Vento d'estate


- L'avresti mai immaginato? - Me lo chiede con gli occhi socchiusi, in un sussurro che si sarebbe perso nel fruscio delle tende, smosse dal maestrale, se non fosse che è steso ad un soffio da me.

La vacanza in Italia è stata una sua idea.
“Cambiamo aria”, “voglio vedere il mare”, “per una volta possiamo scappare”, “proviamoci almeno!”, “ti prego”, “pensa, solo io e te”, “solo per qualche giorno”.
Il cottage che ha affittato è su una spiaggia, ai confini di un paesino di poche anime, dove la magia è scomparsa da anni. Di notte però si vedono le stelle.

Di giorno, invece, l'acqua è ghiacciata e la sabbia rovente.
Mi sono scottato il naso e lui non fa altro che prendermi in giro. Prima di baciarmi i capelli intrisi di salsedine.
Passiamo ore a nuotare e ore al sole, come lucertole pigre.
Poi la signora Marì, la proprietaria del cottage, ci porta il pranzo. O un dolce. O della frutta appena colta.
“Venitevi a pigliare il caffè, ragazzi...coffee!”, trilla gioviale, trascinandoci in paese.

Per i vicoli il tempo sembra essere rimasto sospeso, gli occhi dei vecchi ci seguono mentre passeggiamo.
E' una sensazione strana: non da fastidio questa invadenza, sembra quasi dire “eccoti, ti vedo” e l'essere visti è un balsamo, una cura. Ti fa sentire presente, protetto.
Sono occhi che accolgono, scivolano sulle nostre dita intrecciate in un nodo saldo, senza giudicare.

La piazza è il cuore del paese. La sera, il bar, l'unico bar, mette su un disco jazz, sempre lo stesso.
Lui ne va matto, segue il ritmo con i piedi. Ogni tanto balliamo. Qualcuno applaude. Qualcuno ride del mio imbarazzo. O solo per allegria.
Quando il bar chiude ci si saluta con tutti e torniamo al nostro relativo isolamento.

Il cottage è piccolo e senza pretese.
Dalla veranda si entra in un salottino con angolo cottura. Due porte conducono alla camera da letto e al bagno.
Non ci si può evitare in una casa del genere. Non si può discutere e mantenere il punto.
Siamo troppo vicini per non fare pace. Le sue spalle dorate sono un richiamo troppo forte da ignorare.
Ci addormentiamo avvolti in un dolce languore. Gli incubi qui non arrivano. E ci svegliamo nel silenzio e nel dubbio di non esserci realmente svegliati. Di essere entrati in un altro sogno.

Ma è tutto vero e lui aspetta una risposta, paziente, un sorriso lieve sulle labbra, una tensione impercettibile nella mascella.

Come lo spiego?
Come spiego all'uomo che ho di fronte che no, non l'ho mai immaginato.
E non perchè lui fosse Harry Potter, il Bambino Sopravvissuto, e io Draco Malfoy, il Mangiamorte.
Ma perchè non c'era un futuro da immaginare.
Perchè gli errori si erano accumulati fino a formare delle mura troppo alte da scalare.
Perchè il futuro non andava oltre domani.
Perchè una voce sibilante poteva spazzare via tutto in un attimo.

Come fargli capire che ha nelle mani lo stesso potere di quell'uomo terribile?
Che non oso immaginare per paura che un giorno tutto questo si riveli nulla più che una parentesi, un segreto da seppellire in spiaggia.

La brezza è diventata soffocante.
Mi siedo, appoggiando la schiena alla testiera del letto, cercando di mettere un po' di distanza fra me e lui.

- Non essere sciocco, Potter. -

Cerco di liquidarlo.

- Sei pieno di spine, Malfoy... -

Sorride, tirandosi su e sporgendosi verso di me.
Mi posa un bacio impercettibile sull'orecchio.

- ...sposami. -

THE END