestabile, il Maestro comanda col pugno di ferro questa nuova terra, chiamata "Battleground", nella quale vivono numerosi personaggi provenienti dai vari universi, tutti immemori delle loro vite precedenti.
Ogni storia ha il suo principio. E questa è la loro epopea...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Anime/Manga, Film, Fumetti, Telefilm, Videogiochi
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Scusate il ritardo, ci sono state alcuni complicazioni. Buona lettura!
Alcuni avvertimenti:
- Nel testo saranno presenti dei testi musicali, messi tra parentesi.
- Uno dei personaggi presenti nel capitolo ha uno strano modo di parlare. Non allarmatevi, parla così anche nella sua opera originale. 


 
Capitolo 2 - È sempre la stessa musica
 

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Universo di Battleground
 

Alcuni anni dopo lo Scisma
 
Terra – Centro Imperiale

 
Kyoto era una delle città più importanti e famose del Giappone, forse la più storica, considerato il numero di reliquie e templi che possedeva.
Era una metropoli piena di vita. Grattacieli, negozi, persone… tutto questo nel cuore del centro urbano. All'esterno, nella periferia, vi erano i tranquilli quartieri abitati dalle famiglie più umili, riservati ai popolani che volevano allontanarsi dal caos cittadino.
Una città pacifica, si potrebbe dire, l'ideale utopistico di vita famigliare. Questo, tuttavia, era ciò che poteva pensare solo una persona che aveva mirato Kyoto solo attraverso un’immagine o una cartolina, senza però considerare che vi erano anche dei quartieri "malfamati", abitati da persone molto poco raccomandabili o anche da persone che, a conti fatti, possedevano solo un magro reddito annuale.
Era proprio in uno di questi quartieri che risiedeva, in un piccolo appartamento, un ragazzo alquanto singolare.
L’adolescente in questione se ne stava acquattato nel garage del complesso residenziale, impugnando degli attrezzi da meccanico tenuti nella loro apposita cassetta di ferro rossa, mentre era intento a riparare una chopper Harley Davidson Dyna del 2014 di colore nero, decorata con disegni di fiamme sopra il telaio del serbatoio di benzina.
I capelli, bianchi come la neve, erano un poco macchiati a causa dell'olio, e gli occhi rossi come il sangue fissavano il motore con precisione quasi chirurgica, mentre le mani coperte da un paio di guanti in pelle a mezze dita stringevano una chiave inglese.
Si asciugò la fronte e si alzò dallo sgabello su cui stava seduto, mentre la forte musica dello stereo risuonava nella stanza.

https://www.youtube.com/watch?v=mIjZE4kcg_Q&feature=youtu.be

Posò il cassetto degli attrezzi su uno scaffale e guardò la sua figura nell’unico specchio presente nella stanza. Era un giovane alto, magro e di sedici anni, vestito con una canottiera nera, dei jeans strappati e degli anfibi neri. Ogni volta che si guardava allo specchio non poteva fare a meno di notare come la sua figura così magra non risaltasse a pieno nei vestiti, benchè, a conti fatti,  non gli fosse mai importato molto del suo aspetto.
<< Accelerator? >>
La voce di una donna si fece largo attraverso la musica.
 Accelerator, perché questo era il nome del ragazzo, riuscì a sentirla e decise di risponderle.
<< Sono in garage, Yoshikawa! Che vuoi? >>
<< Oh per l'amor cielo, non dirmi che stai passando ancora la mattinata davanti a quella ferraglia... >>
La nuova arrivata aprì la porta, mostrandosi sotto forma di una giovane donna di trentacinque anni dai corti capelli neri, fisico snello e vestita con una uniforme da cameriera coperta da un impermeabile beige.

