Nel frattempo Shikadai si rende conto che qualcosa non va con Inojin, e decide di parlargli. Inojin però non rivela nulla di importante, dice solo di essere confuso, facendo capire al suo migliore amico che in realtà la questione è ben più importante.
Infine, Sarada riesce a tornare a casa dopo lo scontro con Ryoichi e viene subito soccorsa d Aki. Mentre lui cura le sue ferite hanno una discussione alla fine della quale concludono con un abbraccio e l'allenamento sospeso per due giorni. In seguito Aki parla con Daichi e quest'ultimo rivela le sue preoccupazioni per il suo migliore amico, dicendo che l'abbandono di Sarada potrebbe fargli male e che lui dovrebbe tenersi più distante. Al termine della discussione Aki esce dal sotterraneo e si stende sotto le stelle, concedendosi di guardare i ricordi di sua madre nei nove mesi in cui era stata incinta di lui. Così Aki riflette, riguarda le immagini di suo padre quando era contento del suo arrivo e di quando ha pianto dovendo guardare la moglie morire. Appena finisce di guardare i ricordi, Sarada lo raggiunge, anche se malmessa, e dopo aver parlato un po' si addormentano all'aperto. La mattina dopo Daichi li vede e si pente di essere stato così duro con Aki, anche perché è contento nel vederlo così felice. Quando sta per rientrare in casa vede qualcuno avvicinarsi e lo riconosce come il quarto e ultimo membro del loro team.
Sono forte e fragile, ma il bello, sai, comincia qua.
Boruto avrebbe dovuto
dormire come stavano facendo Tatsuya, Shikadai e Inojin in quel
piccolo rifugio che erano riusciti a trovare. Sentiva i respiri
pesanti di tutti e tre, cercava di concentrarsi sui suoi e di perdere
al più presto la cognizione della realtà per poter dormire, ma
proprio non ci riusciva. Era riuscito a dormire tutte le notti
precedenti, ma quella no. Si era messo a pensare a sua sorella, e da
sua sorella era passato a sua mamma, a suo papà, al Villaggio della
Foglia, a com'era tutto quanto prima della fuga di Sarada.
Se
alcuni giorni prima gli avessero detto che lui sarebbe partito alla
ricerca proprio dell'Uchiha lui sarebbe sicuramente scoppiato a
ridere liquidando il tutto dicendo che non poteva sopportarla, ma
allora si chiedeva cosa ci faceva lì. Continuava a domandarsi perché
era andato così distante da casa sua solo per una persona che, a sua
detta, aveva con lui un conto ancora in sospeso e nulla più. Credeva
che non gli sarebbe mancato nessuno, eppure gli mancava la pacca
sulla spalla di suo papà, la voce gentile di sua mamma che gli
diceva di andare a letto e gli occhioni che Himawari faceva per
convincerlo a giocare con lui. Gli mancava la sua famiglia, i suoi
amici, ma gli mancava anche Sarada. Eppure, gli sembrava strano. Non
erano mai andati troppo d'accordo, spesso erano ricorsi ad urlarsi in
faccia il loro odio reciproco, ma non era mai veramente così. Se lui
era scappato per seguirla e se lei aveva lasciato un messaggio per
lui sul biglietto d'addio, forse non si odiavano così tanto.
Boruto
ricordava il giorno in cui il sensei Kakashi aveva annunciato i nuovi
gruppi da tre. Erano tutti eccitatissimi, tra i banchi si sentivano
bisbigli continui e preghiere di non finire in gruppo con qualcuno di
indesiderato. Tra gli indesiderati di Boruto, lui lo ricordava come
fosse ieri, c'era solo Sarada. A lui sarebbe andato bene chiunque, ma
non lei.
Il biondino chiuse gli occhi, cercando di ricostruire
quel momento nella sua mente, sperando di addormentarsi.
Il sensei fissò i
suoi allievi uno ad uno negli occhi, soffermandosi particolarmente su
Boruto. Sapeva che avrebbe sicuramente brontolato, ma era stato
l'Hokage in persona a decidere i team della nuova generazione, lui
non aveva fatto nulla. Così si schiarì la voce, e si sedette sulla
cattedra.
"Allora, ragazzi, ho perso tutti i fogli
quindi andrò a memoria. Per fortuna ho studiato bene i vostri nomi,
altrimenti sarebbe un bel problema."
"Ma se ci
conosce da tre anni?" aveva domandato Boruto, incrociando le
braccia. "Mi faccia il favore."
Il maestro sbuffò
sonoramente: "Allora scusa, Boruto Uzumaki, magari il prossimo
anno iscriviti per diventare sensei, vedrai che gran
divertimento."
