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Autore: JoiningJoice    13/01/2018    3 recensioni
Non gli era mai successo di sentirsi tanto indifeso di fronte ad un sorriso – ma d'altro canto non aveva mai guardato il sole dritto in faccia.
Hoseok è il nuovo arrivato al dormitorio, e Yoongi non riesce proprio a capire cosa gli passi per la testa.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Kim Namjoon/ RapMonster, Min Yoongi/ Suga
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Alone Together

(I don't know where I'm going, but I don't think I'm coming home)




- ...se fossi stato una ragazza mi sarei sicuramente innamorato di lui! -


Le parole scivolano dal sorriso di Hoseok; lente, gocciolano dalle sue labbra e a Yoongi, congelato nell'istante in cui le ha pronunciate, sembra quasi di vederle solidificarsi. Assumono la forma di una condanna a morte che pesa sulla sua schiena e rallenta i battiti del suo cuore – e l'aria all'improvviso si è fatta più rarefatta, giusto? Non è colpa sua se tutt'a un tratto respirare richiede uno sforzo enorme, non può essere semplicemente qualcosa che sente--

Il gomito di Hoseok lo colpisce con gentilezza, ma è abbastanza perché torni sul pianeta terra, in uno studio radiofonico di Seoul che fino a poco prima gli sembrava enorme e luminoso e stipato fino al soffitto di tutto ciò che ama osservare e studiare e che ora gli sembra una prigione minuscola, tanto piccola da impedirgli di muovere liberamente braccia o gambe. Rivolge un sorriso instupidito all'espressione di Hoseok, che come sempre gioca il ruolo del suo boia tanto quello del suo angelo custode e lo salva da quella situazione imbarazzante.

- Dicevo che probabilmente non ti ricordi di quel Capodanno. - Ripete, ridendo per sdrammatizzare il proprio imbarazzo e la momentanea assenza di Yoongi. Lui si schiarisce la voce con un colpo di tosse, ancorandosi al presente. È lì, adesso, e deve rispondere per evitare ad entrambi, al DJ e all'intera radio una pessima figura. I momenti morti non esistono, in radio.

- A dire il vero me lo ricordo. - Risponde, e il blocco di ghiaccio attorno al suo petto si scioglie come neve sotto il sole che è il sorriso sollevato di Hoseok. Lo osserva chinare lo sguardo sulle proprie unghie e sfregare contro di esse il pollice, in imbarazzo – e all'improvviso la frase che ha appena pronunciato minaccia di tornare a prendere possesso dei pensieri di Yoongi che si autoimpone di parlare, parlare a vanvera senza rivelare niente di quanto pensa veramente. - Mi dispiaceva saperlo solo al dormitorio. Era arrivato da poco meno di una settimana, e fortunatamente ero nei paraggi quando ho ricevuto la telefonata. Mi è sembrata la cosa giusta da fare. -


*


( Mi dispiaceva saperlo solo al dormitorio )

Fino all'ultimo aveva sperato che fossero i suoi genitori a raggiungerlo a Seoul per trascorrere il Capodanno con lui: non gli piaceva l'idea di distaccarsi dal dormitorio ora che iniziava a somigliare più ad una sistemazione definitiva che ad un albergo. Ma poi era arrivata la telefonata di sua madre, la mattina di Natale – e il suo tono preoccupato era bastato a fargli capire che né lei né suo padre avrebbero potuto prendersi una vacanza dal lavoro.

- Verrò io. - Le aveva detto, senza neppure lasciarle il tempo di spiegare la questione. Lei aveva sospirato, chiaramente dispiaciuta.