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<<  Accelerator, dobbiamo farci una piccola chiacchierata io e te, >>
<<  Tch... che cazzo c'è ancora, eh? >>
<< Oggi, al lavoro, ho sentito che un gruppo di ragazzi è stato trovato malconcio e derubato nei pressi delle Narrows. Mi chiedo proprio chi sia stato... >>
Lo fissò con uno sguardo accusatore, facendo roteare gli occhi del ragazzo.
<< E come fai a sapere con certezza che sono stato io? Non sono di certo l'unico a menare le mani ,in questo schifo di quartiere, o sbaglio? >>
<< Be', sai... quando prendo le ordinazioni, sento la gente discutere… e uno di loro ha detto: "Hai sentito che quel bastardo dai capelli bianchi ha malmenato un'altra banda?" Non ci sono altri ragazzi dai capelli bianchi in città, o sbaglio? È così che vuoi condurre la tua vita? Con risse di strada? >>
L’albino, per tutta risposta, si limitò a sbuffare e a riprendere col suo lavoro di riparazione.
Odiava quando Yoshikawa aveva ragione, ma lui non aveva intenzione di dare troppo peso alle sue parole; quella banda di teppisti se l'era cercata, lo avevano provocato e attaccato col preciso intento di fargli del male, e lui si era difeso. Era forse sbagliato questo? Ma per Yoshikawa, la violenza, anche se in questo caso giustificata, era comunque un male.
Anche se le sue risse avevano sempre e comunque un secondo fine, sia chiaro. Infatti, soleva girare con la sua moto e guadagnare dei soldi con le lotte di quartiere. Era l'unica cosa che lo facesse stare in pace con se stesso, che lo faceva stare bene... quel suo perverso e distorto metodo di ricerca della pace ottenuto con la violenza. Non era mai stato un giovane "sano di mente". Almeno, lui non si era mai reputato così.
Una volta, dopo aver pestato a sangue un delinquente, questi lo aveva definito un pazzo, per poi chiedergli se fosse normale. Per tutta risposta, Accelerator gli aveva risposto, accentuando il tutto con una piccola risata psicopatica: << Sanità mentale? Non credo di aver mai sofferto di un simile fastidio >>.
Tuttavia, vi era un secondo, ma non meno importante, motivo che lo spingeva a fare tutto questo; e il motivo era la donna con cui viveva: Kikyō Yoshikawa. 
 Lei lavorava come cameriera in un fast food e guadagnava un magro stipendio che le consentiva di vivere in uno squallido appartamento. Per questa ragione voleva aiutarla, voleva guadagnare dei soldi per poterla assistere con l'affitto e contribuire a incrementare i risparmi per trasferirsi.
Lei era l'unica persona in tutto il globo che lo avesse trattato con rispetto, l'unica che si fosse presa cura di lui, l'unica che gli avesse dato una casa, l'unica... ad averlo amato come se fosse suo figlio.
Sì, lui le voleva bene, e anche tanto… ma questo non lo avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura. Era fatto così, aveva la scorza dura e odiava esternare i suoi sentimenti, ritenendoli dei segni di debolezza. Non si poteva non compatirlo, in fondo.
Orfano di entrambi i genitori, da sempre temuto per il suo potere e per questo denigrato da tutti, centinaia avevano attentato alla sua vita. Non ricordava il volto di sua madre e suo padre, e non riusciva nemmeno a rimembrare come si chiamava. Accelerator era solo un soprannome, il suo nome non lo ricordava più. L'unica cosa che sapeva era che il suo nome era composto da due caratteri di kanji, mentre il cognome da tre.
<< Dovresti andare >> le disse, spegnendo lo stereo << farai tardi al lavoro. >>
La donna sbuffò, si limitò solo a salutarlo con un bacio sulla guancia e a raccomandargli di stare attento.
L’adolescente uscì dalla porta del garage e diede l'ultima pulita al serbatoio della moto, facendolo brillare.
Quella era il suo gioiellino, la sua "baby", come la chiamava lui; anche se preferiva usare un altro epiteto per la sua vettura. Infatti, l'aveva battezzata con il nome di "Worst". Era un nome che si era inventato di sana pianta. Semplice, banale qualcuno potrebbe dire, ma a lui piaceva tanto; era un nome duro che era in linea col suo carattere.
La motocicletta l'aveva vinta qualche anno fa in un combattimento di strada, contro una banda di sei motociclisti; si era battuto contro di loro chiedendo che venissero messi in palio 6.700 yen a testa e la moto del loro capo in cambio di 40.000 yen e il suo appartamento.
Li aveva massacrati tutti. Uno ad uno erano finiti in ospedale con costole rotte e  mani fratturate, mentre il loro leader se l’era cavata con una mascella inclinata e un occhio nero. Così si era preso l'Harley che, all'epoca, era conciata piuttosto  male, testimonianza di quanto il padrone non avesse cura del suo veicolo.
Per tale motivo, l'aveva portata da una sua conoscenza, un certo Motoharu Tsuchimikado.  Un giovane, bene o male, della sua stessa età, che portava i capelli biondi sparati in aria come quelli di un punk, indossante perennemente una paio di occhiali da sole ed una camicetta hawaiana.
Lavorava come assistente di un meccanico e ci sapeva fare con i motori.  Era molto bravo, gli aveva rimesso in sesto la moto come appena uscita dalla fabbrica! Da allora, Accelerator si era innamorato di quel mezzo di trasporto, gli aveva dato un nome ed era diventato la sua mascotte personale per gli incontri clandestini.
Prima di partire, si premurò di indossare un cappello a visiera larga, degli occhiali da sole spessi e una felpa col cappuccio.
Salì in sella, tirò sù il cavalletto, accese il piccolo stereo incorporato nella vettura, mise in moto il veicolo e si diresse verso la città.

