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Autore: eliseCS    10/01/2018    0 recensioni
A quanto pare quello che ho bevuto per il brindisi del compleanno è stato sufficiente per farmi fare questa pazzia, e ovviamente non c'era nessuno che potesse fermarmi...
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Una bambina, gabbie dorate e non e Tortuga.
Oppure
L'Ombra della Doomed Destiny, la nave pirata più famosa dell'epoca, il nuovo capitano Cortès e un vecchio amico dimenticato.
In sintesi assoluta: pirati.
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Dal primo capitolo:
Non sapeva se fosse perché pensavano che fosse stupida, troppo piccola per capire o se semplicemente non gli importasse, ma Isabelle riusciva perfettamente a sentirli.
A quanto pareva stava per essere venduta.
Di nuovo.
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“Con un pezzo da otto posso darti anche da bere se vuoi, ragazzino” propose.
Isabelle si morse un labbro: prima di entrare aveva controllato, addosso non aveva assolutamente nulla di valore, per non parlare di monete o pezzi da otto!
“Io… non ho nulla…”
La donna si ritrasse: “Mi dispiace mocciosetto, ma non do da mangiare gratis, neanche ai bambini. Torna quando avrai qualcosa da darmi in cambio” disse, e si allontanò per servire qualcun altro.
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Buona lettura (spero)
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IX - Di tempeste, promesse di libertà e lacrime solitarie
 
Sapere che una volta arrivati a Tortuga lo avrebbero lasciato andare non aveva entusiasmato Harry come avrebbe dovuto.
Da quando gli aveva comunicato la novità Shade sembrava evitarlo e a lui sembrava gli fosse sceso un peso sullo stomaco.
La mattina seguente dopo aver lasciato Isla Cortès il capitano l’aveva mandato a chiamare per confermargli quello che la ragazza aveva già anticipato.
 
La mappa che avevano rubato ad Antigua era servita al suo scopo – gli era alla fine stato spiegato che solo sovrapponendo quella ad un’altra che era già in loro possesso sarebbe stato possibile ricavare la posizione dell’isola che avevano depredato – e adesso che non avevano più motivo di incrociare rotte militare non c’era neanche bisogno che lui rimanesse a bordo come garanzia: da quel momento in poi se avessero incrociato navi della marina si sarebbero comportati come avevano sempre fatto quando non avevano un ostaggio da poter scambiare.
Cortès l’aveva congedato quasi deridendolo dicendogli che aveva il permesso di cominciare a pensare a come avrebbe fatto a tornare ad Antigua una volta che fosse stato libero.
 
 
I suoi pensieri vennero però deviati verso tutt’altre preoccupazioni quando una mattina, recatosi sul ponte, trovò Cortès e Shade al timone intenti a discutere animatamente sotto un cielo colorato di rosso dal sole albeggiante.
Nonostante il piacevole tepore raggelò all’istante.
Aveva cominciato ad andare per mare da quando aveva avuto l’età e si era arruolato il prima possibile per seguire le orme del padre, sapeva cosa significava il cielo colorato a quel modo di mattina.
“Dobbiamo trovare un’isola per attraccare prima che la tempesta ci raggiunga” esclamò dopo aver fatto di corsa il tratto di ponte che lo separava dal timone interrompendo Cortès e Shade che ancora stavano parlando tra loro.
La ragazza guardò il cielo sbuffando mentre Cortès lo fulminò con lo sguardo.
“Ma davvero Reagan? E di cosa pensate che stessimo discutendo mia sorella ed io prima che voi arrivaste a interrompere?” gli sibilò. “Pensate davvero che abbia bisogno che un ragazzino viziato mi dica cosa devo fare con la mia nave?”
“Julian, credo che abbia afferrato il concetto” lo frenò Shade mettendogli una mano sulla spalla e incitando allo stesso tempo con lo sguardo il figlio del Governatore a lasciarli di nuovo soli.
Harry non potè fare altro che abbassare la testa e retrocedere mormorando scuse.
Poco più tardi quella stessa mattina tutti gli uomini furono chiamati a raccolta sul ponte per essere messi al corrente della situazione.
Come si poteva prevedere dal colore del cielo presto una tempesta si sarebbe abbattuta sulle acque che stavano navigando.
Come qualcuno aveva proposto, la cosa migliore da fare sarebbe stata trovare riparo presso un’isola o un porto sicuro e aspettare che passasse.
Il problema era che non c’era un isola presso cui fare porto.
Capitano, Ombra e nostromo aveva personalmente esaminato tutte le carte nautiche a loro disposizione e verificato con grande sconforto che non avrebbero fatto in tempo a raggiungere l’isola più vicina prima che la tempesta li raggiungesse, e a quel punto gli sarebbe convenuto fare direttamente rotta verso Tortuga.
 