Il biondo appoggiò la testa sulle sue
braccia, sbuffando. Il suo compagno di banco Mitsuki scosse la testa
divertito, e poi gli diede una pacca sulla spalla, sperando di
calmare i bollenti spiriti del suo amico.
"Team dieci,
allora..." Kakashi individuò i tre membri e poi ricordò i loro
nomi, associandoli ai loro genitori con i quali aveva combattuto anni
prima contro Kakuzu e Hidan. "Yamanaka Inojin, Akimichi Chouchou
e Nara Shikamar...Shikadai, scusami."
I tre in causa
sorrisero, scambiandosi uno sguardo d'intesa. Boruto li invidiava
molto, lui non aveva amici così stretti fin da quando era bambino.
Per non dire di quanto gli scocciasse il fatto che loro tre sapevano
già fare due o tre tecniche combinate.
Kakashi individuò
poi i prossimi tre ragazzi: "Team sette, abbiamo Mitsuki, Uchiha
Sarada e Uzumaki Boruto."
Bolt sgranò gli occhi,
sbattendosi la mano sulla fronte. Se lo sentiva che gli sarebbe
andata male, era sicuro che suo padre l'avrebbe messo in gruppo con
quella lì, considerando che si trattava della figlia del suo
migliore amico. Avrebbe dovuto sopportare quella saputella per anni,
non sapeva se ce l'avrebbe fatta. Si girò per vedere la reazione
della ragazza, e non si sorprese nel vedere che si stava tenendo la
fronte con entrambe le mani mentre Shikadai ridacchiava per prenderla
in giro. Per lo meno non si sarebbero sopportati a vicenda.
Boruto
ricordava quelle piccole missioni a cui avevano preso parte come
team, tutte le litigate all'andata e al ritorno, tutte quelle volte
che Mitsuki aveva dovuto intervenire per calmare entrambi. Eppure lui
era lì, steso a ricordare i vecchi tempi nella speranza di
addormentarsi per ricominciare la ricerca proprio di Sarada. Si
chiedeva come stava sua mamma, se lo stava cercando; se suo papà era
dietro a quel bancone a firmare qualche carta oppure a controllare
che la ricerca andasse bene o se sua sorella sentiva la sua mancanza.
Di sicuro lui sentiva la loro, e in qualche strano modo sperava di
rivederli il più presto possibile.
Sasuke e Hinata
stavano per concludere la perlustrazione del perimetro del Villaggio
della Nuvola, erano entrambi affaticati dal rispettivo continuo
utilizzo dello Sharingan e del Byakugan, ma nessuno dei due dava
segni di cedimento. Sasuke era sorpreso da Hinata, non pensava che
potesse reggere una fatica del genere. In effetti, aveva avuto dei
dubbi anche sulla sua stessa resistenza, eppure ce la stava facendo.
Se fosse stata una missione normale probabilmente si sarebbe
rifiutato di partire fin dal principio, ma sapeva che c'era in gioco
la vita di Sarada, e non poteva permettere che succedesse qualcosa
alla sua bambina. Ricordava quando una settimana prima l'aveva
portata a casa dopo che lei aveva scatenato lo Sharingan
inconsapevolmente, quando si era sentito perso per qualche minuto
credendo di averla persa. Era stato lì che si era ripromesso di
iniziare ad allenare sua figlia una volta che si sarebbe ripresa,
aiutandola a sviluppare nel modo più sicuro lo Sharingan. Eppure,
era arrivato troppo tardi. Si malediva costantemente per non aver
capito prima le esigenze di sua figlia, nella sua testa si figurava
solo come un pessimo padre che non era nemmeno stato in grado di
aiutare il sangue del suo sangue.
Prese un kunai dal contenitore
che portava legato alla gamba, e incise sul primo albero che trovò
la prima cosa che gli passò per la testa. Sperava che qualcuno la
vedesse, che lei la vedesse, e che tornasse a casa.
'Sarada,
torna a casa. Ho bisogno di te. -Sasuke.'
"Sasuke!"
L'uomo
fu distratto da Hinata, che gli indicò l'auricolare.
"Qualcuno
ti sta contattando."
Sasuke si rese conto che la luce stava
lampeggiando, si chiedeva come aveva fatto a non accorgersene prima,
non aveva nemmeno sentito gli squilli che aveva fatto quell'oggetto.
Premette così sul pulsante e fece partire il contatto.
"Chi
ricevo?"
"Sono Sakura."
L'Uchiha avvertì subito
che il tono di sua moglie non era tranquillo, anzi: la voce era di
mezzotono più alta ed era interrotta da profondi respiri.