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Il vento tagliente di periferia gli sfiorava il volto, mentre la luce di un sole splendente illuminava la sua pallida figura, mettendo in risalto ancora di più il biancore della sua pelle, facendolo sembrare luminoso quasi quanto una segnaletica stradale.
L'odore dell'asfalto pungente pervase le sue narici. Quando era in sella alla sua vettura pensava solo a due cose: asfalto e guai. I guai erano il suo pane quotidiano, il suo divertimento, la sua fonte di sostentamento, lui era il migliore sulla strada e nessuno poteva batterlo.
Potente, invincibile, si sentiva un leone, e quando calcava la strada col possente ruggito del motore e lo sferragliare delle gomme della sua Worst si sentiva ancora più potente: era il suo cavallo di ferro.
La periferia di Kyoto era la sua savana, e lui il suo re; nessuno osava mettere in discussione la sua autorità, e chi ci provava non faceva mai una bella fine.
Durante la sua permanenza a Kyoto, si era guadagnato il soprannome di "Demone Bianco", in linea col suo carattere e il suo aspetto. Sì, era un vero leone, un leone in un mondo... che gli era sempre parso una gabbia.
Mentre viaggiava, vedeva i cartelloni pubblicitari con l'immagine del Maestro, il Dio venerato da tutti. Creatore di cielo e terra, dell'universo e di tutti gli esseri viventi; per tutti il Maestro era una guida, un'ispirazione, una figura da esaltare al canto della frase: "Ascolta il tuo Maestro". Lui aveva creato quella realtà utopistica in cui vivere, ma ad Accelerator non sembrava di vivere in un paradiso.
Gli pareva di vivere in un'illusione... come se le cose non fossero state sempre così... ma ogni volta scacciava via questi pensieri filosofici e si concentrava solo su se stesso.
Non gli importava nulla del Maestro. Finché lo avrebbero lasciato in pace, a lui sarebbe andato bene tutto.
Arrivò in città, e subito non poté fare a meno di notare un gruppo di stormtroopers che pattugliava le strade.
Non aveva mai sopportato quegli sbirri spaziali in armatura bianca. Erano sempre pronti a ficcare il naso ovunque, e molte volte aveva dovuto interrompere dei combattimenti a causa loro. Fortuna che era un tipo scaltro, ed era sempre riuscito a scappare da loro senza dare nell'occhio; non poteva permettersi di essere riconosciuto, era una questione di vita o di morte. Era ormai da parecchio tempo che si nascondeva dalle guardie imperiali, ed era sempre riuscito a farla franca.
Parcheggiò il veicolo, spense la musica e scese, recandosi nel suo mini-market preferito, dall’altro lato della carreggiata. Lì vendevano la sua marca di caffè in lattina prediletta: la Black. Caffè nero in lattina senza zucchero. Yoshikawa lo rimproverava sempre per questo, dicendogli che troppo caffè faceva male e che quella roba in lattina era una schifezza, ma lui se ne fregava: gli piaceva, lo teneva concentrato e sveglio.
Il caffè era diventato la sua droga. In certi casi, ribatteva sempre dicendo che quella "schifezza", come la chiamava la donna, era comunque più salutare della vera droga.
Pagò il conto e uscì dal locale con la borsetta degli acquisti e si rimise in sella. Stavolta era diretto ancora alla sua periferia, il suo regno, verso nuove risse.
Nel tragitto, in mezzo alla strada, notò una banda di motociclisti che aveva creato una barriera con le loro moto, quasi come se stessero aspettando il ragazzo.
L'albino scese dal mezzo e si pose dinnanzi a loro.
<< E voi chi cazzo sareste? >> domandò stizzito.
<< Abbiamo sentito parlare di te. Un figlio di puttana dai capelli bianchi e che guida una Harley rubata, e, a giudicare da quello che piloti, sembra proprio sia tu... di certo un topo di fogna come te non può permettersi un gioiellino simile. Siamo stati, come dire… attirati dalle voci che girano sul tuo conto e volevamo conoscerti di persona. Comprendi? >> disse quello che, a conti fatti, doveva essere il capo dei motociclisti.
Con uno schiocco di dita, l’energumeno ordinò ai suoi uomini di disporsi in cerchio intorno al sedicenne. E in tutto, quegli uomini dovevano essere almeno trenta.
<< Vediamo come te la cavi circondato dal "comitato di benvenuto", stronzetto. >>
In tutta risposta, Accelerator si esibì in un risolino e li guardò con un sorriso sadico stampato sul volto.
 << L'unica cosa da cui sono circondato è paura... e uomini morti! >>
Ed ecco che si lanciò subito all'attacco, menando un pugno ben assestato contro il capo del gruppo. Con grande sorpresa degli scagnozzi, il colpo lo spedì con forza contro il muro di moto.
Per un attimo non accadde nulla. Poi… il resto della banda lo attaccò in massa.
Uno di loro lo colpì con una mazza da baseball che, prima di impattare contro il ragazzo, si ruppe in mille pezzi. Un altro menò un pugno, ma le sue dita vennero rotte da una forza invisibile che lo colpì ancora prima che potesse intercettare l’avversario.
L'albino, illeso da tutti gli attacchi, picchiò la punta del piede contro l'asfalto, generando una potente onda d'urto che fece tremare la terra. L’impatto sobbalzò i presenti, spedendoli al suolo, e distrusse il muro di motociclette.
Il giovane non perse tempo, afferrò la faccia di uno dei teppisti e lo scagliò con tutta forza contro gli altri. I seguenti attacchi furono scanditi da rumori di pugni e dall'incontenibile e folle risata di Accelerator, mentre spezzava ossa e articolazioni con la stessa facilità con cui si rompevano dei grissini.
Una volta finita la sua opera, uno dei motociclisti stesi a terra e con il braccio completamente distrutto, si rivolse al ragazzo con fare sprezzante.
 << Tu... tu sei un mostro... non sei normale... io conosco quelli come te, mostro! Sei uno di loro, non è vero? Sei uno di quei bastardi che sono stati cacciati dal Maestro! Sei un esper! Figlio di puttana, dovresti stare dentro una cella a marcire mentre ti aprono in due come uno di quei ratti da laboratorio. Mi hai capito, figlio di puttana? Io ti faccio sbattere dentro! Dentro! Vaffanculo! >> esclamò con tono isterico.
Per tutta risposta, il rinominato esper camminò verso di lui e gli schiacciò il ginocchio fratturato, facendolo gridare dal dolore.
<< Oh, ma so bene che riferirai tutto!>> ribatté l’albino, mentre rideva sotto i baffi come un folle << Il Maestro ha detto di aver raccolto tutti gli Esper  presenti sulla Terra, eppure io sono ancora qua... non ti chiedi il perché, bastardo? Forse perché nessuno è mai riuscito a catturarmi e chi ci ha provato... >> gli afferrò le guance, stritolandogli piano piano le ossa della macella << non è tornato alla base vivo per riferire che l'esper più forte di tutti è stato preso. Quindi tu non pensi che, se spifferi tutto agli sbirri... >> con la mano libera estrasse dalla tasca della sua vittima un coltello a serramanico << io possa scappare, darti la caccia, e aprirti come un maiale? EH?! >>
Agitò l'arma sotto il suo naso, facendolo impallidire.
<< Perciò... cosa dovrei fare io con te? Hai capito tutto, per cui dovrei ucciderti! Dovrei estrarre le tue viscere e dare la carne in pasto ai cani randagi! Che ne dici? Ti piace come idea? >>
Per tutta risposta, l'uomo si dimenò e scosse la testa a ripetizione, impossibilitato a urlare a causa della morsa d'acciaio che l'esper esercitava su di lui.
<< Dunque... terrai la bocca chiusa? Facciamo un patto, pezzo di merda: tu non dirai neanche. Una. Singola. Parola. O io... ti scateno addosso un inferno che neanche ti immagini. Sai cosa ho scoperto di poter fare da poco? Se metto un dito dentro una ferita... >> gli appoggiò il dito sul braccio dove vi era un taglio ancora sanguinante << ...posso invertire il flusso sanguigno di uomo... >>
La vittima sentì il sangue cambiare circolazione lentamente e provò molto dolore.
<< Che ne dici? La teniamo sigillata quesra lingua di merda? >>
Il povero motociclista annuì disperato.
<< Allora abbiamo un accordo! >> esclamò Accelerator, liberandolo e ficcandogli con forza il coltello a serramanico sul palmo della mano, facendolo urlare con tutto il fiato in corpo.

