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Autore: Phoenix Mars Lander    13/01/2018    3 recensioni
Crossover Harry Potter / Black Mirror.
Il mio cervello voleva una Drarry ambientata nell'universo della puntata Hang the dj e chi sono io per dire di no?
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Era stato in quel momento che Harry aveva chiesto «Guardiamo quanto tempo abbiamo?»
Malfoy aveva inclinato la testa, lo sguardo rapito dall'ultimo vol-au-vent, quello al salmone affumicato, e aveva pronunciato la domanda: «E se viene fuori che dobbiamo stare insieme per vent'anni? O per sempre?»
Genere: Angst, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Disclaimer: questa fanfiction è liberamente ispirata alla quarta puntata della quarta stagione di Black Mirror, Hang the dj, ma non è necessario averla vista per leggere la fanfiction.
Per chi invece non avesse ancora guardato la puntata in questione ma avesse intenzione di farlo, tenga presente che questo scritto contiene SPOILER significativi riguardo l'intero episodio. Siete avvisati!



 
 
Hex the dj
parte 1

 
 
Era stata la prima volta che Harry si era affidato al Sistema per – com'è che diceva lo slogan? – trovare l'anima gemella con un 99,9% di riuscita positiva e il suo primo appuntamento al buio non era andato esattamente come se l'era aspettato.
Dopo essersi seduto da solo al tavolo del ristorante apparecchiato per due, aveva passato dieci minuti buoni a cercare di captare anche solo una minima informazione sulla persona che avrebbe incontrato di lì a poco, bombardando di domande il piccolo dispositivo circolare che teneva nel palmo della mano sinistra. Il Coach – così lo chiamavano – aveva risposto con voce meccanica a tutti i suoi dodici quesiti con la stessa identica frase: la procedura prevede che il partner assegnatoti riceva una tua fotografia al suo ingresso nel locale e che venga a presentarsi.
Harry aveva rinunciato alla tredicesima curiosità (la quarta di fila che avrebbe posto riguardo al Quidditch, perché la sua metà doveva decisamente amare il Quidditch) e aveva iniziato a chiedersi quali qualità avrebbe avuto la persona in questione: sarebbe probabilmente stata dolce e gentile e premurosa. Harry aveva sorriso, lo sguardo ancora incollato allo schermo rotondo che stringeva fra le dita.
Poi aveva sentito un singulto, come se qualcuno fosse stato in procinto di strozzarsi a un paio di metri da lui, aveva alzato la testa e si era scontrato con l'espressione raggelata di Draco Malfoy, in piedi accanto al tavolo e rigido ai limiti nel ridicolo nel suo completo interamente bianco. Harry si era sentito improvvisamente fuori posto, nella sua maglietta nera e jeans scuri.
Malfoy aveva spostato gli occhi strabuzzati dal proprio Coach al viso di Harry, e poi di nuovo, e una terza volta, finché Harry non aveva sbottato «Malfoy, ti sei inceppato?». Poi aveva capito cosa stava succedendo ed era rimasto impietrito.
«Ci dev'essere un errore» aveva decretato Malfoy con una smorfia, ed era stata la prima volta in cui Harry si era ritrovato d'accordo con lui. Malfoy si era voltato per andarsene, ma una Guardia aveva fatto un passo verso di lui, la mano destra a un centimetro dalla bacchetta e una nota d'allarme nello sguardo. Harry si era guardato intorno e si era reso conto che tutti i camerieri si erano fermati e si erano girati a fissarli, l'ammonizione visibile come fuoco nelle loro iridi, e in quel momento aveva realizzato che affidarsi al Sistema significava anche, a quanto pareva, obbedirgli senza contestazioni.
«Malfoy, siediti» aveva sussurrato sporgendosi in avanti, pronto ad alzarsi.
Malfoy, inaspettatamente, aveva tirato indietro lo schienale della sedia di legno e si era seduto, proprio davanti a Harry, il viso paonazzo, probabilmente per la rabbia o l'imbarazzo. O un misto dei due. «Se è uno scherzo non è divertente» aveva sputato, e Harry aveva ribattuto di rimando «Pensi che m'infliggerei mai una pena del genere di mia spontanea volontà?»
