Non aggiungo altro, solo che replicherò a tutti quelli che hanno lasciato una recensione sia a questa storia che alle altre non appena avrò un po' di tempo.
Per ora vi lascio alla lettura di questo quattordicesimo capitolo
Raffa
Capitolo XIV
Il tempo trascorse rapido, così rapido che si ritrovò risucchiato in un
vortice. Giacomo si sentiva fuori dal tempo e dallo spazio, schiacciato in
mezzo alle responsabilità.
*
Michela era in bagno da quasi dieci minuti, il ragazzo aveva provato ad
entrare, ma lei aveva chiuso la porta a chiave.
*Raperonzolo. è una fiaba, pubblicata per la prima volta dai fratelli Grimm
nella raccolta Fiabe(Kinder- und Hausmärchen,
1812-1822) col titolo originale Rapunzel.
Ancora qualche capitolo e chiudo la storia.
La promessa del Sultano
Dopo che Michela aveva deciso di tenere il bambino e dopo che Nicole era
stata riportata sana e salva dalla sua troppo apprensiva sorella, si era
ritrovato genitore per caso. La settimana di prova era trascorsa
rapidamente e a quella settimana ne erano succedute tante altre. Lui e
Michela, avevano cominciato a vivere insieme, a dividere lo stesso letto,
lo stesso desco, lo stesso bagno, la medesima vita senza che lui se ne
rendesse conto, come se fosse inevitabile.
Nei tanti libri che aveva letto, quelli erano eventi che cambiavano la vita
di un uomo, ma la sua non aveva subito grossi cambiamenti o forse lui si
era adattato con una inaspettata facilità. Nel primo mese, tranne la
convivenza, che comunque aveva già testato nei mesi precedenti, non c'erano
grosse rivoluzioni nella sua esistenza. Uscivano con gli amici, facevano la
spesa nel fine settimana, guardavano la televisione insieme e lavoravano.
Era una vita piacevole, anche se Michela continuava ad essere poco
partecipativa ad approcci di tipo sessuale. Inizialmente ci aveva provato,
ma la poca partecipazione della ragazza aveva smorzato ogni suo desiderio,
temeva di commettere errori e quel timore gli impediva di perseverare,
anche se l'astinenza diventava sempre più difficile da sostenere.
Non appena Michela aveva superato il terzo mese avevano cominciato a
comprare tutto quello che serviva per il bambino, anche se molte delle cose
gli erano state passate dalla sorella maggiore. Agnese era in estasi per
l'arrivo del nipotino e non faceva che pensare ai due cuginetti che
sarebbero stati compagni di giochi; la donna aveva più volte espresso il
desiderio che fosse una femminuccia, anche se lui sperava ardentemente che
fosse un maschio. Dopo tutte le donne che si era scopato e il poco riguardo
che aveva avuto per ognuna di quelle scopate temeva seriamente che
l'universo si sarebbe rivoltato contro di lui. Sua figlia sarebbe stata
sicuramente come Teresa, la figlia del suo arcigno professore di matematica
del liceo, sarebbe stata la facile preda di ogni stronzo del pianeta Terra.
Se fosse accaduto, Giacomo sarebbe morto di crepacuore oppure sarebbe stato
costretto a diventare un serial killer che uccideva tutti gli uomini che
appoggiavano lo sguardo sulla sua bambina e non aveva nessuna intenzione né
di morire giovane, né di passare il resto della sua vita dietro le sbarre.
Decisamente meglio un bel maschietto, sano e pieno di ormoni impazziti a
cui dare consigli sulle ragazze. Il sesso del bambino lo aveva tormentato
per giorni e sembrava essere anche la domanda più frequente di chi era
venuto a conoscenza del lieto evento. Sua madre, suo padre, i suoi suoceri,
i suoi amici, tutti avevano espresso il loro pensiero sul sesso del
nascituro, tutti tranne Michela. Lei non aveva mai detto cosa preferiva,
nemmeno quando erano da soli, nemmeno quando lui gli aveva espresso tutti i
suoi timori al pensiero che il loro bambino potesse essere una bambina. Lei
lo aveva ascoltato, lo aveva confortato, lo aveva rassicurato, ma non aveva
detto una sola parola sul sesso del bambino.
Anche quando lui, preso dalla curiosità, gli aveva chiesto. “Cosa vorresti?
Un maschietto o una femminuccia?”
Lei aveva appoggiato distrattamente la mano sul ventre appena pronunciato e
aveva replicato con sguardo sereno. “Sarà quello che vorrà essere” gli
aveva sorriso “E, maschio o femmina che sia, se vorrà scoparsi tutto il
mondo noi lo accetteremo” sollevò le spalle “daremo le giuste indicazioni e
gli insegneremo il rispetto per l'altro sesso; poi se sarà preda degli
ormoni come suo padre, diremo di usare metodi contraccettivi che almeno gli
impediscano di prendersi qualche brutta malattia. Tu, tranne che mettermi
incinta, sei stato bravo a schivarle, sarai un ottimo mentore”
“Non la fai un po' troppo facile?” esternò lui basito. Come poteva prendere quella storia con tanta leggerezza?
“Giacomo, che vorresti fare? Rinchiuderla nella torre più alta della città?
