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Autore: Little_Lotte    09/01/2018    3 recensioni
"Ti chiedo perdono, amico mio, per tutte le volte che ci ho illuso a vicenda."
[Un momento personale, ma non troppo.
Una dedica sincera ed un momento di riflessione personale, in un periodo in cui la vita non sembra del tutto propensa a stare dalla nostra parte.]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ti chiedo perdono, amico mio, per tutte le volte che ci ho illuso a vicenda.

Un anno fa, in questo stesso periodo, vagheggiavo che il 2017 sarebbe stato il nostro anno, che dopo le delusioni del passato avremmo finalmente ottenuto la nostra rivincita e che le sfortune sarebbero divenute presto un lontano ricordo; l'amore, gli amici, la carriera professionale... Tutto sarebbe finalmente andato per il verso giusto e l'Universo, quel beffardo signorotto che per molto tempo ha osservato le nostre vite quasi fossero una specie di spettacolo di marionette di cui esso muoveva i fili, avrebbe finalmente smesso di ridere alle nostre spalle.

Ci credevo davvero, anche quando il trascorre dei mesi sembrava darmi torto, anche quando il destino ci spingeva a terra e noi a fatica riuscivamo a rialzarci; lo affermavo con certezza perché, in fin dei conti, per le cose belle bisogna saper aspettare, lottare duramente, avere pazienza e lucidità – cosa che, obiettivamente, è sempre stata una prerogativa più tua che della sottoscritta.

Alle soglie del 2018, provati da tutto ciò che dodici lunghi mesi ci avevano inflitto (chi per un motivo, chi per un altro), al momento del mio solito bilancio di fine anno ho cercato di guardare al futuro con un po' più di fiducia, conscia del fatto che quando si arriva a toccare il fondo non si può che risalire e che le delusioni del passato, dopo aver ben metabolizzato il dolore ed aver estratto come si fa da un frutto tutto il necessario per affrontare con maggior consapevolezza e forza interiore l'avvenire, non possono che essere un insegnamento ed un metodo che il destino utilizza per metterci alla prova e temprarci per quando, finalmente, arriverà il momento di accogliere le gioie a braccia aperte.

In fin dei conti, pensavo, non puoi godere realmente appieno delle gioie della vita, se prima non hai conosciuto il dolore.

Ci ho creduto davvero, amico mio, in un primo momento ho creduto realmente che le cose sarebbero svoltate per entrambi: le soddisfazioni personali in ambito artistico, un rapporto in divenire che sembrava destinato a portare qualcosa di buono, nuove conoscenze che lasciavano sperare nella nascita di sentimenti profondi ed importanti, qualche piccola novità in ambito lavorativo e gli amici che, nel bene e nel male, erano sempre presenti a dare affetto e stima ad entrambi... Non avevo davvero ragione di pensare che le cose potessero peggiorare.

Adesso sono trascorsi appena dieci giorni dall'inizio di questo nuovo anno e la sola cosa che entrambi vorremmo fare, è raggomitolarsi fra le coperte e chiudere gli occhi fino a quando qualcuno non verrà a svegliarci per dirci che il dolore è finalmente cessato.

Ho commesso l'errore imperdonabile di dare speranza ad entrambi, con quel mio solito atteggiamento fiabesco che non riesco a mettere da parte neppure dopo le innumerevoli cantonate prese nell'ultimo anno (e nonostante la tua razionalità, la lucidità che sai sempre a dosare anche nei rapporti interpersonali e la cautela con la quali riesci, molto più spesso di me, ad evitare di lanciarti nel vuoto, so bene che tu stesso nutrivi in parte simili speranze) e forse è per questo che adesso lo spettro dell'insuccesso fa ancora più male del solito.

Lo so che probabilmente tu non mi imputi responsabile per quanto è accaduto, ma una parte di me si sente in colpa per averci portato a credere così tanto in qualcosa che è ancora tremendamente lontano dalla nostra portata.

