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Autore: FatSalad    11/01/2018    3 recensioni
Spartaco è giovane, bello, spiritoso, laureato, con un contratto a tempo indeterminato e con un “superpotere”: quello di far cadere ai suoi piedi qualsiasi donna senza fare assolutamente niente.
Il rovescio della medaglia di una capacità del genere, però, è che Spartaco è incapace di costruire rapporti di amicizia con le ragazze e, soprattutto, quando si scoprirà completamente e perdutamente innamorato si renderà conto di una cosa: non ha assolutamente idea di come si conquista una donna.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dall'altra parte dello schermo'
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“Sono geloso di Irene?” si chiese Spartaco.
Era da quando le sue vacanze al mare erano finite che ci pensava. Ripensava a come aveva cercato di tenere Irene lontana da Michele e i suoi amici il più possibile, giustificandosi con la scusa di volerla proteggere da quei ragazzi un po' chiassosi. Ripensava a tutto il tempo che aveva passato con lei e lei soltanto, trascurando tanti altri rapporti e poi, in pace con se stesso, ammetteva che sì, era geloso di Irene.
Si sentiva come quando era un ragazzo che cercava disperatamente di farsi crescere una barba degna di quel nome ed aveva minacciato tutti i suoi amici di tenersi alla larga da Giulia, perché la sua sorellina era una ragazza sensibile, una cosa preziosa, che non avrebbe voluto veder soffrire per qualche cretino.
Per un attimo ebbe la visione di sé stesso in versione mamma chioccia con Giulia da un lato e Irene dall'altro, sotto la sua protezione, ma per qualche motivo gli tornò alla mente un pomeriggio di inizio luglio dentro uno stanzino puzzolente.
Inghiottì a vuoto e cercò di pensare ad altro, ma riusciva a ricordare solo una spiaggia, il mare e una ragazza in bikini con i fianchi generosi che cercava di non mostrarsi divertita dai tentativi di conversazione in inglese del suo amico Giovanni.
Spartaco guardava pensieroso il cielo plumbeo, dondolandosi con le piante dei piedi sul bordo del marciapiede, una mano in tasca e una appoggiata all'ombrello come fosse un bastone. Una bicicletta sfrecciò ad un palmo dal suo naso e il ragazzo si riscosse con un brivido. Pur essendo agosto l'aria era notevolmente raffrescata dopo il temporale che aveva lasciato le strade bagnate e l'aria elettrica, cosparsa di quell'odore tipico dell'asfalto bagnato.
Il rintocco di un campanile arrivò da qualche chiesetta urbana, facendogli realizzare che stava aspettando da quasi mezz'ora. Spartaco si voltò alla propria destra con aria colpevole, chiedendosi se non avesse fatto meglio ad andare di persona nel negozio di elettrodomestici.
Era passato un sacco di tempo dall'ultima volta in cui vi aveva messo piede, esattamente da quando Camilla, la sua commessa preferita, l'aveva pregato di non farsi più vedere. Inizialmente ci era rimasto male, ma aveva rispettato il volere della ragazza ed erano mesi che non la rivedeva. Gli sarebbe piaciuto sapere se il divieto di accesso fosse ancora valido o se Camilla l'avesse finalmente perdonato per ciò che aveva (o non aveva) fatto, ma nel frattempo aveva deciso di rimanere prudente e mandare Irene a fare compere.
Avevano fissato appositamente per comprare insieme quel nuovo gioco che era stato tanto pubblicizzato ovunque, dicevano entrambi che le aspettative erano così alte che ne sarebbero rimasti senza dubbio delusi, ma intanto non vedevano l'ora di giocarci.
Spartaco sentì una grossa goccia cadergli sulla mano e guardò preoccupato verso l'angolo della strada.
«Quella cocciuta...!» borbottò tra sé.
Irene non aveva voluto prendere l'ombrello che Spartaco le aveva offerto, rispondendo alla gentilezza del ragazzo con un noncurante “Che vuoi che siano due gocce”.
Finalmente una ragazza con gli occhiali e i lunghi capelli increspati dall'umidità svoltò l'angolo.
Spartaco concentrò la sua attenzione su di lei, cercando di capire se fosse riuscita a comprare ciò che doveva. Lei dovette indovinare il suo sguardo, perché alzò la mano sventolando un sacchetto di plastica e sorrise divertita.
Spartaco restituì il sorriso e stava per andarle incontro per ripararla con l'ombrello, quando una macchina sportiva sfrecciò nella sua direzione.
Spartaco riuscì a prevedere la scena prima ancora di vederla. Irene era troppo distratta per reagire e l'autista troppo orgoglioso per rallentare, ma lui notò la gigantesca pozza d'acqua appena sotto al marciapiede. Fu questione di pochi attimi e Irene si ritrovò inzuppata di acqua sporca.
La ragazza rimase come paralizzata per qualche secondo, Spartaco osservò preoccupato la sua espressione cristallizzata, le sue labbra contratte in una “oh” di stupore e una gocciolina che le scendeva dai capelli lungo il collo. Corse verso di lei prima che potesse fare una scenata in mezzo al marciapiede, ma prima che potesse raggiungerla Irene scoppiò in una sonora risata.
Rise così forte che una vecchietta che le passò accanto la guardò in modo strano, tenendosi il più possibile lontano da lei, rise tanto che quando Spartaco fu di fronte a lei sghignazzava a sua volta, sorpreso da quella reazione.
«Beh, - gli disse quando fu abbastanza vicino – almeno la parte sinistra del mio corpo è salva!»
«E anche il videogioco.» constatò il ragazzo prendendole il sacchetto di mano.
La guardò di sottecchi e poi riprese a ridacchiare.