 

Il ragazzo ritornò sui propri passi. Rialzò la sua moto, che era caduta a causa dell'oda d'urto che aveva generato poco fa.
Pensò tra sé e sé che forse era il caso di andarci più leggero quando si scatenava, altrimenti avrebbe dovuto sborsare un bel po' di soldi per far riparare la sua Worst a quella mezza-caccola di Tsuchimikado.
Si diresse verso casa e parcheggiò nel garage. Ora avrebbe fatto una passeggiata nel quartiere per sgranchirsi le gambe.
Si assicurò che i suoi occhiali e il cappello fossero sistemati a dovere e si incamminò per le strade, osservando ciò che lo circondava: povertà, criminalità, prostituzione... in quello che era definito da tutti come "l'antro oscuro di Kyoto" vi era la feccia della città.
Mentre camminava, ecco che la figura di quella che pareva essere una bambina gli piombò addosso come un razzo, urtandolo, per poi riprendere sulla sua strada.
Accelerator, che di certo non era uno sprovveduto, aveva già capito a cosa puntava quella bambina; si toccò le tasche e sentì che il portafoglio era sparito.
La chiamò con un sonoro: << HEY! >> e la rincorse.
La bambina scappò e si mimetizzò in un gruppo di persone che passavano da quelle parti; il ragazzo però non se la sarebbe certo lasciata sfuggire e riuscì a seguirla fino a un vicolo tetro.
 
La bimba percorse tutto il vicolo e, alla fine, si incontrò con una ragazza dai capelli rossi raccolti in due code. Aveva una piccola giacchetta tenuta sulle spalle, un corpetto bianco che copriva il petto ma lasciava scoperto l'addome, una mini gonna e delle scarpe basse.
<< Allora, Last? Che mi hai portato oggi? >> domandò lei, con tono apparentemente gentile.
<< Ho preso il portafoglio a un ragazzo, dice Misaka come Misaka, mentre consegna il portafoglio alla sua padrona. >>
<< Vediamo un po' >> disse l’altra, esaminando il bottino << Quattromila yen...>> sbuffò insoddisfatta << Quattromila, pidocchiosi, yen... stupida mocciosa! >> soffiò, acida << Ti avevo detto di portare a casa un bottino succoso e tu vai a derubare un poveraccio che se ne va in giro con soli quattromila yen! >>
<< Mi dispiace, Awaki! Dice Misaka come Misaka, chiedendo scusa >> balbettò terrorizzata la piccola.
<< Adesso sai cosa dovrò farti, vero Last? >>
<< Ohi ohi ...>>
Accelerator raggiunse le due, interrompendo lo scenario.
<< Mandare una bambina a derubare le persone? Sei veramente una stronza, sai? Tch... ma dopotutto non sono cazzi miei. Ridammi il portafoglio e poi ti lascio fare quello che devi. >>
<< Tu... ma chiudi quella bocca. Chi ti credi di essere, eh? >> sibilò Awaki.
<< Chi mi credo di essere, eh? Vuoi veramente sapere chi mi credo di essere, vecchia baldracca? >> chiese lui con fare provocatorio, levandosi il cappuccio, gli occhiali e il cappello, lasciando così scoperta tutta la sua figura.
La ragazza lo vide, e non poté fare a meno di tremare. Nella testa non poteva fare altro che ripetersi come quella mocciosa avesse potuto derubare proprio lui.
<< I-il Demone Bianco di Kyoto... Accelerator? >>
<< Ooooh, a quanto pare sono parecchio conosciuto anche dalla popolazione femminile >> disse con una risatina << Ora gradirei molto che tu mi ridia il mio denaro... o devo farti urlare come una scrofa? >>
La ragazza prese a ridere di gusto, poi afferrò la bambina facendosi scudo con lei e puntandole un coltello alla gola.
<< Pensi di essere tanto forte, vero? Pensi di avermi in pugno? Prova solo a muoverti ed io le taglio la gola. Non scherzo, mi hai capito bene? Adesso... adesso io cammino lentamente verso di te, e mi lasci passare. Sono stata chiara? >>
Lui la fissò con sguardo annoiato, come se le minacce gli fossero entrate da un orecchio e uscite dall'altro. << Ohi, mocciosa... reggiti a quella stronza...>> disse, rivolgendosi alla bambina.
La piccola non capì cosa intendesse dire con quella frase, ma decise di dargli ascolto, aggrappandosi al braccio della ragazza. Subito, Accelerator, picchiò la punta del piede sul terreno, generando una folata di vento che fece sbalzare le due, liberando così la bambina dalla presa di Awaki.
Il ragazzo non perse tempo e si gettò contro la rossa, visibilmente spaventata.
<< Troppo tardi, hai avuto la tua occasione di uscirne illesa. La strada è a senso unico, torna a giocare con le bambole, stupida troia!>>
Le colpì il setto nasale con un pugno così forte che la fece schiantare contro un muro a diversi metri di distanza. La rossa aveva tutto il naso rotto, grondante di sangue e un incisivo le era saltato dalla bocca.  Svenne per il colpo subito.
Accelerator si soffiò sul pugno, prese il suo portafoglio dal corpo della ragazza e cominciò a incamminarsi verso casa.
<< Sei stato fantastico, dice Misaka come Misaka stupefatta! >> 
La bambina gli corse incontro, mettendosi al suo fianco.
  << Hai steso la rossa cattiva e mi hai salvata come un vero supereroe, dice Misaka come Misaka, facendo i complimenti al suo salvatore! >>
Si mise di fronte a lui, sfoderando un sorriso con le labbra arricciate.
L'esper, in quel momento, poté scrutarla con più attenzione. Era una bimba di all'incirca nove anni, dagli scompigliati capelli castani che le arrivavano all'altezza delle spalle, gli occhi castani e le guance rosse come due ciliegie, vestita con un semplice vestitino azzurro coperto da un camice bianco e dei sandali.