Gli occhi di Malfoy erano diventati dei temporali, due mari in tempesta, e Harry si era chiesto se si sarebbe fiondato direttamente sulla tovaglia per strangolarlo, facendo cadere i bicchieri e la bottiglia di vino, o se avrebbe fatto il giro del tavolo. Alla fine non era successa nessuna delle due cose, perché era arrivato un cameriere con pietanze che non avevano neanche ordinato – i nostri pasti tengono in conto le preferenze di ciascun individuo, aveva detto, le parole distorte dal sorriso perenne che gli bucava le guance, mentre posava un pasticcio di carne davanti a Harry e un assaggio di sette vol-au-vent con ripieni diversi di fronte a Malfoy. Poi aveva versato del vino rosso nel calice di Malfoy e del succo di zucca nel bicchiere di Harry e un sopracciglio di Malfoy si era alzato davvero troppo per gli standard universalmente accettati di melodrammaticità.
Quando il cameriere si era allontanato, avevano entrambi preso fiato per parlare nello stesso momento.
«Malfoy, non dire nie-»
«No, assolutamente, non farò alcun commento su come i tuoi gusti personali riescano ad essere un fallimento persino per un primo appuntamento.»
«Chi ti ha detto che è il primo?»
Malfoy aveva esitato, la forchetta e il coltello fermi a mezz'aria. «Non è il primo? Hai già fatto... questa cosa?»
Harry aveva scosso la testa. «No, è la prima volta. Stavo scherzando.»
Malfoy si era rilassato, di colpo. «Anche per me.»
Avevano mangiato in silenzio, coi coltelli che raschiavano fastidiosamente sulla ceramica e gli occhi che si evitavano con una testardaggine esasperante. Intanto, intorno a loro, gli altri commensali chiacchieravano convivialmente, con dei gran bei sorrisi che non sbiadivano mai, si ricoprivano di domande di rito, ansiosi di conoscersi. Loro due non avevano bisogno di farsi quelle domande: Harry sapeva meglio di chiunque altro chi fosse Malfoy, sapeva che rumore facevano le sue ossa quando si spaccavano contro i pavimenti delle palestre per Auror e di quale sfumatura erano le sue occhiaie quando si presentava all'ora di colazione al Ministero.
Era stato in quel momento, mentre aveva ancora il ricordo delle occhiaie di Malfoy stampato nelle retine, che Harry aveva chiesto «Guardiamo quanto tempo abbiamo?»
L'altro aveva inclinato la testa, lo sguardo rapito dall'ultimo vol-au-vent, quello al salmone affumicato, e aveva pronunciato la domanda: «E se viene fuori che dobbiamo stare insieme per vent'anni? O per sempre?»
Harry si era lasciato sfuggire una risatina che sarebbe dovuta essere sarcastica, ma era sembrata più che altro isterica. «No, Malfoy, il Sistema non funziona così. Funziona per tentativi. Non può già assegnarci l'eternità al primo appuntamento, è praticamente impossibile. Quando... quando avrà capito qual è la nostra anima gemella ce la assegnerà.»
«Quanta fiducia, Potter, potrei commuovermi.»
«Beh, la decisione finale del Sistema funziona col novantanove virgola nove percento delle coppie, no?»
Malfoy aveva sorriso, scivolando leggermente lungo la sedia e alzando la testa con un'espressione che Harry conosceva benissimo – l'espressione che urlava amo prenderti per il culo ad ogni centimetro. «Potter, con la fortuna che mi porti potremmo beccarci l'eternità già adesso e rivelarci lo zero virgola uno percento del Sistema.»
«Non ci resta che scoprirlo, ti pare?» aveva risposto Harry, e adesso si trovavano entrambi coi rispettivi Coach fra le mani, i piatti vuoti messi da parte e gli occhi piantati gli uni negli altri.
«Ci sei?»
Malfoy annuì e selezionò l'opzione sul dispositivo. Harry fece lo stesso, contemporaneamente, e lo schermo venne occupato dalla cifra che il Sistema aveva calcolato per loro.
Harry lasciò andare il respiro che aveva inconsciamente trattenuto e Malfoy deglutì.
«Ehm, guardiamo il lato positivo, almeno non siamo quello zero virgola uno percento.»
I Coach tornarono a oscurarsi, togliendo dalla loro vista quel 2 anni che sembrava bucare lo schermo.
«Ho bisogno di altro vino» decretò Malfoy.