Queste non sono cose che si possono controllare e tu ne sei una
dimostrazione. Persino Raperonzolo* fece salire un uomo nella torre
facendolo arrampicare sulla sua lunga treccia, quindi non possiamo fare
niente. Affronteremo la cosa quando si presenterà il problema; abbiamo
almeno tredici anni per stabilire una strategia vincente” sostenne
divertita
Giacomo si soffermò sull'idea della sua bambina chiusa in una sicurissima
torre e si sentì stranamente sollevato, in vero, gli era sembrata un'ottima
idea, meglio che darle stupidi consigli su come schivare le malattie
sessuali. E, comunque, Raperonzolo doveva avere delle radici capillari
saldate nel cuoio capelluto con qualche magia o il suo bel principe doveva
essere veramente leggerissimo, un fuscello. In ogni modo, per sicurezza,
sua figlia avrebbe avuto sempre i capelli corti. Michela la prendeva
decisamente troppo alla leggera, anche se aveva maledettamente ragione, lui
non poteva fare assolutamente nulla, poteva solo dare consigli e sperare
nel meglio. Quel pensiero lo fece sentire stranamente più vicino a suo
padre.
“Sveglia bello addormentato!” lo ridestò la voce scherzosa di Filippo
Giacomo si stiracchiò e si massaggiò le palpebre. Era terribilmente stanco.
“Sono distrutto”
“Come fai ad essere distrutto se il bambino non è ancora nato, manca
parecchio, no? Di quanti mesi è Michela, ora?”
“Non mesi, settimane, mio caro. Non sbagliarti su questa cosa fondamentale.
Michela è alla sedicesima settimana, quasi alla fine del quarto mese. Ormai
sono diventato un esperto di robe di incintità e di neonati”
scosse la testa e si lasciò cadere teatralmente sulla sua scrivania “Chi
l'avrebbe mai detto”
“Però mi sembra che tu alla fine l'abbia presa discretamente bene, meglio
di ogni nostra aspettativa”
“Perché voi mi sottovalutate, Fil” osservò serio, ricomponendosi “Michela
settimana prossima partirà per Milano” sbottò nervoso “Non mi va che parta”
“Per Michela è importante questo corso, lo sai”
“Lo so, infatti mi sto lagnando con il mio migliore amico, con lei sono
sempre molto gaioso, anche se non condivido affatto che parta.
Avrei preferito che congelasse questo corso per un anno, ma lei non ha
voluto nemmeno vagliare la possibilità e allora ho ceduto senza insistere e
ho indossato la maschera del compagno gaioso. Mi sto trasformando
in un rincoglione con i fiocchi”
“La smetti?” Giacomo strinse gli occhi “Di inventare le parole, sei
alquanto fastidioso” sospirò profondamente “Comunque Cecilia dice che
Michela preferisce farlo ora perché dopo dovrebbe portare anche il bambino
con sé e non vuole separarti da tuo figlio”
“Anche ora lo porta con sé, visto che il mio bambino vive dentro di lei”
osservò Giacomo stizzito “Michi ha questa brutta abitudine di decidere
tutto da sola, anche se ora siamo una coppia. Anzi ad essere precisi, lei
si ricorda che siamo una coppia solo quando deve darmi addosso”
“Giacomo, Michela non vuole separarti dal bambino e io penso che sia un
gesto da una che si sente in coppia e poi non è vero che ti da addosso”
osservò l'amico con una irritante flemma, alzandosi dalla sedia e
cominciando a sistemare ordinatamente i fascicoli che aveva completato,
dentro gli armadi a muro “Mi sa che sei irritato con lei per altro e ti
fissi per delle cretinate” si girò e lo fissò risoluto
“Passi troppo tempo con Cecilia. Ormai parli come lei” osservò Giacomo
serio
“Viviamo insieme da oltre un anno, mi sembra ovvio che passiamo del tempo
insieme”
Giacomo scosse la testa arrendevole. “Cazzo, Fil, sei anche diventato
pesante come lei”
“Forse dovreste parlare un po' tu e Michela. Parlare fa sempre bene”
Gli sembrava proprio di parlare con Cecilia e la cosa cominciava a
inquietarlo non poco. Sospirò angustiato. “Parlare un po'? Sono stanco di
parlare. Parlare è l'unica cosa che facciamo. Io ho bisogno di
rassicurazioni”
“Che sei una bambina delle medie che hai bisogno di rassicurazioni?”
borbottò l'amico esterrefatto
“E che c'entra, scusa? Guarda che anche gli uomini hanno bisogno di essere
rassicurati. Cecilia probabilmente lo fa e quindi non ne senti la
necessità. Io, invece, sto con una da cui aspetto un bambino, a cui ho
detto che la amo, ma lei non ha fatto una piega e non è che io dico ti amo
tutti i giorni alla prima che passa e non facciamo nemmeno sesso, quindi
tranne che andare in giro per la Garbatella in cerca di una casa più grande
per la nostra nuova famiglia, non mi pare che ci siano indicazioni che
stiamo realmente insieme”
“Non fate sesso?” domando Filippo confuso
“No, l'ultima volta che abbiamo fatto sesso è rimasta incinta, ed è
successo per una sola notte, poi lo abbiamo fatto quattro anni prima per
due settimane. In pratica, io e Michela stiamo insieme ma non facciamo
sesso; siamo una coppia bianca. Comincio a pensare che lei non sia
particolarmente interessata a fare sesso con me, visto il mio impegno e la
sua ritrosia”
“Lei ti respinge?” interrogò incuriosito l'amico, con la schiena appoggiata
all'armadio e le braccia conserte
Come Cecilia, ora lo stava anche psicanalizzando. “No, cioè non proprio. Io
non ci provo più”
“Hai detto di amarla, ma la desideri?”