La padella sfrigolava, ma in modo benevolo, non con gli scoppi e gli sbuffi di un cibo che si sta carbonizzando e Spartaco inspirò forte l’odore delle crêpes che stava cucinando. Di solito gli venivano piuttosto bene e sperava che anche a Irene piacessero. Ci aveva messo qualche minuto buono per convincerla, ma alla fine era davvero la cosa più saggia portarla nel suo appartamentino per una doccia. Più che con la prospettiva dell’acqua pulita, in verità, l’aveva fatta capitolare ricordandole che dopo essersi lavata avrebbero potuto provare il videogioco nuovo di pacca.
Si era preoccupato anche di offrirle qualcosa da mangiare e quando lei aveva richiesto un tè caldo Spartaco l’aveva guardata storto.
Perché aveva quella fissa per le bevande invernali? Tanto lui non teneva niente di simile al tè in casa, dunque le aveva mostrato dov’era il bagno (“Apri una porta a caso, tanto ce ne sono solo due, se riesci a perderti ti regalo una delle mie medaglie”), e le aveva promesso una merenda coi fiocchi.
Tolse dai fornelli l’ultima crêpe e spense il gas.
Afferrò il barattolo di nutella, (quello piccolo piccolo, l’unico che si concedeva, per non lasciarsi tentare troppo), ne spalmò una dose abbondante su ogni crêpe e poi le ripiegò a forma di triangolo approssimativo. Cercò nella credenza un po’ di zucchero a velo per presentare meglio i suoi capolavori culinari e sentì Irene sghignazzare sonoramente dal bagno. Non ebbe bisogno di origliare: la casa era così piccola che anche volendo non avrebbe potuto fingere di non averla sentita. Perciò senza imbarazzo alzò la voce per chiedere:
«Qualcosa non va?»
«No, no, è solo...» la sentì rispondere dal bagnetto tra una risatina e l'altra «No, devi proprio vederlo!» disse infine e senza altro preavviso aprì la porta.
Spartaco trattenne il respiro per un attimo, ma subito tutta la tensione si sciolse in una risata quando vide Irene avvolta nell'accappatoio blu che le aveva prestato. “Avvolta” non era il termine corretto, era sepolta nell'accappatoio che le stava enorme, emergevano solo i piedi e una porzione di viso, come se non bastasse a rendere la visione comica la ragazza si stava atteggiando a fantasmino muovendo le mani completamente coperte dalle maniche troppo lunghe e facendo “Uh!”.
Spartaco si stringeva la pancia mentre continuava a ridere: una bambina, ecco cos'era. Le si avvicinò e le arrotolò le maniche di spugna per scoprirle le mani, mentre l'ultimo attacco di ilarità svaniva.
«No, mi piacevano così! - protestò Irene mettendo su il broncio - Non avevo mai pensato che esistessero le taglie anche per gli accappatoi, altrimenti ne avrei comprati sempre da uomo!»
«Vai ad asciugarti invece di fare la scema!»
«Uffa... va bene, papà!» fece lei con tono impertinente.
Allora Spartaco la riacciuffò e le massaggiò vigorosamente la testa per ripicca, facendola lamentare.
«Ahia!»
«Ti sto aiutando!» si difese con simulata innocenza, rimanendo però con un sorriso sornione in volto.
La guardò negli occhi, con il capo ora scoperto, il cappuccio calato a causa del suo presunto aiuto e perse ogni voglia di ridere. Irene lo guardava di rimando dal basso, con le labbra imbronciate e le guance arrossate dalla doccia calda e lui non poteva più pensare che fosse una bambina.
“Merda...”
Era una donna e gli piaceva.
Gli piacevano i suoi occhi grandi e le ciglia lunghissime troppo spesso coperte dagli occhiali, gli piacevano quelle labbra che già una volta aveva assaggiato e (“Merda!”), gli piaceva anche quel culo che un tempo aveva preso in giro. Irene non era una bellezza mozzafiato però era carina anche senza trucco, come in quel momento, ma soprattutto era innocente, sincera e spiritosa.
Cosa lo stava trattenendo dal baciarla seduta stante?
“Una divinità benevola”, pensò, mentre dopo un buffetto sul mento le lasciava il modo di richiudersi in bagno, “perché se la bacio adesso rovino tutto, tradisco la sua fiducia, getto alle ortiche la nostra amicizia e il rapporto che si è creato tra noi”.