 
 
҉
 
 
 
La tempesta si abbattè sulla nave forte e spietata, quasi a voler dare conferma che chi aveva avuto l’idea di nominare la nave Destino Condannato ci aveva visto giusto.
Gli uomini faticavano a tenere le loro posizioni a causa del forte vendo ululante e delle onde che puntualmente si riversavano sul ponte minacciando di trascinare fuori bordo chiunque non avesse avuto l’accortezza di legarsi con una cima.
 
Alla comparsa della prima pioggia Shade aveva provato a convincere Harry a rimanere al sicuro, sotto coperta, quello non aveva voluto sentire ragioni: se persino a Matt era consentito rimanere sul ponte a dare una mano lui non sarebbe stato da meno.
Al momento comunque la ragazza non aveva decisamente tempo di continuare a preoccuparsi per lui, impegnata com’era ad alternarsi con il nostromo nell’aiutare il capitano a tenere il timone per cercare di non andare fuori rotta e nel badare al sempre crescente numero di feriti che venivano fatti scendere sotto coperta in modo che lei potesse occuparsi di loro.
 
 
Il terzo giorno, quando ormai l’equipaggio cominciava ad essere davvero allo stremo delle forze, un’unica parola, urlata sopra il frastuono della tempesta che ancora imperversava, ebbe il potere di paralizzare gli uomini per un lungo istante.
 
Maelstrom.
 
Shade e Julian si guardarono negli occhi per una frazione di secondo prima di individuare la minaccia tra le onde e cominciare a girare il timone il più in fretta possibile.
Non era la prima volta che si imbattevano in uno di quei fenomeni, ma quella il vortice si era formato così all’improvviso e così vicino alla nave che solo un miracolo gli avrebbe impedito si finire a riposare sul fondo dell’oceano.
 
 
Un urlo, a mala pena udito in mezzo alla confusione tanto che per un attimo Shade pensò di esserselo immaginato, e poco dopo guardandosi attorno con difficoltà la ragazza riuscì a individuarne la fonte.
Era letteralmente appesa al timone per cercare di mantenerlo come le era stato indicato da Julian, il quale a sua volta urlava ordini a chi fosse abbastanza vicino da sentirli riguardo il liberarsi di parte del carico per rendere la nave più leggera e consentirle di uscire dal vortice che alla fine non era riuscita a evitare del tutto.
La Doomed si era infatti pericolosamente inclinata nel momento in cui era entrata nelle correnti delle acque del maelstrom, e quella era stata la causa dell’urlo.
Matt, che nonostante la tempesta non aveva disertato il suo ruolo di vedetta – alla fine era stato proprio lui ad avvertire tutti del pericolo – era inevitabilmente scivolato dalle sartie dove si era posizionato – pensare di poter restare sulla coffa sarebbe stata una pazzia – e la fune con cui si era legato si era spezzata.
Il ragazzo era rimasto sospeso nel vuoto, la gamba incastrata nelle sartie l’unica cosa che gli impediva di precipitare.
 
