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Autore: ArrowVI    11/01/2018    3 recensioni
L'Arcadia, un luogo idilliaco dove chiunque vive in tranquillità ed armonia, la nazione con meno criminalità e la qualità di vita migliore fra tutte...
Fino a quando rimani all'interno delle mura della sua capitale.
Dietro la facciata di "Nazione perfetta", si cela un lugubre teatro dove chi non è considerato utile alla nazione viene rapidamente allontanato, un mondo dove coloro che sviluppano abilità speciali sono considerati demoni e prontamente eliminati.
Si dice che la luce della speranza possa nascere anche nei luoghi più bui... Sarà veramente così?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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  Prologo: Arcadia


Ti sei mai chiesto se questo mondo sia giusto? ~

Furono le parole che sentii quella mattina di quindici anni fa, non appena aprii gli occhi. Confuso e spaventato, mi guardai intorno.
Non vi era nessuno.
Cominciai a respirare faticosamente, in preda all'ansia.
Ero ancora disteso nel mio letto, con le coperte addosso e un pigiama azzurro chiaro.

<< Fratellone? >>
Domandai, alzandomi lentamente dal letto e sedendomi sul bordo.
Le mie labbra tremavano, e mi guardai ancora più attentamente intorno. Avevo appena sei anni quel giorno, incredibile come sia passato rapidamente il tempo...
Tutto era come lo avevo lasciato il giorno prima: davanti a me, dall'altro capo della stanza, la scrivania con le mie matite e i disegni. Guardai in ogni direzione alla ricerca della persona che mi aveva detto quelle parole, e per un istante il mio sguardo si posò sulla libreria che mio padre aveva messo nella stanza, nel disperato tentativo di farmi leggere.

Nessuno era uscito dalla stanza, visto che non avevo sentito il rumore della porta che si chiudeva.
Mi abbassai di scatto, guardando sotto il letto. 
Mio fratello adorava farmi degli scherzi, quindi mi aspettai di trovarlo li sotto... L'unica cosa che vidi fu la polvere e qualche matita.

< Me lo sono immaginato? >
Mi domandai, sollevandomi e guardando il letto, ancora turbato.
Poco dopo il mio sguardo cadde sul comodino, in particolare sull'orologio. Erano le nove del mattino.
Mi diressi verso la finestra, spalancai le tende e la aprii. Rimasi in silenzio a guardare l'orizzonte, con lo sguardo fisso sulla capitale... O dovrei dire, sul muro che separava i villaggi dalla capitale.
In quel periodo non mi chiedevo il perché di quella muraglia.

<< Me lo sono immaginato. >>
Dissi a nessuno, allontanandomi dalla finestra, cercando di convincermi.

Subito dopo sentii bussare nella porta della mia camera.

<< Gilles? Sei sveglio? >>
Mi domandò mia madre, mentre aprì lentamente la porta.
Non appena la vidi, le corsi rapidamente contro e la abbracciai.

<< Mamma! Mi è sembrato di sentire qualcuno... >>
Le dissi, appoggiando la mia testa nel suo petto.

<< Era solo un brutto sogno, Gilles. Non preoccuparti. >>
Mi disse, con un tono gentile, mentre mi scompigliò gentilmente i capelli.
Lasciai la stanza insieme a lei, tenendola per mano e sorridendo.

Ci separammo davanti al bagno.

<< Non metterci troppo tempo, la colazione è pronta. Tuo padre e Viktor stanno già mangiando. >>
Mi disse, sorridendo, mentre scese le scale.

Entrai nel bagno, afferrando il mio spazzolino e il dentifricio. 
Mi guardai allo specchio, dopo essere salito su uno sgabello.

~ Begli occhi. Color oro. ~

Sentii dire da quella voce maschile e autoritaria.
D'istinto feci un verso spaventato, cadendo giù dallo sgabello con un grosso tonfo.
In pochi istanti, mia madre tornò da me correndo, e mi avvolse tra le sue braccia, preoccupata.

Stavo piangendo, ma non per il dolore.
Quella voce era reale... Ma decisi di non dire niente. Non accadeva niente di bello a chi sentiva voci, ed io ero spaventato... Troppo spaventato.
Per il resto della giornata continuai a sentire quella voce. Commentava le mie azioni, il mio aspetto... Ogni cosa.

~ Hai davvero dei capelli molto strani... Viola, con una chiazza bianca proprio sopra l'orecchio sinistro. ~

Mi disse ad un certo punto. Da come parlava, sembrava quasi che fosse al mio fianco.
Volevo ignorarlo. Provai ad ignorarlo. 
Corsi nel cortile, cercando qualcosa da fare per non pensare a quella voce che mi perseguitava, ancora convinto che fosse uno strano scherzo architettato in qualche maniera da mio fratello.... Quando lo sentii.

<< Sparisci! >>
Urlò una donna.

<< Sei un demone, come hai potuto starci vicino tutto questo tempo?! >>
Esclamò un uomo.

Quelle voci provenivano dalla strada, ma non potevo vedere nulla a causa dell'alto muro in pietra che ci separava. Continuai a sentire urla, strani colpi e fischi per dei minuti che sembravano infiniti.
Incuriosito, mi mossi verso il cancello in metallo, e lo aprii lentamente.

Ciò che vidi quel giorno, credo mi abbia cambiato per sempre.
Una enorme folla si era radunata a pochi metri di distanza dalla mia casa, occupata a tirare sassi verso qualcuno.

La "vittima" era un uomo, non molto vecchio, con un accenno di barba bianca e degli occhiali che coprivano i suoi occhi grigi, abiti da dottore e pantaloni scuri.
Una delle lenti dei suoi occhiali era rotta, forse a causa di una pietra.