Tornò ai suoi fornelli e appoggiò le mani sul piano cottura, cercando di togliersi dalla mente il blu dell'accappatoio e ciò che nascondeva.
Sospirò mentre Irene si asciugava i capelli, poi fissò le crêpes e si mise a frugare nella credenza, facendo sbattere qualche sportello.
«Merda!» sbottò.
«Tutto bene?» chiese Irene facendo capolino nella stanza con i capelli ancora umidi e una felpa troppo grande addosso.
Una sua felpa.
«Non ho zucchero a velo per le crêpes.» tagliò corto Spartaco, di malumore.
«Wow! – esclamò Irene facendo capolino da dietro la sua spalla, osservando il piatto che teneva in mano – Sai anche cucinare?!»
Dall’entusiasmo della ragazza Spartaco fu certo che quel piatto fosse stato un’ottima scelta.
«C’è qualcosa che non sai fare?» chiese la collega con quel tono che poteva sembrare sia di scherno che di ammirazione, guardandolo da sopra gli occhiali.
“Tenerlo nei pantaloni, a quanto pare.”
«Un sacco di cose.» rispose, schiarendosi la gola ed evitando il suo sguardo luminoso.
Ce la poteva fare a stare buono e tranquillo a distanza di sicurezza, ce la poteva fare. Irene non amava nemmeno il contatto fisico e Spartaco aveva imparato a rispettare i suoi spazi, in quei mesi, doveva solo attenersi a quelle regole non scritte e sarebbe andato tutto a meraviglia.
«Spartaco, ho scoperto il tuo segreto!» esclamò la ragazza mentre lui la invitava a sedersi sul divanetto.
Quel giorno sembrava che Irene avesse abbandonato ogni timidezza o rigidità, forse si sentiva particolarmente a proprio agio in quella piccola stanza o in quella felpa enorme, perché si accomodò a gambe incrociate sul divano con una certa familiarità.
«Che segreto? - chiese Spartaco cercando di mostrarsi divertito mentre le portava lo spuntino e si sedeva accanto a lei sul divano – che non so fare un sacco di cose?»
«No, il segreto dei tuoi riccioli perfetti! Dovevo immaginare che usassi il diffusore...»
Spartaco rise forzatamente mentre Irene allungava una mano per giocherellare assorta con uno dei suoi riccioli tanto ammirati. Dov'era la ragazza che ripugnava il contatto fisico? E come mai il divanetto era diventato tanto stretto?
«Ero giovane... - si difese lui – adesso non ricomprerei quell'affare.»
«Perché?»
«Perché i riccioli vengono perfetti anche senza.» rispose con un sorrisetto.
«Sbruffone.»
Spartaco si beccò una leggera sberla tra capo e collo e l'idea di bloccarle la mano e lasciarsi accarezzare la nuca gli fece rizzare i capelli.
«Mangia!» le disse, per spostare l'attenzione su altro.
In effetti anche quando erano al mare il taboo del contatto fisico aveva cominciato un po' a vacillare, a pensarci bene e mentre Spartaco osservava la collega gustare le crêpes pensò che quel pomeriggio sarebbe stato più difficile del previsto per il suo autocontrollo.
«Allora... giochiamo?» chiese Irene speranzosa.
«D'accordo, porto via il piatto.» rispose Spartaco, ben contento di potersi concentrare sul videogioco.
«NO!»
Spartaco trattenne il respiro per un attimo quando lei lo afferrò per un braccio, per non fargli allontanare il piatto di crêpes.
Lo stava facendo apposta a toccarlo in continuazione proprio mentre lui cercava di tenersi a distanza?
Irene scosse il polso verso l'alto per scoprire meglio le mani dalle maniche troppo larghe e assicurò a Spartaco che avrebbe finito di mangiare prima di giocare. Lui si lamentò della sua eccessiva lentezza nel masticare, dicendole che i suoi riccioli perfetti sarebbero diventati bianchi nell'attesa, ma poi la lasciò in pace. Fu lei che riprese un discorso mai concluso.
«Grazie per la doccia e il sacchetto per i vestiti bagnati e grazie anche per avermi prestato una tuta.»
«Figurati, era il minimo.»
«Comunque... non ho avuto modo di dirtelo prima, ma al negozio non c'era quella commessa con i capelli corti.»