"Stai
bene?" le chiese direttamente, aspettandosi decisamente una
risposta negativa.
"Più che bene!" rispose Sakura in
tono euforico. "Io e Sai abbiamo trovato-"
"Sarada?!"
esclamò Sasuke impulsivamente, sperando che la risposta fosse
positiva. Sarebbe stato un sollievo enorme per lui.
"Non
Sarada" il tono dell'Haruno si smorzò appena. "Ma il suo
coprifronte."
La prima impressione di Sasuke fu che non si
trattasse di una notizia di cui essere troppo felici, ma quando
realizzò che quel coprifronte era la prova che Sarada fosse passata
per di lì e che quindi stesse bene, per poco non scoppiò a piangere
come un bambino. Viste le circostanze però si limitò a sorridere e
a portarsi una mano sul cuore, sperando di calmare i battiti.
"Riesci
a capire quando l'ha perso?"
"Sì, ma c'è anche una
brutta notizia" Sakura sospirò. "Riesco a capire che l'ha
perso ieri mattina, tra le undici e mezzogiorno, perché...beh, c'è
del sangue sulla stoffa."
A Sasuke si gelò il sangue nelle
vene, mentre vide in un'immagine sfocata la sua bambina venire
colpita da qualcosa e lasciata inerme sul suolo. Scosse energicamente
la testa, cercando di scacciare quell'immagine: "Riesci a
trovare qualcos'altro?"
"No, nient'altro" Sakura
fece una piccola pausa, e poi riprese. "Però per lo meno
sappiamo che fino a ieri era viva."
"Non sei d'aiuto"
borbottò l'Uchiha, passandosi la mano sulla fronte sudata. "Sto
perdendo la testa."
Sakura sospirò: "Lo so, Sasuke, lo
so. Ma devi resistere, fallo per Sarada."
"Finora non ho
mai fatto nulla per lei" Sasuke si rese conto di aver detto ciò
che pensava a voce alta senza tener conto di nulla, pensando solo a
dire la verità.
"Ma cosa dici?" lo rimproverò sua
moglie. "Hai fatto più di quanto immagini, devi solo capire che
è una ninja giovane che ha bisogno di scoprire di più. Non credo se
ne sia andata solo per fare la ribelle e questo lo sai, ne abbiamo
già parlato. Tu pensa solo a lei ora, a nient'altro."
"Lo
sto già facendo, Sakura, maledizione!" l'Uchiha cacciò un
sospiro. "Scusami. Non volevo alzare la voce."
"Tranquillo,
sono abituata" Sakura cercò di far ridere il marito, che
rispose solo con una risata palesemente falsa. "Ci sentiamo
dopo, va bene?"
"Okay, avvisami se trovi altro. A
dopo."
Entrambi spensero il contatto, e Hinata sorrise a
Sasuke, appoggiando la mano sulla sua spalla: "Ti dai troppe
colpe."
"Mi do quelle che merito" rispose lui,
riprendendo a camminare. "Normalmente nemmeno me ne darei."
"E'
un passo avanti, lo so" Hinata fece un sorriso. "Ma devi
pesare correttamente quello che hai fatto. Sei stato un buon padre
per lei, non puoi addossarti il peso di tutta questa
faccenda."
L'Uchiha fece una smorfia: "Io so che è
così. Conosco Sarada, sebbene non possa sembrare, e dopo tutte
quelle volte che mi ha chiesto qualcosa su di me, su Itachi, sullo
Sharingan o sul passato del villaggio, io non le ho mai risposto.
Mai, nemmeno una volta. E' chiaro che lei mi odi."
Hinata
scosse la testa, si fermò e fermò anche Sasuke, posandogli entrambe
le mani sulle spalle: "Io conosco Sarada, e non è certo una
ragazza capace di odiare suo padre. Boruto mi parla spesso di lei, e
l'unica cosa che mi è risultata lampante è che lei, come te, prova
un sentimento che non è come l'odio. Per lei è persino più
profondo, ma meno grave. Lei è solo tanto arrabbiata, ma non ti
odia, Sasuke. Fidati di me, per favore."
Sasuke guardò la
donna negli occhi cristallini, annuendo poco dopo. Doveva almeno
provare a credere che ciò che lei aveva appena detto fosse
vero.
Sarada si svegliò parecchio intorpidita, accecata
dal sole che era alto in cielo. Portò istintivamente la mano sopra
agli occhi per farsi ombra, ma sentì una fitta partire dalla spalla
per arrivare fino alla mano, e si ricordò di essere qualcosa di
simile ad una reduce di guerra. Sentiva i tagli bruciare alla luce
del sole, e poco a poco, sebbene in pochi secondi, ricostruì la sera
prima: la discussione che Aki aveva avuto con Daichi, lei che aveva
raggiunto Aki, la chiacchierata che avevano fatto e la notte passata
all'aperto.
