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Autore: aleerika    07/01/2018    1 recensioni
«Nonostante ami le parole, Max, e tu lo sai, certe volte preferisco loro il silenzio. Possono portare a giustificazioni di circostanza o, peggio, a bugie volontarie.»
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Chloe Price, Max Caulfield, Un po' tutti, Warren Graham
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La giornata di lavoro assieme a Warren fu davvero stancante.
Aiutare signore in pericolo e tracciare nuove piste in un caso nemmeno aperto prosciuga l’intera giornata a disposizione.
Ma riuscii a trovare, nel tardo pomeriggio, un momento da dedicare a me stessa.
Sembrerà strano ma fare la spesa mi rilassava particolarmente.
Facendo un giro per la città trovai un piccolo supermercato dove fare i miei acquisti, visto che quello che ricordavo era stato chiuso.
Comperai tutto ciò che potesse essere giusto per una dieta equilibrata, tra carne bianca, verdure e frutta, ma diedi spazio anche a qualche eccezione, come una bottiglia di whisky ed un paio di pacchi di merendine da portare a lavoro nel caso avessi avuto fame.
Posai il tutto in una busta e tornai a casa, dove finalmente potevo cucinare qualcosa e cenare in compagnia della televisione.
Sarebbe stato difficile abituarmi a vivere questa parte della giornata in solitaria, visto che da quando sono andata via di casa ho sempre condiviso l’appartamento con un paio di coinquiline.
Ma se non si affrontano nuove situazioni, mai si cresce.
Lasciai alla lavastoviglie il compito di lavare i piatti e le posate utilizzate, visto che dovevo sprecare ulteriori energie per sistemare il contenuto delle mie valige fra i mobili e gli armadi della casa.
Ci misi un paio di ore ma il risultato fu soddisfacente.

Il divano nella camera da pranzo mi richiamava verso di lui come fa un pifferaio col suo serpente, ma il sonno, nonostante fosse molto, non faceva riposare le mie membra.
Così indossai il cappotto più pesante che avevo nell’armadio e scesi per fare un giro.
Il clima continuava ad essere rigido come il giorno precedente, e non mi sarei meravigliata se da lì a poco avessi preso l’influenza.
Lasciai che i piedi mi trascinassero verso una destinazione a me cara, la spiaggia di Arcadia Bay, la spiaggia che aveva visto più feste che bagnanti.
Ricordo ancora i canti delle balene che ogni tanto capitava si spiaggiassero, perdendo ogni contatto con la famiglia di origine.
Mi immedesimavo nella loro sofferenza.

 23 Dicembre, ore 01:54
 

Le scarpe col tacco che indossavo non erano le più comode per camminare sulla sabbia umida per il freddo, così le tolsi e le poggiai momentaneamente in borsa, fregandomene dei granelli di sabbia che sarebbero finiti al suo interno.
La notte, oltre al freddo, era dominata da un buio alquanto intenso, squarciato però dalla lontana luce di un focolare acceso, che mi permise di vedere una sagoma sedutagli vicina, riscaldata dal suo calore.
Cercai di avvicinarmi il più vicino, imbattendomi in una cappa formata dal forte odore di tabacco e di birra.
Ma un improvviso e pesante groppo si formò in gola.
In quella nube riuscii a riconoscere il suo profumo, invariato nel tempo.
La sagoma mi dava le spalle, ma sapevo si trattasse di quella sagoma.
Cercai di trovare un modo per avvicinarmi senza spaventarla ed inevitabilmente farla fuggire via.
Dovevo ponderare bene le mie parole ed i miei movimenti.
Non potevo allontanare di nuovo la mia migliore amica, dopo che un qualunque dio, o forse il karma, me l’aveva ripresentata sotto forma di regalo natalizio.

«Ed io pensavo che il tuo vizio del fumo fosse passeggero.» 
Una frase idiota per attaccare bottone, ma la dissi con dolcezza, sedendomi al suo fianco.
Chloe si voltò verso le labbra che avevano proferito parola, per metterle a fuoco e riconoscerle.
Si ritrovò, davanti ai suoi occhi più cristallini del ghiaccio, due labbra inaspettate: le mie.
Di scatto, più rapida di un felino, balzò in piedi dinanzi a me, spaventata e forse irritata dalla mia presenza.

«Caulfield.»
Il mio cognome fu l’unica parola che riuscì a pronunciare.
Non ebbe nemmeno la fermezza di chiamarmi per nome, l’unico che fino a pochi anni fa era capace di liberarla dalla morsa della straziante quotidianità che era obbligata a vivere.