Prima che Julian potesse ordinarle di non lasciare il suo posto Shade diede ordine al primo uomo che le passò accanto di sostituirla, mentre lei cominciava ad attraversare di corsa il ponte, procurandosi una cima strada facendo, per andare a recuperare il ragazzo.
La sua gamba era piegata in un’angolazione strana, ma tutto sommato non sembrava rotta.
L’espressione sul viso di Matt era più che altro da attribuire alla paura che il ragazzo stava sicuramente provando in quel momento.
Shade fece in modo di rimetterlo in sicurezza usando la corda che aveva portato con sé, ordinandogli poi di andare sotto coperta e rimanerci finchè la tempesta non sarebbe passata.
Matt non se lo fece ripetere due volte.
Shade rimase sulla sartia il tempo di vedere il ragazzo sparire dentro il boccaporto più vicino – zoppicando appena – per poi guardarsi intorno per farsi un’idea della situazione.
 
Nel tempo che aveva impiegato per liberare Matte la Doomed sembrava essere riuscita ad uscire dal maelstrom, anche se ancora risultava in balia delle sue correnti.
La pioggia le sembrava appena diminuita, ma non voleva pensarci troppo e nutrire false speranze.
Stava giusto cominciando a scendere per tornare al suo posto quando una raffica di vento particolarmente potente, seguita subito dopo da un’onda la investì in pieno.
Se era riuscita a tenersi sotto al vento non potè fare nulla contro il getto di gelida acqua salata che le si abbattè addosso.
Il sartiame era più che scivoloso dopo tre giorni ininterrotti di pioggia e le sue mani in condizioni non completamente ottime, nonostante avesse cercato di salvaguardarle il più possibile dovendo lei occuparsi dei feriti, non riuscirono a tenere il suo peso dopo che i suoi piedi erano scivolati dal loro appoggio.
Era stata così presa dalla foga di aiutare Matt che non aveva pensato di legare lei stessa con una cima per essere più sicura durante la sua arrampicata.
Prima che potesse rendersene conto stava precipitando, le onde che si accavallavano sotto di lei quasi volessero fare a gara per chi l’avrebbe inghiottita.
Chiudere gli occhi fu un riflesso involontario, ma invece dell’impatto con le acque gelide dell’oceano il suo corpo entrò in contatto con qualcosa di decisamente più solido e resistente.
Quello che le aveva appena circondato la vita stringendola con una presa ferrea era senza dubbio un braccio.
Appena fu di nuovo stabile sulle gambe, i piedi appoggiati sul ponte della nave, si girò scoprendo che il pazzo che si era sporto dal parapetto salvandola dalla furia dell’acqua altri non era che Harry.
Il ragazzo aveva una cima legata in vita, in quel momento Shade non riusciva a vedere dove fosse assicurata, e la stava guardando con espressione spaventata e sollevata allo stesso tempo.
Shade gli fece un cenno mettendogli una mano sulla spalla come ringraziamento per poi affrettarsi a ritornare al suo posto al timone affianco a Julian.
Non l’avrebbe mai ammesso ma ancora sentiva la stretta del braccio di Harry attorno al suo corpo.
 
 
 
҉
 
 
 
“Quanto ci fermeremo a Tortuga?”
“Pensavo qualche giorno… di certo non più di una settimana. L’equipaggio potrà fare quello che vuole della sua parte di bottino e voglio che tutti siano perfettamente sobri quando salperemo di nuovo” Julian rispose alla domanda che gli era stata posta mentre finiva di riporre le ultime carte nautiche che aveva consultato.
“E tu potresti anche darmi una mano a trovare un nuovo mozzo e dei sostituti ai membri dell’equipaggio che sono venuti a mancare” aggiunse. “Adesso che quello che abbiamo attualmente verrà congedato dobbiamo pensare a rimpiazzarlo...”
Shade sospirò sedendosi sul letto.
Fece per dire qualcosa ma all’ultimo momento sembrò cambiare idea e continuò a rimanere zitta abbassando lo sguardo sulle sue mani che teneva in grembo.
Julian le si avvicinò e si sedette al suo fianco.
“Tu non vuoi che se ne vada” disse. Non era una domanda.
La ragazza scrollò le spalle: “Mi ha salvato la vita durante la tempesta, e non so come ma in quell’inferno praticamente tutta la ciurma l’ha visto: adesso lo considerano sul serio uno di loro…” cominciò.
 