Vorrei poter essere ottimista, raddrizzare il tiro e dire che d'ora in avanti andrà tutto bene, ma come posso riuscirci? Il 2018 è iniziato da meno di due settimane e tutti e due abbiamo già alle spalle una sconfitta, un malessere interiore che ci portiamo dentro da tempo e che il malumore generale non potrà che accrescere, e su due piani completamente differenti tentiamo a fatica di raggiungere un qualcosa che probabilmente non abbiamo neppure ben capito cosa sia.

Probabilmente mi preferivi quando ero ottimista, quando cercavo di vedere sempre il bicchiere mezzo vuoto e con le mie stupide fantasie romantiche immaginavo tutti i momenti in cui le cose sarebbero andate bene; adesso vorrei tornare ad essere una persona ottimista e nel profondo del mio cuore, lotto ancora affinché il cinismo e la disillusione non abbiano la meglio sulla mia natura allegra e positiva... Ma in tutta onestà, come posso riuscirci?

Ho provato a chiudermi, ad essere distaccata e a vivere le persone in maniera superficiale e ho capito che mi mancava qualcosa; ho trovato di nuovo la forza di aprirmi, mi sono lasciata andare e nonostante i propositi di restarmene con i piedi ben piantati per terra, di non farmi aspettative e di non mettere tutto il cuore in qualcosa, sapendo che farlo renderebbe solo più elevate le probabilità di soffrire, ho fallito miseramente e adesso mi porto addosso una nuova ferita.

Che fa male, se possibile, più di molte altre che l'hanno preceduta.

Qualche tempo fa avrei semplicemente detto a me stessa che non ho fatto niente di male, che non devo rimproverarmi il fatto di essere come sono e di saper provare tali emozioni, di essere una persona forte e coraggiosa, perché per quanto possano andar male le cose io sarò sempre di un passo più vicina all'amore di tutti coloro che, per paura, rifiutano le proprie emozioni e si chiudono in una gabbia, allontanando le persone per timore di essere feriti.

Adesso, però, ti osservo coperto di ferite che ti sono state inflitte perché per una volta anche tu hai scelto di abbassare la difesa, di dar voce alle tue emozioni, di mettere da parte le cautele ed essere spontaneo senza riserve, senza sotterfugi, senza la paura di essere deluso ancora una volta.

E nel vederti così dolorante, ancora mi chiedo se valga la pena uscire da quella gabbia.

Una parte di me sa che varrà sempre la pena di lottare, di essere se stessi e di non arrendersi, ma se persino una persona buona e sinceramente affezionata a me, nonostante la correttezza e le premure nei miei confronti, è riuscita a farmi provare un tale senso di amarezza e delusione, come posso ancora sperare che ci sia qualcuno là fuori per me? E se dopo anni tu scegli di abbassare le barriere ed in cambio di ritrovi con il cuore spezzato ed un dolore superiore a quelli mai provati fino ad ora, come puoi pensare davvero che abbandonarsi alle emozioni e non nascondersi dietro ad un muro sia la migliore delle soluzioni?

E come posso crederci io, se alla fine mi ritrovo sempre in ginocchio a piangere e a domandarmi se il cuore ha ancora spazio a sufficienza per raccogliere nuove cicatrici, o se prima o poi finirò per arrendersi definitivamente?

Lo so, sono sempre la solita melodrammatica.... Ed il problema è proprio questo.

Ci ho provato ad essere distaccata, a vivere senza aspettative e con leggerezza, come è giusto che sia; ho provato a concentrarmi sul presente, sugli aspetti più frivoli di un rapporto ed ho capito che forse questo genere di cose non fa per me.

Forse il mio destino è quello di andare costantemente alla ricerca di un qualcosa che non avrò mai, forse il mio Romanticismo Leopardiano mi spingerà sempre a vivere tutto troppo intensamente, ad anelare sempre di più senza voler accettare che le cose possano finire, che non esista un lieto fine con i fiocchi, come quello di una fiaba.