"Buongiorno dormigliona. Alla buon'ora, mi
raccomando."
Sarada si mise seduta, cercando di ignorare le
fitte di dolore, e poi sorrise in direzione del ragazzo rosso davanti
a lui.
"Daichi" ricambiò lei con un cenno del capo. "E'
tanto tardi?"
"Non molto, però io e Aki dobbiamo farti
conoscere una persona."
Sarada si mise in piedi aiutata dal
ninja, e poi lo guardò negli occhi: "E chi sarebbe?"
"Vedi,
è un nostro amico da tanti anni. Abbiamo pensato che avere un membro
in più nel gruppo sarebbe stato meglio per tutti, così-"
"Frena
frena frena" l'Uchiha agitò le mani all'aria, bloccando Daichi
nel mezzo del discorso. "Un membro in più? Non basto
io?"
Il rosso fece uno sguardo confuso, non capendo l'acidità
nel tono di Sarada. Era sicuro che una persona in più avrebbe fatto
piacere anche a lei, significava più sicurezza per tutti quanti, del
resto. Così guardò la ragazza di fronte a lei negli occhi: "Certo
che basti, Sarada, ma avere un aiuto in più ci farà solo che bene.
Ricordati che stiamo per partire allo sbaraglio, non sappiamo nemmeno
a cosa stiamo andando incontro. Andrete d'accordo, fidati."
"Non
è che mi stia simpatico o meno la questione, è più che altro che
potevate dirmelo!"
"Temevamo questo genere di reazione"
l'Uzumaki fece una smorfia, sbuffando. "Ti prego, sii clemente.
Lui non è un tipo facile da prendere, se parti così in due secondi
lo vorrai già ammazzare."
"Così non mi convinci a
riempirlo d'affetto" Sarada fece una smorfia degna di quelle di
Boruto, per poi portare con enfasi le mani ai fianchi. "Dopo
riempio Aki di botte."
"Ti metterebbe al tappeto
subito!"
Sarada si voltò di scatto, indispettita, pronta
a rispondere indietro a chiunque avesse osato intromettersi nella
conversazione. Si trovò di fronte Aki con un sorrisetto alquanto
spaventato ed accanto a lui un tipo che sembrava tutt'altro che un
ninja. Era ancora più alto di Aki, un po' troppo mingherlino e aveva
un'andatura da sbandato. Camminava dondolando leggermente con le mani
nelle tasche, avvicinandosi lentamente a lei e Daichi. Certo che per
avere quel genere di fisico, pensò Sarada, aveva una voce parecchio
bassa. Aveva i capelli neri come la pece che ricadevano sugli occhi
con alcuni ciuffi troppo lunghi, l'Uchiha si ritrovò a pensare che
nemmeno un coprifronte sarebbe riuscito a domare quei ciuffi
spettinati. Del resto il viso poteva anche essere carino, aveva gli
occhi grigi e un sorriso quasi timido, ma solo dal commento che lui
aveva fatto Sarada aveva capito che sarebbe stato più facile
appenderlo al muro che altro. Infine l'Uchiha squadrò i suoi
vestiti: una maglietta a maniche corte che sembrava la versione più
corta del suo qipao di un verde piuttosto spento, il coprifronte del
Villaggio dell'Erba legato in vita e dei pantaloni che arrivavano
fino al ginocchio. Sarada pensava che 'minaccioso' fosse
l'ultimo aggettivo che gli si sarebbe addetto.
Aki si mise di
fianco a Sarada, scompigliandole i capelli: "Dormito bene?"
"Fai
caldo mentre dormi" rispose lei facendo un sorrisetto nervoso, e
l'Hozuki in tutta risposta arrossì appena, ridacchiando. Lo sapeva
anche lui, quando dormiva diventava come una sanguisuga.
Il moro
di fronte a loro alzò una mano in segno di saluto, ripondendola
subito dopo in tasca: "Sarada Uchiha?"
"Vedi
qualche altra ragazza?" domandò lei retoricamente, portando le
mani ai fianchi. "Tu sei...?"
"Haru Nakayama. Sei
simpatica, lo sai?"
Sarada sbuffò sonoramente, facendo una
smorfia: "Me lo dicono spesso."
"Già, immagino tu
sia sempre così gentile con i tuoi conoscenti."