 
~

 
«Alohomo-» Malfoy si fermò, l'incantesimo che gli moriva silenziosamente sulle labbra, e scosse la testa.
Harry si poggiò allo stipite della porta, accanto al numero dodici che contrassegnava quella che sarebbe stata la loro residenza per i successivi due anni. Harry serrò la mascella. Due anni.
«Niente magia qui, Malfoy, sembri dimenticarlo spesso.»
Harry avrebbe giurato di sentire Malfoy ringhiare. «Non tutti sono cresciuti in mezzo ai babbani, Potter.»
Harry alzò gli occhi al cielo e li lasciò lì, a godersi le stelle per qualche istante. Gli ultimi ricordi che aveva risalivano a novembre, un novembre particolarmente freddo e umido – ma lì si stava bene, c'era solo un venticello leggero e faceva troppo caldo per essere autunno. Forse il Sistema li aveva portati in un altro Stato, o forse aveva un clima tutto suo. A Harry non interessava più di tanto, perché il cielo era limpido e le costellazioni si vedevano benissimo, come tanti piccoli diamanti su un vestito nero.
In sottofondo, solo le imprecazioni sussurrate di Malfoy. A Harry venne da ridere nel ricordare la faccia che aveva fatto il biondo quando, davanti al ristorante, avevano trovato il loro personale mezzo di locomozione ad aspettarli. Cos'è questa cosa, Potter? aveva chiesto, lasciando trasparire talmente tanto disgusto da quelle sole quattro parole che Harry aveva dovuto concedergli di avere un certo talento. Era stato così che avevano scoperto che il Sistema non solo aboliva bacchette e incantesimi, ma anche trasporti che non fossero golf cart e biciclette. Harry sospettava che alle Guardie non facesse piacere non averli quasi sempre sotto gli occhi.
Il clack proveniente dalla serratura gli suggerì che Malfoy aveva capito che lo schermo sulla porta raffigurante una mano destra serviva a poggiarci sopra – pensa un po' – la mano destra, così che il Sistema potesse riconoscere gli inquilini e garantire loro l'accesso alla residenza.
La casa era un open space, sicuramente identica a tutte le altre villette a schiera del quartiere, ma Harry si ritrovò comunque con un nodo in gola, perché l'angolo adibito a salotto gli ricordava la sala comune Grifondoro: i mattoni a vista, il camino in cui scoppiettava il fuoco, le poltrone bergère in pelle rossa, la libreria in mogano e il divano colmo di cuscini.
La cucina, invece, aveva un piano cottura di marmo nero, sovrastato da una credenza che contava almeno dieci piccole ante di vetro, e accanto un'isola di legno dalle venature chiare con annessi sgabelli rialzati.
In fondo a sinistra, una scala conduceva al soppalco, su cui – Harry notò con un brivido che gli attraversò tutta la spina dorsale – era posizionato un letto matrimoniale coperto da un piumone bordeaux che solo a guardarlo sembrava essere l'esatta definizione dell'aggettivo soffice.
«In questa casa c'è troppo rosso» commentò Malfoy, salendo i gradini e adocchiando il piumone.
«Malfoy, per te nel mondo c'è troppo rosso.»
«Non pensavo che l'avrei mai detto, ma hai ragione, Potter.»
«Vedi? La nostra relazione potrebbe già finire qui.»
«Bene, pensa a come tirarci fuori da questa relazione mentre dormi sul divano.»
«Perché devo dormirci io sul divano?»
Malfoy gli sorrise sardonico dal soppalco, guardando giù con le mani sui fianchi e l'aria di chi aveva appena marciato su una città dopo averla conquistata. «Perché al letto ci sono arrivato prima io.»
«Non hai specificato che sarebbe stata una gara a chi arriva prima.»
Malfoy scrollò le spalle. «Affari tuoi se non ci sei arrivato.»
Harry incrociò le braccia. «Spero che tu cada da lì mentre dormi.»
«Sei così premuroso, Potter, per me è un mistero come non ti abbiano ancora mai eletto Auror del mese.»
«Me lo chiedo anch'io, però una volta mi hanno eletto Salvatore del mondo magico.»
La smorfia di Malfoy si vide benissimo fin dal piano di sotto. «Emozionante» disse, gelido, per poi far scivolare il pannello scorrevole che Harry immaginò conducesse al bagno e chiuderselo con forza alle spalle.
Sospirò e si lasciò cadere sul divano, chiedendosi come diamine era riuscito a ficcarsi in quella situazione. Lui voleva soltanto trovare la persona giusta – e invece era finito in quel casino con Malfoy. Non aveva neanche la forza di mettersi il pigiama. (Ma poi ce l'aveva, lì, il pigiama? L'avrebbe trovato nell'armadio, o sotto il cuscino del letto? Malfoy ci avrebbe dormito sopra senza che lui avrebbe potuto opporsi?)
Sbuffò, decidendo che un pigiama non valeva tutto quello sforzo e portandosi il Coach davanti al viso. «Merlino, quanto tempo ci rimane?»
«Un anno, undici mesi, trenta giorni e ventidue ore.»
Harry sbatté la testa contro lo schienale due, tre, quattro volte.
«Merlino, dimmi che il tempo passa in fretta.»
«Il tempo passa in fretta.»
«Potter, con quale Merlino stai parlando esattamente?» Il tono di Malfoy suggeriva che fosse a tanto così dal prenderlo di peso e trascinarlo al San Mungo, Sistema o non Sistema. Succedeva spesso.
«Col Coach. Se dobbiamo parlarci sempre tanto vale dargli un nome.»
«Merlino» ripeté Malfoy, spegnendo la luce e lasciandoli completamente al buio. «Non hai fantasia, Potter. Sei d'accordo, Severus
«Questo quesito non è di mia competenza» rispose una voce metallica proveniente dal soppalco.
Harry gemette. «Il tempo passa in fretta.» ripeté.