Forse poteva stendersi tra due sedie e cominciare la seduta di
psicoanalisi. “Che domanda del cazzo, Fil. Ti pare che mi stia lagnando per
fare due chiacchiere? Cecilia esci da questo corpo!!!”
“Guarda che sto cercando di aiutarti”
“Sì, ma preferisco parlare con te senza che lo spettro di Cecilia ci aleggi
sulla testa!” scosse la testa “Comunque, io sono un cultore delle donne e
delle sane scopate, se mi sto umiliando parlandoti dei miei insuccessi a
letto, forse è perché la cosa mi turba particolarmente”
“E ne hai parlato con Michela?”
“Vuole che la conquisti senza desiderio e senza farci sesso, e solo Cristo
sa quanto mi stia impegnando, ma sto per scoppiare, se mi cammina ancora
mezza nuda per casa il mio pene chiederà l'estradizione dal mio corpo!”
“Da quanto tempo sei a stecchetto?”
“Un paio di mesi” si accasciò di nuovo sulla scrivania “Lo so che non è
tanto, amico, anche se io non ci sono per niente abituato, tre giorni era
il massimo dell'astinenza per me, ma lei è una continua tentazione e io non
ce la faccio più”
“Perché non ti proponi, allora? Mi sembrava di ricordare che fossi
grandioso in queste cose” lo schernì divertito
“Perché lei pensa che io sia uno stronzo pervertito e se le salto addosso
non farò che avallare la sua idea bislacca, quindi mi tocca essere un
perfetto gentiluomo e conquistarla senza sedurla e questa è una cosa
difficilissima, Filippo. Le ho provate tutte: cene, fiori, passeggiate
romantiche mano nella mano, un fine settimana a Milano in cerca di un
appartamento per la sua permanenza bocconiana, e io ora detesto Milano.
Cazzo! Non serve niente” tirò fuori due biglietti dal cassetto “Venezia!
Questo è il mio ultimo tentativo, se nella città più romantica d'Italia non
facciamo sesso, allora vuol dire che ha messo una pietra su di me” rimise i
biglietti nel cassetto della scrivania e si alzò dalla sua postazione
“Vado, che abbiamo la visita dalla ginecologa tra un'ora. Passo a prenderla
a lavoro e, poi, finalmente conoscerò mio figlio. Domani arrivo tardi che
ho l'udienza della Tesone, spero che questo maledetto divorzio finisca
presto, prima che strozzo quella cretina che Petroli venera come la
Madonna”
“Devi rilassarti, fratello”
“Appena scopo mi rilasserò di nuovo, ora vado a fare il bravo papà!”
Non gli andava di mostrarlo all'amico, ma era tremendamente emozionato; era
la prima visita ginecologica a cui assisteva. Aveva chiesto a Michela di
presenziare alla visita sopratutto perché voleva conoscere il sesso del
bambino, visto che temeva che la ragazza non domandasse, non essendo
particolarmente interessata al sesso del nascituro. Poi, il pensiero di
vedere la prima immagine del suo bambino gli aveva riempito il petto di
angoscia. Quella faccenda dell'astinenza lo distoglieva dall'ansia della
paternità.
Michela era stata particolarmente loquace durante il tragitto verso la
clinica dove lavorava Marta, la compagna di Claudia, nonché nuova
ginecologa della ragazza. Inizialmente Giacomo era rimasto alquanto
meravigliato della scelta di Michela, la quale gli aveva spiegato che Marta
era una dei pochi ginecologi non obiettori di coscienza e quindi la sua era
stata una scelta obbligata quando era intenzionata ad abortire, poi aveva
scelto di farsi seguire da lei anche dopo che la sua decisione era
cambiata. Marta era una donna intelligente e gentile e Michela provava
molta simpatia per lei.
Quando la cortese infermiera li invitò ad entrare, Marta li accolse sulla
porta in un largo sorriso.
“Sono proprio contenta di vedervi finalmente insieme ragazzi” pigolò,
chiudendo la porta alle sue spalle. Strinse con vigore la mano di Giacomo
“E sopratutto sono contenta che abbiate deciso di tenere il bambino, siete
così carini insieme” aggiunse sorridente
“Grazie. È stata un'impresa titanica, Michela è tanto cocciuta quanto
bella” sostenne contrito “E, menomale che è passata la fase del vomito
violento, perché non era per niente un bello spettacolo la mattina. Anche
se mi tocca rinunciare al caffè perché su quello non ci sono stati
miglioramenti”
“Non lo tollera?” domandò la donna divertita
“Sente l'odore di caffè nel mio alito anche se ne bevo un sorso la mattina
dalla tazzina di Filippo e con lei ci vediamo la sera, dopo quasi otto ore.
Se ci fosse un traffico internazionale di caffè, la assumerebbero nel corpo
di polizia al posto dei cani”
La donna esplose in una sonora risata. “È un effetto collaterale della
gravidanza, ma direi che ne vale la pena!”
