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Autore: Imperfectworld01    11/01/2018    0 recensioni
Amore [a-mò-re] s.m.
1. Forma di amnesia che colpisce una persona facendole dimenticare che al mondo ci sono altri 7 miliardi di individui.
"I hate you, I love you. I hate that I love you. Don't want to but I can't put nobody else above you"
Tratto dalla storia:
«Puoi avere tutte le ragazze che vuoi»
«Me ne frego di tutte. È te che voglio»
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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«Elisa, Elisa! Elisa, tesoro svegliati!» urla mia madre un odioso lunedì di dicembre.

«Ancora cinque minuti» mugugno.

«No, stavolta no. Sono già le 7:10»

«Che cosa?» dico rizzandomi in piedi. 
«Ma perché non mi hai svegliata prima?» dico correndo in bagno e facendo scorrere l'acqua della doccia.

«L'ho fatto. Venti minuti fa. Ma tu hai continuato a dormire. Sono stufa! Quando arriverà il giorno in cui ti sveglierai in orario?»

«Il 30 febbraio...»

«Quindi devo aspettare ancora tre mes... ehi!»

Io ridacchio ed entro in doccia.
Dopo essermi lavata velocemente il corpo, vado a vestirmi in fretta e furia.
Poi metto il profumo, mi lavo i denti, metto l'orologio e gli orecchini. Prendo lo zaino, il cellulare e la tessera dell'autobus.

«Io vado! Ci vediamo stasera, mamma!»

«Aspetta, non hai fatto colazione!»

«Non importa, è troppo tardi! Prenderò un panino a scuola!» dico chiudendo la porta di casa alle mie spalle.

Per fortuna ho la fermata dell'autobus a meno di cinque minuti da casa mia. 
Lo aspetto per dieci minuti e poi finalmente arriva. Accidenti, sono già le sette e mezza!

Se tutto va bene arriverò con soli dieci minuti di ritardo...

Alle otto spaccate l'autobus arriva a destinazione e io mi catapulto dentro scuola. 
Corro su per le scale ed entro in classe, con il respiro affaticato e i capelli da pazza.

I miei compagni si mettono a ridere non appena mi vedono.

«Smettetela» dico.

Mentre stavo salendo, ho visto la prof che stava parlando con delle colleghe e, quindi, mi siedo sul banco a parlare con Vanessa e Francesca.

Tuttavia, non sto prestando molta attenzione, poiché sono impegnata a guardare un gruppetto di compagni che fanno parecchio casino: Alice, Sara, Federico e Stefano. I due ragazzi si lanciano l'astuccio di Alice, la quale, insieme a Sara cerca di riprenderselo.

Molto maturi... Ma che importanza ha? 
Per me Stefano può fare quello che vuole, è così carino.

Le prime due settimane di scuola mi piaceva, ma poi col passare del tempo ho perso l'interesse per lui... Ok, forse non del tutto, visto che lo sto fissando da dieci minuti.

Mentre l'altro, Federico, non mi ha mai fatto tanto effetto... Piace ad almeno metà delle mie compagne, ma io non ci trovo nulla di speciale. Se devo dirla tutta, mi sembra un apatico. Anche mentre gioca a lanciare l'astuccio della sua compagna, se ne rimane lì con quell'espressoone seria e quasi indifferente.

Diamine, un sorriso non ha mai ucciso nessuno!

«Elisa! Mi ascolti?» urla Vanessa.

«Eh? Che c'è?» chiedo, smettendo di pensare.

«Ti ho chiesto se oggi vuoi venire con me al centro commerciale! È possibile che tu non mi ascolti mai?» esclama Vanessa un po' offesa.

«Scusami, ero distratta»

«Sì, come al solito» dice Francesca.

«Non direi...» tento di giustificarmi.

«Davvero? È la quinta volta in un mese che arrivi in ritardo!»

«Quella non si chiama distrazione, ma sonno» correggo la mia amica.

«Be', allora vieni? Fra ha già detto di no, oggi ha pallavolo. Tu vieni?»

«Ehm... venire dove?»

Vedo le vene del collo di Vanessa sporgere più che mai e gli occhi uscire dalle orbite e scoppio a ridere.

«Scherzo, scherzo!» dico alzando le mani. 
«D'accordo. Perché no?» aggiungo.