- Yoongi, sappiamo entrambi che la compagnia non può permettersi di pagarti il viaggio. -

- Lo pagherò coi miei soldi, infatti. - Aveva borbottato, sminuendo il problema; in quel preciso istante aveva acceso la luce della sala e quasi aveva lasciato cadere il telefono per terra: ad attenderlo sul divano aveva trovato una massa informe di coperte ed arti che solo dopo qualche istante confuso avevano preso la forma del nuovo arrivato, sistematosi nell'appartamento appena il giorno prima. Yoongi non aveva ancora memorizzato il suo nome, ma in quel momento era certo che difficilmente avrebbe dimenticato il disastro che era la sua faccia di prima mattina. - Tu non preoccuparti, mamma. Ti telefono per dirti quando arrivo. -

Alla lunga pausa da un capo all'altro della comunicazione – pausa durante cui Yoongi e il nuovo arrivato avevano fatto poco più che fissarsi con un sentimento non del tutto diverso dalla diffidenza – era seguita la voce di sua madre che gli chiedeva di pensarci, lo ammoniva sul fatto che un Capodanno lontano da casa non fosse poi un così grande problema e gli augurava una buona giornata. Yoongi aveva riattaccato e aveva proseguito verso la cucina, come se la presenza del nuovo arrivato non lo tangesse minimamente. In realtà lo tangeva abbastanza: perché aveva dormito sul divano? Era un suo dongsaeng, e non si era neppure premurato di chiedere scusa per il proprio comportamento – non l'aveva neanche salutato. Pensieri nervosi avevano attraversato la sua mente ancora annebbiata dal sonno e dalla pessima notizia ricevuta, fino al momento in cui non era tornato sui suoi passi e si era degnato di lanciargli un'altra occhiata.

Se non l'avesse mai fatto forse non si sarebbe ritrovato a correre come un forsennato per le strade di Seoul neppure sei giorni dopo – ma in quel momento tutto ciò che aveva sentito era stato un sottile velo di vergogna intento a discendere sulle sue spalle per posarsi sopra di lui con la delicatezza di uno schiaffo: nello sguardo del ragazzo, ora seduto sul divano con le gambe troppo magre vicine al petto e un broncio a decorargli il viso, non c'era niente di quanto Yoongi aveva presunto di trovare – solo una tristezza infinita. Eppure si era sottratto ai propri pensieri infelici e aveva abbozzato un sorriso quando l'aveva visto passare di nuovo, come se far piacere a lui fosse più importante di qualunque altra cosa al mondo.

- Torni a casa per le vacanze, hyung? - Aveva chiesto. Yoongi aveva sentito la presa sul bicchiere d'acqua indebolirsi appena: quella voce profonda e seria sembrava quasi fuori luogo in un viso e in un corpo tanto fragile. “Ma non è fragile”, aveva pensato: “È il nostro main dancer. È fragile solo in apparenza.”

- Tu no? - Aveva domandato di rimando, evitando di rispondere con un'affermazione ad un quesito di cui ancora non conosceva la risposta: non era certo che le sue finanze potessero permettergli un viaggio fino a Daegu, in quel momento. Il ragazzo – il suo nome iniziava con Ho, Ho-qualcosa – aveva scosso la testa.

- Non possono rimandarmi a casa dopo appena una settimana. - Aveva sollevato una mano e per un momento Yoongi aveva creduto che gli stesse mandando un cuore con le dita – sentendosi un idiota totale subito dopo, nel realizzare che invece stava mostrandogli l'universale gesto per indicare il denaro sonante. In quel preciso contesto, la mancanza di esso.

- Oh. - Era stata l'unica risposta che gli era passata per la mente in quel preciso istante. L'aveva fissato angosciato e aveva distolto lo sguardo quando l'aveva sentito tirar su col naso. - Mi dispiace. -

E nel dirlo Yoongi aveva scoperto di sentirsi davvero dispiaciuto per quel ragazzino che sembrava fragile ma non era fragile, che aveva deciso di dormire sul divano durante la sua prima notte trascorsa in una vita in cui era difficile sopravvivere e da cui era quasi altrettanto difficile scappare – aveva scoperto che immaginarlo solo, circondato esclusivamente dal silenzio dell'appartamento e dal caos dei fuochi artificiali appena al di fuori di esso, lo faceva sentire quasi in colpa. Non erano parole di circostanza, e qualcosa nello sguardo del ragazzo – Hoseok, aveva realizzato improvvisamente: Jung Hoseok – gli aveva suggerito che nonostante il suo tono pacato il messaggio lo aveva raggiunto e toccato veramente.