“Non ti ci porto più con me!” sbottò Michela in un divertito cipiglio
“Avevo dimenticato che con Marta ti rilassi un po' troppo” scosse la testa
sostenuta, anche se non riuscì a nascondere un timido sorriso. Scivolò con
la mano sul tessuto della giacca di lui “Non mi lamento io che vomito, non
capisco di cosa ti lagni tu”
Il ragazzo appoggiò istintivamente le labbra su quelle della ragazza, aveva
una voglia matta di baciarla. “Scusami, sei bellissima anche mentre vomiti
come se fossi preda di un esorcismo”
“Ok, piccioncini, non vi trattengo oltre, così potete ritornare a casa e
impegnarvi in attività che sicuramente piaceranno di più al nostro Giacomo” Magari!
“Michela distenditi sul lettino e tira su la maglietta”
ordinò la donna in tono professionale. Michela seguì gli ordini
pedissequamente e si distese obbediente sul lungo lettino grigio, tirando
su la maglietta e scoprendo il ventre appena arrotondato. “Si comincia a
vedere” osservò la donna contenta
“Sì, ma non lo sento ancora” replicò la ragazza mogia
“Tranquilla, fra un po' comincerai a sentirlo. È normale nelle primipare. È
ancora presto. Quando sentirai uno sfarfallio nella pancia quello sarà il
tuo bambino che comincia a muoversi”
Giacomo ascoltava le donne meravigliato, anche se un po' spaventato, il
pensiero che il bambino si muoveva dentro Michela come una specie di
Alien**, gli faceva impressione, anche se per loro sembrava tutto naturale.
“Non vedo l'ora!” esternò Michela gioiosa
Marta tirò più su la maglietta e premette il tubetto di gel sul ventre
della ragazza, facendola rabbrividire. “Sì, lo so, è freddo, mi dispiace”
replicò avvicinando l'ecografo. Afferrò la sonda e la fece scivolare sulla
pancia della giovane madre “Vediamo come sta questa pulce e se riusciamo a
capire se è un maschietto o una femminuccia”
Lo schermo era completamente nero e grigio e sembrava pulsare. Lui non
riusciva a vedere nulla, gli sembrava solo una massa informe stampata su un
televisore di pessima qualità.
“Eccolo” esclamò la ginecologa soddisfatta. Allungò la mano sinistra e
spinse un bottone sul tastierino vicino alla schermo “E questo è il battito
del vostro bambino”
“Come è veloce” esternò Giacomo meravigliato
“Tranquillo, è normalissimo!”
“Io comunque non riesco a vederlo!” asserì il ragazzo senza mezzi termini
La donna con il dito della mano sinistra indicò un piccolo esserino
rannicchiato, mentre con la destra continuava a muovere la sonda
dell'ecografo sul ventre appena pronunciato di Michela. “Ora lo vedi?”
Lui scosse la testa senza proferire parola. Era così piccolo e il suo cuore
galoppava così veloce, mentre il cuore di Giacomo si era fermato nel petto
e il respiro gli si era improvvisamente mozzato. Non era sicuro di quello
che provava, era una strana sensazione di appartenenza che non aveva mai
sentito prima. Anche se era nella pancia di Michela quell'esserino era
anche suo.
“Sta bene?” domandò la ragazza con la mano destra stretta al petto,
ridestandolo da quel torpore
Ma di cosa si preoccupava?
“Mi sembra di sì, ma senza un'amniocentesi non posso darne certezza. Volete
sapere il sesso del vostro bambino?” domandò la dottoressa divertita,
continuando a muovere l'ecografo sul ventre di Michela e incrociando gli
avidi occhi grigi di Giacomo
“Si vede già?” domandò il ragazzo con il cuore in gola.
Fa che sia maschio! Fa che sia maschio! Fa che sia maschio! Fa che sia
maschio!
“Sì” la donna sorrise “Allora, lo volete sapere?”
“Sì, certamente” asserì il ragazzo troppo rapidamente, stringendo la mano
di Michela “Cioè, possiamo saperlo vero Michi, amore?”
Lei strinse la mano del ragazzo e scosse la testa divertita. “Così mi fai
passare per una specie di despota, certo che possiamo saperlo, mica mi devi
chiedere il permesso?”
“Non ne abbiamo parlato, quindi se tu preferisci non saperlo me lo faccio
dire in gran segreto e prometto che non ti dirò nulla” sostenne
“Stupidone, voglio saperlo anche io, sono molto curiosa di saperlo. Il
fatto che per me sia indifferente non significa che non voglia saperlo”
“Benissimo! Allora visto che siete tutti e due d'accordo, vi dico che è un
bel maschietto” rivelò la dottoressa
Giacomo sollevò le braccia in alto e ululò soddisfatto. “Siiiiiiiiiiiiiiii”
“Per lui non era tanto indifferente, mi sa” osservò la donna divertita
dall'esuberanza del ragazzo
“Giacomo preferisce un maschio”
“Non pensavo fosse un tipo così all'antica”
“Macché all'antica, così non sarà costretto a costruire una torre dove
custodire la bambina” spiegò Michela, volgendo lo sguardo verso il ragazzo
che aveva lo sguardo fisso nello schermo dell'ecografo “sai temeva che il grande karma celeste
si vendicasse sulla nostra bambina per la sua
stronzaggine”
“Tu ci scherzi, ma ora mi sento decisamente meglio. Un maschio. Siiiiii. Mi
piacciono tantissimo le bambine e adoro mia nipote, ma non potevamo
rischiare”
“Sei proprio uno stupido idiota!”