«Bene! Facciamo dopo scuola? Così mangiamo lì e poi andiamo a fare shopping»

«Ok. Lo scrivo a mia madre» dico prendendo il cellulare dalla tasca e scrivendo un messaggio a mia madre chiedendole il permesso.

Poi metto il cellulare in tasca e mi siedo. La professoressa di italiano sta entrando in classe.
Anche tutti gli altri compagni tornano ai loro posti.
Quando la prof entra, ci rialziamo.

«Sedetevi pure» dice la prof.

Dopodiché, invece che cominciare a spiegare, prende un foglio e inizia a scrivere qualcosa.
Io, Francesca e Vanessa ci scambiamo uno sguardo confuso, così come anche tutti gli altri.
Circa cinque minuti dopo, la prof parla.

«Bene, Moretti, alzati»

Ecco, ci mancava solo questa.

Un'interrogazione a sorpresa! Quella ce l'ha con me da quando l'ho corretta su un congiuntivo.

Mi alzo in piedi cercando di nascondere il nervoso e aspetto che mi faccia qualche domanda, ma niente.

«Vieni qui» dice facendomi cenno di andare alla cattedra.

Ho lo stomaco in subbuglio, non so se più per la fame o per l'ansia. Forse la seconda.

Sento tutti gli occhi puntati su di me. 
Questa è la fine.

La prof parla.

Ma non dice ciò che mi aspettavo.
Non è una domanda, è un'affermazione, un ordine.

«Sorate, spostati al posto di Moretti»

Sospiro di sollievo. È solo il cambio dei posti.

Cinque minuti dopo si sono spostati quasi tutti, manco solo io, che sono in piedi da dieci minuti.

«Rovati, tu rimani lì al primo banco, così potrò controllarti meglio»

Federico alza gli occhi al cielo.

«E... be', manchi solo tu, Moretti. Vai, spostati di fianco a Rovati»

Che cosa? Speravo di finire in un posto migliore, invece no. In prima fila! Di fronte alla cattedra, in bella vista, di fianco a quell'apatico.

Prendo il mio zaino e i miei libri dal mio vecchio posto e, cercando di trattenere il nervoso, li sposto di fianco al banco di Rovati. 
Vado a sedermi di fianco a lui e, quando incrocio il suo sguardo, sorrido, senza neanche saperne il motivo.

Quando la prof comincia a spiegare, la noia mi fa venire in mente un'altra pecca nell'essere in prima fila: non posso usare il cellulare!

Mi chiedo come faccia Rovati a starsene lì, fermo e zitto, gli occhi fissi verso la prof.
Quando si accorge che lo sto fissando per "studiarlo", mi giro subito da un'altra parte.

Che brutta figura, chissà cosa avrà pensato. E chissà per quanto sono stata a fissarlo.

«Ed è questo che Kafka voleva esprimere nel suo libro, Metamorfosi. Avete capito?»

Annuisco, senza nemmeno aver ascoltato una parola. Non riesco proprio a concentrarmi.

Ma non è colpa mia. Proprio non ci riesco, in questi giorni.

Ascolto per i primi dieci minuti e poi... ah, oggi io e Vane andremo a fare shopping! Che bello, adoro andare a fare compere! No, Elisa, concentrati.

«Mi raccomando, questa cosa ve la chiederò nella verifica di comprensione, segnatevela» la professoressa interrompe i miei pensieri.

Mi appunto ciò che ha spiegato sul margine del libro. Incredibile, mentre pensavo alle scarpe e ai vestiti, sono riuscita anche ad ascoltare la prof.

Un paio di minuti dopo vedo Rovati girarsi verso di me.

«Che cos'è che ha spiegato?» mi chiede.

Lo guardo un po' incredula. L'ha spiegato due minuti prima, perché non me l'ha chiesto subito?

La mia prima ipotesi lo vede come un ragazzo timido, anche se non mi sembra proprio. Ma è sempre meglio della seconda ipotesi, in cui lo ritengo un deficiente.

Durante l'intervallo prendo il cellulare ed esco dalla classe.

«Mia madre mi ha risposto, posso venire!» esclamo entusiasta a Vanessa, mentre scendiamo le scale per andare in atrio.

«Ok« mi dice lei non molto interessata.

«Hai sentito?» le chiedo.

«Sì, certo...»

Seguo il suo sguardo e lo vedo posato su un ragazzo.