L'Uchiha
guardò male Daichi, dietro di lei, facendogli capire che tutta
quella questione non le andava affatto a genio. Ci mancava solo un
mezzo ninja strafottente che probabilmente non sapeva nemmeno
lanciare un kunai a rallentare la loro spedizione. Di certo
quell'elemento non avrebbe aiutato, continuava a ripetersi Sarada,
sicura che sarebbe rimasta arrabbiata con Aki e Daichi per almeno tre
giorni.
"Magari voi due potete fare un po' di conoscenza"
Daichi fece un sorriso, cercando di convincere i due. "Io e Aki
andiamo a preparare per la colazione. Abbiamo la torta!"
"Magari
Aki e Haru parlano dei vecchi tempi mentre tu ed io prepariamo la
colazione" si propose Sarada, ma venne fermata da Aki, che le
prese il polso e le fece fare una smorfia di dolore dato che tirò la
spalla già slogata.
"Non fare la cinica" la riprese
quindi l'Hozuki, sbuffando. "Rientrate tra dieci minuti,
okay?"
Haru e Sarada si guardarono in cagnesco, roteando gli
occhi al cielo all'unisono. Aki e Daichi sparirono pochi istanti
dopo, lasciando in due amiconi nella reciproca compagnia. Sarada non
aveva di certo intenzione di parlare, era già infastidita abbastanza
dal fatto che non le avessero detto nulla, e l'arroganza di quel
tipo di certo non aiutava a migliorare il suo umore. La kunoichi
si lasciò cadere per terra, sentendo i tagli sulle gambe bruciare
dallo scontro del giorno prima. Haru si sedette di fronte a lei,
raccogliendo le ginocchia al petto.
"E così sei scappata dal
tuo villaggio?" le domandò lui, sperando di rompere il
ghiaccio.
Come previsto però, Sarada fissò il suolo: "E tu
sei venuto per farti i cavoli miei?"
"Il fatto che tu
sia un'Uchiha non ti dà il diritto di trattare gli altri come
zerbini."
"Io non tratto nessuno come uno zerbino, e che
io sia un'Uchiha non c'entra nulla. Non l'ho mica chiesto io di
nascere."
Haru sbuffò, passandosi una mano tra i capelli
neri: "Allora scusa, miss Sarada, prometto che non le rivolgerò
mai più la parola."
"E tu allora? Perché sei
qui?"
Haru mimò un no con la testa, indicando poi la sua
bocca come se avesse un lucchetto. L'Uchiha sgranò gli occhi,
seccata: "Ma fai sul serio?"
Il moro annuì, facendo un
sorriso apparentemente simpatico, incrociando le gambe. Si era sempre
divertito a vedere la gente domandargli se facesse sul serio o no,
perché di fatto era raro che lui fosse serio su qualcosa. Peccato
che si divertiva anche a non informare nessuno di questa sua
caratteristica.
"Yata" lo chiamò Sarada, incrociando le
braccia. "Non ti conviene fare il bambino permaloso con me."
"Se
volevi chiamarmi per cognome, hai sbagliato. Tanto per, insomma."
borbottò quell'altro, imitando una voce da bambino. "E comunque
e sei sempre così seria allora non andremo d'accordo."
"Preferisco
comunque non chiamarti affatto, quindi magari userò Yata come
soprannome." brontolò lei, guardando Haru dritto negli occhi
grigi. "E sappi che io non ho mai sopportato tipi ironici,
Yata."
"Io ho sempre detestato le tipe troppo
serie, Uchiha. Quindi direi che abbiamo già chiarito le
nostre posizioni in merito."
La mora annuì, distogliendo poi
lo sguardo. Sperava che spuntasse Aki dalle scale e che dicesse loro
di scendere per la colazione, ma i due ci stavano mettendo
decisamente troppo per spostare una torta dalla mensola al tavolo e
per mettere quattro tovagliette. Probabilmente l'avevano fatto
apposta, tanto per cambiare. Non c'era cosa che quei due non facevano
apposta, secondo Sarada.
La ragazza spostò lo sguardo sul ninja
di fronte a lei, notando che stava giocando con delle piccole fiamme
attorno alle sue mani, creando una specie di serpente che si
arrotolava attorno al suo polso. Sarada si chiese come facesse a non
bruciarsi, ma alla fine si rispose che poteva essere una semplice
tecnica creata col solo fine di dare prova delle proprie abilità,
come la maggior parte di tecniche usate dai ninja incapaci, ovvero
come lei reputava Haru.
Le venne per un attimo in mente Boruto,
quando anche lui utilizzava solo quel genere di tecniche. Inutile
dire che aveva fatto un grande salto di qualità in solo un anno di
allenamento, se era passato a creare delle scintille col fuoco ad
usare il Rasengan in combattimento. Si ritrovò a sorridere,
domandandosi come mai le venissero in mente certe cose proprio in
quei momenti.