“Però mi ami lo stesso, anche se sono uno stupido idiota”
“Perché sono una ragazza di buon cuore che ama i derelitti” Stava ammettendo di amarlo? “Invece per mia tranquillità, vorrei
fare l'amniocentesi” asserì a bruciapelo “Marta mi dici come devo procedere
per prenotarne una?”
“Michela tu hai 27 anni, sei giovane come puerpera, di solito noi
consigliamo l'amniocentesi...”
“Io voglio farla” la interruppe prontamente “Mi rassicurerebbe molto”
“Che cosa temi?” si informò la donna materna
“La sorella di mamma ha una figlia, mia cugina Adele, con la sindrome di
Down. Lei è una ragazza meravigliosa, ma io non credo che sarei in grado di
accudire un bambino con esigenze speciali. Voglio avere la possibilità di
decidere. Voglio almeno saperlo prima. Poi magari non mi cambierebbe
niente, ma voglio saperlo”
Marta sospirò profondamente. “Devi telefonare al CUP e prendere un
appuntamento, ma i tempi solitamente sono molto lunghi” sorrise
compartecipe “potresti provare a farla intramenia”
“Provo ad informarmi se la fanno all'ospedale del paese vicino al mio. È un
ospedale piccolo e l'utenza è inferiore rispetto a Roma, quindi i tempi
saranno sicuramente più stretti. Oggi chiamo mia madre e faccio prenotare”
spiegò la ragazza pratica, mentre la dottoressa le passava della carta
assorbente per pulirla dal gel “Mi dai anche l'appuntamento per il prossimo
mese? Fra qualche giorno parto per Milano” si abbassò la maglietta “così mi
organizzo con i biglietti per il rientro”
La donna si sedette sulla scrivania e sfogliò l'agenda. “Direi che possiamo
fare il cinque dicembre”
“Perfetto” assentì Michela, saltando giù dal lettino
La donna, seduta alla sua scrivania, compilò la cartella della visita e
inserì una copia di scatti dell'ecografia all'interno, porgendola poi alla
ragazza.
“Scusa, Marta, ma tu sei proprio sicura che sia un maschietto?” domandò
Giacomo riluttante.
Aveva osservato l'immagine e a lui proprio non vedeva niente che gli
confermasse che fosse un maschio.
“Di solito bisogna aspettare la morfologica per essere sicuri del sesso”
spiegò la ginecologa “però siete stati molto fortunati, la posizione del
bambino permetteva di vedere gli organi sessuali con una certa chiarezza”
riprese la cartella dalle mani di Michela, mostrando l'immagine annerita
del feto al ragazzo “Questo ti renderà orgoglioso di tuo figlio, Giacomo”
fece la donna divertita, indicando i genitali del bambino
“Se mi dici che questo è il pistolino di mio figlio, vado sulla cieca
fiducia” replicò fiducioso, visto che lui a malapena riconosceva il bambino
“Comunque nella prossima visita faremo un'ecografia morfologica, così si
vedrà sicuramente meglio!” poi si rivolse nuovamente a Michela, porgendole
la cartella “Anche se spero di vedervi prima della prossima visita. A me e
a Claudia farebbe molto piacere replicare la cena dell'altra volta”
“Magari potete venire a trovarmi a Milano” propose Michela, porgendo la
mano alla dottoressa
La donna si avvicinò e le scoccò un bacio sulla guancia. “Grazie per
l'invito, tesoro, sei veramente carinissima”
“A me e a Giacomo farebbe piacere che veniste un fine settimana, magari
potete salire con lui, così gli fate compagnia durante il viaggio”
“Certamente, mi sembra una buonissima idea” si avvicinò a Giacomo e gli
strinse la mano “Sei un ragazzo molto fortunato, vedi di non fartela
scappare”
“Lo so e ci sto provando a non farmela scappare” replicò afferrando la mano
di Michela
Durante il viaggio verso casa, non riuscì a spiccicare parola. Michela
stava per partire e lui non riusciva proprio a sopportarlo. Non aveva mai
creduto alle relazioni a distanza, ma non aveva nemmeno mai creduto che si
sarebbe innamorato, che avrebbe messo su famiglia, che avrebbe avuto un
bambino prima dei trentanni. Non voleva che Michela andasse a Milano per
mesi interi, portando con sé il loro bambino, visto che era ancora dentro
di lei. Inoltre, quella pazza orgogliosa voleva cavarsela da sola, ma con
le quattro lire che aveva messo da parte era riuscita solo a trovare una
stanza in condivisione con altre due persone. Era troppo testarda e Giacomo
non riusciva proprio a capire perché la ragazza non volesse accettare il
suo aiuto.
“Come mai così silenzioso?” domandò la ragazza senza distogliere lo sguardo
dalla strada
“Pensavo”
“Al bambino? Hai ripensamenti?” la voce di Michela arrivò alle sue orecchie
incrinata dal turbamento
“No, non ho ripensamenti. Io voglio questo bambino e voglio te, non è
necessario che me lo chieda ogni volta” replicò risentito
“Sei arrabbiato per qualcosa?”