 
~

 
Il tempo non passava mai.
Avevano trascorso la mattinata intera a cercare d'ignorarsi e non era stato per niente facile. Malfoy era quella presenza che metteva Harry sempre in allerta, anche dopo che era finita la guerra, anche dopo che Harry aveva testimoniato in suo favore al Wizengamot, anche dopo che erano diventati colleghi al Ministero. C'era sempre qualcosa, in Malfoy, che non gli permetteva mai di voltargli completamente le spalle. Specialmente se iniziava a blaterare insulti a caso su come ci si aspettasse che il Sistema provvedesse a far comparire magicamente nel loro armadio degli abiti decenti per entrambi, visto che dovevano essere visti pubblicamente insieme, e non i soliti stracci che indossi sempre, Potter.
Erano solo le due del pomeriggio e Harry già si sentiva scoppiare.
Quando prese a caso un volume dalla libreria e Malfoy gli urlò dietro «Ma quindi è vero che sai leggere? Pensavo fossero solo voci di corridoio», Harry decise che era giunto il momento di andarsene da quella casa.
«Dove vai?» chiese Malfoy mentre Harry s'infilava la giacca di pelle appesa all'attacapanni all'ingresso.
«Esco?» Venne fuori più come una domanda che una risposta.
«Bene» sentenziò Malfoy, prima di afferrare il cardigan grigio e aprire la porta. Si fermò sulla soglia, senza muovere un altro muscolo.
«Malfoy, il concetto di uscire talvolta è più ampio di quello sembra.»
«Potter, lascia il sarcasmo a chi sa usarlo» commentò l'altro, indicando poi il golf cart parcheggiato in giardino. «C'è solo uno di quei cosi.»
Harry sbuffò. «Fa' come ti pare, posso farmi un giro a piedi.»
«Bene.»
«Bene.»
Harry si chiuse la porta alle spalle e s'incamminò lungo il viale, mentre Malfoy saliva sul mezzo. Poi s'irrigidì sul posto e con la coda dell'occhio vide Malfoy fare altrettanto. Tutte le persone nei paraggi – il vicinato intero, gli sembrò – erano girate verso di loro, a fissarli con sguardi torvi e ammonitori. Una Guardia, dall'altra parte della strada, li osservava come se fosse in procinto di attaccarli da un momento all'altro.
«A-amore?» chiamò Malfoy, e Harry quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
«Dimmi, tesoro» rispose indietreggiando verso il golf cart.
«Credo sia meglio se andiamo insieme.»
«L'intelligenza è la qualità che ho sempre ammirato di più in te, stavo per dire la stessa cosa» esclamò Harry, sedendosi accanto all'altro e premurandosi di farsi sentire da più gente possibile, i denti stretti e gli occhi ridotti a fessure.
Malfoy lo imitò, la voce alta e il sorriso tirato. «Non posso credere che abbiamo solo due anni per celebrare il nostro amore.»
Finalmente, il mezzo partì e sia i vicini che la Guardia tornarono a ignorarli, come se non fosse successo nulla.
Malfoy si accasciò contro lo schienale. «Preferisco quando le persone ti assalgono per strada perché sei Harry Potter e vogliono partorire i tuoi figli.»
Harry lasciò andare un respiro tremante. «Non pensavo che l'avrei mai detto, ma sono d'accordo con te.»
Malfoy rise. Una risata minuscola, che durò solo un paio di secondi, ma era vera, naturale, senza alcuna sfumatura denigratoria. Un evento più unico che raro. Una specie di miracolo, per come la vedeva Harry.
«Mi hai chiamato tesoro» aggiunse poi Malfoy. Non è che i miracoli potessero durare tanto, dopotutto.
«Tu amore» rincarò Harry.
Malfoy gemette. «Non dirlo mai più.»
Harry sorrise.
«Come scegliamo dove andare?» domandò Malfoy, le dita che scorrevano sullo schermo rettangolare di fronte a loro, spostando la mappa del luogo circostante con i polpastrelli.
«È un campo da Quidditch quello?» Harry indicò uno spiazzo verde sulla mappa e, prima che anche solo a uno dei due venisse in mente di zoomare, entrambi ci cliccarono sopra all'unisono, impostandolo come destinazione.