Era vero, dopo il suo salvataggio la tempesta si era quietata velocemente quasi quanto era arrivata, come se il suo obiettivo nell’abbattersi sulla Doomed Destiny fosse quello di dare l’occasione a Harry di dare prova del suo valore e farsi finalmente accettare dal resto dell’equipaggio.
A quando pareva a parte i morti, i feriti e i danni alla nave quella tempesta qualcosa di buono l’aveva fatto.
 
“E io gli devo la mia vita” concluse Shade.
Julian sorrise furbo facendo brillare gli occhi: “Non mentire a te stessa e nemmeno a me, sorellina. Sai che con me non funziona. Ti sei affezionata a lui, ammettilo”.
Le guance della ragazza assunsero una sfumatura appena più rosata, non era da lei arrossire così facilmente.
Ciò non cambiava che quello che aveva detto Julian fosse vero: si era davvero affezionata a Harry, molto più di quanto pensasse e per motivi a lei sconosciuti, e adesso l’idea che di lì a qualche giorno al massimo non le sarebbe più bastato alzare lo sguardo per vedere i suoi capelli castani mossi dal vento – in quei mesi a bordo della Doomed gli erano cresciuti – e i suoi occhi color nocciola le faceva sentire un vuoto allo stomaco che non aveva mai provato prima.
La mano di Julian che le stringeva la spalla la fece riscuotere: il ragazzo annuì facendole capire che il suo silenzio aveva significato più di un intero discorso.
Il suono di una campana interruppe lo scambio di sguardi avvisandoli che la cena sarebbe stata pronta a breve.
 
Il capitano fu il primo ad alzarsi in piedi e a raggiungere la porta della cabina.
“Sono un pirata ma gli ho dato la mia parola che una volta tornati a Tortuga sarebbe stato libero dal contratto e sarebbe potuto tornare a casa” esordì prima di aprire l’uscio, la mano già sulla maniglia.
“Si è comportato in modo che gli fa onore salvandoti l’altro giorno e mi fa piacere che alla fine sia riuscito a guadagnarsi il rispetto dell’equipaggio, ma lui non appartiene a questo mondo” continuò indurendo appena il tono.
“Non è come te e me che ce l’abbiamo nel sangue: si è adeguato perché non aveva altra scelta, altrimenti non…”
“Vuoi dire che in altre circostanze mi avrebbe lasciata cadere?” lo interruppe di colpo Shade accusandolo con gli occhi
Julian sospirò appena prima di rispondere affermativamente: “Sì Shade, è proprio quello che sto dicendo. Non dimenticarti che lui è il figlio del Governatore di Antigua, una delle colonie più importanti, ed è pure un capitano di corvetta della marina, mentre noi siamo pirati. In altre circostanze – ripetè con una smorfia le stesse parole appena usate da lei – lui e i suoi non esiterebbero un attimo a condannarci alla forca e rimanere lì a guardare mentre penzoliamo nel vuoto. E tu faresti bene a non farti coinvolgere più di quando già non sia. Se vuoi un consiglio: stagli alla larga” concluse.
 
Lasciò la cabina sbattendosi la porta alle spalle mentre un’unica goccia di acqua salata – che però non aveva nulla a che fare con il mare – rigava una guancia di Shade per la prima volta dopo tanto tempo.












Salve a tutti!
Avrei voluto aggiornare ieri (ringraziate 
Maria Marea) ma a causa dei magnifici turni che sto facendo in questo ultimo periodo sono collassata sul letto prima di potermi anche solo avvicinare al computer...
Diciamo che ormai abbiamo superato la metà della storia, piano piano ci stiamo avviando verso la conclusione. Ma non disperate (sì, come no...) ci sono ancora sette capitoli più l'epilogo (mi sembra) prima di arrivare a scrivere la parola fine.
Vi lascio l'appuntamento per martedì 23 gennaio!
E.
   
 
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