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Accelerator, al sentire quella dichiarazione, sbuffò.
<< Tch... senti un po' marmocchia, io non sono l'eroe di nessuno. E ora levati dalle palle>> sibilò, riprendendo la camminata.
Ma ecco che la bambina si mise ancora di fianco a lui. << Perché dici così? Dice Misaka come Misaka, interrogandosi. >>
L'albino non la degnò di una risposta, e così lei per ripicca mise il broncio e decise di seguirlo standosene in silenzio. Lo seguì per le strade, camminando fianco a fianco a quello che ormai aveva designato come il suo supereroe.
Arrivarono, infine, davanti al cancello di un appartamento. Entrarono e fecero le scale.
<< Dov'è la casa del mio salvatore, chiede Misaka come Misaka? >>
<< Prima porta a destra>> rispose lui, facendola squittire di felicità.
La piccola aprì la porta dell'abitazione.  << Salve, casetta nuova, urla Misaka come Misaka! >>
<< Hey tu! Fuori da casa mia!>> ribatté il proprietario che abitava lì, facendo spaventare la bambina che ritornò al fianco di Accelerator, mentre questi continuava il suo percorso.
Il ragazzo le aveva giocato un brutto tiro.
<< Sei cattivo, borbotta Misaka come Misaka, gonfiando le guance. >>
L'esper non la degnò ancora di alcuna risposta e finalmente, al terzo piano dell'edificio, arrivarono al vero appartamento di Accelerator.
<< Benvenuti a casaaaaa, esclama Misaka come Misaka felice della sua nuova abitazione! >> squittì lei fiondandosi sul divano e stiracchiandosi.
 L'albino sbuffò, la afferrò per la collottola e la sollevò con una mano, portandola all'altezza del viso.
<< Ohi, marmocchia, questa non è casa tua. E poi neanche ti conosco! >>
<< Oh giusto! Io mi chiamo Last Order! Dice Misaka come Misaka, esibendosi in un bel sorriso. E tu sei Accelerator! Ho sentito parlare di te, ma com'è che ti chiami veramente, chiede Misaka come Misaka? >>
Accelerator decise di non rispondere a questa domanda e si limitò a chiedere: << Tu piuttosto, come ti chiami davvero? Last Order non mi sembra un nome adatto a una marmocchia. E soprattutto, smettila di parlare così. >>
<< Non mi ricordo come mi chiamo, nella mia memoria questo è sempre stato il mio nome. In che senso smetterla di parlare così, chiede Misaka come Misaka, dubbiosa? >>
<< Così! "Dice Misaka come Misaka". Perché lo fai? È fastidioso! >>
<< Mmmh, io non lo so, dice Misaka come Misaka, ragionando sulla tua domanda. Lo faccio fin da quando ero più piccola e se provo a parlare in modo diverso non ci riesco e mi blocco, dice Misaka come Misaka, spiegando la situazione. >>
Accelerator sbuffò, la rimise a terra e se ne andò in camera sua. Last Order, ovviamente, lo seguì e si sedette per terra, mentre il ragazzo si sdraiava sul letto.
La camera di Accelerator non era un granché, come tutto l'appartamento del resto, ed era adornata solo con l'indispensabile: un armadio con qualche vestito, una scrivania con qualche libro e quaderno e un letto con un comodo materasso. La stanza era stata decorata con qualche poster dei Ramones, dei Clash, dei Sex Pistols, The Who, AC DC, Led Zeppelin e dei Queen.
<< Sei proprio un appassionato di rock, commenta Misaka come Misaka, osservando la tua camera. >>
Tuttavia, l'esper non le rivolse la parola. La piccola sbuffò, si alzò e decise di fare un giro per la casa: visitò la cucina, il salotto e la stanza di Yoshikawa. Infine, uscì dalla porta, decisa a esplorare il giardino del condominio.
Accelerator la vide uscire dall’appartamento. Forse aveva finalmente deciso di lasciarlo in pace... ma qualcosa dentro di lui gli intimava di seguirla.
Infine, dopo un ringhio soffocato, uscì anche lui dalla porta e andò in giardino a cercarla. Entrò nel garage e notò con stupore che la bimba se ne stava seduta sulla sua moto, mentre si divertiva a imitare il suono della motocicletta.
Oh no, aveva toccato la sua Worst.
Quella piccola peste stava saltellando sulla sua Worst; nessuno poteva salire sulla sua moto, nemmeno Yoshikawa aveva questo privilegio!
Ma... qualcosa in lui lo fermò per qualche secondo, la stessa sensazione che aveva avuto prima.
Vedere quella peste giocare col suo veicolo lo... lo addolciva, gli piaceva... scosse la testa e cacciò fuori la lingua in segno di disgusto. Lui che provava simili emozioni? Stronzate! Si ripeteva nella testa. Sono tutte stronzate. Lui non era dolce e lei era tutto fuorché adorabile!
<< BRUM BRUM! Dice Misaka come Misaka, fingendo di guidare. >>
<< Ohi mocciosa, scendi giù da Worst! >>
<< Eh? E chi è Worst? Chiede Misaka come Misaka, non capendo... >>
Accelerator si mise una mano in faccia, nel tentativo di sedare la sua rabbia. << La mia moto, stupida. >>
<< E perché hai chiamato una moto Worst? Dice Misaka come Misaka, sottolineando la stranezza della cosa. >>
<< Cazzi miei! Adesso scendi! >> ordinò.
 La bambina obbedì e scese, mantenendo lo sguardo a terra e gli occhioni lucidi da cerbiatto.
 Il labbro di Accelerator si increspò in una smorfia contrariata. Cosa stava succedendo dentro di lui?  Si sentiva... male... e quella sensazione la odiava, la odiava davvero. E perché la provava? Forse perché aveva offeso una povera bambina che stava solo giocando? 
Anche qui si disse nella testa che erano "stronzate, tutte stronzate, solo stronzate... oh vaffanculo!".
Mise un casco, anche se un po' grande, sulla  testa dell’infante e le disse: << Se vuoi guidare Worst, almeno fallo come si deve. >>
Salì in sella al veicolo e le fece cenno di sedersi dietro di lui. << Reggiti forte>> ordinò.
Partì, ma decise di non accelerare troppo, non voleva che la piccola cadesse e si facesse male. La portò a fare un giro per il quartiere.
La piccola squittiva di felicità, alzando un braccio e tenendo l'altro intorno alla vita del ragazzo.
<< UUUUUUIIIII! URLA MISAKA COME MISAKA, DIVERTENDOSI UN MONDO! >>
 