 
~

 
«Potete affittare il campo per un'ora.»
La donna che stava porgendo loro una tessera bianca – che serviva ad accedere al campo, Harry immaginò – aveva un sorriso esageratamente largo e i capelli biondi come quelli di Luna, ma Luna avrebbe precisato che aveva un'aura completamente diversa dalla sua.
«Ehm, e per giocare in squadra?»
«I censimenti del Sistema hanno evidenziato che le attività esclusivamente di coppia sono più utili ai rapporti rispetto alle attività di squadra, secondo una stima rivelatasi corretta nell'ottantadue percento dei casi» spiegò la donna senza che il suo sorriso cedesse di un millimetro. A Harry venne voglia di punzecchiarlo per accertarsi che non fosse una protesi di plastica irremovibile.
«Ammazzami» gemette Malfoy a bassa voce e Harry gli assestò una gomitata nel fianco, le Guardie più vicine che già cominciavano a guardarli con troppa insistenza.
«Ehm, va bene, allora se ci... fornite un Boccino iniziamo subito.»
«Prego?» La donna sbattè velocemente le palpebre, il sorriso-protesi sempre lì.
«Un Boccino? Così possiamo, ehm, inseguirlo?»
Malfoy sembrava a tanto così dal tirarsi una mano sulla fronte.
«Oh, no, no, secondo le statistiche del Sistema giocare in maniera competitiva innalza le probabilità di discutere del settantatré percento.»
«Non si preoccupi, litighiamo bene anche senz-» un'altra gomitata spezzò la frase di Malfoy.
Le Guardie fecero un passo verso di loro, simultaneamente, e Harry si affrettò a sfilare la tessera dalle dita della donna e a proclamare «benissimo, allora lo prendiamo!».
Trascinò Malfoy per un braccio fino alla fila di Firebolt esposte all'aperto e poi lo lasciò andare per fermarsi a sceglierne una.
«Allora lo prendiamo?» scimmiottò Malfoy. «Cos'è, la stanza di un motel? E cosa dovremmo fare in un campo da Quidditch se non possiamo nemmeno competere? Volare guardandoci negli occhi?!»
Harry lo conosceva, il modo in cui Malfoy cercava di mascherare il panico con il sarcasmo, l'aveva visto quando aveva detto addio a suo padre prima del Bacio dei Dissennatori, mentre Harry stava in piedi dietro di lui – l'unico al Ministero che avesse insistito fino in fondo per accompagnarlo – e si prendeva i suoi commenti acidi, i suoi insulti e poi, infine, i suoi pugni. Harry aveva risposto, quella notte, aveva colpito di rimando, sfracellandosi le nocche contro gli zigomi di Malfoy e le pietre di Azkaban. Avrebbe potuto chiamare la sicurezza, semplicemente, ma non l'aveva fatto.
Consapevole dello sguardo delle Guardie che non li aveva ancora lasciati andare, Harry si attirò Malfoy addosso, come per abbracciarlo o mormorargli all'orecchio qualcosa di intimo, la mano sinistra su un fianco e la tempia contro quella dell'altro. «Puoi almeno sforzarti di non farci... non lo so, espellere?»
Malfoy fece una risata vuota, senza emozione, che s'infranse direttamente sul collo di Harry. «Non lo sai, Potter? Nemmeno io. So come funziona questo gioco, ma non mi ricordo le clausole che ho accettato per farmi mettere qui, non so cosa succede a chi non fa come dicono loro, ma, oh, sicuramente era specificato nei termini e condizioni, giusto sotto il trovare l'anima gemella con un 99,9% di riuscita positiv
«Calmati» sussurrò Harry, la mano spalancata che scivolava sulla schiena di Malfoy, seguendo la linea della colonna vertebrale. «Siamo Auror, se ci siamo entrambi fatti mettere qua dentro significa che sapevamo di avere tutto sotto controllo.»