"Aki mi ha detto che sei qui solo da una
settimana. Come hai fatto a ridurti così?"
Sarada guardò le
braccia e le gambe, riconoscendo che in effetti non erano una bella
vista: "Mi sono scontrata con Ryoichi da sola."
Haru
scoppiò a ridere, e scosse la testa: "Questo si chiama
suicidio. Cioè, senza offesa Uchiha, ma se sei venuta qui senza
saper usare lo Sharingan, ovvero l'arma più potente che possiedi,
come pensavi di averla vinta su quello lì?"
"Non
smaniavo dalla voglia di vedermela con lui" borbottò Sarada,
facendo il broncio. "E' capitato e basta. Te la saresti saputa
cavare meglio, tu?"
"Certamente!" il moro si
sgranchì la schiena, facendo schioccare anche le ossa della braccia.
"Non sono ancora stato battuto. Da nessuno."
"Eccetto
che dal tuo ego" Sarada lo guardò male, notando che il sorriso
di Haru si tirò ancora di più, aprendosi in un ghigno radioso. Sì,
quel tipo era decisamente bizzarro. La ragazza lasciò perdere,
scosse la testa e prese a giocare con la punta di un ciuffo che le
ricadeva sulla spalla, pensando che probabilmente anche Haru avrebbe
potuto farlo con i ciuffi che gli cadevano in fronte. Sarada però si
ritrovò ad alzare gli occhi constatando che il ragazzo di fronte a
lei si era messo a canticchiare come un idiota mentre lei invece
stava cercando di rimanere seria per non scatenare altri battibecchi.
Dopo due minuti buoni si decise a parlare, ma prima che dicesse la
prima parola, Aki arrivò e annunciò che la colazione era pronta,
facendo loro segno di entrare.
Haru fece un sorrisetto e spalancò
la mano verso le scale: "Prima le signore, Uchiha."
"Ti
prego." sbottò lei ironicamente, scendendo in fretta i gradini.
Così dicendo sparirono tutti nel sotterraneo, facendo scomparire
le scale pochi istanti dopo. I due ninja trovarono sul tavolo una
torta presumibilmente al cioccolato con un pezzo di carta sopra lo
strato di zucchero a velo dove c'era scritto il nuovo nome del team.
A Sarada piacque anche quel nome, nonostante l'intrusione di Haru non
le avesse fatto altrettanto piacere. Daichi la divise in quattro,
fortunatamente non era molto grande, e dichiarò quello l'inizio
ufficiale del team Hakisada. Tutti e quattro alzarono la fetta
di torta e mangiarono il primo boccone contemporaneamente, mentre
Daichi diede una spinta a Sarada, facendole l'occhiolino. Sarada
inizialmente non capì, ma poi ripensò alla sera prima, a quando il
rosso aveva discusso con Aki in merito alla formazione del team.
Perciò sorrise, arrivando alla conclusione che era finalmente tutto
deciso, formato, senza più ombra di dubbio. Certo doveva ancora
mettere in chiaro alcune cose con Haru, però era sicura che se non
fosse riuscita a sopportarlo, ci sarebbero comunque stati Aki e
Daichi. Era tutto lì ciò che aveva, attorno a quel tavolo. Sebbene
non conoscesse bene nessuno di quei tre ragazzi, sapeva che sarebbero
stati la sua nuova famiglia, e che sarebbero stati i suoi unici aiuti
in mezzo a tutto quanto. In quel momento si promise di pensare a
tutto quello come un nuovo inizio, una nuova pagina da cui poter
ripartire. Doveva accantonare l'idea di tornare presto dai suoi amici
e dalla sua famiglia, di vedere tutte le persone a lei state care
fino a quel momento, di poter parlare con suo papà e raccontargli
tutto quello che era successo.
"E ora i discorsi" Haru
si schiarì la voce, ingerendo l'ultimo boccone di torta. "Comincio
io?"
L'ex team Sadaki annuì, scambiandosi un'occhiata
divertita: non pensavano di certo che avrebbero dovuto anche fare il
discorso. Così Haru si sistemò la maglietta e poi guardò tutti e
tre negli occhi: "Sono qui con voi da tre ore, più o meno. Sono
onorato di essere stato chiamato per far parte di questo team, e
anche se non conosco te, Uchiha," rivolse il suo sguardo a
Sarada. "E anche se abbiamo già chiarito le nostre opinioni,
sono sicuro che come team funzioneremo benissimo. Magari non sono
proprio il compagno ideale: Aki e Daichi mi conoscono bene, sanno che
spesso sbotto e non mi controllo, ma sono sicuro che voi riuscirete a
sopportarmi. E anche tu ci riuscirai, Uchiha, perché non è detto
che due caratteri incompatibili lo siano anche in combattimento,
no?"