Era arrabbiato per tante cose: perché lei partiva, perché lo escludeva,
perché non scopavano, ma non gli sembrava opportuno esternare tutti quei perché,
visto che Michela non avrebbe compreso. Lei era identica a
suo padre, con loro non si poteva mai sbagliare.
“No, sono serenissimo” sbottò stizzito
“Invece sei arrabbiato per qualcosa” insistette lei cocciuta
Maledetta testardaggine
. “Non mi va di parlarne, allora. Così ti suona meglio?”
“Giacomo”
“Michi, amore mio, sto cercando di comportarmi bene, quindi vorrei evitare
di dire o fare qualcosa che poi ti farebbe fare mille passi indietro come
un gambero. Vorrei evitarlo, tenendo conto di tutti i passi avanti fatti
fino ad ora”
“Ferma la macchina” ordinò seccamente Michela
“Cosa?” domandò il ragazzo confuso
“Ferma la macchia. Ora. Immediatamente”
Giacomo fermò la macchina, parcheggiando in doppia fila nel mezzo del
quartiere della Camilluccia, non molto lontano dalla casa dei suoi
genitori.
“E ora, che cosa vuoi fare?” replicò stufo
“Vado a casa da sola” sbottò la ragazza arrabbiata
“Sei impazzita?”
“Sono arrabbiata e voglio passeggiare, così mi passa il nervoso”
“Non fare la stupida” Michela aprì la portiera e fece per uscire, ma lui la
trattenne per il braccio. “Michi, ti prego non fare cagate. Fra un po'
parti e poi ci vedremo solo nei fine settimana, vuoi davvero rovinare tutto
per niente?”
Lei si divincolò dalla morsa del ragazzo. “E tu credi che io possa stare
insieme a qualcuno che ha paura di dire le cose perché reagisco male? Io
voglio che tu sia sempre sincero con me”
O Dio Santo, quella roba della sincerità che tutte le donne
pretendevano, ma che in realtà non apprezzavano mai!
“Piuttosto preferisco litigare”
“Chiudi la portiera” ordinò secco. Michela lo fissava con aria di sfida
“Michi chiudi la portiera” sospirò “Io non voglio che tu parta. Non voglio
che vai a Milano. Sono arrabbiato per questo” la ragazza chiuse la portiera
e lui si massaggiò le palpebre “E non voglio che tu mi escluda dalla tua
vita”
“Non lo sto facendo”
“Sì. Invece! Lo fai continuamente. Io voglio prenderti un appartamento a
Milano. Da sola! Così tua madre può venire a stare da te tutte le volte che
vorrà e io potrei stare magari qualche giorno in più. Invece, tu devi
farcela da sola, anche se da sola significa che devi complicare le cose. Tu
non sei da sola! Noi stiamo insieme, quindi io voglio aiutarti. Nel caso in
cui non te ne fossi accorta non ho grosse difficoltà finanziarie,
sopratutto ora che i miei vogliono aiutarci con la casa, ma tu mi
estrometti e mi tratti come se io fossi una specie di estraneo che ti fa
l'elemosina. Noi siamo una famiglia”
Michela lo fissava interdetta. “Io voglio farcela da sola” insistette
cocciuta
“E io voglio aiutare la mia donna. Voglio essere un punto di riferimento
per la mia famiglia, ma tu non me lo permetti”
La ragazza rimase in silenzio, con lo sguardo fermo fuori e la testa
appoggiata al finestrino “Hai ragione” sussurrò appena
“Dici sul serio?” domandò confuso
“Ho paura Giacomo, vivo nell'ansia che tu te ne vada, che ci lascerai soli
e quindi voglio dimostrare a me stessa che posso farcela anche senza di te.
Che posso crescere un bambino anche da sola”
“Michi, potrei anche smettere di amarti, ma non potrò smettere di essere un
genitore. Ti prego, basta! Smettila di fare da sola, di escludermi, di
erigere muri. Io non me ne andrò. Qualunque cosa accada, ti prometto che
tornerò sempre da te”
“Va bene” sospirò profondamente “Credi di riuscire a trovare un
appartamento in due settimane? Mi sa che però la caparra la perdo”
“Sono un avvocato, provo a fartene recuperare una parte di caparra, intanto
chiamo un amico di Milano per farmi aiutare. Tranquilla, ci penso io. Entro
domani avremo un appartamento a Milano” girò la chiave e riaccese il motore
“Michi, un'ultima cosa. Spero che tu la prenda con il giusto spirito. Io
voglio scopare. Ne ho proprio bisogno” si voltò verso la ragazza “Voglio
scopare con te, non ce la faccio più a vederti girare per casa mezza nuda e
a stringerti fra le braccia la notte. So che non ami molto la volgarità, ma
mi sta venendo una tendinite al polso a furia di fare da solo. Se si
diventasse veramente ciechi dovresti mandare Pallottola a fare un corso per
cani di accompagnamento per ipovedenti”
“Ne ho voglia anch'io” confessò Michela, tormentandosi le mani “Anch'io
faccio da sola, qualche volta”
“Perfetto! Quindi, ora che abbiamo chiarito, credi che possiamo fare
insieme, invece di continuare a fare da soli? Magari nel prossimo futuro?”
si avvicinò alla ragazza “magari stasera?” le sussurrò all'orecchio. Spinse
il volto di lei parallelamente al suo “Voglio baciarti, assaggiarti, voglio
averti, voglio te” appoggiò le sue labbra su quelle di lei “Ne ho bisogno”
il bacio divenne più intimo e alle carezze della lingua si accompagnarono
quelle delle sue mani che si avvinghiarono avide e vogliose ai seni di lei,
ai suoi fianchi, alla sua vita sottile.