«Non immaginavo di trovarti qui.» le dissi alzandomi e fissandola dritta negli occhi, dove vedevo riflesse solo stanze vuote, private di ogni certezza.
Non lo immaginavo perché lo sapevo.
Era il nostro rifugio nei periodi bui, e speravo che lo fosse stato per lei anche durante la mia lontananza.

«Va via.» 
Aspirò un tiro di sigaretta che poi espirò, trasformandosi in una nube di fumo le circondò il capo.
Buttò via la cicca sulla sabbia e la calpestò sotto il suo stivale destro per spegnarla.
Immaginavo fosse la fine che avrebbe voluto fare di me.
Non potevo non guardare impietosa il rancore di quel gesto.
La fiamma generata dal focolare era l’unica luce in una distesa di nero, che si rifletteva negli occhi di Chloe come a volerne fare uscire ogni fantasma nascosto.

«Ma se ti ho appena ritrovata.»

Il suo corpo si intorpidì, e non fu per il freddo della notte.
Spalancò di poco gli occhi e poi sogghignò.

«Quindi vorresti far finta che questi nove anni non siano mai esistiti?»
I muscoli del collo e della mandibola si contrassero, ed un tono di ironia prese il sopravvento nell’ultima parte della frase detta.
Serrò i pugni e buttò fuori tutta la rabbia repressa nei lunghi anni in cui non ebbe nemmeno l’occasione di ribadirmi quanto fossi stata vergognosa nei suoi confronti.

«Mi sei mancata Chloe.»
Chiusi gli occhi nel dirlo, forse per paura di vedere la sua reazione.
Fui spedita nel parlare, come quando vuoi toglierti dalla coscienza un macigno troppo pesante.
Spalancai gli occhi alla percezione di una focosa scarica di energia dritta sulla mia guancia destra.
Non mi mossi dalla mia posizione, sopportando in silenzio il riverbero delle mie azioni.

«Sei una stronza.»

Alle sue parole abbassai il volto verso la sabbia, strinsi fra i denti l’interno destro del mio labbro inferiore ed inspirai profondamente.
Una calda goccia di stilla salata cadde senza timore dalla fonte che l’aveva generata.
Aprii gli occhi e sotto i suoi, che assumono il colore del cielo in pieno tempo di neve quando aridi di sentimento puro e ricolmi di odio, presi dal portafoglio la polaroid che avevo scattato tredici anni prima.
Si trattava del primo scatto della macchina fotografica che continuo ad usare e che avevo comprato assieme a lei in una calda giornata di estate per gioco.
Non mi sarei mai aspettata che potesse diventare il mio giocattolo preferito.
Fissai la fotografia che avevo fra le mani come ad imprimerla nella mente, per non dimenticare mai il momento in cui la scattai, e la poggiai sulla sabbia ormai umida per il freddo della notte.

«Spero tu possa accettare il mio regalo di Natale, in anticipo.»

Me ne andai via con la consapevolezza che non l’avrei rivista facilmente, e con la speranza che mi chiedesse di rimanere con lei per parlare tutta la notte della vita trascorsa in questi nove maledetti anni, ma ero lo stesso contenta di quei pochi minuti in sua compagnia, che mi riportarono a vivere con la libertà di chi aveva espiato metà delle sue colpe, delle sue pene.

Amai Chloe con una intensità inaudita.
Non ho mai amato nessun altro tanto quanto lei, ma il mio era un amore diverso, non quello che propinano nei film o nelle canzoni.
Amare significa tenere così tanto ad una persona da preferire la sua incolumità alla propria, ed io avrei messo mille volte la sua vita prima della mia, senza alcuna esitazione.
Il mio era non era un amore nato dallo schiocco delle saette di Cupido, ma un amore nato dal volere della dea Mitra, che ha visto in me e nella ragazza dagli occhi glaciali i soggetti ideali per il suo esperimento.
Non credo in nessuna figura divina, me se un giorno cambiassi idea, sarei devota proprio a Mitra.
Ho sprecato il suo dono per troppo tempo.
Sono stata un disastro con Chloe.
Certe volte si sbaglia, certe volte ci si perde, altre capita di far scorrere il tempo rimanendo inermi, ma conta rialzarsi, conta saper chiedere scusa.
Ed io ho trovato il coraggio di guardare negli occhi il mio suicidio e di riportarlo fra il regno dei vivi.
Da questo primo, ennesimo incontro avuto con lei portai dietro ogni particolare, dalla suo chioma colorata con un azzurro chiaro ai suoi stivali neri alti fino a metà stinco, particolari che l’hanno cambiata e resa più forte di quello che già era.

Presi le scarpe dalla borsa e le rimisi ai piedi per tornare a casa e bere un goccio di whisky comprato nel pomeriggio.
Mi servì a riscaldarmi in una notte che aveva regalato qualcosa in più del freddo intenso.

   
 
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