Decise di guidare fino al tempio dedicato al Maestro presente nella zona, giusto per farle vedere di più il posto, anche se non guidò fino a dentro la città; infine, decise di ritornare a casa.
Nel tragitto poté sentire le braccia della piccola stringersi ancora di più alla sua vita, ma non era per paura di cadere...  era come un abbraccio. Lo stava ringraziando e questo... lo metteva a suo agio.
Sentì come se il cuore e il suo corpo fossero leggeri come una piuma, come se quella creaturina riuscisse a mettergli l'anima in pace.
Che strano, pensò. L'aveva conosciuta da solo  poche ore e già si sentiva legato a lei, in qualche modo.
Entrarono in casa. Ormai il sole stava già tramontando, e nel piccolo salotto di casa vi era Yoshikawa, che stava preparando la cena.
Non appena notò l’arrivo del ragazzo, arricciò ambe le labbra in un leggero cipiglio.
<< Ancora a casa tardi? Quante volte te lo devo dire di telefonare quando fai… >>
<< Ciaaaaao! Dice Misaka come Misaka, salutando la signora. Io sono Last Order, e lei è forse la mamma di Accelerator? Dice Misaka come Misaka, presentandosi. >>
La donna rimase sbalordita nel vedere quella bambina ridere e saltellare. Lanciò uno sguardo interrogatorio all'albino. << Accelerator, ma che diavolo... >>
<< Ohi, ohi, io non c'entro niente! È stata questa marmocchia a seguirmi fino a casa e a fare i suoi comodi! >>
<< Accelerator mi ha salvata! Una brutta ragazza cattiva voleva farmi del male, ma poi è spuntato lui, ha sconfitto la cattiva e mi ha salvata come un supereroe! Dice Misaka come Misaka, spiegando la situazione. >>
<< Supereroe, eh?>> fece la donna, con un'espressione divertita. 
<< Ohi! Che cazzo è quel sorriso! Non è come pensi! >> sbottò lui.
<< Vaaaaaa bene... allora, a questo punto, mi tocca preparare per tre e poi prendere un terzo letto. Ti sistemerò nella camera di Accelerator. >>
Yoshikawa aveva subito accettato Last Order come membro aggiuntivo della famiglia. 
Il perché l'avesse accettata così, di punto in bianco, era un mistero. Forse perché quella bimba sola al mondo le aveva fatto tenerezza? Forse perché sperava che la sua presenza potesse riscaldare il freddo cuore dell'esper? O semplicemente voleva fargli un dispetto? Nessuno poteva saperlo, ma stava di fatto che ormai era deciso.
Accelerator, d’altra parte…
<< Mi prendi per il culo, vero?>>
<< Accelerator! Non vorrai mica cacciare questa povera bambina! Ho deciso che resterà con noi, ti farà bene la sua compagnia. E poi... che supereroe saresti se non ti prendessi cura di lei? >>
<< Yoshikawa... >> sibilò l'esper, per poi rilasciare un sospiro rassegnato << Tch... fanculo. Forza, mangiamo e chi se ne frega. >>
<< Yay! >> squittì Last Order<< Buon appetito! Augura Misaka come Misaka, mentre si prepara a mangiare. >>
 
Le ore passarono, e fu il momento per tutti loro di andare a letto. L'esper dormiva girato verso la finestra, dando le spalle alla piccola. Quest’ultima si mise sul suo letto e lo abbracciò con forza, accucciandosi alla sua schiena.
"Ma che diavolo" pensò l’albino, percependo la presa inaspettata.
<< Ho avuto un brutto incubo. Mi ha fatto tanta paura, dice Misaka come Misaka, molto spaventata >> sussurrò, stringendosi di più alla schiena del giovane.
Lui sbuffò, e la lasciò lì dov'era, scegliendo di non cacciarla. Stettero così per almeno un paio di orette e, dopo aver verificato che Last Order si fosse completamente addormenta, si girò verso di lei e le tirò su la coperta, circondandola con un braccio.
Che cosa diavolo gli stava succedendo? Non riusciva davvero a spiegarselo. L'unica cosa che sapeva con certezza era che quella notte riuscì a dormire come mai prima d'ora.
 