"Giusto!" Daichi alzò quel che rimaneva del
suo pezzo di torta. "Quindi direi che la prima cosa da fare sarà
affinare la compatibilità su ogni campo e far sì che Sarada riesca
a sopportare le uscite inopportune di Haru."
Tutti quanti
annuirono sorridendo, e poi il rosso riprese a parlare: "Io
volevo scusarmi con te, Sarada, per ciò che ho detto ieri sera,
probabilmente ho parlato senza pensare a dovere a tutte e
sfaccettature della vicenda. Insomma, sono preoccupato perché Aki,
come tutti sappiamo, è un tipo sentimentale che piangerebbe e
mangerebbe gelato se la sua amata Sarada decidesse di-"
"Falla
finita!" Aki diede un pugno parecchio forte sulla spalla
dell'amico, guardandolo male. "Non sono così
sentimentale."
Il rosso si trattenne dal ridere: "Era
per portare un esempio, permaloso. Dicevo solo che sono
preoccupato che tu possa star male...ma ho capito da solo che Sarada
non è di certo una cattiva persona. Credo che la piccola Uchiha
tenga a noi, no? Un po' come era per tuo padre col team Taka."
Sarada
annuì, appoggiando le mani sul tavolo: "E' chiaro che tengo a
voi, idioti. Certo, eccetto quando mi state per ammazzare mentre ci
alleniamo, ma del resto vi voglio un gran bene. Sono felice di aver
trovato un team come questo, e sono sincera quando dico che mi andate
bene e che non vorrei ritornare. E' ovvio che mi mancano i miei
genitori, ma forse è grazie alla loro assenza che ora capisco quanto
io tenga a loro, e quando tornerò al mio villaggio ho intenzione di
sistemare tutto ciò che ho lasciato in sospeso."
Al suono di
quelle parole, lo sguardo di Aki scattò immediatamente verso Sarada
che, colta quella frecciatina, si sbrigò a concludere la frase: "Con
i miei genitori, i miei amici e anche Inojin."
L'Hozuki
incrociò le braccia al petto, ovviamente non prima di essersi
sistemato il ciuffo che gli ricadeva sulla fronte. Gli dava fastidio
quell'Inojin, sebbene non lo conoscesse. Si domandava come uno
spirito libero come Sarada poteva avere una cotta per quello che
sembrava un damerino come lui. Avrebbe preferito decisamente vederla
tranquilla e senza rimorsi, e invece almeno una volta ogni tre giorni
la trovava ferma a pensare a chissà cosa.
Prese un sospiro:
"Sinceramente non so che dire, non ho mai amato fare discorsi.
Comunque, ci proverò. Allora...sebbene siano solo pochi giorni da
che Sarada è con noi, io la considero parte del team e fedele
compagna di avventure, per non parlare di quanto ami preparare la
cena con lei. Per quanto riguarda Haru, lo considero amico e compagno
da quando ci siamo conosciuti, perciò non c'è bisogno che ti faccia
la serenata" Aki guardò Haru ridendo, stringendosi nelle
spalle. "E per quanto riguarda me, so di essere troppo impulsivo
e inaffidabile, ma se c'è qualcosa su cui potete contare, quella è
la mia fedeltà. Io credo in voi e ho fiducia in questo team, sono
sempre stato abituato a lavorare solo in coppia, ma credo che non
sarà così diverso lavorare con altre due persone, specialmente se
si tratta di due teste dure come Haru e Sarada. Spero solo di essere
all'altezza di tutto questo, e naturalmente spero che il nostro
viaggio sia il più avventuroso e il più pericoloso di sempre."
"Non
potevi chiudere il discorso più alla Aki Hozuki" borbottò
Daichi, scuotendo la testa rassegnato. Non c'era più speranza per
quello spericolato. "Allora ci siamo. Nove e mezza del mattino,
manca una settimana alla nostra partenza, e il team Hakisada è
ufficialmente in pista."
Tutti e quattro si guardarono
sorridendo, ognuno contento a modo suo per ciò che prevedeva questo
viaggio. Nessuno sapeva ancora dove sarebbero finiti, chi avrebbero
incontrato o chi avrebbero dovuto affrontare, sapevano solo che
avevano altri tre compagni di squadra su cui fare affidamento in caso
di difficoltà e di cui potersi fidare. Certo, il discorso era ancora
da chiarire per Haru e Sarada, ma entrambi sapevano che prima o poi
avrebbero capito almeno come non prendersi ad insulti.