Gli aveva sorriso. Yoongi si era sentito morire – questa volta aveva stretto la presa sul bicchiere tanto da sentire l'acqua ghiacciata intorpidirgli la pelle.

- Non importa. - Aveva risposto, alzando le spalle. - Ma grazie, hyung. -

Non aveva smesso di sorridergli, e Yoongi aveva avuto la certezza che se fosse rimasto un po' più a lungo a fissare quel sorriso modesto ma luminoso l'acqua gelida nel suo bicchiere sarebbe diventata rovente. Si era ritirato in camera da letto senza neanche rispondergli, sopraffatto dalla timidezza.

Non gli era mai successo di sentirsi tanto indifeso di fronte ad un sorriso – ma d'altro canto non aveva mai guardato il sole dritto in faccia.


( Era arrivato da poco meno di una settimana, )

- Allora io vado. -

Hoseok aveva sollevato lo sguardo dallo schermo del proprio laptop e aveva emesso un verso quasi sorpreso, un “Hmm?” indifferente che non sarebbe riuscito ad ingannare Yoongi nemmeno se fosse stato il peggiore degli idioti. Era rimasto fermo nell'ingresso a ciondolare, rimandando il saluto definitivo – una mano sul manico del trolley, l'altra intenta ad afferrare a intermittenza il mazzo di chiavi nella tasca destra del giubbotto.

- Ho detto che vado. - Aveva ripetuto, ciondolando un po' più violentemente. Hoseok aveva annuito, senza mostrargli alcuna particolare reazione. In sei giorni appena aveva avuto modo di farsi l'idea che Hoseok fosse una persona gentile e buona, ma riservata – apparentemente era anche un totale deficiente. - Torno a Daegu, Hoseok. Per Capodanno. -

Un altro cenno affermativo della testa; Yoongi aveva sentito il risentimento prendere la forma di un mostro e minacciare di strappargli il petto. - Buon Capodanno, hyung. Fa buon viaggio. -

Era stato in quel preciso momento che Yoongi aveva davvero, davvero sentito il bisogno di mettersi a urlare – “Fai ancora in tempo a fermarmi, scemo! Basta che tu me lo chieda! Non posso lasciarti da solo, ma non posso neanche dare un'altra delusione ai miei genitori!”; neanche nelle sue fantasie più recondite e liberatorie era in grado di ammettere che una parte di lui desiderava sinceramente poter rimanere, senza una reale motivazione che non fosse la necessità di confortare e farsi confortare da quel pallido raggio di sole che lo fissava dal divano. Ma Yoongi non aveva urlato contro Hoseok e non si era liberato del proprio confuso turbamento: aveva finalmente afferrato il mazzo di chiavi, il metallo ormai tiepido a causa del tepore del suo palmo, e aveva aperto la porta di casa. - Buon Capodanno. - Aveva borbottato, senza voltarsi a guardare se Hoseok stesse ancora fingendo che quella situazione gli andasse a genio.