 Il Giorno dopo
 

Il mattino seguente Yoshikawa andò al lavoro, facendo rimanere in casa solo loro due.
Come accaduto il giorno prima, la mocciosa lo face penare, dato che non stava mai ferma un secondo. Ormai si sentiva come una specie di baby sitter... e magari... come un papà... oh, ma che diavolo andava a pensare! Lui? Padre? Pff, per favore! Va bene aver accettato la marmocchia come parte della famiglia, ma considerarla addirittura una figlia era il colmo! Anche se, in cuor suo… non gli dispiaceva l’idea di poter essere un genitore.
<< Io devo andare un attimo in città, tu resta qui >> ordinò l'albino.
<< Ma voglio venire anche io con te! Dice Misaka come Misaka… >>
<< No, è meglio che tu stia qui. E poi ci metterò solamente pochi minuti. Vedi di non uscire di casa >> continuò, nel tentativo di farsi ubbidire.
Prese la Worst e si diresse verso la città.

 
Alcuni minuti dopo
 

Nuvole rosa sfilavano lungo l’orizzonte e il cielo cominciava lentamente a schiarirsi. Nell’acqua della baia di Kyoto, liscia come uno specchio, si riflettevano le montagne vicine con tonalità scure, le case, le barche. Di lì a poche ore sarebbero apparsi i primi turisti.
Accelerator proseguì per almeno due chilometri ma ecco che, proprio sulla strada principale per arrivare nel cuore della metropoli, un furgoncino nero si diresse a tutta velocità contro di lui.
Tuttavia, il mezzo di trasporto non lo investì. Al contrario!
Il furgone si era schiantato contro qualcosa di invisibile pochi secondi prima di poterlo anche solo toccare. Era lo stesso potere che aveva usato contro i motociclisti e Awaki.
Ma che cos'era quella forza misteriosa? Di cosa era dotato questo esper?
La risposta era più semplice di quanto qualcuno avrebbe potuto inizialmente pensare: poteva controllare i vettori. Ogni singolo tipo di vettore  presente sul pianeta. Direzione, movimento, quantità di moto, elettricità, calore….
Era una persona "intoccabile".  Niente poteva scalfirlo, tanto che alcuni avevano addirittura cominciato a definirlo come "il bastardo che può sopravvivere anche a un'esplosione nucleare".
L'albino tirò il cavalletto e scese dalla moto, diretto verso il furgone: al suo interno vi erano dei delinquenti e avevano l'aria di essere proprio gli stessi che aveva malmenato appena qualche settimane fa.
Non era la prima volta che qualcuno aveva tentato di ucciderlo, ma questi se l'erano andata a cercare.
Strappò la portiera del veicolo come se fosse carta pesta e osservò attentamente la coppia di uomini spaventati.
<< E così, a voi bastardi non è bastata la lezione dell’ultima volta, eh? E ora provate addirittura a farmi fuori... tch... e io che pensavo di starmene tranquillo, oggi... vi ammazzo>> sussurrò, afferrando il conducente per la mascella e tirandolo fuori a forza.
Si esibì in una piccola risata e rivolse le sue attenzioni nei confronti dell'altro: i suo viso fu incorniciato da un sadico sorriso e iniziò a ridere in maniera quasi psicotica.
<< Oh, com'è divertente! >> esclamò, afferrandolo per il collo  << Chi è che volevate investire come un cane, eh, stronzo?!>>
Lo gettò via, lanciandolo contro l'asfalto con una forza tale da spappolargli la faccia.
In quel momento sbucarono fuori altri attentatori, armati tutti di pistole: si erano nascosti per preparare l'imboscata.
Accelerator salì in cima al furgone e sbuffò, poi con un urlo colpì il veicolo generando una forte esplosione controllata tramite il suo potere vettoriale.
Una vampata di fuoco e fiamme investì tutti i presenti. I suoi attentatori urlarono e si contorcerono a causa dell’improvvisa ondata di calore. Alcuni di loro persero gambe e braccia, e urlarono ancora più forte ,mentre il fuoco li consumava lentamente e dolorosamente.
Il tutto mentre l'esper troneggiava in mezzo a loro, circondato anche lui dalle fiamme, completamente illeso, mentre rideva di gusto. Una risata perversa e malata, che parvea uscita direttamente dagli anfratti dell’inferno. Godeva dello spettacolo che aveva davanti. Tutto quel dolore gli forniva una gioia immensa!
<< GRANDIOSI FUOCHI D'ARTIFICIO! Vi ringrazio per questo spettacolo di capodanno! >> esclamò con tono euforico.
L'incidente, che era stato causato non molto lontano dal cuore di Kyoto, venne avvistato da molti. Accelerator poteva già udire i suoni emessi dai veicoli degli stormtroopers avvicinarsi alla sua posizione.
Non perse tempo, ritornò in sella alla moto e viaggiò più veloce che poté fino a casa, parcheggiò il veicolo e rientrò velocemente nell'abitazione. Chiuse la porta a chiave, assicurandosi di averla sigillata a dovere.
<< Che stai facendo, chiede Misaka come Misaka curiosa? >>
Lui non le rispose, prese il telefono e avvisò Yoshikawa di tornare velocemente a casa. La donna ritornò all'abitazione e si precipitò velocemente dai due ragazzi chiedendo loro se stessero bene.
<< Sì, stiamo bene ma è successo un macello. Dei bastardi hanno cercato di uccidermi ed è scoppiato un trambusto di proporzioni enormi. Gli stormtroopers stanno indagando, potrebbero trovarci. >>
<< Oh, no, è terribile! Diamine, stava procedendo tutto bene... >>
La donna si portò le dita al mento per riflettere e poi ebbe l'idea.
<< Aiho Yomikawa! Una mia amica di lunga data, lei magari potrà aiutarci. Vive in campagna, lontano da tutti. È il luogo perfetto per nascondersi, mentre le acque si calmeranno. Accelerator, presto, prendi Last Order e fate i bagagli. >>
Il ragazzo obbedì, e portò con sé la bambina per farsi aiutare a fare le valige. Ovviamente Last Order continuava a chiedere spiegazioni, ma il ragazzo la rassicurò, dicendole che le avrebbe spiegato tutto più tardi.
Sistemarono tutto e ricevettero dalla donna la lieta notizia che la sua amica li avrebbe ospitati per un po'. Misero tutto il necessario sull'automobile di Yoshikawa e partirono; tuttavia, il ragazzo decise di seguire le due a bordo della sua moto. Figuriamoci se avrebbe lasciato la sua baby tutta da sola! Quella moto se la sarebbe portata con sé anche all'inferno. 
 