“Meglio tornare a casa” ordinò lei, affondando le mani nei capelli di lui
“Non possiamo farlo qui, non è un luogo adatto. Non vorrei che ci
arrestassero per atti osceni in luogo pubblico, in pieno giorno. E siamo
anche in doppia fila”
“Ogni tuo desiderio è un ordine per me” replicò il ragazzo, staccandosi di
malavoglia dalle labbra della giovane donna “anche se mi titilla parecchio
l'idea degli atti osceni”
“Andiamo a casa, cretino”
“Sì, padrona”
“Ho bisogno di rilassarmi un attimo. Porta ancora un po' di pazienza, ti
assicuro che ne varrà la pena” aveva detto dall'altro lato della porta
Stava cercando di farlo impazzire di desiderio quella maledetta strega!
Si sedette sul letto, accarezzando il testone fulvo e peloso di Pallottola,
che scodinzolante gli porgeva un osso di pelle mezzo masticato.
“Io e mamma saremo molto impegnati questa sera, quindi tu non dare
fastidio, capito? Questa è una serata importante per noi, quindi devi fare
il bravo” si rivolse al cane con aria seria
Finalmente avrebbe fatto di nuovo sesso, prima che il suo pene e i suoi
testicoli facessero le valigie e lo abbandonassero per sempre. Si alzò dal
letto e aprì il cassetto del suo intimo. Recuperò un vecchio paio di
calzini dal fondo. Li srotolò e prese l'anello del sultano che vi era
custodito. Aveva quasi risolto il puzzle, aveva assemblato undici anelli su
dodici e senza nessun aiuto moderno, proprio come aveva promesso alla folle
vecchietta del mercatino turco. Gli mancava solo un anello e poi avrebbe
potuto darlo a Michela. Si sedette sul letto e ci giocherellò, cercando di
ricomporlo, forse era la serata giusta per infilarlo al dito della donna
con cui il destino aveva voluto che mettesse su famiglia. Era completamente
immerso in quel intreccio di anelli argentati. Quell'anello era magico per
lui, perché ogni qualvolta ci giocherellava, immerso in quel puzzle, la sua
mente si liberava da ogni pensiero e desiderava solo completarlo. E poi...
aveva finito! L'anello era completo. Il puzzle era risolto!
Perché aveva preso quell'anello?
Perché quella era una serata importante
Perché desiderava completarlo?
Per infilarlo al dito della sua donna
Quanto era importante quella serata?
Sufficientemente importante da recuperare la fedina turca dimenticata da
oltre un mese in quel cassetto.
Perché?
Perché quella serata era una promessa
Cristo Santo. Una promessa? Un impegno?
Si alzò di scatto dal letto, lasciando cadere l'anello sul tappeto.
“Sto per fare sesso con Michi, amico” sussurrò allarmato, fissando il cane
che mordicchiava il suo osso “Lo desidero tantissimo, ma cazzo questo
somiglia moltissimo a del sesso programmato e a me il sesso programmato fa
veramente cagare. E roba da vecchi e coppiette schifosamente monotone!”
andava avanti e indietro nervoso “In realtà, mi fa cagare anche il pensiero
di restare a casa a scopare per i prossimi trent'anni sempre con la stessa
donna, ma non credo che Michi accetterebbe un rapporto aperto e poi avremo
un cazzo di bambino e io non sono capace a fare il padre, sono stato una
schifezza anche come figlio, quindi sarò un disastro anche peggiore come
padre” aveva un enorme bozzo in gola che non riusciva a buttare giù “E sai,
quello che Michi sta aspettando è un bambino vero, fra poco più di quattro
mesi uscirà dal suo corpo come una specie di Alien e fagociterà tutta la
mia vita” si portò le mani al petto, premendo con forza contro lo sterno.
Cristo, si sentiva come se gli stesse venendo un infarto. Respirò
profondamente due, tre, quattro volte “Se non mi sta per venire un infarto,
ho un attacco di panico” confessò allarmato a Pallottola. Cominciò a
percorrere la camera da letto a lunghi passi. “Non posso farlo! Non ci
riesco”
Doveva uscire!
Andò alla porta del bagno e bussò. “Michi, porto giù Pallottola, così dopo
non dobbiamo farlo”
“Ok, ti aspetto, non metterci troppo però, sono quasi pronta” lo tentò
leziosa
Infilò il guinzaglio al cane e uscì di gran lena. “Lo so, non fissarmi
così” si rivolse al cane mentre era in attesa dell'ascensore “Lo so, sono
un vigliacco, almeno potrei affrontarla, ma che cazzo, sta in quel bagno da
mezzora, che sta facendo? Si sta rifacendo nuova? Uscirà dal bagno bionda
con gli occhi azzurri” l'ascensore era arrivato. Pigiò sul tasto T “Non
doveva mica prepararsi così tanto? Lei mi eccita anche senza troppi
fronzoli e dopo tutta questa astinenza, se mi ricordo come si fa, sarebbe
stato sufficiente mettersi nuda di fronte a me. Donne! Non sono per niente
pratiche”
Arrivò fino al parco che distava quasi un quarto d'ora da casa e rimase a
passeggio con il cane per quasi un'ora. La crisi di panico era passata,
quei disconnessi pensieri che gli avevano appesantito il petto erano
spariti. Era di nuovo lucido, anche se continuava ad avere fottutamente
paura di quella cazzo di situazione nella quale si era ritrovato quasi
senza pensare.