Sarada
quindi sospirò, e poi sorrise alla nuova vita che aveva appena
deciso di intraprendere: nessun rimorso, nessuna preoccupazione,
l'unica voglia di tornare una volta essersi realizzata nel mondo in
cui voleva lei. Alzò gli occhi verso Aki, e notando che lui la stava
guardando, arrossì e sfoderò uno dei suoi sorrisi migliori,
ricambiati da un altrettanto sorrisone dell'Hozuki.
Se lo sentiva
già dal primo momento che l'aveva incontrato, Sarada, che Aki
sarebbe diventato importante per lei.
Da qualche altra
parte, in quell'istante, Shikadai stava parlando con Tatsuya in
merito alla questione 'team'. Stavano aspettando che Boruto e Inojin
tornassero dalla missione colazione per proseguire poi la ricerca, e
giusto per ammazzare il tempo si erano messi a raccontare delle loro
rispettive vite. Non erano ancora arrivati a parlare di cose serie,
fino a quando non entrarono nell'argomento famiglia. Shikadai fu il
primo ad iniziare quel discorso, uscendosene con: "Se mia madre
scoprisse che sono qui, mi ucciderebbe."
"E perché deve
venirlo a sapere?" aveva risposto il moro, facendogli
l'occhiolino. "Meno cose sanno, meglio è."
"Sarà
la mia fine" ridacchiò Shikadai. "E che mi dici dei tuoi?
Sanno che ci stai accompagnando?"
Il ninja della Nebbia
scosse la testa, sfoderando un sorrisetto: "Sono scappato da mia
casa quattro anni fa. E' da lì che sto con Ryoichi e Fuyuko, loro
erano già in squadra insieme e hanno deciso di farmi entrare quando
hanno visto in che condizioni ero."
Shikadai rimase colpito,
di certo non si aspettava una storia così da un tipo equilibrato
come Tatsuya, anzi, tutt'altro.
"Mi dispiace" disse
allora il Nara. "Sai, anche la mia migliore amica è scappata.
E' quella Sarada che a quanto pare ora conoscono tutti quanti, eppure
non riusciamo a trovarla. E' da una settimana che la stiamo
cercando...ma è come se fosse sparita."
"Non è
sparita, sa solo nascondersi bene" asserì Tatsuya, stringendosi
nelle spalle mentre pensava a qualche possibile soluzione. "Conosco
due ninja che potrebbero aiutarvi, sebbene stiano sempre per i
fatti loro sanno sempre tutto di tutti. Probabilmente saprebbero
dirvi dov'è la vostra amica. Li trovate all'ex covo di Orochimaru,
vivono lì da qualche parte."
Shikadai storse il naso: "Siamo
già passati per di lì, non c'era nessuno. Solo il covo
abbandonato."
"Non amano ricevere ospiti, come loro
rivale li conosco molto bene. Potreste lasciare un biglietto da
qualche parte, prima o poi lo leggeranno."
"Rivale?"
il Nara si grattò la testa, troppe informazioni in troppi pochi
secondi. "Devi spiegarmi un po' di cose."
Tatsuya cacciò
un sospiro, cercando di mettere in ordine tutto ciò che doveva dire:
"Quei due si chiamano Aki e Daichi, e sono la palla al piede di
Fuyuko e Ryoichi da quando sono entrato nel loro team. A quanto pare
non è Daichi il problema, ma a quanto ho capito è qualcosa tra Aki
e Fuyuko che nasce dalla loro infanzia...ma sai com'è, da cosa nasce
cosa e ci ritroviamo sempre due contro tre, anche se Fuyuko mi ha
detto che l'ultima volta Aki era con una ragazza con i capelli neri,
poi non mi ha detto nient'altro."
Shikadai sospirò
pesantemente, decisamente affranto da tutta quella - secondo lui -
falsa speranza che lo aveva invaso non appena aveva sentito del
colore dei capelli di quella ragazza. Poteva essere chiunque da
qualsiasi villaggio, era impossibile che fosse la sua Sarada.
"Proveremo a cercarli. Presumo che tu non ci
accompagnerai."
"Perché no?" Tatsuya fece
l'occhiolino. "Se Daichi mi vede mi ammazza, poco ma sicuro, ma
mi perderei un divertimento. Vi aiuterò con le scorciatoie,
comunque. Mi state simpatici."
"Ti ringrazio"
sorrise Shikadai, anche se era sovrappensiero. Avrebbe parlato di
tutto ciò anche a Boruto e Inojin, sarebbero andati di nuovo al covo
ma probabilmente sarebbe stato tutto inutile. In ogni caso ci
avrebbero provato, lo dovevano a Sarada.