«Mmm... avrà cambiato turni, allora.» riflettè Spartaco tra sé.
«Cos' è successo esattamente tra voi, se posso chiedere?»
«Puoi chiedere però non mi va di rispondere.» fece lui per troncare il discorso.
Masticarono in silenzio per qualche secondo, poi Spartaco si sentì dire:
«Diciamo che abbiamo litigato e mi ha pregato di non farmi più vedere. A quanto pare, secondo lei, ci provavo con lei – fece una pausa enfatica – mentre stavo con Barbara! Ti sembra possibile? Non ho mai tenuto segreto il fatto di avere una ragazza, eppure ai suoi occhi dovevo essere abbastanza figlio di puttana da... ma lasciamo perdere.»
Irene lo guardava fisso, ma non commentò.
«Ti manca?» chiese soltanto.
«Chi? Camilla? All'inizio sì, poi ho capito che se mi riteneva una sorta di playboy del cavolo o che so io forse non era un'amicizia tanto importante.»
Lo disse così, su due piedi, ma quando ebbe finito la frase si accorse di sentirsi decisamente più leggero. Confidarsi con qualcuno non era una brutta cosa, dopo tutto.
«Hai risentito Michele?» chiese poi Irene schietta, ma con voce delicata.
Spartaco scosse la testa.
«Quindi non vi siete chiariti?»
Lui fece un'espressione significativa.
«Mi dispiace. Michele... ti ammira molto.»
Spartaco la osservò in silenzio.
«In questo caso temo di essere dalla parte del torto.» ammise poi.
«Per questo dovresti essere tu a fare il primo passo.»
«Non è facile.»
«Le cose giuste non sono quasi mai facili.»
Lo sapeva bene. Come trattenersi dal saltarle addosso su quel divano troppo piccolo: non era affatto facile, perciò era sicuro che fosse la cosa giusta da fare.
Spartaco si schiarì la gola e cercò di ristabilire un tono più leggero, poi diede il proprio consenso per dare inizio al videogioco e Irene capì che non voleva più parlare della sua amicizia con Michele.
Giocarono per un bel po', dimenticando di controllare l'orologio di tanto in tanto e ammettendo che quel videogioco era denaro speso bene.
Erano scesi dal divano e avevano gli occhi incollati allo schermo come due bambini, mentre armeggiavano con i joystick cercando di prevalere l'uno sull'altra. All'improvviso Irene fece una mossa sbagliata e Spartaco vinse una battaglia.
Irene gettò la testa all'indietro, poggiandola sul divano e cominciò ad emettere dei teatrali “no”.
«Questo segna il mio vantaggio, se non erro.» disse Spartaco compiaciuto.
«Non ti ci abituare... devo ricordarti chi ha ottenuto le prime dodici vittorie?»
«Dovevo prenderci la mano!»
Irene fece schioccare la lingua e poi si rimise ad armeggiare con il joystick.
Spartaco osservò i suoi capelli ormai asciutti, la felpa di cui aveva arrotolato le maniche perché non la impacciassero e la sua espressione corrucciata.
La osservò e trovò tutto quanto adorabile. Adorabile e desiderabile.
Al diavolo tutti i buoni propositi del pomeriggio: voleva baciarla!
«Non dovresti essere mia amica.» disse sottovoce, a pochi centimetri dal suo viso.
Irene si girò di scatto, sorprendendosi nel trovarlo tanto vicino. Sbatté le palpebre, allontanò un poco il viso, gli occhi sgranati.
«Perché?» si azzardò a chiedere.
«Perché io sono un pessimo amico.» sussurrò, fissandole le labbra.
Una rapida occhiata gli fece capire quanto Irene si sentisse persa, all'udire quelle parole, ma se fosse riuscito ad annullare le distanze prima che lei prendesse una decisione, cogliendola di sorpresa, forse si sarebbe lasciata andare.
Pochi centimetri ancora lo separavano da quelle labbra socchiuse dallo stupore, pochi centimetri per assaporare di nuovo quella bocca timida, così pochi centimetri che sentì il suo profumo di pesca. Irene gli aveva detto che era il suo shampoo preferito, ma secondo lui era il profumo della sua pelle e gli sembrava ancora più intenso, ancora più invitante e - porca miseria! - la pesca era il suo frutto preferito.
I loro nasi stavano per sfiorarsi, quando un maledettissimo cellulare squillò.