Era stato via troppo a lungo, era giunto il momento di ritornare a casa.
Era uscito senza cellulare, Michela si stava sicuramente preoccupando.
Girò la chiave ed entrò in casa, liberando il cane dal laccio del
guinzaglio. Michela era accoccolata sul divano stretta in un enorme plaid
antracite. Era così bella e lui si era di nuovo comportato come uno
stronzo.
Chiuse Pallottola in cucina. “Perdonami cucciolo, ma fai troppo casino,
appena abbiamo finito ti libero, promesso” si avvicinò al divano “Ehi,
Michi, tesoro. Svegliati”
La ragazza si ridestò, stropicciandosi gli occhi cisposi. “Che fine avevi
fatto, mi stavo cominciando a preoccupare” fissò lo sguardo sul grosso
orologio a muro “È tardissimo!” scosse la testa evidentemente turbata “Non
devi uscire mai più senza cellulare”
“Scusami, avevo bisogno di schiarirmi le idee”
“È servita la passeggiata?” domandò ormai tranquillizzata
“Decisamente sì”
La ragazza aprì la mano, mostrandogli l'anello del sultano “Cos'è?”
“Una fedina turca. Questo è l'anello del sultano” spiegò il ragazzo,
sfiorandolo appena con la punta dei polpastrelli “Ti ho parlato della
vecchietta che avevo incontrato in quel mercatino turco?”
“La signora che ti ha detto che non dovevi più scansare la donna della tua
vita?”
“Sì, proprio lei. Oltre ad una marea di preziosi consigli non richiesti, mi
ha anche regalato quest'anello. Per te” prese l'anello dalle mani
affusolate della ragazza. Si inginocchiò e ci giocherellò pensoso.
Tu sai cosa è l'amore giovane uomo? Cosa ti rende tanto sicuro di
riconoscerlo quando arriverà?
Erano state queste le parole di quella vecchia e minuta donnetta turca.
Strinse la mano sinistra della ragazza. Non era sicuro di cosa fosse
l'amore, ma lo aveva comunque riconosciuto. “Mi ha detto che sarebbe stato
della misura giusta per te” sospirò “spero che non si sia sbagliata,
altrimenti domani lo porto dal gioielliere” infilò l'anello all'anulare
della ragazza. Invece, la vecchia aveva avuto nuovamente ragione, calzava
alla perfezione “Direi che è perfetto!”
“È molto bello. Mi piace tantissimo. Grazie” poggiò le sue labbra su quelle
del ragazzo e poi si alzò dal divano, lasciando cadere il plaid sul
pavimento di cotto marrone “Posso ringraziarti in maniera più adeguata,
sempre che la passeggiata non ti abbia stancato troppo”
“O Gesù!” esclamò senza distogliere lo sguardo dal corpo ambrato della
ragazza. Indossava un sensualissimo baby doll panna trasparente e un
perizoma microscopico che lasciavano pochissimo spazio all'immaginazione.
La sua pelle emanava un profumo di lavanda intensissimo, che gli stava
penetrando nel cervello. Scivolò con le dita sulla pelle del braccio destro
di lei. Era così morbida. La ragazza lo spinse sul divano e si sedette
cavalcioni su di lui “O Gesù!” gli sfilò il maglione e la maglietta e
scivolò con le mani sul suo petto largo, mentre lui affondava le mani nei
fianchi di lei “O Gesù”
“Altre parole oltre O Gesù?” ridacchiò lei, mordendosi il labbro
inferiore
“Lo sto ringraziando immensamente. Altrimenti dovrei cominciare a
ringraziare i miei suoceri per l'ottimo lavoro che hanno fatto, ma non
vorrei che la faccia di tuo padre mi facesse calare il desiderio”
“Sarebbe una cosa terribile” replicò la ragazza appoggiando le sua labbra
umide sulla bocca del ragazzo
“Adoro il melone” osservò Giacomo, succhiando con avidità le labbra della
ragazza ammorbidite dal burro di cacao a gusto di melone
“Lo so e ho anche un'altra sorpresa, che sono sicura gradirai moltissimo”
aggiunse Michela muovendo il suo bacino contro l'ormai evidente eccitazione
del ragazzo
Sarebbe stata una lunga ed eccitante notte di sesso sfrenato, proprio come
lui l'aveva immaginato, insieme ad una donna speciale a cui aveva fatto
dono molto più di un anello, a cui aveva donato una promessa.
O Gesù!
**Alien. è un film del 1979 diretto da Ridley Scott. È considerato uno dei
capolavori del regista Ridley Scott, e in generale uno dei migliori film di
fantascienza della storia del cinema.
Buona serata a tutti... alla prossima
Raffaella