( e fortunatamente ero nei paraggi quando ho ricevuto la telefonata. )

L'unica stazione da cui ancora partivano treni per Daegu distava non meno di venti fermate di metropolitana dal loro appartamento, e Yoongi aveva passato la tratta di diciotto di esse stipato tra pendolari sudaticci e ansiosi di poter tornare a casa per dare il via ai festeggiamenti, poco importava che fossero appena le quattro del pomeriggio. L'unica sua distrazione erano stati i messaggi di Namjoon, già alticcio nonostante l'orario: non aveva potuto fare a meno di sorridere ad ogni errore d'ortografia e ad ogni messaggio inviato prima di essere concluso. Gli aveva persino mandato un paio di foto decisamente troppo sfocate per essere considerate poco più che dei terribili errori: in una si intravedeva il viso di una ragazza (“hyung, ti presabto mia sorlla!!”) mentre nella seconda erano visibili solamente una narice e parte dell'occhio destro di Namjoon (“Sno proprio feliCE di poter lavorare con qualcno di talentuoso come te, hyung!!! BUON ANO!!”). Yoongi aveva riso dell'incredibile capacità di Namjoon – come potesse sbagliare a scrivere anno ma riuscire a scrivere talentuoso andava aldilà della sua capacità di comprensione – ed era uscito dalla chat con il cuore un po' più leggero...per dieci secondi, circa. Poi il suo sguardo era caduto su un nome che rientrava appena nella schermata, quello di Hoseok – e il suo malumore, della cui origine e natura Yoongi non era del tutto sicuro, era rapidamente tornato a farsi sentire. Era sceso alla sua fermata con il pollice che ancora sorvolava il nome di Hoseok, e solo in uno scatto di nervoso più intenso dei precedenti si era deciso a premere su di esso ed iniziare e digitare nella chat ancora vuota.

- Sei...sicuro...che non ti dispiaccia...rimanere da solo? - Aveva borbottato digitando, come per confermare a se stesso ciò che stava scrivendo; poi si era fermato nel bel mezzo della banchina, l'espressione contratta e il pollice che sfiorava lo schermo in prossimità del tasto d'invio. Cosa avrebbe pensato di lui Hoseok, se avesse insistito tanto per una questione che lui non aveva neppure sollevato? Forse davvero non gli dispiaceva rimanere solo. A Capodanno. In una metropoli sconosciuta.

- Così non va. - Aveva sospirato, chiudendo gli occhi per darsi un contegno. Era il suo hyung, che si preoccupasse non era assolutamente fuori dall'ordinario – ma un messaggio non sembrava il modo corretto per risolvere la questione. Ancora ad occhi chiusi, aveva pensato ad Hoseok e all'ormai familiare immagine del fagotto di coperte raggomitolato sul divano. Una notte gli era sembrato persino di sentirlo piangere... no, un messaggio decisamente non sarebbe bastato. Aveva riaperto gli occhi e aveva premuto sul simbolo della cornetta accanto al nome di Hoseok prima di poterci ripensare.

Il telefono aveva squillato cinque volte; al terzo squillo ogni muscolo del corpo di Yoongi gli aveva urlato di riattaccare e non pensarci più, correre fino alla stazione e saltare sul primo treno per Daegu e possibilmente morire durante il viaggio per non dover affrontare l'espressione di Hoseok quando avesse fatto ritorno al dormitorio – ma poi una voce vagamente nasale aveva risposto timidamente e Yoongi era quasi saltato sul posto, trascinato via dalla propria visione di morte e distruzione e di nuovo nell'imbarazzante presente.

- Sì...? -

- HOSEOK! - Aveva praticamente urlato. Una coppia di anziani si era voltata a guardarlo. - Sono Min Yoongi. -

Una breve pausa. - Sì...sì, hyung. Hai dimenticato qualcosa a casa? -

“Un metro e settanta di ballerino.” - No. - Aveva risposto, un po' più sciolto di prima. Aveva preso fiato, rimproverandosi di non aver pensato bene a cosa dirgli una volta che avesse risposto – ma quando aveva finalmente parlato le parole erano uscite naturali e morbide, in preda ad un flusso di coscienza senza precedenti. - So che non lo ammetteresti mai, so che ci conosciamo ancora poco e non dev'essere facile aprirsi tanto a quello che per ora per te è ancora un estraneo, ma...stai bene? Sei sicuro di voler rimanere da solo a Capodanno? -

Dall'altro capo del telefono non era giunto un singolo suono; non fosse stato per i rumori della metropolitana in arrivo e in partenza ed il chiacchiericcio distante, Yoongi avrebbe pensato di essere diventato del tutto sordo. Poi Hoseok aveva emesso un rumore terribile quanto familiare, e Yoongi l'aveva immaginato a tirare su col naso come la prima notte al dormitorio, come la volta in cui l'aveva sentito piangere.