Dovrei imparare che la vita non è un film, che le grandi passioni non sono per tutti e che nella vita reale le cose procedono lentamente, non senza delusioni e – soprattutto – senza pensare al futuro e concentrandosi principalmente sui piccoli e piacevoli aspetti del presente; ci ho provato, io lo giuro, ma è come se il mio cervello da questo punto di vista non funzionasse.

Mi chiedo se sia questo il mio destino, restare da sola perché non sono in grado di essere meno di quel che sono.

E allora, se ogni volta che sono me stessa finisco con cuore a pezzi, se aprirmi significa soffrire e non sono davvero in grado di vivere le cose con distacco, forse dovrei semplicemente imparare a chiudermi; che mi priverà di molto, certo, ma almeno smetterò di soffrire.

Perdonami, amico mio, vorrei poter iniziare l'anno con più fiducia, come ho sempre fatto; in fin dei conti, che pessima amica sarei se non riuscissi a darti almeno un po' di conforto e a farti credere che in futuro tutto andrà meglio?

Vorrei che quella voce dentro di me che ancora resiste e richiama la mia attenzione, quel bisbiglio che con insistenza si ostina a ripetermi che arrendersi è sbagliato, che celare le emozioni è la scelta peggiore che potrei fare, fosse abbastanza forte da sovrastare quel sentimento di resa e di sfiducia che mi riempie cuore e stomaco.

Sai, quando sei un combattente nato le persone si aspettano sempre tanto da te: si aspettano ottimismo, fiducia nell'avvenire, grinta e voglia di ricominciare; a volte sembra quasi che la paura non sia concessa, che sia sbagliato temere il futuro quando è sufficiente vivere il presente con coraggio, che pensare troppo non vada bene, staccare il cervello e lasciarsi andare – certo, come se poi fosse davvero così facile – a volte il solo modo per vivere sereni e senza preoccupazioni.

Le insicurezze passano in secondo piano e l'ipotesi di rinunciare, la paura del fallimento, neppure dovrebbero essere contemplate! Del resto tu sei un guerriero ed i guerrieri si rialzano sempre, non mollano mai e persino quando soffrono, imparano una lezione che un giorno li renderà più forti.

Perché il dolore, lo dicono tutti, ti rende più forte.

Ma io sono stanca di essere forte e per una volta, vorrei essere semplicemente felice.

Ti chiedo scusa, amico mio, per tutte le volte che non sono riuscita a capirti; per le volte in cui le tue parole mi sono sembrate fuori posto, o per quando ogni momento in cui ho cercato di mettere da parte le tue delusioni sostituendole con il mio entusiasmo, per tutto il mio stupido ottimismo quando questo era fuori luogo.

Adesso, forse per la prima volta in maniera assoluta e completa, io ti capisco.

E per questo, ti chiedo di perdonarmi per la poca empatia che posso aver dimostrato nei tuoi confronti e per tutte quelle volte in cui, gettandomi nel vuoto senza paracadute e mancando totalmente di tutelare il mio cuore, nel ferire me stessa ho in parte ferito anche te.

Adesso vorrei chiudere con un messaggio di speranza, di conforto e di ottimismo, solo che non ci riesco: è difficile guardare avanti, quando la prospettiva sembra essere sempre e solo quella del fallimento.

Posso promettere ad entrambi che la vita non è ancora finita, che siamo abbastanza forti da poter ricominciare, che in fin dei conti siamo talmente abituati a dover lottare e a sopportare le delusioni, che non dovremmo neppure più spaventarci del dolore.

Ma tu lo sai meglio di me: non è il dolore a farci realmente paura.

E' solo l'idea di dover ricominciare ancora e lentamente lasciar rimarginare le ferite, in attesa della prossima sconfitta.


 


 


 


 

  
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