Conversazione di un altro tempo, un altro luogo, un universo parallelo (forse…), da:
consigli-pratici-per-amori-platonici.forumfree

LeonidaDiSparta: Ciao... non so bene da dove cominciare. Di solito non ho problemi con le ragazze, ma da qualche tempo ne ho solo una in testa. Siamo amici e non so proprio come fare a smuovere la situazione e poi lei non è una tipa qualunque, è... particolare. Insomma, cosa posso fare?

Pessimista03: Siete amici? Allora lascia perdere, è dagli anni 90 che Max prova a farcelo capire!!

Sognatrice4ever: “Da qualche tempo ne ho solo una in testa”... che carino @LeonidaDiSparta, si vede che sei proprio innamorato!!! Secondo me ogni situazione si può smuovere, con le parole giuste. Devi dirle quello che provi, magari fare un gesto carino per lei.

DownOnEarth: Fammi capire: non hai problemi con le donne, ma dici di non sapere cosa fare e chiedi consigli su un forum... che mucchio di stronxate!

TheBoss: Ehi, @LeonidaDiSparta, ti capisco sono in una situazione simile. Per adesso, secondo me, si può solo aspettare...

DownOnEarth: ...ma tirate fuori le palle!!!!!



Il mio angolino:
lascio a voi l'interpretazione della conversazione finale del forum (che ovviamente non esiste... spero).
Non odiatemi, "I'll be back" presto.
Alla prossima,
FatSalad
   
 
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