Subito dopo era esploso a ridere.


( quando ho ricevuto la telefonata )

Aveva riso per un tempo che a Yoongi, infreddolito e completamente derubato dalla consapevolezza di sé, era sembrato infinito. All'improvviso al mondo non era esistito nessun altro – era rimasto solo, e la risata di Hoseok era l'unico suono che lo faceva sentire vivo e reale.

Per un momento l'aveva odiato sinceramente.

- Grazie per aver chiamato, hyung. Grazie per avermelo chiesto. - L'aveva sentito mugolare. Aveva la voce rauca: il pensiero che avesse pianto aveva gelato Yoongi molto più del freddo. Non era mai stato bravo a gestire le persone emotive, era stato un terribile errore, e forse Hoseok non l'avrebbe odiato troppo se avesse chiuso la telefonata in quel momento. - A dire il vero no, non sto bene. -

Qualcosa dentro di lui si era ammorbidito, e prima di riuscire a mettere un filtro tra i suoi pensieri e la sua bocca Yoongi aveva mormorato: - Ti manca Gwangju? -

Hoseok forse aveva annuito, perché c'era stata una breve pausa. - Sì. -

Yoongi aveva stretto il telefono, fin troppo in grado di identificarsi perfettamente con quella stupida nostalgia. - Ti manca la tua famiglia? -

Un'altra pausa. - Sì. -

Poi, finalmente, Yoongi aveva trovato il coraggio di chiedergli ciò che aveva voluto chiedergli da quando aveva lasciato l'appartamento. - Vuoi che torni a casa? -

Quell'ultima parola aveva aleggiato tra di loro con la potenza dello sparo di un cannone. Yoongi conosceva il peso delle parole, era ciò con cui lavorava – eppure non si era mai reso conto veramente di quanto incisivo ed importante potesse essere definire un luogo come la propria casa. Questa volta la pausa era stata decisamente più breve, il tono di Hoseok più dispiaciuto. - Hyung, non devi... -


( fortunatamente ero nei paraggi )

Aveva fissato la mappa della metropolitana. Quindici minuti d'attesa e poi almeno altri quaranta per tornare esattamente da dov'era partito, soffocato da pendolari, bambini urlanti e probabilmente un paio di idioti che avrebbero tentato di sfilargli il portafogli o il cellulare dalle tasche.

Aveva sorriso, come se Hoseok – l'unica persona a cui avrebbe voluto mostrare il proprio sorriso, in quel momento – potesse vederlo.


( Mi è sembrata la cosa giusta da fare. )

- Troppo tardi. - Aveva mormorato. - Cosa vorresti mangiare per cena? -


*


E alla fine, nonostante abbia parlato per almeno cinque minuti interrotto solamente dalla risata di Hoseok e da qualche occasionale commento del DJ, non ha raccontato niente di quanto è accaduto veramente. Racconta di com'è tornato a casa, ma non parla di com'è quasi inciampato nello spazio tra il vagone e la banchina nella fretta di correre via dalla stazione; ammette di essersi presentato a casa con del pollo, ma non spiega di aver comprato il piatto di dakgangjeong alla rosticceria all'angolo sotto casa e di averlo spinto tra le braccia di Hoseok non appena questi gli ha aperto la porta.