Sentì Malfoy rilassarsi poco a poco sotto il suo tocco e le sue parole, i muscoli che sembravano sciogliersi contro il suo palmo, attraverso il cardigan. «È vero» disse poi, scostandosi leggermente per guardare Harry negli occhi, ancora così vicino che a Harry venne il capogiro per un attimo. Poi Malfoy inclinò la testa all'indietro e ghignò. «In effetti sono troppo intelligente per infilarmi in una situazione di cui non sono assolutamente sicuro. I Grifondoro, al contrario...» lasciò la frase sospesa nell'aria e si ritirò dal semi-abbraccio di Harry per afferrare una Firebolt e montarci sopra.
«Ti chiedi mai perché fai schifo nelle relazioni sociali?» rincarò Harry scegliendo una scopa e seguendo Malfoy, che intanto si era già alzato da terra di qualche metro.
«Io sono un talento nelle relazioni sociali. Ero un prodigio già da piccolo, Madre mi metteva ad accogliere gli ospiti durate le serate di gala al Manor.»
«Quindi in pratica ti metteva a fare l'elfo domestico.»
«Potter, quanto puoi resistere in equilibrio su una Firebolt se qualcuno cerca di buttarti giù?»
Harry sorrise, serrando le dita intorno al manico e fremendo d'anticipazione. «Scopriamolo» disse, e un istante dopo stava fendendo il cielo, salendo di quota a una velocità che la maggior parte delle persone avrebbe definito spaventosa, ma che a lui faceva direttamente bruciare il sangue nelle vene, come se fossero state ricoperte di benzina e qualcuno avesse acceso un accendino in prossimità dei suoi vasi sanguigni e dato loro fuoco.
Malfoy era subito dietro di lui, lo sapeva. C'era sempre.
Era da quando avevano finito l'ottavo anno supplementare a Hogwarts che non volava – cinque mesi, cinque interi mesi a pensare a rimettere insieme i pezzi, a incollare le macerie, a ricostruire il mondo magico, a tenere discorsi per il Ministero, a spaccare le costole a Malfoy durante l'allentamento estivo per Auror, a ritrovarselo come collega ogni mattina, tutti i giorni fin dai primi di ottobre, da quando li avevano assunti entrambi. Cinque mesi che non sentiva quel vuoto nello stomaco, quella tachicardia che si prova solo mentre si cade in picchiata e ci si raddrizza giusto mezzo secondo prima di sfracellarsi al suolo.
A giudicare dalle reazioni di Malfoy, anche per lui doveva essere così.
«Più in alto» urlò il biondo e il sorriso di Harry si fece più grande senza il suo permesso.
Ricominciarono a salire, sempre di più.
«Sei lento, Potter!»
Harry accelerò, la mascella serrata e le braccia che protestavano per tutto il peso e la velocità che erano costrette a reggere. «Solo perché hai barato e sei partito prima.»
«Sì, sì, trova pure giustificazioni al tuo ennesimo fallimento!»
Harry spinse ancora in avanti, più che poté, finché due voci metalliche non risuonarono all'unisono nell'aria proclamando sessione terminata.
«Non sarà passata neanche mezz'ora» commentò stizzito Malfoy, raddrizzandosi sulla scopa e arrestando la propria salita, le parole interrotte dal fiato corto.
«Forse è perché la competitività non agevola i rapporti di coppia» tentò Harry.
Malfoy sorrise, adocchiando il proprio Coach – Severus, ricordò Harry alzando mentalmente gli occhi al cielo – che si era illuminato di rosso, colorandogli la tasca dei pantaloni.
«T'immagini se a scuola ci fosse stata una cosa del genere che sbraitava così ogni volta che ci urlavamo addosso?» chiese Harry iniziando a scendere di quota.
«Oh, c'era. Si chiamava Minerva McGranitt.»
Harry provò a trattenere il sorriso che stava tentando di divincolarsi nelle sue labbra, davvero, ci provò, ma nel momento in cui toccò terra cedette miseramente e lo lasciò esplodere.

 
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Fine parte 1
  
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