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Autore: _Agrifoglio_    09/01/2018    2 recensioni
Anche questo epitaffio, come gli altri da me inseriti in questo settore, è tratto da una raccolta intitolata "Scorre la Senna, scorre lenta" che sto pubblicando nel settore di Lady Oscar e che è ispirata alla "Antologia di Spoon River" di Edgar Lee Masters. Buona lettura!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
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Théroigne de Méricourt
 
Nacqui in Lussemburgo, da una famiglia contadina
e, nel dolore dei miei fragili cinque anni,
persi la luce della mia vita, restando orfana di madre.
Mio padre se ne lavò le mani, inviandomi ad una sconosciuta zia
che mi accolse con l’entusiasmo di un venerdì di Quaresima
e che, tosto, si sbarazzò di me, chiudendomi in un convento.
Non sentendomi tagliata per l’ora et labora,
oramai sedicenne, feci ritorno alla casa paterna
che mai era stata mia,
dove vissi un aspro conflitto con la matrigna.
Sei una pazza!”.
Con l’animo esaltato, la mente in perenne agitazione,
il cuore insoddisfatto, i nervi tesi e vibranti
ed i pensieri che si rincorrevano l’un l’altro,
frammentandosi, saltellandomi in testa come cavallette,
pedinando i miei giorni e le mie notti
e mai trovando posa,
difficilmente sarei stata una moglie ed una madre.
Datti una calmata, pazza!”.
Fuggii dalla mia famiglia e girai per l’Europa,
senza una casa cui far ritorno e mai ne ebbi una,
apprendendo ed assorbendo di tutto,
costruendo il mio essere, pietra su pietra.
Ebbi il mio lascivo e sregolato Grand Tour,
affiancando i miei numerosissimi amanti.
Fra di essi, ricordo un ufficiale inglese,
un marchese francese ed un castrato italiano.
Nessuno di loro volle sposarmi o restare a lungo con me.
Perché sei una pazza!”.
Mi stabilii in Francia, appassionandomi alle nuove idee.
Partecipai alla presa della Bastiglia
ed alle adunanze dell’Assemblea Nazionale.
Capeggiai le donne parigine che marciarono a Versailles,
facendomi portavoce delle loro sacrosante rivendicazioni
e trattando col disprezzo e l’inurbanità che meritava
l’infame austriaca con la corona francese.
Divenni l’amazzone rossa della libertà,
col cappello piumato e le armi in pugno,
la bella di Liegi che gestiva un vivace salotto,
membro infervorato del Club dei Cordiglieri
e strenua propugnatrice della liberazione delle donne
dal giogo millenario che le opprimeva e le umiliava,
ma fui anche invisa all’intransigente Robespierre
che, un triste giorno, mi zittì in malo modo,
buttandomi fuori da un’adunanza, senza troppe cerimonie.
Fuori di qui, pazza!”.
Finii ricercata dalla polizia regia e riparai nella mia Liegi,
col risultato di non essere arrestata dai francesi,
ma dagli austriaci, compatrioti di Madame Deficit.
Con l’accusa di avere attentato alla vita della cagna sul trono,
fui imprigionata, per un anno, in un castello tirolese.
Stattene rinchiusa, pazza!”.
Rimessa in libertà, tornai in Francia, la mia patria di elezione,
a creare scompiglio ed a dimenarmi in esso,
perché, ormai, la rivoluzione mi aveva accesa come una torcia.
Una torcia infernale che appiccava il fuoco al solo passaggio,
col cervello sovraeccitato, in costante subbuglio
e sul punto di esplodere per la continua esaltazione.
Un vulcano di collera repressa che eruttava e seminava morte.
E morte sprizzai, durante la rivolta dei sanculotti,
quando staccai di netto, con una sola sciabolata,
la testa di un giornalista monarchico che mi aveva derisa.
Mi ubriacai del sangue di cui ero lorda, nelle stragi di settembre,
strangolando un’aristocratica a mani nude,
con la forza della follia e l’incitamento del mio nuovo amante.
 “Pazza ed anche assassina!”.
Dopo tante peripezie, lotte, smanie e scelleratezze,
travolta dal turbinio di un vortice di violenza e di sangue,
la mia mente iniziò a dare segni di cedimento,
si ripiegò su se stessa e smise di strepitare,
anelando ad una pace che mai le era appartenuta,
come lo scheletro storto ed annerito di uno zolfanello arso.
Ti sei stancata, pazza?”.
Nauseata dagli eccessi e dalle stragi,
iniziai a predicare la pace e la moderazione
e questo fu il paradosso all’origine della mia rovina.
Mentre arringavo in pubblico, nel giardino dei Foglianti,
Marat mi scatenò addosso un gruppo di donne giacobine
che, invase da una furia di cui ben conoscevo il volto,
mi denudarono davanti a tutti!
Mi fustigarono!
Mi bastonarono!
Lasciandomi a terra più morta che viva….
Il corpo rimase vivo, ma lo spirito mi abbandonò.
Fui internata in un manicomio,
misero relitto di colei che ero stata
e, lì, trascinai, come un dannato la catena,
il resto dei miei disgraziati giorni.
Pazza…….
   
 
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