Alcune ore più tardi…
 
Il viaggio in auto, per Last Order, fu piuttosto gradevole, accompagnato dalla musica della radio di Yoshikawa.

https://youtu.be/ye5BuYf8q4o

<< Yoshikawa, ancora non mi avete spiegato perché stiamo partendo, dice Misaka come Misaka, chiedendo spiegazioni. >>
La donna sembrò esitare. << Be'... vedi... Accelerator è una persona molto speciale, e ci sono persone che non tollerano questa sua specialità... per farla breve, stiamo scappando da loro. >>
<< Ma lui è molto forte, è un supereroe, e i supereroi non perdono mai! Dice Misaka come Misaka, convinta della sua affermazione. >>
<< Hai tanta ammirazione per lui, vero? >> domandò lei, guardandola con un’espressione addolcita << Non metto in dubbio che lui sia molto forte, e per certi versi... è anche il mio di eroe... ma è appunto per questo che non voglio che affronti quelle persone, sono pericolose, spietate, e se gli succedesse qualcosa... >>
Vedendo le lacrime che cominciarono a formarsi negli occhi della donna, Last Order si affrettò a metterle una mano attorno a quella che stringeva le marce.
<< Visto che è il nostro eroe, non dobbiamo essere tristi per lui. Anche noi possiamo essere eroine a nostra volta, e lo proteggeremo insieme. Io ti aiuterò, esclama Misaka come Misaka, cercando di consolarti! >>
<< G-grazie, piccola...>> singhiozzò l’altra. Ma stavolta, a fuoriuscire furono lacrime di felicità.
La bambina sorrise soddisfatta, per poi arricciare il volto in uno sguardo visibilmente confuso.
<< Yoshikawa, chi sono questi signori che cantano da questo coso? Chiede Misaka come Misaka, indicando la fonte della musica. >>
<< Questa è una radio >> spiegò l’altra << Serve per ascoltare le notizie o anche la musica. I signorotti qui sono i Lynyrd Skynyrd, un gruppo rock americano del '64. Quando ero più giovane adoravo questo testo, si chiama Sweet Home Alabama. >> 
Detto ciò, iniziò a cantare a ritm : << Sweet Home Alabama, where the skies are so blue... >>
<<
Sweet Home Alabama... Lord, I'm coming home to you... dice Misaka come Misaka, cantando insieme a te. >>
<< Però, sei brava! >>


Accelerator, che viaggiava con la moto affianco alla loro auto, non poté fare a meno di osservare le due che ridevano per motivi che solo loro potevano comprendere.
Incurvò le labbra in un piccolo sorriso compiaciuto, ma si assicurò che nessuna delle due se ne accorgesse. Non voleva certo che Yoshikawa lo sfottesse a vita!
Arrivarono infine a destinazione, una piccola ma accogliente casa di campagna in mezzo a una coltura di mais. Affianco alla coltura vi erano decine di piccole fattorie.
Ad accoglierli fu una donna alta e dal fisico formoso, probabilmente della stessa età di Yoshikawa. Aveva lunghi capelli scuri tenuti in una coda di cavallo, e indossava una tuta da ginnastica verde.


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<< Kikyō! >>  salutò la donna, correndo verso il gruppo.
<< Aiho! >> ricambiò l’altra << Ragazzi, questa è Aiho Yomikawa, una mia carissima amica. Salutate! >>
<< Ciao signorina, dice Misaka come Misaka, in modo cordiale! >>
 << Tch... ohi, non trattarmi come un lattante, so come comportarmi con le persone! Io sono Accelerator comunque, piacere. >>
<< Deliziosi, soprattutto questa tenera frugoletta >> commentò Yomikawa, sprimacciando la guancia di Last Order e facendola ridere. << Forza, entriamo, avete molte cose da spiegarmi. Soprattutto tu, amica mia! Quando pensavi di dirmi che avevi due figli? >> domandò ironica.
<< Scema, non sono i miei figli! >> rispose l’altra, restando al gioco.
Prima di incamminarsi ed entrare nella casa, Last Order fermò l’albino con uno strattone.
<< Accelerator... volevo... volevo solo ringraziarti ancora, per tutto quello che hai fatto per me. Dice Misaka come Misaka, sinceramente grata. >>
<< ... Mmmh... non dirlo neanche per scherzo, marmocchia>> rispose l’adolescente, accarezzandole la testolina e riempendo il cuore della bambina di pura felicità.
<< Quindi... d'ora in poi... sarai il mio papà, dice Misaka come Misaka, piena di speranza? >>
Accelerator si trovò spiazzato da quella richiesta, ma... ma non riuscì a fare nulla.
Prese un bel respiro e rispose: << Sì... suppongo di sì. Tch... fanculo. >>



Personaggi 


Accelerator
Opera: To Aru Kagaku No Railgun S / To Aru Majutsu No Index / To Aru Kagaku No Accelerator
Razza: Esper
Video tribute: https://www.youtube.com/watch?v=_u235ztS960&feature=youtu.be
Soundtrack: https://youtu.be/xJYTQVKmDLc
Autore: Alucard97


Tutti i personaggi presenti nel capitolo appartengono alla stessa opera. 
  
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