«Oh, e quello chi è?» mi precede Francesca.

«Non lo so. Però è carino, no?»

Lo osservo meglio. Sì, è abbastanza carino. E mi sembra familiare.

«Quindi non lo conosci?» le chiedo.

«No. Però lo osservo da un po' di giorni qui a scuola»

«Ehi, ho capito chi è! È uno dei rappresentanti d'istituto» esclamo.

Essendo una delle rappresentanti di classe, l'ho già visto alle assemblee che si svolgono in Aula Magna.

«Come? Davvero è lui? Accidenti, sapevo che avrei dovuto candidarmi come rappresentante!»

Io rido.

«Devi presentarmelo, Eli»

«Ma come faccio? Non ho così tanta confidenza... e le poche volte che ci ho parlato era per parlare di scuola»

«Fa niente. Tanto è una causa persa» disse scrollando le spalle.

«E perché? Ha una ragazza?» chiedo dispiaciuta per lei.

«No, ma va in quarta»

«E perché è una causa persa se va in quarta?»

«Lui va in quarta e io in prima, non mi guarderebbe mai!»

«Ma che dici? Come puoi saperlo? Certo, se parti già negativa, non andrai lontano...» dice Francesca.

«Va be', smettiamo di parlarne!» dice scontrosa. 
«E smettetela di guardarlo, o capirà!» squittisce.

Io e Francesca ci guardiamo e alziamo gli occhi al cielo.

«Be', come vi trovate ai nuovi posti?» chiede Vanessa dopo un po', per cambiare discorso.

«Bene» dice Fra con un sorriso.
«Stefano è simpatico» aggiunge.

Che fortuna, quanto vorrei essere al posto di Francesca, letteralmente: il suo posto di fianco a Stefano.

«Anch'io non mi trovo male. E tu, Eli?»

«Di merda»

Francesca e Vanessa ridono.

«Dico sul serio. Non posso fare niente perché la prof mi vede e mi controlla, e in più non si può dire che Rovati sia di molta compagnia. Sembra... assente. E non ascolta una parola di quello che dice la prof»

«Forse era solo un po' addormentato, come tutti alla prima ora»

«Già... però poi chiede tutto a me! Be', fa niente. Vado un attimo a prendere qualcosa al bar, sto morendo di fame» dico allontanandomi.

Dopo scuola, saluto Francesca e vado con Vanessa alla fermata dell'autobus, per andare al centro commerciale.
Dopo aver mangiato qualcosa ad un fast food, andiamo in giro per i negozi, anche se sappiamo che non potremo comprare niente perché non avevamo programmato quest'uscita e non ci eravamo portate abbastanza soldi. 
Scegliamo un sacco di magliette, pantaloni e abiti ed entriamo nello stesso camerino per provarceli, visto che i camerini sono tutti pieni tranne uno. 
Purtroppo i camerini di quel negozio sono piccoli per una persona, figuriamoci per due. E quindi mentre Vanessa si toglie la sua maglia, io mi becco una sua gomitata.

«Ahia!» urlo.

«Scusami, Eli»

Mentre mi tolgo i pantaloni, do per sbaglio un calcio a Vanessa.

«Scusa» dico scoppiando a ridere subito dopo.

Qualche calcio e gomitata dopo, riusciamo finalmente ad indossare i capi che abbiamo scelto.

I jeans che mi sono infilata mi stanno pure male. Tutto quel casino per niente.

«Vado un attimo a metterli via» dico dopo essermi cambiata, uscendo dal camerino.

Davanti a me mi ritrovo un uomo della sicurezza con un'aria non molto allegra.

«Salve» dico imbarazzata, con un piccolo sorriso.

«Non si può stare in due in camerino»

Alzo gli occhi al cielo e vado a mettere a posto i jeans. 
Aspetto che Vanessa si provi i suoi vestiti e poi ce ne andiamo via, senza prendere niente. 
Dopo aver girato per ancora qualche negozio, torniamo ognuna a casa propria.

Il giorno seguente, stessa storia. Faccio fatica ad alzarmi ad un orario decente e devo prepararmi più velocemente che posso. 
Saluto mia madre, ed esco di casa.
Quando arrivo a scuola, entro in classe e faccio per andare al mio posto, ma vedo Rovati seduto sul mio banco, a parlare con Daniele e Stefano.