La folla continuava imperterrita a scagliare sassi e insulti verso quell'uomo, chiamandolo "mostro", "demone", "stregone", ma, nonostante tutto, quell'uomo era impassibile.
Era inginocchiato nel terreno, con qualcosa tra le braccia e lo sguardo, triste, rivolto verso il basso.
Incuriosito, mi avvicinai lentamente, appoggiandomi al muretto di casa, senza farmi notare.

La curiosità di un bambino, si tramutò rapidamente in terrore e rammarico.
Non appena capii cosa stesse reggendo, mi inginocchiai nel terreno urlando e piangendo.

<< Qualcuno porti via quel ragazzino, non è uno spettacolo adatto a lui... >>
Disse l'uomo che stavano lapidando, notandomi.
Nessuno fece caso alle sue parole, quantomeno a me.

Quell'uomo stava sorreggendo il corpo privo di vita di una ragazzina, forse aveva la mia stessa età o poco più. Del sangue le colava dalla fronte, forse era stata colpita da una pietra.
Fino a quel momento non ci feci caso, ma... Tutte le pietre che gli venivano scagliate contro cadevano al suolo: rimbalzavano tutte su una strana cupola trasparente che lo avvolgeva.

Improvvisamente, qualcuno mi raccolse da terra e mi sollevò: era mia madre.
Mentre mi riportò dentro casa, mi voltai di nuovo verso l'uomo, ancora in lacrime. Il vecchio mi sorrise.

<< Mamma, perché stavano facendo del male al dottore? >>
Le domandai, mentre mia madre mi asciugò le lacrime.

<< Non temere, Gilles. Quell'uomo è un mostro, e come tale deve essere cacciato... Non preoccuparti, non ti farà del male. >>
Mi rispose, abbracciandomi.

In verità, quell'uomo non è mai stato una minaccia... Anzi, è stato di grande aiuto al vostro villaggio più volte. ~

Sentii dire da quella voce.
Anche stavolta decisi di ignorarla... Ma capii che aveva ragione.


Passarono mesi, durante i quali continuai a sentire quella voce almeno due o tre volte al giorno. Potevo parlarci, ma non mi rivelò il suo nome.
Alla fine, quel giorno, decisi di parlare con la mia famiglia.

Credevo che mi avrebbero capito...
Speravo che mi avrebbero aiutato...
La loro reazione, non appena dissi loro che potevo sentire una voce, non fu quella che mi aspettavo.

Mia madre, sentendo le mie parole, lasciò cadere dei piatti in terra. Aveva una espressione terribile in volto, e mi diede un forte schiaffo.

<< Non scherzare su queste cose, Gilles! >>
Mi rimproverò. 
Il suo sguardo era un misto di paura e rabbia.

<< Non... Sto scherzando, mamma! >>
Le dissi, in lacrime, mentre mi portai una mano nella guancia.
Mio padre si mosse minacciosamente verso di me, e mi afferrò per un braccio.

<< Smetti di dire idiozie, Gilles! >>
Mi disse, stringendo la presa.

<< Mi fai male, papà, mi fai male! >>
Esclamai, in lacrime, mentre cercai disperatamente di fargli lasciare la presa.
Voltai lo sguardo verso mio fratello, cercando il suo aiuto, ma lui non mi guardò nemmeno in faccia. Rimase in silenzio.

Cercai di liberarmi dalla presa di mio padre, quando accadde ciò che avrebbe segnato una svolta nella mia vita.

Dal palmo della mia mano sinistra uscì un nastro viola, che iniziò a roteare in aria.
Mio padre venne ferito da una frustata in volto, e cadde nel terreno, dolorante. 

Rimasi in silenzio, spaventato e sopreso, osservando quel nastro viola che era comparso dal palmo della mia mano, e che fluttuava in aria come una piuma.
Subito dopo, sentì un urlo terrorizzato.

Mia madre si appoggiò alla cucina, afferrando un coltello, tremando.
Era in lacrime.

<< N- Non sei mio figlio! Sei un mostro! >>
Esclamò, puntandomi contro il coltello.


Sentendo quelle parole smisi di piangere. Guardai mia madre, in silenzio, con occhi e bocca spalancati... 
Poi scappai. Uscii nel cortile e corsi via, verso il bosco in distanza.

Mi sentivo solo, ferito, spaventato, ma continuai a correre... Non so per quanto tempo. Durante quella corsa, quel nastro scomparve nel nulla, allo stesso modo di come era apparso.
Poi, ad un certo punto, lo vidi.
Un uomo, nel mezzo della foresta, insieme ad un piccolo gruppo di persone.
Si mosse verso di me, inginocchiandosi nel terreno.
Istintivamente, feci un passo all'indietro, allontanandomi da lui.

<< Chi sei tu, ragazzino? Ti sei perso? >>
Mi domandò, con un tono gentile.

Le parole di mia madre mi rimbombarono in mente.

<< Sono un mostro... >>
Gli risposi, trattenendo le lacrime ed evitando il suo sguardo.

L'uomo mi guardò in silenzio per qualche secondo, poi un grosso e gentile sorriso apparve nel suo volto. Mi portò una mano nei capelli e iniziò a scompigliarmeli. 

<< Be', allora sei nel posto giusto, ragazzino. Qui siamo tutti dei "mostri". >>
Mi disse, sorridendo.

In quell'istante, lo riconobbi.
Era l'uomo che mesi prima venne cacciato a sassate dal villaggio.


Quello fu solo l'inizio di ciò che dovetti affrontare... 
O, dovresti dire, ciò che noi abbiamo dovuto affrontare? ~


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Grazie dell'attenzione! Spero che la storia sia stata di vostro gradimento: alla prossima!
Vi assicuro che ho grossi progetti per questa avventura! 

 
   
 
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