Poco importa che lavorare con le parole e trasformarle in poesia sia ciò che fa per vivere: parlare ad alta voce di quella sera non renderebbe giustizia al ricordo che ha del sollievo sul volto di Hoseok nel vederlo sulla porta, alle chiacchiere vuote iniziate prima di cena e terminate solo dopo la mezzanotte; non può spiegare la gioia che l'ha avvolto nel rendersi conto di quanto facile fosse parlare con quel ragazzino timido così diverso da lui – sarebbe come tentare di descrivere la nascita di un sentimento intimo e segreto, il germoglio di una pianta che Yoongi non ha mai realizzato di aver piantato dentro sé e i cui rami hanno iniziato a soffocarlo nell'istante in cui Hoseok ha pronunciato quella stupida battuta, tentando di far ridere il DJ e il loro pubblico e uccidendo le sue certezze in una singola mossa.

Lo conosce da anni, ormai – apparentemente meglio di quanto conosca se stesso. È grazie ad un suo rimprovero che Hoseok ha smesso di dormire sul divano, è tra le sue braccia che ha pianto quando lo stress si è fatto impossibile da sostenere; è a lui che ha sorriso quando il sogno di debuttare come un gruppo è diventato realtà, ed è a lui che ha porto la mano per aiutarlo a sollevarsi dal pavimento della sala prove dopo una delle centinaia di ore di allenamento. Hoseok è un fratello, un amico, qualcuno che Yoongi desidera proteggere – ma, scopre con stupore, non si è mai chiesto perché desideri tanto proteggerlo.

Lo guarda per un lungo momento, mentre il DJ chiude quel segmento della trasmissione senza bisogno del loro intervento; e quando lui si gira a restituirgli lo sguardo, agitando appena il capo e sorridendogli per domandargli senza parlare che cosa lo turbi, Yoongi finalmente capisce.

È colpa di quel maledetto sorriso. È sempre stata colpa di quel maledetto sorriso.


*

( se fossi stato una ragazza mi sarei sicuramente innamorato di lui! )

- Yoongi-hyung. -

La mezzanotte era passata da un pezzo e Yoongi, con il viso rivolto al soffitto, aveva realizzato in quel turbinio confuso che sono i pensieri notturni di sentirsi stranamente felice. Quando si era voltato a guardare Hoseok l'aveva trovato nell'angolo opposto del divano, intento a sorridergli – e quella realizzazione si era trasformata in realtà oggettiva.

- Grazie, hyung. - Gli aveva detto. - Sembravi uscito da un drama, prima, sulla porta... se fossi stato una ragazza mi sarei potuto innamorare di te! -

Aveva riso, una risatina nervosa che si era persa nell'assenza di rumori della notte, nel silenzio attonito di Yoongi – nelle sue incertezze appena sbocciate. Non aveva avuto idea di cosa volesse dire, ma aveva desiderato sentirglielo dire di nuovo. Aveva avuto l'impressione che avrebbe aiutato a mettere le cose in chiaro – e se c'era qualcosa di cui Yoongi aveva avuto bisogno, in quel momento, era di fare chiarezza sui propri sentimenti.

Ma Hoseok non lo aveva fatto. Si era morso il labbro inferiore, aveva imitato la sua posizione e si era messo a fissare il soffitto – domandandosi, probabilmente, cosa ci vedesse di tanto interessante.

Yoongi non aveva avuto occhi che per lui per il resto della notte.




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Aaaaah questa Sope avrebbe dovuto essere più lunga e avrebbe dovuto esplorare l'effettiva dichiarazione di Yoongi a Hobi ma quando l'ho riaperta mi sono resa conto che il finale mi piaceva com'era e che allungarla avrebbe rovinato un po' le cose...? Posso sempre scriverlo in un secondo momento, ahahah

Quando ho letto la prima volta del fantomatico “incidente di capodanno” non riuscivo a crederci... che cosa carina da parte di Yoongi TT dovevo assolutamente scrivere qualcosa a riguardo ed eccola qui, parecchio romanzata :''D

Alla prossima,

-Joice

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