Con nonchalance, vado a sedermi di proposito sul suo banco e gli faccio un sorrisino beffardo quando se ne accorge.

Cercando di non farlo notare, comincio a guardare Stefano, che è lì davanti a me.

Ok, forse non è vero che non mi piace più... ma del resto, se in una classe di mostri, lui è l'unico carino... Peccato che io non gli interessi.

Suona la campana e io e Rovati scendiamo dai banchi, mentre Stefano, Daniele e gli altri che sono in piedi tornano a posto.
Poi io e Rovati ci sediamo ognuno al proprio posto.
Ci guardiamo per qualche secondo negli occhi e poi, quando la prof entra in classe, ci alziamo in piedi e insieme al resto della classe, esclamiamo «Buongiorno» guardando fisso il pavimento.
Quando la prof ce lo permette, ci risediamo.

«Bonjour» dice lei.

Dopo aver controllato il registro elettronico online, spegne il computer e prende la sua borsa.

«Ho corretto la verifica che avete fatto settimana scorsa» annuncia la prof di francese.

La prof inizia a chiamare alla cattedra in ordine alfabetico e a consegnare le verifiche corrette.
C'è chi è andato bene e fa dei sorrisi quando vede il proprio voto, e chi è andato male e abbassa lo sguardo tristemente.
Io sorrido quando vedo un 9 scritto in alto al foglio.
Vado a posto e riguardo la mia verifica.

«Com'è andata?» qualcuno mi chiede.

Io mi guardo intorno smarrita e poi mi volto a sinistra. È stato lui a chiedermelo. Wow, è forse la prima volta che mi rivolge la parola, escludendo le volte in cui mi ha chiesto i compiti o delle spiegazioni.

«Ehm, bene...» dico con un sorriso imbarazzato.

Lui invece non sorride. Che nervoso quel ragazzo! Se qualcuno ti sorride, tu dovresti ricambiare il sorriso.
Altrimenti quale soddisfazione mi da un'espressione seria e monotona?

Non l'ho mai visto sorridere, come se non ne avesse mai avuto un motivo... Io sorrido sempre. Anche per le cose più stupide. O quando sono in imbarazzo, come adesso.

Rimango a scrutare il suo viso per un po'. 
Ha dei lineamenti molto fini. E i suoi occhi azzurri da cerbiatto mi incantano. Ha un'aria così innocente e innocua, e invece lui è tutt'altro.

Una persona innocente e innocua, è semplice, felice... lui, invece... sembra sempre arrabbiato o triste.

Una voce distoglie la mia attenzione da lui.

«Rovati» lo chiama la prof.

Lui si alza e va a ritirare la sua verifica.
Non riesco a sentire che cosa gli dice, né a decifrare la sua espressione.

E per forza, ne ha solo una! È la stessa quando è triste, felice, incazzato, nervoso e non so cos'altro... non lo sopporto proprio.

Poi torna a posto e posa la verifica sul banco.
Alzo il collo per cercare di vedere il voto.
Lui si volta verso di me e mi guarda male.
A quel punto mi volto dalla parte opposta, imbarazzata. 
Poi sento il rumore del foglio della sua verifica che viene voltato.

Perché vuole nascondere il suo voto?

Forse sono troppo sfacciata e invadente, ma sono curiosa.

«Allora, com'è andata?» gli chiedo.

Lui non risponde e alza le spalle.

«Quindi è un bene o un male?»

«Ma che t'importa?» mi chiede in tono brusco.

"Be', io... anche tu me l'hai chiesto..."

«Era solo una domanda che si fa di solito, senza alcun interesse!»

«Oh... be', a me invece interessa. Quanto hai preso?» dico cercando di prendere il suo figlio.

«Ma fatti i fatti tuoi! Sei un'impicciona!» dice con una vena che gli pulsa sul collo, strappandomi il foglio dalle mani.

«Scusa, non pensavo che ti saresti arrabbiato così tanto... come sei nevrotico...»

«Nevrotico? Io sarei nevrotico?»

«Sì, direi di sì»

«Ma sentila! Impicciona»

"Nevrotico!"

La prof ci zittisce e noi alziamo gli occhi dal cielo.
Non ho mai conosciuto un ragazzo così insopportabile, nevrotico, maleducato e impertinente in vita mia.

Questo è il prjmo capitolo della mia storia! Che ne pensate? :)

 
 
   
 
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